L’archiviazione per particolare tenuità del fatto e il “ne bis in idem” nella fase esecutiva
L’archiviazione per particolare tenuità del fatto e il “ne bis in idem” nella fase esecutiva
Il decreto di archiviazione per tenuità del fatto e la sua equiparazione alle sentenze o decreti penali all’esame della cassazione.
La cassazione con la sentenza n. 12025, udienza 17 febbraio 2022, depositata l’1 aprile 2022, ha esaminato la seguente questione: il Giudice per le indagini del Tribunale di Lodi, provvedendo in funzione di giudice dell'esecuzione, rigettava l'istanza volta ad ottenere la revoca della sentenza di applicazione della pena ex articolo 444 c.p.p.. La revoca di detta sentenza, secondo quanto prospettato dalla difesa, si imponeva in applicazione del disposto di cui all'art. 669, comma 1, cod. proc. pen., essendo sopraggiunto un decreto di archiviazione ai sensi dell'art. 131-bis cod. pen. per lo stesso fatto, emesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Torino e anch'esso non più revocabile.
L'istanza era stata rigettata e il giudice rilevava che il decreto di archiviazione ex articolo 131-bis c.p., pur andando iscritto nel casellario giudiziale, non poteva essere equiparato alle sentenze irrevocabili e, pertanto, non poteva rilevare ai fini dell'applicazione delle disposizioni contemplate dall'art. 669 cod. proc. pen.
La cassazione nella sentenza esaminata rileva che le Sezioni Unite con la sentenza n. 38954 del 30/05/2019, De Martino, Rv. 276463, hanno affermato il principio che il decreto di archiviazione per particolare tenuità del fatto deve essere iscritto nel casellario giudiziario, fermo restando la non menzione nei certificati rilasciati a richiesta dell'interessato, del datore di lavoro e della pubblica amministrazione.
La motivazione di tale pronuncia ha ripercorso le ragioni e gli effetti dell'iscrizione di cui trattasi, riconducendoli al particolare "sottosistema" che regola l'istituto: l'iscrizione consente la rilevazione del precedente che può essere considerato ai fini dell'esclusione del riconoscimento in futuro del medesimo beneficio, considerando la condizione ostativa dell'abitualità dei reati della stessa indole.
Tenendo conto proprio di tale inquadramento dell'iscrizione, la cassazione, con la sentenza Sez. 1, n. 27379 del 40/06/2021, n. m., ha chiarito che il decreto di archiviazione ex art. 131-bis cod. pen., non rientra fra i provvedimenti che possono assumere rilevanza in sede esecutiva e che dunque possono essere considerati ai fini dell'attribuzione della competenza ex art. 665 cod. proc. pen.
Delineati come sopra gli effetti del tutto peculiari derivanti dall'emissione del decreto di cui trattasi e realizzati dalla relativa iscrizione, la tesi della equiparazione di tale provvedimento alle sentenze e ai decreti penali di condanna ai fini dell'applicazione delle disposizioni dell'art. 669 cod. proc. pen., risulta infondata sul piano sostanziale, oltre che dell'interpretazione letterale.
È vero che la giurisprudenza di legittimità ha rilevato che il principio del "ne bis in idem" è applicabile in via analogica con riferimento alle ordinanze del giudice dell'esecuzione nei casi in cui esso costituisca l'unico strumento possibile per eliminare uno dei due provvedimenti emessi per lo stesso fatto contro la stessa persona (Sez. 5, n. 34324 del 07/10/2020, Regano, Rv. 280033).
Ma si tratta pur sempre di statuizione che incidono sugli effetti esecutivi delle sentenze o dei decreti penali di condanna, integrandone o modificandone (laddove consentito dalla disciplina in materia di esecuzione) il contenuto decisorio. Condizione, questa, che, in ragione di quanto sopra illustrato, non si verifica nell'ipotesi dell'emissione del decreto di archiviazione ex art. 131-bis cod. pen.
Nel caso di cui trattasi, secondo quanto è stato rappresentato, una volta intervenuta l'applicazione della pena su richiesta dell’interessato con sentenza del 28 aprile 2015, la cui irrevocabilità ha comportato la relativa iscrizione, nei confronti dello stesso è stato emesso, il 12 maggio 2016, decreto di archiviazione ai sensi dell'art. 131-bis cod. pen., in relazione allo stesso fatto diversamente qualificato.
Nonostante la procedura partecipata prevista per l'emissione di tale decreto, non risulta intervenuta nessuna deduzione che potesse indirizzare il giudice che procedeva nella diversa sede di Torino, a individuare correttamente le ragioni della decisione di archiviazione nell'improcedibilità dell'esercizio dell'azione penale, stante il divieto previsto dall'art. 649 cod. proc. pen..
Ne è derivata ugualmente l'archiviazione, ma per le diverse ragioni di cui all'art. 131-bis cod. pen. Ciò ha avuto quale effetto, sempre considerando quanto rappresentato dal ricorrente, la creazione non già un conflitto di giudicati, ma delle condizioni per un'altra iscrizione. Il suo intervento può determinare, per un certo periodo (quello indicato per l'iscrizione del decreto), annotazioni solo duplicative di quella già operata secondo la decisione e la forma dell'atto che continuano a esigerla.
L'eliminazione di tale duplicazione, proprio perché ci si muove in un ambito del tutto estraneo a quello dell'esecuzione, costituisce semmai materia rimessa al controllo giurisdizionale previsto dall'art. 40 del d.p.r. 14 novembre 2002, n. 313, che la parte, attraverso le pertinenti allegazioni, potrà sempre attivare.
Alla stregua di tutte le considerazioni che precedono, le doglianze mosse con i motivi del ricorso, quanto alla competenza funzionale e all'applicabilità delle disposizioni di cui all'art. 669, cod. pen., risultano destituite di fondamento.