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Legge 6 novembre 2012 n. 190 “Anticorruzione”: gli adempimenti per gli Enti Locali

È stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 13 novembre 2012 la Legge 6 novembre 2012 n. 190 “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione” che sarà in vigore dal 28 novembre 2012.

La Legge prevede una serie di adempimenti a carico dell’Amministrazione, con indicazione dei termini già definiti.

Contiene però numerosi rinvii a decreti attuativi per l’attuazione di varie disposizioni.

Per gli Enti Locali, fatte salve alcune prescrizioni di immediata applicazione, come indicate di seguito, si ritiene che sarà necessario attendere la definizione degli adempimenti in sede di Conferenza Unificata.

Il comma 60 infatti dispone che, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge, attraverso intese in sede di Conferenza unificata, si definiscono gli adempimenti, con l’indicazione dei relativi termini, delle regioni e degli enti locali, nonché degli enti pubblici e dei soggetti di diritto privato sottoposti al loro controllo, volti alla piena e sollecita attuazione delle disposizioni della legge, con particolare riguardo:

a) alla definizione, da parte di ciascuna amministrazione, del piano triennale di prevenzione della corruzione, a partire da quello relativo agli anni 2013-2015, e alla sua trasmissione alla Regione interessata e al Dipartimento della funzione pubblica;

b) all’adozione, da parte di ciascuna amministrazione, di norme regolamentari relative all’individuazione degli incarichi vietati ai dipendenti pubblici;

c) all’adozione, da parte di ciascuna amministrazione, del codice di comportamento di cui all’articolo 54, comma 5, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.

Per tali adempimenti, si ritiene pertanto necessario attendere l’indicazione di termini e modalità per gli adempimenti, definiti in sede di Conferenza Unificata.

Autorità nazionale anticorruzione

La Legge individua la Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche (CIVIT) quale Autorità nazionale anticorruzione, con compiti di vigilanza e consultivi.

Il responsabile della prevenzione della corruzione

Il responsabile della prevenzione della corruzione è individuato dalla legge nel Segretario Comunale o Provinciale, salvo diversa e motivata determinazione.

Il responsabile deve provvedere:

a) alla verifica dell’efficace attuazione del piano triennale di prevenzione della corruzione e della sua idoneità, nonché a proporre la modifica dello stesso quando sono accertate significative violazioni delle prescrizioni ovvero quando intervengono mutamenti nell’organizzazione o nell’attività dell’amministrazione;

b) alla verifica, d’intesa con il dirigente competente, dell’effettiva rotazione degli incarichi negli uffici preposti allo svolgimento delle attività nel cui ambito è più elevato il rischio che siano commessi reati di corruzione;

c) ad individuare il personale da inserire nei programmi di formazione.

In caso di commissione, all’interno dell’amministrazione, di un reato di corruzione accertato con sentenza passata in giudicato, il responsabile risponde di mancato raggiungimento degli obiettivi nonché sul piano disciplinare, oltre che per il danno erariale e all’immagine della pubblica amministrazione, salvo che provi tutte le seguenti circostanze:

a) di avere predisposto, prima della commissione del fatto, il piano triennale e di aver osservato le prescrizioni della legge;

b) di aver vigilato sul funzionamento e sull’osservanza del piano.

La sanzione disciplinare a carico del responsabile non può essere inferiore alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da un minimo di un mese ad un massimo di sei mesi.

In caso di ripetute violazioni delle misure di prevenzione previste dal piano, il responsabile risponde anche per omesso controllo, sul piano disciplinare.

La violazione, da parte dei dipendenti dell’amministrazione, delle misure di prevenzione previste dal piano costituisce illecito disciplinare.

Entro il 15 dicembre di ogni anno, il responsabile pubblica nel sito web dell’amministrazione una relazione recante i risultati dell’attività svolta e la trasmette all’organo di indirizzo politico dell’amministrazione.

Nei casi in cui l’organo di indirizzo politico lo richieda o qualora il dirigente responsabile lo ritenga opportuno, quest’ultimo riferisce sull’attività.

Piano triennale di prevenzione della corruzione

Entro il 31 gennaio di ogni anno deve essere adottato il piano triennale di prevenzione della corruzione e trasmesso al Dipartimento della funzione pubblica.

In prima applicazione, come detto, prima dell’adozione del piano bisognerà attendere le indicazioni della Conferenza Unificata.

Il Piano è approvato dall’organo di indirizzo politico su proposta del Responsabile della prevenzione della corruzione.

Ai fini della predisposizione del piano di prevenzione della corruzione, può essere richiesto al Prefetto un supporto tecnico e informativo, anche al fine di assicurare che il piano sia formulato e adottato nel rispetto delle linee guida contenute nel Piano nazionale approvato dalla Commissione.

L’elaborazione del piano non può essere affidata a soggetti estranei all’Amministrazione.

La mancata predisposizione del piano e la mancata adozione delle procedure per la selezione e la formazione dei dipendenti costituiscono elementi di valutazione della responsabilità dirigenziale.

Il piano deve:

a) individuare le attività, nell’ambito delle quali è più elevato il rischio di corruzione, anche raccogliendo le proposte dei dirigenti;

b) prevedere, per tali attività, meccanismi di formazione, attuazione e controllo delle decisioni idonei a prevenire il rischio di corruzione;

c) prevedere, per le stesse attività, obblighi di informazione nei confronti del responsabile chiamato a vigilare sul funzionamento e sull’osservanza del piano;

d) monitorare il rispetto dei termini, previsti dalla legge o dai regolamenti, per la conclusione dei procedimenti;

e) monitorare i rapporti tra l’amministrazione e i soggetti che con la stessa stipulano contratti o che sono interessati a procedimenti di autorizzazione, concessione o erogazione di vantaggi economici di qualunque genere, anche verificando eventuali relazioni di parentela o affinità sussistenti tra i titolari, gli amministratori, i soci e i dipendenti degli stessi soggetti e i dirigenti e i dipendenti dell’amministrazione;

f) individuare specifici obblighi di trasparenza ulteriori rispetto a quelli previsti da disposizioni di legge.

La Scuola superiore della pubblica amministrazione predispone percorsi, anche specifici e settoriali, di formazione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni statali sui temi dell’etica e della legalità.

Con cadenza periodica e d’intesa con le amministrazioni, provvede alla formazione dei dipendenti pubblici chiamati ad operare nei settori in cui è più elevato, sulla base dei piani adottati dalle singole amministrazioni, il rischio che siano commessi reati di corruzione.

La trasparenza

Con uno o più decreti del Ministro per la pubblica amministrazione, da adottare entro sei mesi, sono individuate le informazioni rilevanti ai fini dell’applicazione delle disposizioni di seguito indicate.

Restano ferme le disposizioni in materia di pubblicità previste dal codice dei contratti di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n.163.

La trasparenza dell’attività amministrativa, indicata come livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti sociali e civili ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, deve essere assicurata mediante la pubblicazione, nei siti web istituzionali delle pubbliche amministrazioni, delle informazioni relative ai procedimenti amministrativi, secondo criteri di facile accessibilità, completezza e semplicità di consultazione, nel rispetto delle disposizioni in materia di segreto di Stato, di segreto d’ufficio e di protezione dei dati personali.

Nei siti web istituzionali delle amministrazioni pubbliche sono pubblicati anche i relativi bilanci e conti consuntivi, nonché i costi unitari di realizzazione delle opere pubbliche e di produzione dei servizi erogati ai cittadini.

