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Le operazioni del Mossad nella terra dei pavoni

Mossad
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Il 4 gennaio l’Ansa ha lanciato la notizia che l’Aiea (Agenzia internazionale per l’energia atomica) ha confermato che: “l'Iran ha avviato il processo di arricchimento dell'uranio al 20%, come annunciato stamani da Teheran. L'Iran ha iniziato oggi ha introdurre uranio 235 già arricchito al 4,1% in sei centrifughe a cascata nell'impianto per l'arricchimento di Fordo.

Ho un sussulto e mi vengono in mente degli amici oramai scomparsi che hanno speso buona parte della loro vita per contrastare il piano di Teheran.

Robert Gates, nel novembre del 1992 quando era direttore della CIA, si era chiaramente espresso: “Se mi chiedete se l'Iran sia oggi un problema, la risposta è: probabilmente no. Ma fra tre, quattro o cinque anni potrebbe essere un problema, ed anche estremamente serio”. 

Nessuno è profeta in patria, le parole di Robert rimasero inascoltate ed anche gli amici del Mossad, di solito sempre in anticipo sui tempi e ben informati, questa volta sottovalutarono le notizie raccolte dalla Compagnia.

L’Iran, sin dall’ottobre del 1987, aveva iniziato il suo piano nucleare riempiendo di soldi il dottor Abdul Qadeer Khan (pakistano) l’ideatore delle centrifughe per trasformare ed ottenere uranio-235 arricchito. Gli iraniani in silenzio iniziarono a costruire colossali impianti per l’elaborazione dell’uranio grezzo, l’installazione delle centrifughe e la trasformazione del gas in materia solida.

Gli iraniani si guardavano bene dal concentrare tutte le loro attività in un unico sito: i centri del programma nucleare erano sparsi in tutto il paese. L’attività andò avanti indisturbata per diversi anni, fino a quando il Mossad cambiò guida.

Nell’agosto del 2002, Ariel Sharon nomina Meir Dagan alla guida del Mossad. Il servizio più quotato al Mondo era in crisi e veniva da una serie di insuccessi che avevano minato la reputazione del Mossad. Il neo primo ministro telefona al generale in pensione e gli dice: “Mi serva un uomo che abbia grinta da vendere”.

Meir Dagan, morto per tumore nel 2016, è stato un uomo di azione, dotato di una risolutezza e capacità operativa fuori dal comune. Per capire chi era riportiamo un breve resoconto, apparso su “Il Foglio” il 17 marzo 2016, “Il corpo di Dagan è stato ribattezzato “la road map delle guerre d’Israele”: una scheggia di un proiettile in testa e “vari pezzi di metalli qua e là”, compresa la spina dorsale. Dagan ha stroncato la prima Intifada a Gaza nel 1991 e nel 2002 Ariel Sharon lo scelse come capo del Mossad per la sua audacia durante la guerra dello Yom Kippur del 1973, quando fu il primo ufficiale a varcare il Canale di Suez. Si dice che Dagan abbia guidato le operazioni israeliane clandestine dentro l’Iraq prima della caduta di Saddam Hussein. Due reporter del giornale Yedioth Ahronoth, Yigal Sarna e Anat Tal Shir, hanno scritto che Dagan, prima dell’invasione del Libano del 1982, entrò in territorio nemico per fomentare gli attacchi terroristici e giustificare così l’invasione. L’esercito ha posto la censura su questa storia, che resta verosimile.

Come resta verosimile un altro “lavoro” attribuito a Dagan, anche se Gerusalemme nega, come da storica prassi. Gail Folliard e Kevin Daveron, “irlandesi”; Michael Bodhenheimer, “tedesco”; Peter Elvinger, “francese”, sono alcuni dei membri del commando israeliano che avrebbe assassinato, il 20 gennaio 2010, in un hotel di Dubai, Mahmoud al Mabhouh, alto esponente di Hamas legato al traffico d’armi con l’Iran. L’immagine dei killer ripresi dalle telecamere dell’albergo, che fece il giro del mondo, secondo alcuni ha sancito la fine del mandato di Dagan. “E’ uno dei migliori direttori, se non il migliore, che il Mossad abbia avuto in sessant’anni”, ha detto Ilan Mizrachi, ufficiale veterano dell’agenzia. Sotto Dagan, il Mossad ha fatto impallidire servizi segreti come la Cia, lo MI6 inglese, il tedesco Bnd e il francese Dgse. Chi lo conosce bene dice che la storia brutale di quest’ex ufficiale dell’esercito (che Ariel Sharon aveva soprannominato “The Cruel”) è pari al suo carattere mite e introverso. Vegetariano, Dagan ama dipingere, realizzare sculture e suonare il pianoforte”.

