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Nel giudizio cartolare in appello i termini per il deposito delle conclusioni sono perentori

la faccia della luna
Ph. Veronica Locatelli / la faccia della luna

Nel giudizio cartolare in appello i termini per il deposito delle conclusioni sono perentori

L’adesione allo sciopero dell’avvocato non costituisce legittimo impedimento nel caso di procedimento celebrato nelle forme della trattazione cartolare quando è comunicato oltre il termine di cinque giorni dall'udienza previsto per il deposito delle conclusioni, previsto dall'art. 23-bis, comma 4, del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, in quanto termine di natura perentoria.

Il principio è stato stabilito dalla cassazione sezione 6 con la sentenza numero 18483 del 10 maggio 2022.

La Corte di appello ha ritenuto che l'adesione del difensore all'astensione dalle udienze non costituisse legittimo impedimento, negando il rinvio dell'udienza.

A tale conclusione il giudice di appello è giunto evidenziando come il procedimento era fissato per la trattazione in forma cartolare e, quindi, senza la necessaria partecipazione in presenza all'udienza.

L'adesione alla proclamata astensione dalle udienze non imponeva affatto il rinvio dell'udienza camerale, proprio perché in questa non sarebbe stata comunque consentita la presenza dei difensore. Né è stata individuata una qualsivoglia lesione del diritto di difesa, atteso che il termine per la presentazione delle memorie, secondo la disciplina emergenziale regolante la trattazione cartolare, scadeva prima del proclamato periodo di astensione.

La cassazione nella decisione esaminata, ritiene che la tesi sostenuta dal giudice di appello è pienamente condivisibile ed ha trovato recentemente avallo nella giurisprudenza di legittimità che, sia pur pronunciando in relazione all'analoga forma di trattazione scritta dinanzi alla Cassazione, è pienamente applicabile anche nel giudizio di appello.

Si è ritenuto, infatti, che nel giudizio di cassazione, che si svolga secondo la disciplina della trattazione scritta prevista dall'art. 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito in legge 18 dicembre 2020, n. 176, l'istanza di rinvio per adesione dei difensori all'astensione collettiva dalle udienze proclamata dai competenti organismi di categoria pervenuta in data successiva alla scadenza del termine per presentare le proprie conclusioni non consente alcun differimento dell'udienza camerale (Sez.5, n.38899 del 24/06/2021, Rv. 282029; si veda anche Sez.3, n.30330 del 25/06/2021, Rv. 281724).

Con riguardo al giudizio di appello può analogamente affermarsi che la richiesta di rinvio per adesione dei difensori all'astensione collettiva dalle udienze proclamata dai competenti organismi di categoria, pervenuta in data successiva alla scadenza del termine per presentare le proprie conclusioni, stabilito dall'art. 23-bis, d.l. 28 ottobre 2020 n. 137, convertito in legge 18 dicembre 2020, n. 176, non consente alcun differimento dell'udienza camerale.

Nel momento in cui la parte non ha presentato richiesta di trattazione orale, infatti, viene meno il suo diritto di partecipare all'udienza camerale ed il contraddittorio si attua solo mediante il deposito delle rispettive richieste e conclusioni delle parti.

Né è condivisibile la tesi difensiva secondo cui il difensore avrebbe potuto depositare la memoria conclusionale anche dopo la scadenza del termine previsto dall'art. 23-bis, comma 2, d.l. n. 137 del 2020 e, quindi, in concomitanza con il giorno per il quale era stata proclamata l'astensione dallo svolgimento delle attività difensive.

Sostiene il ricorrente, infatti, che il termine sopra indicato ha natura meramente ordinatoria e, quindi, dal suo superamento non conseguirebbe alcuna preclusione.

La questione va risolta tenendo conto che sulla natura perentoria o meno dei termini dettati per la trattazione cartolare si registra un contrasto in giurisprudenza.

Sia pur con riguardo ai termini previsti per la parte pubblica, si è recentemente affermato che, in tema di procedimento di appello, nel vigore della disciplina emergenziale relativa alla pandemia da Covid-19, il mancato rispetto da parte del pubblico ministero del termine di cui all'articolo 23, d.l. 9 novembre 2020, n. 149 per la presentazione delle proprie conclusioni (almeno dieci giorni prima dell'udienza), non produce alcuna nullità, atteso che - a differenza del termine per la presentazione dell'istanza di discussione orale - non ne è espressamente prevista la perentorietà (Sez.3, n.38177 del 07/09/2021, Fantasia, Rv. 282373).

Conclusione analoga è stata recepita, con riferimento al giudizio di legittimità, da Sez.5, n. 6207 del 17/11/2020, dep.2021, Rv. 280412.