Le informazioni sui costi sono pubblicate sulla base di uno schema tipo redatto dall’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, che ne cura altresì la raccolta e la pubblicazione nel proprio sito web istituzionale al fine di consentirne una agevole comparazione.

In particolare va garantita la massima trasparenza con particolare riferimento ai procedimenti di:

a) autorizzazione o concessione;

b) scelta del contraente per l’affidamento di lavori, forniture e servizi, anche con riferimento alla modalità di selezione prescelta ai sensi del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture;

c) concessione ed erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, nonché attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati;

d) concorsi e prove selettive per l’assunzione del personale e progressioni di carriera.

Le stazioni appaltanti possono prevedere negli avvisi, bandi di gara o lettere di invito che il mancato rispetto delle clausole contenute nei protocolli di legalità o nei patti di integrità costituisce causa di esclusione dalla gara.

Le informazioni pubblicate vanno trasmesse in via telematica alla CIVIT.

Le amministrazioni devono provvedere altresì al monitoraggio periodico del rispetto dei tempi procedimentali attraverso la tempestiva eliminazione delle anomalie.

I risultati del monitoraggio devono essere consultabili nel sito web istituzionale.

Ogni amministrazione pubblica deve rendere noto, tramite il sito web istituzionale, almeno un indirizzo di posta elettronica certificata cui il cittadino possa rivolgersi per trasmettere istanze e ricevere informazioni circa i provvedimenti e i procedimenti amministrativi che lo riguardano.

Le amministrazioni, nel rispetto della disciplina del diritto di accesso ai documenti amministrativi, in materia di procedimento amministrativo, hanno l’obbligo di rendere accessibili in ogni momento agli interessati, tramite strumenti di identificazione informatica, le informazioni relative ai provvedimenti e ai procedimenti amministrativi che li riguardano, ivi comprese quelle relative allo stato della procedura, ai relativi tempi e allo specifico ufficio competente in ogni singola fase.

Per le modalità di attuazione degli adempimenti di cui sopra dunque è necessario attendere il decreto ministeriale.

Con riferimento ai procedimenti relativi alla scelta del contraente per l’affidamento di lavori, forniture e servizi, anche con riferimento alla modalità di selezione prescelta ai sensi del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, è obbligatorio, da subito, pubblicare nel sito web istituzionale:

a) la struttura proponente;

b) l’oggetto del bando;

c) l’elenco degli operatori invitati a presentare offerte;

d) l’aggiudicatario;

e) l’importo di aggiudicazione;

f) i tempi di completamento dell’opera, servizio o fornitura;

g) l’importo delle somme liquidate.

Entro il 31 gennaio di ogni anno, tali informazioni, relativamente all’anno precedente, sono pubblicate in tabelle riassuntive rese liberamente scaricabili in un formato digitale standard aperto che consenta di analizzare e rielaborare, anche a fini statistici, i dati informatici.

Le stesse informazioni vanno trasmesse in formato digitale all’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, che le pubblica nel proprio sito web in una sezione liberamente consultabile da tutti i cittadini, catalogate in base alla tipologia di stazione appaltante e per regione.

L’Autorità individuerà con propria deliberazione le informazioni rilevanti e le relative modalità di trasmissione.

Entro il 30 aprile di ciascun anno, l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture trasmette alla Corte dei Conti l’elenco delle amministrazioni che hanno omesso di trasmettere e pubblicare, in tutto o in parte, le suddette informazioni.

La mancata o incompleta pubblicazione, da parte delle pubbliche amministrazioni, delle informazioni costituisce violazione degli standard qualitativi ed economici ed è fonte di responsabilità a carico dei dirigenti.

Eventuali ritardi nell’aggiornamento dei contenuti sugli strumenti informatici sono sanzionati a carico dei responsabili del servizio.

Delega al Governo

1) Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi, un decreto legislativo per il riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni, mediante la modifica o l’integrazione delle disposizioni vigenti, ovvero mediante la previsione di nuove forme di pubblicità, nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:

a) ricognizione e coordinamento delle disposizioni che prevedono obblighi di pubblicità a carico delle amministrazioni pubbliche;

b) previsione di forme di pubblicità sia in ordine all’uso delle risorse pubbliche sia in ordine allo svolgimento e ai risultati delle funzioni amministrative;

c) precisazione degli obblighi di pubblicità di dati relativi ai titolari di incarichi politici, di carattere elettivo o comunque di esercizio di poteri di indirizzo politico, di livello statale, regionale e locale. Tali dichiarazioni devono concernere almeno la situazione patrimoniale complessiva del titolare al momento dell’assunzione della carica, la titolarità di imprese, le partecipazioni azionarie proprie, del coniuge e dei parenti entro il secondo grado di parentela, nonché tutti i compensi cui dà diritto l’assunzione della carica;

d) ampliamento delle ipotesi di pubblicità, mediante pubblicazione nei siti web istituzionali, di informazioni relative ai titolari degli incarichi dirigenziali sia con riferimento a quelli che comportano funzioni di amministrazione e gestione, sia con riferimento agli incarichi di responsabilità degli uffici di diretta collaborazione;

e) definizione di categorie di informazioni che le amministrazioni devono pubblicare e delle modalità di elaborazione dei relativi formati;

f) obbligo di pubblicare tutti gli atti, i documenti e le informazioni in formato elettronico elaborabile e in formati di dati aperti;

g) individuazione, anche mediante integrazione e coordinamento della disciplina vigente, della durata e dei termini di aggiornamento per ciascuna pubblicazione obbligatoria;

h) individuazione, anche mediante revisione e integrazione della disciplina vigente, delle responsabilità e delle sanzioni per il mancato, ritardato o inesatto adempimento degli obblighi di pubblicazione.

Al riguardo bisognerà tenere conto e coordinare tali disposizioni con i contenuti del Decreto Legge 10 ottobre 2012 n. 174 prossimo alla conversione in legge.

2) Ai fini della prevenzione e del contrasto della corruzione, nonché della prevenzione dei conflitti di interessi, il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi, uno o più decreti legislativi diretti a modificare la disciplina vigente in materia di attribuzione di incarichi dirigenziali e di incarichi di responsabilità amministrativa di vertice nelle pubbliche amministrazioni da conferire a soggetti interni o esterni alle pubbliche amministrazioni, che comportano funzioni di amministrazione e gestione, nonché a modificare la disciplina vigente in materia di incompatibilità tra i detti incarichi e lo svolgimento di incarichi pubblici elettivi o la titolarità di interessi privati che possano porsi in conflitto con l’esercizio imparziale delle funzioni pubbliche affidate.

Tali decreti devono seguire i seguenti principi e criteri direttivi:

a) prevedere in modo esplicito i casi di non conferibilità di incarichi dirigenziali, adottando in via generale il criterio della non conferibilità per coloro che sono stati condannati, anche con sentenza non passata in giudicato, per i reati contro la pubblica amministrazione;

b) prevedere in modo esplicito i casi di non conferibilità di incarichi dirigenziali, adottando in via generale il criterio della non conferibilità per coloro che per un congruo periodo di tempo, non inferiore ad un anno, antecedente al conferimento abbiano svolto incarichi o ricoperto cariche in enti di diritto privato sottoposti a controllo o finanziati da parte dell’amministrazione che conferisce l’incarico;

c) disciplinare i criteri di conferimento nonché i casi di non conferibilità di incarichi dirigenziali ai soggetti estranei alle amministrazioni che, per un congruo periodo di tempo, non inferiore ad un anno, antecedente al conferimento abbiano fatto parte di organi di indirizzo politico o abbiano ricoperto cariche pubbliche elettive.

