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La revocatoria semplificata

Luce
Ph. Fabio Toto / Luce

Abstract

L’introduzione dell’istituto della revocatoria semplificata (articolo 2929 bis Codice Civile) ha posto alcune questioni interpretative, tra le quali merita particolare attenzione quella concernente il rapporto con la revocatoria ordinaria di cui all’articolo 2901 Codice Civile. Nell’articolo verranno esaminati i presupposti richiesti dalla legge per l’attivazione dell’azione e affrontate le problematiche che derivano dalla sua applicazione.

 

Come previsto dall’articolo 2929 bis Codice Civile, il creditore che sia rimasto pregiudicato da un atto del debitore di costituzione di un vincolo di indisponibilità o di alienazione, che ha per oggetto beni immobili o mobili iscritti in pubblici registri, compiuto a titolo gratuito successivamente al sorgere del credito, può procedere, munito di titolo esecutivo, ad esecuzione forzata, ancorché non abbia preventivamente ottenuto sentenza dichiarativa di inefficacia, se trascrive il pignoramento nel termine di un anno dalla data in cui l’atto è stato trascritto. La stessa disposizione si applica anche al creditore anteriore che, entro un anno dalla trascrizione dell’atto pregiudizievole, interviene nell’esecuzione da altri promossa.

La norma introduce la c.d. revocatoria semplificata, la quale consiste in un particolare meccanismo procedurale finalizzato a garantire al creditore una tutela più rapida avverso gli atti di disposizione del debitore che possono rivelarsi lesivi del suo diritto.

Nel modello semplificato di azione revocatoria si assiste ad un ampliamento dell’efficacia soggettiva del titolo esecutivo, consentendo al creditore di pignorare beni che non siano di proprietà del debitore ovvero che formano oggetto di un patrimonio separato, nonché all’inversione del rapporto tra processo di cognizione e processo esecutivo, nel senso che l’azione esecutiva può essere esercitata sul bene oggetto dell’atto di disposizione senza la necessità del previo esperimento della revocatoria e la fase di cognizione viene intrapresa solo nell’eventualità in cui venga presentata opposizione, la quale onera l’opponente alla dimostrazione dell’inesistenza dei presupposti per l’esercizio della revocatoria.

Secondo quanto espressamente previsto, la legittimazione ad avvalersi dello strumento in parola spetta esclusivamente al creditore munito di titolo esecutivo, il cui diritto sia sorto anteriormente al compimento dell’atto pregiudizievole, ancorché il titolo esecutivo sia invece venuto in essere successivamente al compimento dell’atto.

Posto che si tratta di interessi acquistati a titolo gratuito e quello che si intende tutelare è anteriore rispetto agli altri, considerata inoltre la natura stessa dell’azione revocatoria quale strumento di tutela del credito a prescindere dalla gratuità od onerosità del titolo di acquisto, si ritiene invece non necessario che il creditore sia a titolo oneroso.

Al creditore anteriore, in particolare, è consentito sia intraprendere l’esecuzione attraverso la trascrizione del pignoramento, sia intervenire nell’esecuzione da altri promossa attraverso uno specifico atto di intervento, a condizione che l’azione esecutiva o comunque l’intervento avvengano entro un anno dalla trascrizione dell’atto di disposizione pregiudizievole.

La procedura esecutiva nella quale il creditore può intervenire, qualora si trovi nelle condizioni di cui all’articolo 2929 bis Codice Civile, è in ogni caso quella promossa da altro creditore del debitore disponente ai sensi della medesima norma; ci si chiede, tuttavia, se l’intervento di cui alla norma in esame possa esplicarsi anche nella procedura promossa dal creditore del terzo avente causa dal debitore.

In senso contrario, si è osservato che il creditore del dante causa non potrebbe intervenire nell’esecuzione promossa dal creditore dell’avente causa in quanto egli interverrebbe in una esecuzione nella quale il debitore esecutato non è anche suo debitore.

Per contro, però, si evidenzia come tale circostanza non sia in realtà ostativa all’intervento del creditore del dante causa, in quanto quest’ultimo interviene comunque in una procedura riguardante un bene che, in ragione del meccanismo di cui all’articolo 2929 bis Codice Civile, è invece del suo debitore.

La necessità per il creditore interveniente, dunque, è solo quella di coinvolgere nella procedura anche il suo debitore dante causa, provvedendo a notificargli il ricorso di intervento ed esplicitando in esso i presupposti necessari per l’esercizio in forma semplificata dell’azione revocatoria.

