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Obbligo vaccinale: la decisione del Tar

Sentenza Tar Trento n. 64 del 2022
Obbligo vaccinale
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Obbligo vaccinale: la decisione del Tar: sentenza n. 64 del 2022


Il TAR di Trento nella sentenza 21 marzo 2022, n. 64 ha dichiarato la giurisdizione del giudice ordinario per la trattazione di atti adottati dalle Aziende sanitarie locali e dagli Ordini professionali. Tali atti sono concernenti la violazione del personale sanitario dell’obbligo vaccinale sancito dall’art. 4 del d.l. n. 44 del 2021.

In tema di obbligo vaccinale, è stata riconosciuta la giurisdizione del giudice ordinario e non del giudice amministrativo in quanto tali atti rientrano nella tutela del diritto soggettivo e non dell’interesse legittimo.


La storia: violazione o meno dell’obbligo vaccinale

Dinanzi al Tar di Trento hanno proposto ricorso alcuni lavoratori che esercitano la professione sanitaria. Questi, infatti, sono soggetti all’obbligo vaccinale previsto dall’art. 4 del decreto legge n. 44 del 2021. Gli stessi hanno impugnato i provvedimenti con cui l’Azienda provinciale per i servizi sanitari della Provincia di Trento ha evidenziato la sussistenza della violazione della norma sopra indicata.

I ricorrenti hanno evidenziato che mediante le autorizzazioni dell’EMA (European Medicines Agency) sono stati autorizzati i vaccini della Pfizer, AstraZeneca, Moderna e Janssen.

Tuttavia, le autorizzazioni dell’EMA sono sottoposte al necessario rinnovo periodico, essendo i vaccini ancora oggetto di studio.

Gli stessi hanno evidenziato la precarietà del vaccino in termini di sicurezza ed efficacia.

“Diversi studi e le stesse case farmaceutiche produttrici dei sieri vaccinali riconoscono, infatti, da un lato, che non sono ancora note le potenzialità dei vaccini sotto il profilo della loro capacità di impedire la trasmissione del virus, la capacità di impedire la contrazione della malattia e la durata temporale dell’efficacia preventiva, dall’altro, che non sono ancora note le conseguenze, soprattutto a lungo termine, derivanti dalla somministrazione dei vaccini.”

A sostegno del loro rifiuto vi è il fatto avvenuto a Genova ove 24 medici vaccinatori volontari hanno espresso la loro contrarietà alla somministrazione dell’AstraZeneca a soggetti con meno di 60 anni di età, “rilevando che la stessa importa più rischi che benefici, a fronte della possibilità di insorgenza di trombosi venose associate a «diminuzione delle piastrine che si presenta a distanza di 5-15 giorni e può avere esito fatale»”.

I ricorrenti hanno affermato che se l’approvazione dei vaccini è stata oggetto di difficile attuazione e se le Autorità nazionali ed europee affermano l’instabilità dei vaccini in termini di sicurezza ed efficacia, allora «il Legislatore italiano ha inteso prevedere un singolare – e liberticida – obbligo vaccinale in danno degli operatori sanitari e sociosanitari, costretti a sottoporsi ad uno dei quattro vaccini autorizzati in Italia, senza avere certezza circa la loro efficacia e sicurezza e, peraltro, senza nemmeno avere la possibilità di scegliere a quale tra i quattro sottoporsi».


Obbligo vaccinale: il vaccino è sicuro?

In tema di obbligo vaccinale, alla domanda «Si può ancora essere contagiosi una volta vaccinati?» la Commissione Europea ha risposto: «Non lo sappiamo ancora. Sarà ancora necessario esaminare l’efficacia del vaccino del prevenire infezioni asintomatiche, in particolare i dati delle sperimentazioni cliniche e quelli delle somministrazioni dopo l’autorizzazione. Pertanto per il momento anche le persone vaccinate dovranno continuare a indossare le mascherine, a evitare assembramenti in luoghi chiusi, a rispettare il distanziamento sociale e tutte le altre norme. Anche altri fattori, tra cui il numero di persone vaccinate e le modalità di contagio nelle comunità, potranno portare a una revisione dei presenti orientamenti».

L’Organizzazione Mondiale della Sanità e l’ISS hanno affermato di non conoscere se i vaccini siano in grado di evitare il diffondersi del Corona Virus.

Il Consiglio d’Europa con la risoluzione dell’Assemblea parlamentare del 27 gennaio 2021 ha evidenziato come «i certificati di vaccinazione non dovrebbero essere usati come “passaporto vaccinale” (ai confini, per i viaggi aerei o per l’accesso ai servizi). Tale uso sarebbe non scientifico in assenza di dati sull’effettiva efficacia dei vaccini nella riduzione della trasmissione, sulla durata dell’eventuale immunità acquisita e della percentuale di “fallimenti” nel produrre immunità dovuti alle nuove varianti, alla carica virale e ai ritardi nelle seconde dosi».