I casi di non conferibilità devono essere graduati e regolati in rapporto alla rilevanza delle cariche di carattere politico ricoperte, all’ente di riferimento e al collegamento, anche territoriale, con l’amministrazione che conferisce l’incarico.

È escluso in ogni caso, fatta eccezione per gli incarichi di responsabile degli uffici di diretta collaborazione degli organi di indirizzo politico, il conferimento di incarichi dirigenziali a coloro che presso le medesime amministrazioni abbiano svolto incarichi di indirizzo politico o abbiano ricoperto cariche pubbliche elettive nel periodo, comunque non inferiore ad un anno, immediatamente precedente al conferimento dell’incarico.

3) Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno, un decreto legislativo recante un testo unico della normativa in materia di incandidabilità alla carica di membro del Parlamento europeo, di deputato e di senatore della Repubblica, di incandidabilità alle elezioni regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali e di divieto di ricoprire le cariche di presidente e di componente del consiglio di amministrazione dei consorzi, di presidente e di componente dei consigli e delle giunte delle unioni di comuni, di consigliere di amministrazione e di presidente delle aziende speciali e delle istituzioni, di presidente e di componente degli organi esecutivi delle comunità montane.

Modifiche alla legge 7 agosto 1990 N. 241

Sui termini di conclusione del procedimento, l’art. 2, comma 1, viene così modificato: “Ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad un’istanza, ovvero debba essere iniziato d’ufficio, le pubbliche amministrazioni hanno il dovere di concluderlo mediante l’adozione di un provvedimento espresso. Se ravvisano la manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza della domanda, le pubbliche amministrazioni concludono il procedimento con un provvedimento espresso redatto in forma semplificata, la cui motivazione può consistere in un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo”.

Viene quindi inserito l’art. 6-bis che prevede che “Il responsabile del procedimento e i titolari degli uffici competenti ad adottare i pareri, le valutazioni tecniche, gli atti endoprocedimentali e il provvedimento finale devono astenersi in caso di conflitto di interessi, segnalando ogni situazione di conflitto, anche potenziale”.

Incompatibilità, cumulo di impieghi e incarichi ai dipendenti pubblici

La Legge modifica l’art. 53 del D. Lgs. 165/2001 in materia di incompatibilità e di incarichi ai dipendenti pubblici.

Secondo la nuova disciplina, le pubbliche amministrazioni non possono conferire ai dipendenti incarichi, non compresi nei compiti e doveri di ufficio, che non siano espressamente previsti o disciplinati da legge o altre fonti normative, o che non siano espressamente autorizzati. A tale scopo, con appositi regolamenti emanati su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, sono individuati, secondo criteri differenziati in rapporto alle diverse qualifiche e ruoli professionali, gli incarichi vietati ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche .

In ogni caso, il conferimento operato direttamente dall’amministrazione, nonché l’autorizzazione all’esercizio di incarichi che provengano da amministrazione pubblica diversa da quella di appartenenza, ovvero da società o persone fisiche, che svolgono attività d’impresa o commerciale, sono disposti dai rispettivi organi competenti secondo criteri oggettivi e predeterminati, che tengano conto della specifica professionalità, tali da escludere casi di incompatibilità, sia di diritto che di fatto, nell’interesse del buon andamento della pubblica amministrazione o situazioni di conflitto, anche potenziale, di interessi, che pregiudichino l’esercizio imparziale delle funzioni attribuite al dipendente.

I dipendenti pubblici non possono svolgere incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall’amministrazione di appartenenza. In caso di inosservanza del divieto, salve le più gravi sanzioni e ferma restando la responsabilità disciplinare, il compenso dovuto per le prestazioni eventualmente svolte deve essere versato, a cura dell’erogante o, in difetto, del percettore, nel conto dell’entrata del bilancio dell’amministrazione di appartenenza del dipendente per essere destinato ad incremento del fondo di produttività o di fondi equivalenti. L’omissione del versamento del compenso da parte del dipendente pubblico indebito percettore costituisce ipotesi di responsabilità erariale soggetta alla giurisdizione della Corte dei Conti.

I dipendenti che, negli ultimi tre anni di servizio, hanno esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto delle pubbliche amministrazioni non possono svolgere, nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto di pubblico impiego, attività lavorativa o professionale presso i soggetti privati destinatari dell’attività della pubblica amministrazione svolta attraverso i medesimi poteri. I contratti conclusi e gli incarichi conferiti in violazione di questa disposizione sono nulli ed è fatto divieto ai soggetti privati che li hanno conclusi o conferiti di contrattare con le pubbliche amministrazioni per i successivi tre anni con obbligo di restituzione dei compensi eventualmente percepiti e accertati ad essi riferiti. Il divieto non si applica ai contratti già sottoscritti alla data di entrata in vigore della legge.

Adempimenti

Entro quindici giorni dall’erogazione del compenso per gli incarichi (non più entro il 30 aprile di ciascun anno come finora previsto), i soggetti pubblici o privati devono comunicare all’amministrazione di appartenenza l’ammontare dei compensi erogati ai dipendenti pubblici.

Entro quindici giorni dal conferimento o autorizzazione dell’incarico, anche a titolo gratuito ai propri dipendenti (non più entro il 30 giugno di ciascun anno come finora previsto), le amministrazioni pubbliche devono comunicare in via telematica al Dipartimento della funzione pubblica gli incarichi conferiti o autorizzati ai dipendenti stessi, con l’indicazione dell’oggetto dell’incarico e del compenso lordo, ove previsto. La comunicazione è accompagnata da una relazione nella quale sono indicate le norme in applicazione delle quali gli incarichi sono stati conferiti o autorizzati, le ragioni del conferimento o dell’autorizzazione, i criteri di scelta dei dipendenti cui gli incarichi sono stati conferiti o autorizzati e la rispondenza dei medesimi ai princìpi di buon andamento dell’amministrazione, nonché le misure che si intendono adottare per il contenimento della spesa.

Entro il 30 giugno di ciascun anno

a) le amministrazioni che, nell’anno precedente, non hanno conferito o autorizzato incarichi ai propri dipendenti, anche se comandati o fuori ruolo, devono dichiarare in via telematica al Dipartimento della funzione pubblica di non aver conferito o autorizzato incarichi;

b) le amministrazioni di appartenenza sono tenute a comunicare al Dipartimento della funzione pubblica, in via telematica o su apposito supporto magnetico, per ciascuno dei propri dipendenti e distintamente per ogni incarico conferito o autorizzato, i compensi, relativi all’anno precedente, da esse erogati o della cui erogazione abbiano avuto comunicazione dai soggetti che hanno conferito l’incarico;

c) le amministrazioni pubbliche sono tenute a comunicare al Dipartimento della funzione pubblica, in via telematica o su supporto magnetico, i compensi percepiti dai propri dipendenti anche per incarichi relativi a compiti e doveri d’ufficio; sono altresì tenute a comunicare semestralmente l’elenco dei collaboratori esterni e dei soggetti cui sono stati affidati incarichi di consulenza, con l’indicazione della ragione dell’incarico e dell’ammontare dei compensi corrisposti. Le amministrazioni rendono noti, mediante inserimento nelle proprie banche dati accessibili al pubblico per via telematica, gli elenchi dei propri consulenti indicando l’oggetto, la durata e il compenso dell’incarico nonché l’attestazione dell’avvenuta verifica dell’insussistenza di situazioni, anche potenziali, di conflitto di interessi. Le informazioni relative a consulenze e incarichi comunicate dalle amministrazioni al Dipartimento della funzione pubblica, nonché le informazioni pubblicate dalle stesse nelle proprie banche dati accessibili al pubblico per via telematica, sono trasmesse e pubblicate in tabelle riassuntive rese liberamente scaricabili in un formato digitale standard aperto che consenta di analizzare e rielaborare, anche a fini statistici, i dati informatici.