Nel caso in cui l’atto di disposizione pregiudizievole per gli interessi del creditore sia un atto di trasferimento del bene a terzi, la legge prevede che l’azione esecutiva si compia nelle forme dell’espropriazione contro il terzo proprietario, sancendo altresì la preferenza del creditore espropriante nei confronti dei creditori personali di costui.

Nessuna prescrizione in ordine alle modalità di esercizio dell’azione esecutiva è invece prevista con riguardo al caso in cui il pregiudizio per gli interessi del creditore sia conseguito da un atto di segregazione non traslativo: seconda una linea interpretativa, tuttavia, anche in tale ipotesi non possono trovare applicazione le norme che disciplinano l’esecuzione contro il debitore qualora l’amministrazione del bene oggetto del patrimonio separato non rimanga al disponente ma venga attribuita ad un altro soggetto, giacché è necessario in questo caso sottrarre i beni alla disponibilità funzionale del terzo amministratore.

L’ultimo comma dell’articolo 2929 bis Codice Civile, tuttavia, esclude l’applicazione del rimedio in parola nei confronti dei diritti acquistati a titolo oneroso dall’avente causa del contraente immediato, facendo salvi in ogni caso gli effetti della trascrizione del pignoramento.

Nonostante la norma si riferisca espressamente solo agli aventi causa del contraente immediato, è evidente però che la medesima necessità di tutela dei terzi debba essere estesa anche agli acquirenti successivi, sempre che si tratti di acquisti a titolo oneroso. Viceversa, nel caso di acquisti a titolo gratuito, è chiara l’operatività dell’azione revocatoria semplificata, ma il termine di decadenza decorrerà sempre dal primo negozio e non da ciascuno di essi.

Tanto premesso, l’introduzione della fattispecie in parola ha determinato la necessità di coordinamento della nuova normativa con la disciplina in materia di azione revocatoria ordinaria di cui all’articolo 2901 Codice Civile, comportando alcune questioni di presunta incompatibilità tra i due istituti.

Secondo la corrente di pensiero dominante, in particolare, nonostante l’articolo 2929 bis Codice Civile sia certamente una norma speciale rispetto a quella contenuta nell’articolo 2901 Codice Civile, la stessa non risulta in realtà incompatibile con la norma generale né quindi tacitamente abrogativa di questa, affiancandosi ad essa e fornendo così al creditore l’alternativa tra procedere al pignoramento immediato o chiedere la revocatoria.

Tale concezione si fonda essenzialmente sulla permanenza dell’interesse ad agire in revocatoria in capo a colui il quale si trova nella condizione di poter usufruire del modello semplificato: si pensi, in particolare, all’ipotesi in cui sia stata presentata opposizione ai sensi del comma 3 dell’articolo 2929 bis Codice Civile, nella quale il creditore solo agendo in revocatoria, anche riconvenzionalmente rispetto all’opposizione, può beneficiare degli effetti della trascrizione della domanda giudiziale, evitando così di soccombere, ove l’opposizione sia accolta, nell’eventuale conflitto con il terzo subacquirente dell’avente causa del debitore o con il terzo creditore ipotecario o creditore pignoratizio dell’avente causa del debitore, i quali abbiano trascritto il loro titolo o il pignoramento dopo la trascrizione della domanda.

Di diverso avviso è invece un’interpretazione minoritaria, secondo la quale, nell’ipotesi in cui sussistano i presupposti per poter usufruire del modello semplificato di cui all’articolo 2929 bis Codice Civile, sarebbe preclusa per il creditore la possibilità di agire in revocatoria ordinaria a causa della mancanza dell’interesse ad agire, con la conseguenza che la relativa domanda dovrebbe essere respinta ex articolo 100 c.p.c. e potrebbe integrare un abuso del processo.

Secondo l’impostazione dominante, d’altra parte, il creditore conserva la possibilità di agire in revocatoria ex articolo 2901 Codice Civile anche trascorso l’anno dalla trascrizione dell’atto pregiudizievole e dunque scaduto il termine di decadenza previsto per l’esercizio dell’azione in forma semplificata.

La tesi negativa, per contro, ritiene che la scadenza del suddetto termine consenta alle parti di riporre il proprio legittimo affidamento sulla stabilità della fattispecie e quindi precluda la possibilità per il creditore di agire in revocatoria; d’altra parte, si osserva, trascorso l’anno dalla trascrizione dell’atto pregiudizievole deve ritenersi che il pregiudizio per il creditore non sia la conseguenza dell’alienazione a titolo gratuito compiuta dal debitore, quanto della sua inerzia, non avendo provveduto alla trascrizione immediata del pignoramento nonostante ve ne fossero i presupposti.