Inoltre, l’AIFA in data 26 aprile 2021 ha pubblicato un rapporto sulla Sorveglianza dei vaccini COVID19, predisposto sulla base dei dati raccolti tra il 27 dicembre 2020, ove si afferma che «nessun prodotto medicinale può essere mai considerato esente da rischi. Ognuno di noi quando decide di servirsi di un farmaco o di sottoporsi a una vaccinazione, dovrebbe avere presente che quello che sta facendo è bilanciare i benefici con i rischi. Verificare che i benefici di un vaccino siano superiori ai rischi e ridurre questi al minimo è responsabilità delle autorità sanitarie che regolano l’immissione in commercio dei prodotti medicinali.»


Cosa ha deciso il TAR sull’obbligo vaccinale?

Il TAR ha dichiarato inammissibile il ricorso, sostenendo che “le controversie relative agli atti adottati dalle Aziende sanitarie locali e dagli Ordini professionali in applicazione dell’art. 4 del decreto legge n. 44 del 2021 rientrano nella giurisdizione del Giudice ordinario, e di non poter, quindi, condividere il diverso orientamento secondo il quale provvedimenti della specie di quelli in epigrafe indicati rientrerebbero nella giurisdizione del giudice amministrativo in quanto frutto dell’esercizio di un potere amministrativo”. [1]

Il Tar, comunque, ha ricordato l’applicazione dell’art. 4 del decreto legge 1° aprile 2021, n. 44, convertito dalla legge 28 maggio 2021, n. 76, “Disposizioni urgenti in materia di prevenzione del contagio da SARS-CoV-2 mediante previsione di obbligo vaccinale per gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario”.

Tale disposizione applicabile al momento dell’adozione dei provvedimenti oggetto di impugnazione (ossia prima delle modifiche apportate con il d.l. del 26novembre 2021, n. 172, sancisce che “In considerazione della situazione di emergenza epidemiologica da SARS-CoV-2 […] al fine di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell’erogazione delle prestazioni di cura e assistenza, gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario di cui all’articolo 1, comma 2, della legge 1° febbraio 2006, n. 43, che svolgono la loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private, nelle farmacie, nelle parafarmacie e negli studi professionali sono obbligati a sottoporsi a vaccinazione gratuita per la prevenzione dell’infezione da SARSCoV-2.

La vaccinazione costituisce requisito essenziale per l’esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative dei soggetti obbligati. La vaccinazione è somministrata nel rispetto delle indicazioni fornite dalle regioni, dalle province autonome e dalle altre autorità sanitarie competenti, in conformità alle previsioni contenute nel piano.

Solo in caso di accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal medico di medicina generale, la vaccinazione di cui al comma 1 non è obbligatoria e può essere omessa o differita.

Il TAR adito ha richiamato alcune pronunce, tra cui una recentissima sentenza del TAR Veneto. Sulla base della pronuncia del TAR Veneto [2], il TAR adito ha affermato “che l’art. 4 del decreto legge n. 44 del 2021 non attribuisce alcun potere autoritativo all’Amministrazione sanitaria”.

Infine, il Tar ha affermato la sussistenza di un diritto soggettivo in capo al personale sanitario e non di un mero interesse legittimo.

“Al riguardo, va premesso che tutte le possibili contestazioni sollevabili dal sanitario in relazione all’applicazione della suddetta norma, anche quando concernono il profilo più “a monte” dell’asserita incostituzionalità dell’obbligo vaccinale per la ritenuta lesione di uno o più diritti costituzionalmente tutelati – in particolare il diritto alla salute – coinvolgono una fattispecie che, come detto, concerne precipuamente il profilo relativo al diritto allo svolgimento della prestazione lavorativa in quanto finalizzata a garantire che il lavoratore sanitario soddisfi una determinata condizione di idoneità lavorativa. In ogni caso, elemento comune a tutte le ipotesi di contestazione che possono discendere dall’attuazione della disposizione in esame, è il fatto che, come detto, rispetto alle situazioni giuridiche che il sanitario assume o può assumere essere lese, all’Azienda sanitaria non è stato attribuito alcun potere pubblico autoritativo o comunque dispositivo delle situazioni giuridiche medesime, di modo da poter giustificare la giurisdizione del Giudice Amministrativo. Ne consegue, che rispetto all’atto di accertamento dell’Azienda sanitaria la situazione giuridica del sanitario non è qualificabile in termini di interesse legittimo, ma di diritto soggettivo.”

Note

[1] Sentenze T.A.R. Liguria n. 983, n. 984, n. 985, n. 986, n. 987 e n. 991 del 2021, la sentenza T.A.R. Marche n. 881 del 2021 e la sentenza dal T.A.R. Veneto n. 140 del 2022; sentenze dal T.A.R. Friuli Venezia Giulia n. 261 e n. 263 del 2021.

[2] T.A.R. del Veneto, Sez. III, nella recentissima sentenza 20 gennaio 2022, n. 140