Entro il 31 dicembre di ciascun anno:

a) il Dipartimento della funzione pubblica trasmette alla Corte dei conti l’elenco delle amministrazioni che hanno omesso di trasmettere e pubblicare, in tutto o in parte, le informazioni di cui sopra;

b) il Dipartimento della funzione pubblica trasmette alla Corte dei conti l’elenco delle amministrazioni che hanno omesso di effettuare la comunicazione, avente ad oggetto l’elenco dei collaboratori esterni e dei soggetti cui sono stati affidati incarichi di consulenza.

Contratti a tempo determinato

Al fine di combattere gli abusi nell’utilizzo del lavoro flessibile, entro il 31 dicembre di ogni anno, sulla base di apposite istruzioni fornite con Direttiva del Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione, le amministrazioni devono redigere un analitico rapporto informativo sulle tipologie di lavoro flessibile utilizzate da trasmettere, entro il 31 gennaio di ciascun anno, ai nuclei di valutazione e al Dipartimento della funzione pubblica che redige una relazione annuale al Parlamento.

Al dirigente responsabile di irregolarità nell’utilizzo del lavoro flessibile non può essere erogata la retribuzione di risultato.

Contestualmente devono essere comunicate al Dipartimento della funzione pubblica, per il tramite dei nuclei di valutazione, tutti i dati utili a rilevare le posizioni dirigenziali attribuite a persone, anche esterne alle pubbliche amministrazioni, individuate discrezionalmente dall’organo di indirizzo politico senza procedure pubbliche di selezione, completi di titoli e curricula.

Codice di comportamento

Il Governo definisce un codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni al fine di assicurare la qualità dei servizi, la prevenzione dei fenomeni di corruzione, il rispetto dei doveri costituzionali di diligenza, lealtà, imparzialità e servizio esclusivo alla cura dell’interesse pubblico.

Il codice contiene una specifica sezione dedicata ai doveri dei dirigenti, articolati in relazione alle funzioni attribuite, e comunque prevede per tutti i dipendenti pubblici il divieto di chiedere o di accettare, a qualsiasi titolo, compensi, regali o altre utilità, in connessione con l’espletamento delle proprie funzioni o dei compiti affidati, fatti salvi i regali d’uso, purché di modico valore e nei limiti delle normali relazioni di cortesia.

Il codice, approvato con decreto del Presidente della Repubblica va consegnato a ciascun dipendente, che lo sottoscrive all’atto dell’assunzione.

La violazione dei doveri contenuti nel codice di comportamento, compresi quelli relativi all’attuazione del Piano di prevenzione della corruzione, è fonte di responsabilità disciplinare.

La violazione dei doveri è altresì rilevante ai fini della responsabilità civile, amministrativa e contabile ogniqualvolta le stesse responsabilità siano collegate alla violazione di doveri, obblighi, leggi o regolamenti.

Ciascuna pubblica amministrazione dovrà definire, con procedura aperta alla partecipazione e previo parere obbligatorio del proprio organismo indipendente di valutazione, un proprio codice di comportamento che integra e specifica il codice di comportamento predisposto dal Governo.

A tale scopo, la CIVIT definirà criteri, linee guida e modelli uniformi per singoli settori o tipologie di amministrazione.

Sull’applicazione dei codici vigilano i dirigenti responsabili di ciascuna struttura, le strutture di controllo interno e gli uffici di disciplina.

Le pubbliche amministrazioni verificano annualmente lo stato di applicazione dei codici e organizzano attività di formazione del personale per la conoscenza e la corretta applicazione degli stessi.

I codici devono essere approvati entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge.

Condanne penalii

Coloro che sono stati condannati, anche con sentenza non passata in giudicato, per i reati dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione:

a) non possono fare parte, anche con compiti di segreteria, di commissioni per l’accesso o la selezione a pubblici impieghi;

b) non possono essere assegnati, anche con funzioni direttive, agli uffici preposti alla gestione delle risorse finanziarie, all’acquisizione di beni, servizi e forniture, nonché alla concessione o all’erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari o attribuzioni di vantaggi economici a soggetti pubblici e privati;

c) non possono fare parte delle commissioni per la scelta del contraente per l’affidamento di lavori, forniture e servizi, per la concessione o l’erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, nonché per l’attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere.

Nei giudizi di responsabilità, l’entità del danno all’immagine della pubblica amministrazione derivante dalla commissione di un reato contro la stessa pubblica amministrazione accertato con sentenza passata in giudicato si presume, salva prova contraria, pari al doppio della somma di denaro o del valore patrimoniale di altra utilità illecitamente percepita dal dipendente.

Tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti

Fuori dei casi di responsabilità a titolo di calunnia o diffamazione, il pubblico dipendente che denuncia all’autorità giudiziaria o alla Corte dei conti, ovvero riferisce al proprio superiore gerarchico condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro, non può essere sanzionato, licenziato o sottoposto ad una misura discriminatoria, diretta o indiretta, avente effetti sulle condizioni di lavoro per motivi collegati direttamente o indirettamente alla denuncia.

Nell’ambito del procedimento disciplinare, l’identità del segnalante non può essere rivelata, senza il suo consenso, sempre che la contestazione dell’addebito disciplinare sia fondata su accertamenti distinti e ulteriori rispetto alla segnalazione.

Qualora la contestazione sia fondata, in tutto o in parte, sulla segnalazione, l’identità può essere rivelata ove la sua conoscenza sia assolutamente indispensabile per la difesa dell’incolpato.

L’adozione di misure discriminatorie è segnalata al Dipartimento della funzione pubblica, per i provvedimenti di competenza, dall’interessato o dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative nell’amministrazione nella quale le stesse sono state poste in essere.

La denuncia è sottratta alla disciplina di accesso agli atti di cui alla Legge 241/1990.

Attività a rischio di infiltrazione mafiosa

Per l’efficacia dei controlli antimafia nelle attività imprenditoriali, presso ogni prefettura è istituito l’elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa operanti nei medesimi settori.

L’iscrizione negli elenchi della prefettura della provincia in cui l’impresa ha sede soddisfa i requisiti per l’informazione antimafia per l’esercizio della relativa attività.

La prefettura effettua verifiche periodiche circa la perdurante insussistenza dei suddetti rischi e, in caso di esito negativo, dispone la cancellazione dell’impresa dall’elenco.

Sono definite come maggiormente esposte a rischio di infiltrazione mafiosa le seguenti attività:

a) trasporto di materiali a discarica per conto di terzi;

b) trasporto, anche transfrontaliero, e smaltimento di rifiuti per conto di terzi;

c) estrazione, fornitura e trasporto di terra e materiali inerti;

d) confezionamento, fornitura e trasporto di calcestruzzo e di bitume;

e) noli a freddo di macchinari;

f) fornitura di ferro lavorato;

g) noli a caldo;

h) autotrasporti per conto di terzi;

i) guardiania dei cantieri.

Modifiche al codice penale

Il comma 75 introduce modifiche al codice penale nella parte relativa ai reati contro la pubblica amministrazione, in particolare alla disciplina della corruzione e della concussione.

Vengono introdotti tra l’altro il reato di “induzione indebita a dare o promettere utilità” e il reato di “traffico di influenze illecite”.

È stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 13 novembre 2012 la Legge 6 novembre 2012 n. 190 “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione” che sarà in vigore dal 28 novembre 2012.

La Legge prevede una serie di adempimenti a carico dell’Amministrazione, con indicazione dei termini già definiti.

Contiene però numerosi rinvii a decreti attuativi per l’attuazione di varie disposizioni.

Per gli Enti Locali, fatte salve alcune prescrizioni di immediata applicazione, come indicate di seguito, si ritiene che sarà necessario attendere la definizione degli adempimenti in sede di Conferenza Unificata.

Il comma 60 infatti dispone che, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge, attraverso intese in sede di Conferenza unificata, si definiscono gli adempimenti, con l’indicazione dei relativi termini, delle regioni e degli enti locali, nonché degli enti pubblici e dei soggetti di diritto privato sottoposti al loro controllo, volti alla piena e sollecita attuazione delle disposizioni della legge, con particolare riguardo:

a) alla definizione, da parte di ciascuna amministrazione, del piano triennale di prevenzione della corruzione, a partire da quello relativo agli anni 2013-2015, e alla sua trasmissione alla Regione interessata e al Dipartimento della funzione pubblica;

b) all’adozione, da parte di ciascuna amministrazione, di norme regolamentari relative all’individuazione degli incarichi vietati ai dipendenti pubblici;

c) all’adozione, da parte di ciascuna amministrazione, del codice di comportamento di cui all’articolo 54, comma 5, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.

Per tali adempimenti, si ritiene pertanto necessario attendere l’indicazione di termini e modalità per gli adempimenti, definiti in sede di Conferenza Unificata.

Autorità nazionale anticorruzione

La Legge individua la Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche (CIVIT) quale Autorità nazionale anticorruzione, con compiti di vigilanza e consultivi.

Il responsabile della prevenzione della corruzione

Il responsabile della prevenzione della corruzione è individuato dalla legge nel Segretario Comunale o Provinciale, salvo diversa e motivata determinazione.

Il responsabile deve provvedere:

a) alla verifica dell’efficace attuazione del piano triennale di prevenzione della corruzione e della sua idoneità, nonché a proporre la modifica dello stesso quando sono accertate significative violazioni delle prescrizioni ovvero quando intervengono mutamenti nell’organizzazione o nell’attività dell’amministrazione;

b) alla verifica, d’intesa con il dirigente competente, dell’effettiva rotazione degli incarichi negli uffici preposti allo svolgimento delle attività nel cui ambito è più elevato il rischio che siano commessi reati di corruzione;

c) ad individuare il personale da inserire nei programmi di formazione.

In caso di commissione, all’interno dell’amministrazione, di un reato di corruzione accertato con sentenza passata in giudicato, il responsabile risponde di mancato raggiungimento degli obiettivi nonché sul piano disciplinare, oltre che per il danno erariale e all’immagine della pubblica amministrazione, salvo che provi tutte le seguenti circostanze:

a) di avere predisposto, prima della commissione del fatto, il piano triennale e di aver osservato le prescrizioni della legge;

b) di aver vigilato sul funzionamento e sull’osservanza del piano.

La sanzione disciplinare a carico del responsabile non può essere inferiore alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da un minimo di un mese ad un massimo di sei mesi.

In caso di ripetute violazioni delle misure di prevenzione previste dal piano, il responsabile risponde anche per omesso controllo, sul piano disciplinare.

La violazione, da parte dei dipendenti dell’amministrazione, delle misure di prevenzione previste dal piano costituisce illecito disciplinare.

Entro il 15 dicembre di ogni anno, il responsabile pubblica nel sito web dell’amministrazione una relazione recante i risultati dell’attività svolta e la trasmette all’organo di indirizzo politico dell’amministrazione.

Nei casi in cui l’organo di indirizzo politico lo richieda o qualora il dirigente responsabile lo ritenga opportuno, quest’ultimo riferisce sull’attività.

Piano triennale di prevenzione della corruzione

Entro il 31 gennaio di ogni anno deve essere adottato il piano triennale di prevenzione della corruzione e trasmesso al Dipartimento della funzione pubblica.

In prima applicazione, come detto, prima dell’adozione del piano bisognerà attendere le indicazioni della Conferenza Unificata.

Il Piano è approvato dall’organo di indirizzo politico su proposta del Responsabile della prevenzione della corruzione.

Ai fini della predisposizione del piano di prevenzione della corruzione, può essere richiesto al Prefetto un supporto tecnico e informativo, anche al fine di assicurare che il piano sia formulato e adottato nel rispetto delle linee guida contenute nel Piano nazionale approvato dalla Commissione.

L’elaborazione del piano non può essere affidata a soggetti estranei all’Amministrazione.

La mancata predisposizione del piano e la mancata adozione delle procedure per la selezione e la formazione dei dipendenti costituiscono elementi di valutazione della responsabilità dirigenziale.

Il piano deve:

a) individuare le attività, nell’ambito delle quali è più elevato il rischio di corruzione, anche raccogliendo le proposte dei dirigenti;

b) prevedere, per tali attività, meccanismi di formazione, attuazione e controllo delle decisioni idonei a prevenire il rischio di corruzione;

c) prevedere, per le stesse attività, obblighi di informazione nei confronti del responsabile chiamato a vigilare sul funzionamento e sull’osservanza del piano;

d) monitorare il rispetto dei termini, previsti dalla legge o dai regolamenti, per la conclusione dei procedimenti;

e) monitorare i rapporti tra l’amministrazione e i soggetti che con la stessa stipulano contratti o che sono interessati a procedimenti di autorizzazione, concessione o erogazione di vantaggi economici di qualunque genere, anche verificando eventuali relazioni di parentela o affinità sussistenti tra i titolari, gli amministratori, i soci e i dipendenti degli stessi soggetti e i dirigenti e i dipendenti dell’amministrazione;

f) individuare specifici obblighi di trasparenza ulteriori rispetto a quelli previsti da disposizioni di legge.

La Scuola superiore della pubblica amministrazione predispone percorsi, anche specifici e settoriali, di formazione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni statali sui temi dell’etica e della legalità.

Con cadenza periodica e d’intesa con le amministrazioni, provvede alla formazione dei dipendenti pubblici chiamati ad operare nei settori in cui è più elevato, sulla base dei piani adottati dalle singole amministrazioni, il rischio che siano commessi reati di corruzione.

La trasparenza

Con uno o più decreti del Ministro per la pubblica amministrazione, da adottare entro sei mesi, sono individuate le informazioni rilevanti ai fini dell’applicazione delle disposizioni di seguito indicate.

Restano ferme le disposizioni in materia di pubblicità previste dal codice dei contratti di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n.163.

La trasparenza dell’attività amministrativa, indicata come livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti sociali e civili ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, deve essere assicurata mediante la pubblicazione, nei siti web istituzionali delle pubbliche amministrazioni, delle informazioni relative ai procedimenti amministrativi, secondo criteri di facile accessibilità, completezza e semplicità di consultazione, nel rispetto delle disposizioni in materia di segreto di Stato, di segreto d’ufficio e di protezione dei dati personali.

Nei siti web istituzionali delle amministrazioni pubbliche sono pubblicati anche i relativi bilanci e conti consuntivi, nonché i costi unitari di realizzazione delle opere pubbliche e di produzione dei servizi erogati ai cittadini.

Le informazioni sui costi sono pubblicate sulla base di uno schema tipo redatto dall’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, che ne cura altresì la raccolta e la pubblicazione nel proprio sito web istituzionale al fine di consentirne una agevole comparazione.