Tali argomentazioni non sembrano condivisibili: in primo luogo, infatti, la decorrenza del termine per l’operatività del meccanismo semplificato non può certo consentire alle parti del negozio pregiudizievole di riporre il proprio legittimo affidamento sulla stabilità della fattispecie, in quanto l’atto può certamente essere oggetto di revocatoria da parte di altri creditori.

D’altronde, così ragionando si finirebbe per porre il creditore legittimato ad agire in revocatoria semplificata in una posizione deteriore rispetto al creditore sprovvisto di titolo esecutivo, ponendosi in contrasto con il principio di uguaglianza e ragionevolezza.

In merito al rapporto tra le due azioni, inoltre, l’orientamento dominante consente al creditore la possibilità di usufruire del modello semplificato ex articolo 2929 bis Codice Civile anche nell’ipotesi in cui abbia già agito in revocatoria ordinaria ed ottenuto una sentenza di revoca non ancora definitiva.

Si osserva, infatti, che la coincidenza di oggetto tra la revocatoria e l’eventuale opposizione è certamente possibile ma non necessaria: l’opposizione è anzitutto meramente eventuale; essa, inoltre, può riguardare la contestazione dei presupposti specifici di cui all’articolo 2929 bis Codice Civile, diversificandosi così dall’impugnazione della sentenza di revoca non definitiva. In ogni caso, ove l’opposizione venga effettivamente proposta e concerna gli stessi profili contestati in sede di revocatoria, allora vi sarà la necessità di disporre la riunione delle cause ai sensi degli artt. 39 e 273 c.p.c.

Il pignoramento diretto, d’altra parte, non è suscettibile di determinare il sopravvenire del difetto di interesse e la cessazione della materia del contendere relativamente alla domanda di revocatoria ordinaria, in quanto l’unico interesse soddisfatto sarebbe quello del creditore, mentre resterebbe priva di considerazione la posizione del debitore.

In tema di revocatoria semplificata, stante la previsione di uno specifico termine di decadenza per l’esercizio dell’azione, pari ad un anno dalla trascrizione dell’atto pregiudizievole, entro il quale deve essere trascritto il pignoramento o compiuto l’intervento, si pongono ulteriori problemi di coordinamento con riferimento a quegli atti giuridici, quale per esempio l’atto costitutivo del fondo patrimoniale, sottoposti dalla legge ad una doppia pubblicità, ovvero annotazione ex articolo 162 Codice Civile e trascrizione ex articolo 2647 Codice Civile.

Secondo l’orientamento prevalente, anzitutto, è all’annotazione che deve essere riconosciuta l’efficacia di pubblicità dichiarativa, mentre la trascrizione avrebbe la funzione di mera pubblicità notizia.

Ciò presupposto, con specifico riferimento alla costituzione del fondo patrimoniale occorre prendere in considerazione l’eventuale natura traslativa dell’atto di conferimento: nell’ipotesi in cui tale atto abbia efficacia traslativa della proprietà del bene, infatti, sono necessarie due diverse trascrizioni, una ex articolo 2643 Codice Civile, a carico del disponente e a favore del coniuge o dei coniugi a cui sia trasferito il bene, e una ai sensi dell’articolo 2647 Codice Civile, finalizzata a costituire il vincolo di indisponibilità, a carico del coniuge o dei coniugi in favore dei quali o del quale è stato disposto il trasferimento.

Per converso, nel caso in cui l’atto di conferimento non sia traslativo della proprietà, sono invece necessarie una trascrizione a carico del conferente (il terzo o il coniuge proprietario esclusivo) e a favore di entrambi i coniugi (in caso di conferimento da parte del terzo) o del solo coniuge non proprietario (in caso di conferimento da parte dell’altro), ai quali o al quale viene attribuito un diritto di usufrutto o un altro ad esso assimilabile, ai sensi dell’articolo 2643 o 2645 Codice Civile, nonché la trascrizione finalizzata a far emergere il vincolo di indisponibilità, a carico dei coniugi o del solo coniuge non proprietario, ex articolo 2647 Codice Civile.

Nel caso in cui, invece, l’atto di conferimento abbia ad oggetto un bene comune ai coniugi, non determinando questo alcun effetto traslativo della proprietà o dell’usufrutto, ma avendo esclusivamente un effetto segregativo, è sufficiente la sola trascrizione del vincolo di indisponibilità a carico di entrambi i coniugi, ex articolo 2647 Codice Civile.