The Cruel”, una volta nominato “ramsad” si mise immediatamente all’opera ristrutturando le unità operative, allacciò rapporti di cooperazione con i servizi segreti stranieri e si dedicò alla lotta contro la minaccia iraniana e non solo.

Sotto la sua guida il Mossad portò a compimento delle operazioni “strabilianti” nell’ottica di un servizio, come l’uccisione a Damasco di Imad Mughniyeh (il macellaio di Hezbollah, autore del massacro dei 241 marine americani a Beirut), la distruzione del reattore nucleare siriano a Kibar.

Nel 2009 iniziano le uccisioni mirate di scienziati nella terra dei pavoni. Nel gennaio 2010, Massoud Ali Mohammadi, un professore di fisica delle particelle all'Università di Teheran, è stato ucciso dall'esplosione di una motocicletta fuori dalla sua casa nella capitale. Il professore aveva anche lavorato per i Guardiani della rivoluzione.

Nel novembre 2010, due scienziati con ruoli chiave nel programma nucleare iraniano sono stati presi di mira a Teheran da due attacchi dinamitardi di cui l'Iran ha incolpato Israele e Stati Uniti. Uno degli scienziati, Majid Shahriari, è stato ucciso. Un anno dopo, il 12 novembre, un'esplosione in un deposito di munizioni della Guardia rivoluzionaria nella periferia di Teheran ha ucciso almeno 36 persone tra cui il generale Hassan Moghadam, responsabile di programmi di armamento per l'Unità d'elite.

Sempre nel 2010 un potente virus informatico chiamato Stuxnet ha attaccato gli impianti nucleari iraniani nel tentativo di fermare il programma atomico del Paese. Stuxnet ha influenzato il funzionamento dei siti nucleari iraniani, infettando migliaia di computer e bloccando le centrifughe utilizzate per l'arricchimento dell'uranio. Grazie alle operazioni di Degan il programma iraniano ha subito dei forti rallentamenti, il riconoscimento dei successi riportati dal Mossad vengono confermati dal “nemico”.

Il 16 gennaio del 2010, il quotidiano “Al-Ahram”, rinomato per le sue posizioni anti-israliane, pubblicò un editoriale del seguente tenore: “Se non ci fosse stato Dagan il progetto nucleare iraniano sarebbe stato completato anni fa. (…) Gli iraniani sanno bene chi c’è dietro la morte dello scienziato nucleare Masud Ali Mohammadi. Nessun leader iraniano ignora che la parola chiave è ‘Dagan’. Ai cittadini comuni il nome del direttore del Mossad non dice quasi nulla. Dagan lavora senza fare rumore , senza richiamare su di sé l’attenzione dei media . Nel corso degli ultimi sette anni, in compenso, ha messo a segno colpi devastanti ai danni del programa nucleare iraniano ritardandone lo sviluppo”.

Sono trascorsi dieci anni ed il Mossad continua in silenzio, sotto la guida di Tamir Pardo (fino al 2016) ed oggi di Yossi Cohen, la sua personale guerra non dichiarata contro il nucleare iraniano. Da ultimo, il 27 novembre 2020, l’uccisione di Mohsen Fakhrizadeh, lo scienziato a capo del programma nucleare iraniano.

Secondo l’agenzia di stampa iraniana Fars Newssarebbe stato ucciso da mitragliatrici radiocomandate, nascoste in un veicolo che è esploso pochi minuti dopo l’attentato”.

La versione dell’agenzia ufficiale iraniana del 30 novembre 2020, è stata ripresa in Israele dal giornale Haaretz, il corteo di auto blindate che venerdì scorso scortava Fakhrizadeh era ormai vicino al luogo di destinazione. Lo scienziato era alla guida di una delle vetture e aveva al suo fianco la moglie. Subito dopo che le auto di scorta hanno superato la sua, per precederlo all’arrivo in modo da rendere sicura la zona prima che lui scendesse, si sono uditi alcuni colpi di arma da fuoco.  

Se la ricostruzione fatta da Fars News fosse quella corrispondente alla realtà, la tecnologia necessaria a compiere l’attentato restringerebbe i mandati a pochissimi paesi: un sistema di puntamento automatico azionabile da remoto contro persone che si trovano a bordo di auto in movimento richiede strumenti estremamente sofisticati e una regia tecnica di grande precisione.

L’ombra del Mossad appare dietro l’angolo. Non di soli allori è lastricata la strada, ricordiamo le decine di agenti morti negli ultimi anni per adempiere al motto: “Con l’inganno, farete la guerra”.