In particolare va garantita la massima trasparenza con particolare riferimento ai procedimenti di:

a) autorizzazione o concessione;

b) scelta del contraente per l’affidamento di lavori, forniture e servizi, anche con riferimento alla modalità di selezione prescelta ai sensi del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture;

c) concessione ed erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, nonché attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati;

d) concorsi e prove selettive per l’assunzione del personale e progressioni di carriera.

Le stazioni appaltanti possono prevedere negli avvisi, bandi di gara o lettere di invito che il mancato rispetto delle clausole contenute nei protocolli di legalità o nei patti di integrità costituisce causa di esclusione dalla gara.

Le informazioni pubblicate vanno trasmesse in via telematica alla CIVIT.

Le amministrazioni devono provvedere altresì al monitoraggio periodico del rispetto dei tempi procedimentali attraverso la tempestiva eliminazione delle anomalie.

I risultati del monitoraggio devono essere consultabili nel sito web istituzionale.

Ogni amministrazione pubblica deve rendere noto, tramite il sito web istituzionale, almeno un indirizzo di posta elettronica certificata cui il cittadino possa rivolgersi per trasmettere istanze e ricevere informazioni circa i provvedimenti e i procedimenti amministrativi che lo riguardano.

Le amministrazioni, nel rispetto della disciplina del diritto di accesso ai documenti amministrativi, in materia di procedimento amministrativo, hanno l’obbligo di rendere accessibili in ogni momento agli interessati, tramite strumenti di identificazione informatica, le informazioni relative ai provvedimenti e ai procedimenti amministrativi che li riguardano, ivi comprese quelle relative allo stato della procedura, ai relativi tempi e allo specifico ufficio competente in ogni singola fase.

Per le modalità di attuazione degli adempimenti di cui sopra dunque è necessario attendere il decreto ministeriale.

Con riferimento ai procedimenti relativi alla scelta del contraente per l’affidamento di lavori, forniture e servizi, anche con riferimento alla modalità di selezione prescelta ai sensi del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, è obbligatorio, da subito, pubblicare nel sito web istituzionale:

a) la struttura proponente;

b) l’oggetto del bando;

c) l’elenco degli operatori invitati a presentare offerte;

d) l’aggiudicatario;

e) l’importo di aggiudicazione;

f) i tempi di completamento dell’opera, servizio o fornitura;

g) l’importo delle somme liquidate.

Entro il 31 gennaio di ogni anno, tali informazioni, relativamente all’anno precedente, sono pubblicate in tabelle riassuntive rese liberamente scaricabili in un formato digitale standard aperto che consenta di analizzare e rielaborare, anche a fini statistici, i dati informatici.

Le stesse informazioni vanno trasmesse in formato digitale all’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, che le pubblica nel proprio sito web in una sezione liberamente consultabile da tutti i cittadini, catalogate in base alla tipologia di stazione appaltante e per regione.

L’Autorità individuerà con propria deliberazione le informazioni rilevanti e le relative modalità di trasmissione.

Entro il 30 aprile di ciascun anno, l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture trasmette alla Corte dei Conti l’elenco delle amministrazioni che hanno omesso di trasmettere e pubblicare, in tutto o in parte, le suddette informazioni.

La mancata o incompleta pubblicazione, da parte delle pubbliche amministrazioni, delle informazioni costituisce violazione degli standard qualitativi ed economici ed è fonte di responsabilità a carico dei dirigenti.

Eventuali ritardi nell’aggiornamento dei contenuti sugli strumenti informatici sono sanzionati a carico dei responsabili del servizio.

Delega al Governo

1) Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi, un decreto legislativo per il riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni, mediante la modifica o l’integrazione delle disposizioni vigenti, ovvero mediante la previsione di nuove forme di pubblicità, nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:

a) ricognizione e coordinamento delle disposizioni che prevedono obblighi di pubblicità a carico delle amministrazioni pubbliche;

b) previsione di forme di pubblicità sia in ordine all’uso delle risorse pubbliche sia in ordine allo svolgimento e ai risultati delle funzioni amministrative;

c) precisazione degli obblighi di pubblicità di dati relativi ai titolari di incarichi politici, di carattere elettivo o comunque di esercizio di poteri di indirizzo politico, di livello statale, regionale e locale. Tali dichiarazioni devono concernere almeno la situazione patrimoniale complessiva del titolare al momento dell’assunzione della carica, la titolarità di imprese, le partecipazioni azionarie proprie, del coniuge e dei parenti entro il secondo grado di parentela, nonché tutti i compensi cui dà diritto l’assunzione della carica;

d) ampliamento delle ipotesi di pubblicità, mediante pubblicazione nei siti web istituzionali, di informazioni relative ai titolari degli incarichi dirigenziali sia con riferimento a quelli che comportano funzioni di amministrazione e gestione, sia con riferimento agli incarichi di responsabilità degli uffici di diretta collaborazione;

e) definizione di categorie di informazioni che le amministrazioni devono pubblicare e delle modalità di elaborazione dei relativi formati;

f) obbligo di pubblicare tutti gli atti, i documenti e le informazioni in formato elettronico elaborabile e in formati di dati aperti;

g) individuazione, anche mediante integrazione e coordinamento della disciplina vigente, della durata e dei termini di aggiornamento per ciascuna pubblicazione obbligatoria;

h) individuazione, anche mediante revisione e integrazione della disciplina vigente, delle responsabilità e delle sanzioni per il mancato, ritardato o inesatto adempimento degli obblighi di pubblicazione.

Al riguardo bisognerà tenere conto e coordinare tali disposizioni con i contenuti del Decreto Legge 10 ottobre 2012 n. 174 prossimo alla conversione in legge.

2) Ai fini della prevenzione e del contrasto della corruzione, nonché della prevenzione dei conflitti di interessi, il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi, uno o più decreti legislativi diretti a modificare la disciplina vigente in materia di attribuzione di incarichi dirigenziali e di incarichi di responsabilità amministrativa di vertice nelle pubbliche amministrazioni da conferire a soggetti interni o esterni alle pubbliche amministrazioni, che comportano funzioni di amministrazione e gestione, nonché a modificare la disciplina vigente in materia di incompatibilità tra i detti incarichi e lo svolgimento di incarichi pubblici elettivi o la titolarità di interessi privati che possano porsi in conflitto con l’esercizio imparziale delle funzioni pubbliche affidate.

Tali decreti devono seguire i seguenti principi e criteri direttivi:

a) prevedere in modo esplicito i casi di non conferibilità di incarichi dirigenziali, adottando in via generale il criterio della non conferibilità per coloro che sono stati condannati, anche con sentenza non passata in giudicato, per i reati contro la pubblica amministrazione;

b) prevedere in modo esplicito i casi di non conferibilità di incarichi dirigenziali, adottando in via generale il criterio della non conferibilità per coloro che per un congruo periodo di tempo, non inferiore ad un anno, antecedente al conferimento abbiano svolto incarichi o ricoperto cariche in enti di diritto privato sottoposti a controllo o finanziati da parte dell’amministrazione che conferisce l’incarico;

c) disciplinare i criteri di conferimento nonché i casi di non conferibilità di incarichi dirigenziali ai soggetti estranei alle amministrazioni che, per un congruo periodo di tempo, non inferiore ad un anno, antecedente al conferimento abbiano fatto parte di organi di indirizzo politico o abbiano ricoperto cariche pubbliche elettive.

