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L’inderogabilità dei vincoli imposti dal bando di concorso nella scelta delle materie oggetto della prova preselettiva

Ordinanza Tar Lazio-Roma Sez. I Quater, n. 13846/2023

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L’inderogabilità dei vincoli imposti dal bando di concorso nella scelta delle materie oggetto della prova preselettiva. (Ordinanza Tar Lazio-Roma Sez. I Quater, n. 13846/2023)

 

Abstract: Il presente approfondimento trae spunto dalla disamina delle motivazioni dell’Ordinanza del TAR Lazio- Sede di Roma, Sezione I Quater n. 13846 del 18 settembre 2023 in cui l’applicazione del principio dell’inderogabilità dei vincoli imposti dal bando di concorso, che nel caso di specie, concerne la scelta delle materie oggetto della prova preselettiva, ci ha fornito l’occasione per una breve ricognizione di alcuni principi a valenza generale che regolano le procedure concorsuali.

 

La questione dedotta in giudizio

La controversia ha origine dall’impugnazione, previa formulazione di istanza cautelare, del provvedimento di esclusione dal concorso e di tutti gli atti della procedura, ed in particolare di quelli relativi alla prova preselettiva, al fine di ottenere l’ammissione con riserva del ricorrente al prosieguo del concorso, in quanto due delle domande scelte e somministrate dalla Commissione durante la prova di cui sopra erano afferenti a materie non previste dal bando.

La parte ricorrente, in merito al contenuto della prova preselettiva, in particolare, rilevava:

  1. che due dei test somministrati contenevano quesiti non inquadrabili nella materia “storia d’Italia dal 1861 ad oggi” e tanto meno nelle altre materie previste dal bando;
  2. di non aver risposto ad uno dei due quesiti e di aver fornito una risposta errata al secondo ottenendo, rispettivamente, i punteggi di 0 e di - 0,33;
  3. il punteggio (negativo) ricevuto era stato determinante in quanto la soglia minima per l'ammissione è risultata inferiore a quella necessaria.

L’illegittimità dell’esclusione veniva, quindi, fondata dal legale del ricorrente sui seguenti motivi:

  • violazione della “lex specialis “costituita dall’art. 7 del Bando di concorso;
  • violazione del principio della “par condicio concorsorum” e del principio del “favor partecipationis”;
  • violazione del legittimo affidamento ed eccesso di potere per irragionevolezza e illogicità, ingiustizia manifesta.

La Pubblica Amministrazione, costituitasi in giudizio, insisteva, invece, per il rigetto del ricorso, eccependo la riconducibilità delle domande contestate alla materia “storia d’Italia dal 1861 ad oggi”.

La Sezione I Quater del Tar Lazio con Ordinanza n. 5759 del 12 settembre 2022 accoglieva l’istanza cautelare ed ammetteva il ricorrente con riserva al prosieguo della procedura selettiva.

Nelle more della decisione di merito aveva luogo la pubblicazione della graduatoria definitiva in cui l’amministrazione, autonomamente e non in esecuzione del giudicato cautelare, provvedeva, all’esito delle prove concorsuali, ad inserire il ricorrente con riserva alla posizione n. 560.

All’udienza pubblica del 4 luglio 2023 la causa veniva trattenuta in decisione ed il TAR adito accoglieva il ricorso.

 

La motivazione della decisione

Nel caso di specie i Giudici capitolini si sono, in particolare, soffermati sulla specifica violazione dell’articolo del bando di concorso in cui l’amministrazione resistente è incappata, tenendo conto della circostanza che nello stesso risultano indicate con assoluta precisione le materie che sarebbero state oggetto della prova preselettiva e precisamente:

risoluzione di quesiti a risposta multipla sulle seguenti materie:

  • storia d'Italia dal 1861 ad oggi ed elementi di chimica;
  • quesiti di tipo logico-deduttivo e analitico, volti a esplorare le capacità intellettive e di ragionamento;
  • quesiti finalizzati ad accertare la conoscenza dell'uso delle apparecchiature e delle applicazioni informatiche più diffuse e della lingua inglese.

Nell'ambito della prova preselettiva, i quesiti sono raggruppati ed ordinati secondo le quattro tipologie di cui al primo periodo.”