In caso di vincolo non traslativo della proprietà o dell’usufrutto, in particolare, secondo l’orientamento maggioritario il termine di decadenza per l’esercizio dell’azione in forma semplificata non decorre fino all’annotazione, mentre a tal fine nessuna rilevanza assume la trascrizione ex articolo 2647 Codice Civile, in quanto l’opponibilità ai terzi dell’atto di costituzione è subordinata a tale annotazione e quindi nessun pregiudizio per il creditore può ritenersi sussistente fino a quando questa non viene effettuata.

Viceversa, in caso di convenzione istitutiva con conferimento traslativo deve ritenersi che il termine annuale decorra dalla data dell’annotazione dell’atto costituivo solo se questa è eseguita prima della trascrizione; il termine decorre dalla trascrizione, invece, se questa è eseguita prima dell’annotazione.

Detto questo, l’articolo 2929 bis Codice Civile consente al debitore, al terzo assoggettato all’espropriazione e ad ogni altro interessato la possibilità di contestare la sussistenza dei presupposti per l’operatività del modello semplificato, usufruendo dell’opposizione all’esecuzione, dell’opposizione agli atti esecutivi e dell’opposizione di terzo all’esecuzione.

In caso di opposizione, secondo una prima tesi sarebbe onere del creditore dare prova dell’esistenza dei requisiti applicativi previsti dalla norma; al contrario, per un altro indirizzo è invece onere dell’opponente fornire la prova dell’inesistenza dei suddetti presupposti.

L’orientamento che pone a carico del creditore l’onere della prova si fonda su di una serie di argomentazioni: in primo luogo, si osserva, è il creditore l’attore in senso sostanziale e, pertanto, è lui secondo i principi generali in materia a dover dimostrare la sussistenza del diritto vantato in giudizio. D’altra parte, sia il pregiudizio che la sua conoscenza sono certamente elementi costitutivi della fattispecie che, come tali, devono essere provati dal creditore. Infine, si dice, imporre al terzo l’onere della prova determinerebbe un’ingiustificata disparità di trattamento tra creditori titolati e creditori non titolati, i quali, agendo in revocatoria, sarebbero tenuti a fornire la prova dei presupposti di legge.

Di contrario avviso è invece l’orientamento dominante, il quale ritiene che l’onere della prova circa l’inesistenza dei presupposti applicativi di cui all’articolo 2929 bis Codice Civile debba gravare sull’opponente.

In primo luogo, deve ritenersi che la legge, ammettendo l’esecuzione immediata senza un previo giudizio di cognizione, in presenza di un atto di disposizione gratuito compiuto dal debitore successivamente al sorgere del credito, presume in presenza di tali circostanze la sussistenza degli elementi idonei a consentire l’esercizio dell’azione revocatoria, ovvero il pregiudizio per le ragioni del creditore e la conoscenza di questo da parte del debitore, i quali non devono pertanto essere oggetto di una specifica dimostrazione da parte del creditore, spettando invece all’esecutato la prova contraria.

La norma in parola è quindi finalizzata a garantire i creditori nei riguardi di atti che si presumono fraudolenti e, coerentemente con tale presunzione, deve ritenersi che l’onere della prova spetti in capo a chi propone l’opposizione, sul quale grava appunto l’onere di superare la predetta presunzione.

In secondo luogo, si osserva, è lo stesso comma 4 dell’articolo 2929 bis Codice Civile ad affermare espressamente che la contestazione deve riguardare i presupposti per l’esecuzione immediata, nonché il pregiudizio per le ragioni del creditore e la conoscenza di questo da parte del debitore.

Deve essere escluso altresì ogni parallelismo con l’opposizione a decreto ingiuntivo, nella quale l’opponente assume le vesti di attore solo in senso formale, mentre è il ricorrente a conservare la natura di attore in senso sostanziale. Nell’opposizione all’esecuzione ex articolo 2929 bis Codice Civile, invece, l’opponente è attore sia in senso formale che in senso sostanziale, in quanto manca una domanda del creditore, ed è dunque corretto ritenere che l’onere della prova gravi sul debitore opponente.

In un’ottica di bilanciamento di opposti interessi, infine, da una parte quello del terzo che intende conservare un’attribuzione a titolo gratuito e dall’altra quello del creditore che invece vuole eliminare un pregiudizio, deve essere preferito quest’ultimo.