I casi di non conferibilità devono essere graduati e regolati in rapporto alla rilevanza delle cariche di carattere politico ricoperte, all’ente di riferimento e al collegamento, anche territoriale, con l’amministrazione che conferisce l’incarico.

È escluso in ogni caso, fatta eccezione per gli incarichi di responsabile degli uffici di diretta collaborazione degli organi di indirizzo politico, il conferimento di incarichi dirigenziali a coloro che presso le medesime amministrazioni abbiano svolto incarichi di indirizzo politico o abbiano ricoperto cariche pubbliche elettive nel periodo, comunque non inferiore ad un anno, immediatamente precedente al conferimento dell’incarico.

3) Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno, un decreto legislativo recante un testo unico della normativa in materia di incandidabilità alla carica di membro del Parlamento europeo, di deputato e di senatore della Repubblica, di incandidabilità alle elezioni regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali e di divieto di ricoprire le cariche di presidente e di componente del consiglio di amministrazione dei consorzi, di presidente e di componente dei consigli e delle giunte delle unioni di comuni, di consigliere di amministrazione e di presidente delle aziende speciali e delle istituzioni, di presidente e di componente degli organi esecutivi delle comunità montane.

Modifiche alla legge 7 agosto 1990 N. 241

Sui termini di conclusione del procedimento, l’art. 2, comma 1, viene così modificato: “Ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad un’istanza, ovvero debba essere iniziato d’ufficio, le pubbliche amministrazioni hanno il dovere di concluderlo mediante l’adozione di un provvedimento espresso. Se ravvisano la manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza della domanda, le pubbliche amministrazioni concludono il procedimento con un provvedimento espresso redatto in forma semplificata, la cui motivazione può consistere in un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo”.

Viene quindi inserito l’art. 6-bis che prevede che “Il responsabile del procedimento e i titolari degli uffici competenti ad adottare i pareri, le valutazioni tecniche, gli atti endoprocedimentali e il provvedimento finale devono astenersi in caso di conflitto di interessi, segnalando ogni situazione di conflitto, anche potenziale”.

Incompatibilità, cumulo di impieghi e incarichi ai dipendenti pubblici

La Legge modifica l’art. 53 del D. Lgs. 165/2001 in materia di incompatibilità e di incarichi ai dipendenti pubblici.

Secondo la nuova disciplina, le pubbliche amministrazioni non possono conferire ai dipendenti incarichi, non compresi nei compiti e doveri di ufficio, che non siano espressamente previsti o disciplinati da legge o altre fonti normative, o che non siano espressamente autorizzati. A tale scopo, con appositi regolamenti emanati su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, sono individuati, secondo criteri differenziati in rapporto alle diverse qualifiche e ruoli professionali, gli incarichi vietati ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche .

In ogni caso, il conferimento operato direttamente dall’amministrazione, nonché l’autorizzazione all’esercizio di incarichi che provengano da amministrazione pubblica diversa da quella di appartenenza, ovvero da società o persone fisiche, che svolgono attività d’impresa o commerciale, sono disposti dai rispettivi organi competenti secondo criteri oggettivi e predeterminati, che tengano conto della specifica professionalità, tali da escludere casi di incompatibilità, sia di diritto che di fatto, nell’interesse del buon andamento della pubblica amministrazione o situazioni di conflitto, anche potenziale, di interessi, che pregiudichino l’esercizio imparziale delle funzioni attribuite al dipendente.

I dipendenti pubblici non possono svolgere incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall’amministrazione di appartenenza. In caso di inosservanza del divieto, salve le più gravi sanzioni e ferma restando la responsabilità disciplinare, il compenso dovuto per le prestazioni eventualmente svolte deve essere versato, a cura dell’erogante o, in difetto, del percettore, nel conto dell’entrata del bilancio dell’amministrazione di appartenenza del dipendente per essere destinato ad incremento del fondo di produttività o di fondi equivalenti. L’omissione del versamento del compenso da parte del dipendente pubblico indebito percettore costituisce ipotesi di responsabilità erariale soggetta alla giurisdizione della Corte dei Conti.

I dipendenti che, negli ultimi tre anni di servizio, hanno esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto delle pubbliche amministrazioni non possono svolgere, nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto di pubblico impiego, attività lavorativa o professionale presso i soggetti privati destinatari dell’attività della pubblica amministrazione svolta attraverso i medesimi poteri. I contratti conclusi e gli incarichi conferiti in violazione di questa disposizione sono nulli ed è fatto divieto ai soggetti privati che li hanno conclusi o conferiti di contrattare con le pubbliche amministrazioni per i successivi tre anni con obbligo di restituzione dei compensi eventualmente percepiti e accertati ad essi riferiti. Il divieto non si applica ai contratti già sottoscritti alla data di entrata in vigore della legge.

Adempimenti

Entro quindici giorni dall’erogazione del compenso per gli incarichi (non più entro il 30 aprile di ciascun anno come finora previsto), i soggetti pubblici o privati devono comunicare all’amministrazione di appartenenza l’ammontare dei compensi erogati ai dipendenti pubblici.

Entro quindici giorni dal conferimento o autorizzazione dell’incarico, anche a titolo gratuito ai propri dipendenti (non più entro il 30 giugno di ciascun anno come finora previsto), le amministrazioni pubbliche devono comunicare in via telematica al Dipartimento della funzione pubblica gli incarichi conferiti o autorizzati ai dipendenti stessi, con l’indicazione dell’oggetto dell’incarico e del compenso lordo, ove previsto. La comunicazione è accompagnata da una relazione nella quale sono indicate le norme in applicazione delle quali gli incarichi sono stati conferiti o autorizzati, le ragioni del conferimento o dell’autorizzazione, i criteri di scelta dei dipendenti cui gli incarichi sono stati conferiti o autorizzati e la rispondenza dei medesimi ai princìpi di buon andamento dell’amministrazione, nonché le misure che si intendono adottare per il contenimento della spesa.

Entro il 30 giugno di ciascun anno

a) le amministrazioni che, nell’anno precedente, non hanno conferito o autorizzato incarichi ai propri dipendenti, anche se comandati o fuori ruolo, devono dichiarare in via telematica al Dipartimento della funzione pubblica di non aver conferito o autorizzato incarichi;

b) le amministrazioni di appartenenza sono tenute a comunicare al Dipartimento della funzione pubblica, in via telematica o su apposito supporto magnetico, per ciascuno dei propri dipendenti e distintamente per ogni incarico conferito o autorizzato, i compensi, relativi all’anno precedente, da esse erogati o della cui erogazione abbiano avuto comunicazione dai soggetti che hanno conferito l’incarico;

c) le amministrazioni pubbliche sono tenute a comunicare al Dipartimento della funzione pubblica, in via telematica o su supporto magnetico, i compensi percepiti dai propri dipendenti anche per incarichi relativi a compiti e doveri d’ufficio; sono altresì tenute a comunicare semestralmente l’elenco dei collaboratori esterni e dei soggetti cui sono stati affidati incarichi di consulenza, con l’indicazione della ragione dell’incarico e dell’ammontare dei compensi corrisposti. Le amministrazioni rendono noti, mediante inserimento nelle proprie banche dati accessibili al pubblico per via telematica, gli elenchi dei propri consulenti indicando l’oggetto, la durata e il compenso dell’incarico nonché l’attestazione dell’avvenuta verifica dell’insussistenza di situazioni, anche potenziali, di conflitto di interessi. Le informazioni relative a consulenze e incarichi comunicate dalle amministrazioni al Dipartimento della funzione pubblica, nonché le informazioni pubblicate dalle stesse nelle proprie banche dati accessibili al pubblico per via telematica, sono trasmesse e pubblicate in tabelle riassuntive rese liberamente scaricabili in un formato digitale standard aperto che consenta di analizzare e rielaborare, anche a fini statistici, i dati informatici.