Il TAR giudicante  ha preliminarmente evidenziato che la formulazione del bando nella parte sopra riportata, induce a ritenere che le materie oggetto della prova fossero esclusivamente quelle indicate  nella sopra richiamata disposizione e che da una verifica delle due domande contenute nella batteria di  test somministrati emerge chiaramente che: “non rientrano tra nessuna delle materie indicate nella lex specialis, e in particolar modo che non sono ascrivibili alla  materia “storia d'Italia dal 1861 ad oggi” involgendo competenze relative alle diverse discipline della “storia inglese”, “della storia europea” o della “storia contemporanea” (la n. 40) e della “ storia delle religioni” o, al più, della “cultura generale” (la n. 39)” .

Una diversa interpretazione, secondo il Collegio adito, costituirebbe violazione del principio di stretta interpretazione delle clausole del bando, condiviso dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato (cfr. Consiglio di Stati, V,10 aprile 2013 n. 1969 e della Corte di Cassazione (cfr. Cass. civ., sez. lavoro, ordinanza 3 gennaio 2023, n. 79) trascendendo i limiti imposti dai parimenti citati seguenti principi:

  1. di immodificabilità del bando (c.d. autovincolo);
  2. di par condicio dei partecipanti;
  3. di tutela dell’affidamento.

Il ricorso è stato, quindi accolto, con conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati, con particolare riferimento all’esclusione di parte ricorrente dall’elenco dei candidati ammessi alle prove motorio attitudinali e determinando, quindi, la definitiva ammissione al prosieguo della procedura.

Il Tar ha anche ingiunto alla pubblica Amministrazione soccombente di procedere alla stabilizzazione degli esiti delle successive prove alle quali il ricorrente era stato, nel frattempo, sottoposto a seguito della decisione assunta in sede cautelare con espressa  avvertenza che, in esecuzione della sentenza emessa, potrà essere sciolta la riserva di ammissione qualora fondata unicamente sulle questioni oggetto del presente giudizio.

 

La natura della prova preselettiva

Tale prova viene definita come “un meccanismo mediante il quale la p.a. inserisce uno sbarramento all'ingresso che, pur essendo requisito essenziale per la successiva partecipazione al concorso non costituisce esso stesso una prova del concorso medesimo, costituendo solamente un ragionevole strumento di semplificazione ed accelerazione dell’iter concorsuale che consente di ridurre il numero dei partecipanti alle prove scritte, attraverso una verifica dei requisiti culturali di base dei candidati, in un modo semplice e tale garantire la parità di trattamento degli interessati[1]

Nel corpo della sentenza i giudici si soffermano ampiamente anche sullo scopo della prova preselettiva individuandolo nell’esigenza di “costituire, complessivamente, uno sbarramento ai fini dell’accesso alle successive fasi della procedura concorsuale (al solo fine di rendere più semplice e veloce l’iter concorsuale), senza contribuire in alcun modo a determinare la posizione in graduatoria del candidato”.

La presenza nel questionario di quesiti estranei alle materie indicate nel bando rende,pertanto, illegittimo l’ostacolo frapposto rispetto all’accesso alle prove concorsuali. Di conseguenza la non idoneità del questionario a consentire il superamento dello sbarramento da parte del candidato genera l’ammissione del soggetto ingiustamente penalizzato “in sovrannumero” al prosieguo nelle operazioni concorsuali.

 

Il Bando di concorso “lex specialis” ed il principio dell’autovincolo

Il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui il bando, costituendo la lex specialis del concorso indetto per l’accesso al pubblico impiego, deve essere interpretato in termini strettamente letterali, rappresenta il punto cardine di gran parte delle decisioni in materia di pubblici concorsi.

Le regole contenute nel bando vincolano rigidamente l’operato dell’amministrazione pubblica, obbligata alla loro applicazione senza alcun margine di discrezionalità onde evitare di ledere, qualora si consentisse la modifica delle regole di gara cristallizzate nella lex specialis, i principi del legittimo affidamento e della parità di trattamento tra i concorrenti la cui tutela trova la sua piena consacrazione nel principio dell’autovincolo e nel conseguente divieto di disapplicazione del bando, quale atto con cui l’amministrazione si è vincolata nell’esercizio delle potestà connesse alla conduzione della procedura selettiva[2].  