Secondo altro orientamento, formatosi con riguardo al procedimento cartolare in cassazione, il termine del quinto giorno antecedente all'udienza, per il deposito delle conclusioni nel giudizio di legittimità, previsto dall'art. 23, comma 8, del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, ha natura perentoria, sicché la memoria presentata dall'imputato oltre tale termine deve ritenersi tardiva (Sez.6, n. 13434 del 26/1/2021, Paolini, Rv. 281148; Sez.1, n. 35305 del 21/5/2021, Aiman, Rv. 281895).

Le richiamate pronunce, pur avendo ad oggetto ipotesi non del tutto sovrapponibili - in quanto le prime fanno riferimento al giudizio di appello ed alla requisitoria del pubblico ministero, mentre le seconde concernono il deposito delle memorie di parte dinanzi alla corte di Cassazione - esprimono principi di natura generale, rilevanti anche ai fini della decisione del motivo in esame.

La disciplina emergenziale dettata dagli artt. 23 e 23-bis del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, disegna una sistema processuale sostanzialmente identico per i due gradi impugnazione, basato sul riconoscimento alla parte della possibilità di optare per il rito cartolare piuttosto che per la discussione orale; una volta che il giudizio si incardina con la trattazione scritta, sia in appello che in cassazione è prevista una disciplina sostanzialmente identica per il deposito delle richieste del pubblico ministero e della memoria dell'imputato.

Entrambe le citate previsioni, inoltre, stabiliscono espressamente la perentorietà del solo termine per richiedere la discussione orale, come indicato per il giudizio di appello all'art. 23-bis, al comma 4, e dall'art. 23, comma 8, per il giudizio in cassazione.

Proprio argomentando sul fatto che la perentorietà è stata prevista per il solo termine relativo alla richiesta di discussione orale, si è ritenuto che i restanti termini, riguardanti il deposito delle richieste del procuratore generale e quelle dei difensori, avrebbero natura ordinatoria.

Si tratta di una soluzione che non è condivisibile e che, sia pur con riguardo al giudizio di cassazione, è stata già disattesa dalle pronunce emesse sul tema.

A ben vedere, la trattazione cartolare prevede una scansione dei termini per il deposito delle rispettive richieste delle parti che non può che essere inteso nel senso della perentorietà degli stessi, in quanto il rispetto dei termini è direttamente funzionale a garantire l'effettività del contraddittorio, nonché il necessario spazio di valutazione per il giudice.

Ove si ammettesse che il procuratore generale possa depositare le proprie richieste anche oltre il termine di legge, ne deriverebbe una evidente compressione per il conseguenziale termine riconosciuto alla difesa per avanzare le proprie conclusioni.

Parimenti, se si ritenesse che il termine di cinque giorni prima dell'udienza, entro il quale il difensore delle parti private deve depositare la propria memoria non sia perentoria, si imporrebbe al giudice di valutare anche memorie inviate fino al momento della celebrazione dell'udienza, in tal modo privandolo del necessario tempo di esame delle stesse.

In conclusione, si può affermare che il contraddittorio cartolare - fondato sullo sfasamento dei termini per il deposito delle rispettive richieste delle parti - presuppone di per sé la perentorietà dei termini, proprio perché il rispetto delle diverse cadenze temporali è il requisito essenziale per garantire a ciascuna parte processuale, nonché all'organo giudicante, l'esercizio delle rispettive facoltà e poteri.

Del resto, tale impostazione è quella recepita dalla giurisprudenza consolidata con riferimento alla trattazione cartolare prevista dall'art. 611 cod. proc. pen., che rappresenta il modello ispiratore della disciplina emergenziale. Secondo un consolidato orientamento, le memorie e le produzioni difensive depositate in violazione del rispetto dei termini di quindici e cinque giorni "liberi" prima dell'udienza, previsti dall'art. 611 cod. proc. pen., sono tardive e, pertanto, non possono essere prese in considerazione (Sez.6, n. 11630 del 27/2/2020, Rv.278719; Sez‘4, n. 49392 del 23/10/2018, Rv.274040; Sez.1, n. 13597 del 22/11/2016, dep.2017, De Silvio, Rv. 269673).

Analogo principio deve trovare applicazione anche in relazione al deposito delle richieste e delle memorie secondo le cadenze temporali previste dalla disciplina emergenziale, sia per il giudizio d'appello che in cassazione, proprio perché la perentorietà del termine, pur non espressamente indicata dalla norma, è insita nel fatto stesso che il rispetto del termine è imprescindibilmente funzionale a consentire il corretto svilupparsi del contraddittorio tra le parti.

Tirando le conclusioni dalle osservazioni finora svolte, deve affermarsi il principio secondo cui nel giudizio di appello il termine di cinque giorni dall'udienza previsto per il deposito delle conclusioni, previsto dall'art. 23-bis, comma 4, del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, ha natura perentoria