Entro il 31 dicembre di ciascun anno:

a) il Dipartimento della funzione pubblica trasmette alla Corte dei conti l’elenco delle amministrazioni che hanno omesso di trasmettere e pubblicare, in tutto o in parte, le informazioni di cui sopra;

b) il Dipartimento della funzione pubblica trasmette alla Corte dei conti l’elenco delle amministrazioni che hanno omesso di effettuare la comunicazione, avente ad oggetto l’elenco dei collaboratori esterni e dei soggetti cui sono stati affidati incarichi di consulenza.

Contratti a tempo determinato

Al fine di combattere gli abusi nell’utilizzo del lavoro flessibile, entro il 31 dicembre di ogni anno, sulla base di apposite istruzioni fornite con Direttiva del Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione, le amministrazioni devono redigere un analitico rapporto informativo sulle tipologie di lavoro flessibile utilizzate da trasmettere, entro il 31 gennaio di ciascun anno, ai nuclei di valutazione e al Dipartimento della funzione pubblica che redige una relazione annuale al Parlamento.

Al dirigente responsabile di irregolarità nell’utilizzo del lavoro flessibile non può essere erogata la retribuzione di risultato.

Contestualmente devono essere comunicate al Dipartimento della funzione pubblica, per il tramite dei nuclei di valutazione, tutti i dati utili a rilevare le posizioni dirigenziali attribuite a persone, anche esterne alle pubbliche amministrazioni, individuate discrezionalmente dall’organo di indirizzo politico senza procedure pubbliche di selezione, completi di titoli e curricula.

Codice di comportamento

Il Governo definisce un codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni al fine di assicurare la qualità dei servizi, la prevenzione dei fenomeni di corruzione, il rispetto dei doveri costituzionali di diligenza, lealtà, imparzialità e servizio esclusivo alla cura dell’interesse pubblico.

Il codice contiene una specifica sezione dedicata ai doveri dei dirigenti, articolati in relazione alle funzioni attribuite, e comunque prevede per tutti i dipendenti pubblici il divieto di chiedere o di accettare, a qualsiasi titolo, compensi, regali o altre utilità, in connessione con l’espletamento delle proprie funzioni o dei compiti affidati, fatti salvi i regali d’uso, purché di modico valore e nei limiti delle normali relazioni di cortesia.

Il codice, approvato con decreto del Presidente della Repubblica va consegnato a ciascun dipendente, che lo sottoscrive all’atto dell’assunzione.

La violazione dei doveri contenuti nel codice di comportamento, compresi quelli relativi all’attuazione del Piano di prevenzione della corruzione, è fonte di responsabilità disciplinare.

La violazione dei doveri è altresì rilevante ai fini della responsabilità civile, amministrativa e contabile ogniqualvolta le stesse responsabilità siano collegate alla violazione di doveri, obblighi, leggi o regolamenti.

Ciascuna pubblica amministrazione dovrà definire, con procedura aperta alla partecipazione e previo parere obbligatorio del proprio organismo indipendente di valutazione, un proprio codice di comportamento che integra e specifica il codice di comportamento predisposto dal Governo.

A tale scopo, la CIVIT definirà criteri, linee guida e modelli uniformi per singoli settori o tipologie di amministrazione.

Sull’applicazione dei codici vigilano i dirigenti responsabili di ciascuna struttura, le strutture di controllo interno e gli uffici di disciplina.

Le pubbliche amministrazioni verificano annualmente lo stato di applicazione dei codici e organizzano attività di formazione del personale per la conoscenza e la corretta applicazione degli stessi.

I codici devono essere approvati entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge.

Condanne penalii

Coloro che sono stati condannati, anche con sentenza non passata in giudicato, per i reati dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione:

a) non possono fare parte, anche con compiti di segreteria, di commissioni per l’accesso o la selezione a pubblici impieghi;

b) non possono essere assegnati, anche con funzioni direttive, agli uffici preposti alla gestione delle risorse finanziarie, all’acquisizione di beni, servizi e forniture, nonché alla concessione o all’erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari o attribuzioni di vantaggi economici a soggetti pubblici e privati;

c) non possono fare parte delle commissioni per la scelta del contraente per l’affidamento di lavori, forniture e servizi, per la concessione o l’erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, nonché per l’attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere.

Nei giudizi di responsabilità, l’entità del danno all’immagine della pubblica amministrazione derivante dalla commissione di un reato contro la stessa pubblica amministrazione accertato con sentenza passata in giudicato si presume, salva prova contraria, pari al doppio della somma di denaro o del valore patrimoniale di altra utilità illecitamente percepita dal dipendente.

Tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti

Fuori dei casi di responsabilità a titolo di calunnia o diffamazione, il pubblico dipendente che denuncia all’autorità giudiziaria o alla Corte dei conti, ovvero riferisce al proprio superiore gerarchico condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro, non può essere sanzionato, licenziato o sottoposto ad una misura discriminatoria, diretta o indiretta, avente effetti sulle condizioni di lavoro per motivi collegati direttamente o indirettamente alla denuncia.

Nell’ambito del procedimento disciplinare, l’identità del segnalante non può essere rivelata, senza il suo consenso, sempre che la contestazione dell’addebito disciplinare sia fondata su accertamenti distinti e ulteriori rispetto alla segnalazione.

Qualora la contestazione sia fondata, in tutto o in parte, sulla segnalazione, l’identità può essere rivelata ove la sua conoscenza sia assolutamente indispensabile per la difesa dell’incolpato.

L’adozione di misure discriminatorie è segnalata al Dipartimento della funzione pubblica, per i provvedimenti di competenza, dall’interessato o dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative nell’amministrazione nella quale le stesse sono state poste in essere.

La denuncia è sottratta alla disciplina di accesso agli atti di cui alla Legge 241/1990.

Attività a rischio di infiltrazione mafiosa

Per l’efficacia dei controlli antimafia nelle attività imprenditoriali, presso ogni prefettura è istituito l’elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa operanti nei medesimi settori.

L’iscrizione negli elenchi della prefettura della provincia in cui l’impresa ha sede soddisfa i requisiti per l’informazione antimafia per l’esercizio della relativa attività.

La prefettura effettua verifiche periodiche circa la perdurante insussistenza dei suddetti rischi e, in caso di esito negativo, dispone la cancellazione dell’impresa dall’elenco.

Sono definite come maggiormente esposte a rischio di infiltrazione mafiosa le seguenti attività:

a) trasporto di materiali a discarica per conto di terzi;

b) trasporto, anche transfrontaliero, e smaltimento di rifiuti per conto di terzi;

c) estrazione, fornitura e trasporto di terra e materiali inerti;

d) confezionamento, fornitura e trasporto di calcestruzzo e di bitume;

e) noli a freddo di macchinari;

f) fornitura di ferro lavorato;

g) noli a caldo;

h) autotrasporti per conto di terzi;

i) guardiania dei cantieri.

Modifiche al codice penale

Il comma 75 introduce modifiche al codice penale nella parte relativa ai reati contro la pubblica amministrazione, in particolare alla disciplina della corruzione e della concussione.

Vengono introdotti tra l’altro il reato di “induzione indebita a dare o promettere utilità” e il reato di “traffico di influenze illecite”.