La sentenza in commento precisa, infatti, in modo inequivocabile che “ le clausole del bando di concorso per l’accesso al pubblico impiego non possono essere assoggettate a procedimento ermeneutico in funzione integrativa, diretto ad evidenziare in esse pretesi significati impliciti o inespressi, ma vanno interpretate secondo il significato immediatamente evincibile dal tenore letterale delle parole e dalla loro connessione[3]

In merito ai predetti principi dell’affidamento e di tutela della parità di trattamento tra i concorrenti, degno di nota è anche l’acuto raffronto, effettuato dal TAR romano, tra le clausole del bando di concorso per l’accesso al pubblico impiego, che viene inquadrato come un’offerta al pubblico ex art. 1336 del codice civile (Cass. civ., sez. lavoro, Ordinanza  3 gennaio 2023, n. 79), da cui  scaturisce che le clausole medesime oltre a non poter essere assoggettate al procedimento interpretativo di cui sopra … “qualora il dato testuale presenti evidenti ambiguità deve essere scelto dall’interprete il significato più favorevole all'ammissione del candidato alle prove, essendo conforme al pubblico interesse - e sempre che a tale operazione non si oppongano interessi pubblici diversi e di maggior rilievo - che alla procedura selettiva partecipi il più elevato numero di candidati”.

 

L’impossibilità di individuare i controinteressati lesi dal provvedimento di esclusione in mancanza di una graduatoria

Considerato che la procedura selettiva non è ancora conclusa e, quindi, non è possibile individuare quali soggetti avrebbero a che dolersi dell’eventuale annullamento del provvedimento. (Consiglio di Stato, II, 4 aprile 2023, n. 3445 e Consiglio di Stato, III, 27 aprile 2022, n. 3342 in cui si legge che “prima della formazione della graduatoria, non sono configurabili controinteressati in senso tecnico, atteso che in tale fase del procedimento concorsuale non sono rinvenibili situazioni soggettive di interesse protetto in posizione antagonista rispetto a chi contesta la sua esclusione dal concorso, che potrebbero essere lese dall’accoglimento del ricorso”).

Nel procedimento concorsuale, infatti, l’insussistenza di controinteressati si verifica solo nel caso in cui l’impugnazione sia proposta anteriormente all’adozione della graduatoria, diversamente dall’ipotesi in cui l’impugnazione avvenga dopo l’adozione dell’atto conclusivo della procedura concorsuale in cui il ricorso deve essere, invece, notificato, pena l’inammissibilità ad almeno un controinteressato ex art. 41, comma 2 del Codice Processuale Amministrativo.

Nel caso di specie, quindi, parte ricorrente, ai fini dell’ammissibilità del ricorso, non era tenuta alla notifica ad almeno uno dei controinteressati in quanto nel momento della notifica del ricorso mancava l’approvazione della graduatoria.

 

La sindacabilità giurisdizionale

Il collegio giudicante si sofferma sulla propria competenza ad effettuare le valutazioni preordinate ad assumere la decisione sul ricorso, precisando le ragioni per cui è da ritenere escluso “lo straripamento del sindacato giurisdizionale nel merito amministrativo”.

La sentenza contiene, infatti, l’espressa affermazione che la valutazione non costituisce una indebita ingerenza nell’attività di merito atteso che “con il bando di concorso e, in particolare, con la scelta delle materie ritenute maggiormente idonee a selezionare le professionalità da reclutare la pubblica amministrazione consuma anticipatamente la propria discrezionalità”.

Rientra, quindi, pienamente nei poteri del giudice amministrativo verificare la riconducibilità dei quesiti effettivamente somministrati ai candidati all’alveo delle materie che l’amministrazione stessa ha discrezionalmente indicato negli atti concorsuali.

In linea generale, quanto appena riferito, costituisce applicazione diretta del principio in base al quale il sindacato giurisdizionale in materia va strettamente circoscritto alle ipotesi di manifesta e macroscopica contraddittorietà o irragionevolezza.

E’ utile osservare che dalla sentenza in commento si evince che il giudice amministrativo che, di regola, può sindacare le valutazioni dell’amministrazione solamente sotto il profilo della logicità, ragionevolezza ed adeguatezza dell’istruttoria, nel caso di specie,  ha ritenuto di  blindare  il proprio potere decisionale, ponendo in evidenza che  il  sindacato  esercitato investe la macroscopica illegittimità in  cui è incorsa la Commissione nella scelta di quesiti estranei alle materie della prova preselettiva  che in base al principio del cd. ” autovincolo” sono state dettagliatamente indicate nel Bando consumando la discrezionalità di cui gode ,in tal senso, la Pubblica Amministrazione.

 

La prova di resistenza

Nelle controversie relative alla contestazione dei risultati di un concorso pubblico non può prescindersi, ai fini della verifica della sussistenza di un concreto ed attuale interesse al ricorso, dalla c.d. prova di resistenza, dovendo, infatti, il ricorrente quantomeno fornire un principio di prova in ordine alla possibilità di ottenere un collocamento in graduatoria in posizione utile in caso di eventuale accoglimento dei motivi di ricorso proposti, essendo altrimenti inammissibile la domanda formulata.

Il concorrente, che impugna i risultati di una procedura concorsuale ha, quindi, l’onere di dimostrare il suo interesse, attuale e concreto, a contestare la graduatoria, non potendo egli far valere un astratto interesse dell’ordinamento ad una corretta formulazione della stessa, se tale corretta formulazione non comporti per lui alcun apprezzabile risultato concreto[4].

La c.d. prova di resistenza deve essere, pertanto, considerata non già un mero adempimento formale quanto piuttosto un vero e proprio onus probandi che, ai sensi dell’art. 2697 c.c., nel caso di specie grava sulla parte ricorrente ed incide sulla sussistenza, o meno, dell’interesse ad agire in giudizio.

Il TAR partendo dall’assunto che il punteggio (negativo), per la risposta errata fornita ad uno dei due quesiti, era stato determinante per il ricorrente in quanto la soglia minima per l’ammissione è risultata inferiore a quella necessaria, procede ad un’accurata disamina della cd. prova di resistenza che nel caso di specie è stata superata in quanto “senza la decurtazione di 0,33, derivante dall’erronea risposta alla domanda n.40, parte ricorrente avrebbe conseguito il punteggio di 25,69 (ovvero un punteggio pari a quello riportato dall’ultimo degli ammessi pari a 25,69)”. Tale circostanza, secondo i giudici, consente di ritenerla  superata in quanto se  nel questionario somministrato la domanda non fosse stata presente, il ricorrente, pur avendo una domanda in meno degli altri concorrenti, avrebbe superato la prova, fermo restando, e tale principio riveste carattere generale, che nella specifica procedura oggetto del ricorso “ non era possibile calcolare la prova di resistenza attraverso l’espunzione delle domande contestate dai questionari dei partecipanti e la riformulazione della graduatoria, atteso che a ogni candidato è stato somministrato un questionario contenente domande diverse, sicché il calcolo della prova di resistenza mediante la mera espunzione delle domande errate dal solo questionario del candidato interessato dalla/e domanda/e errata/e avrebbe come conseguenza il fatto che nei confronti dello stesso sarebbero state somministrate un numero di domande inferiori alle 40 previste dal bando” .

Rispetto alla preselezione della procedura in gravame, la prova di resistenza, secondo il Tar giudicante, non può che calcolarsi facendo riferimento al punteggio che il candidato avrebbe potuto conseguire rispondendo esattamente alle domande alle quali non ha potuto rispondere o a cui ha risposto in maniera errata, in ragione della loro estraneità alle materie previste dal bando.  Diversamente, opinando, il candidato destinatario di un questionario con domande scorrette sarebbe ingiustamente penalizzato, allorché il mancato raggiungimento della soglia minima sia dipeso proprio dal non aver potuto fornire a dette domande la risposta esatta.

 

[1] cfr. Consiglio di  Stato, VII, 31 marzo 2023, n. 3336

[2] cfr. Consiglio di Stato, V, 10 aprile 2013, n. 1969

[3] cfr. Tar Lazio, II, 11 gennaio 2023, n.441, nonché Consiglio di Stato, III, 7 aprile 2023, n. 3637 e Consiglio di Stato, IV, 19 febbraio 2019, n.1148

[4] Cfr. ex multis, C.G.A., 4 marzo 2019, n. 201; Cons. Stato, sez. V, 23 agosto 2019 n. 5837; sez. IV, 2 settembre 2011, n. 4963 e 20 maggio 2009, n. 3099; sez. III, 5 febbraio 2014 n. 571