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L’interpretazione del testamento

Testamento
Testamento

Abstract:

A differenza che per il contratto, non esiste un sistema di regole che disciplini in generale l’interpretazione del testamento. Nondimeno, ogni disposizione testamentaria deve sempre essere oggetto di interpretazione al fine di ricostruire la reale volontà del testatore. Questo va fatto sia avendo riguardo al dato letterale della scheda, da intendere nel suo complesso, sia avendo riguardo anche ad elementi esterni alla scheda, quali, ad esempio, le abitudini, la condotta di vita, l’istruzione e il lessico comunemente utilizzato dal testatore.

 

1. Le esequie del Principe di Santo Stefano

2. Testamento e interpretazione

3. La ricostruzione della volontà del testatore

4. Conservazione e affidamento

 

1. Le esequie del Principe di Santo Stefano

Sul finire del romanzo “Roma”, Aldo Palazzeschi racconta, con ironia e stile sornione, alcuni avvenimenti successivi alla morte del protagonista, Principe di Santo Stefano, Cameriere Segreto di Sua Santità, nobilissimo romano da tempo ridotto in dignitosissima povertà. Memorabile è il tratteggio della consuocera del Principe, signora Ida Sequi, molto ricca di una ricchezza molto recente, sgomenta di fronte alle disposizioni di ultima volontà del Principe, che ha lasciato scritto di voler esequie modestissime e che, in tal modo, rischia di privarla di una splendida occasione per ostentare lusso, sfarzo e ricchezza.

Cito testualmente un brano, in cui la signora Sequi discorre al riguardo con la nuora Norina, figlia del defunto Principe: «“Il testamento come dice, te lo ricordi bene?” Norina pareva un bambino che davanti alla maestra recita la lezione: “intorno alla mia salma nemmeno un fiore”, scandì con chiarezza. “Ecco, bene”. La signora Sequi aggrottò la fronte da persona che con un colpo dell’ingegno è capace di risolvere qualsiasi situazione. “Intorno!” gridò “Ne sei proprio sicura? Intorno! E’ scritto proprio così?” “Intorno, esattamente.” “E noi che facciamo? Tutti zitti. Gli altri mandano corone, più ne mandano meglio è. Via via che arrivano le facciamo depositare nell’ingresso e nel cortile, restano tutte sotto, intorno alla salma nemmeno un fiore. E per il funerale glie le mandiamo dietro. Non ha mica detto che non le vuole dietro: intorno niente. E carro di terza classe…Nulla intorno, accontentato anche lui, ogni cosa dietro”». Questa geniale e arguta descrizione, di come si possano tradire le ultime volontà di un defunto, funga da introduzione a qualche sintetica considerazione sull’interpretazione del testamento.

 

2. Testamento e interpretazione

Come ogni formulazione lessicale, anche il testamento necessita, sempre, di interpretazione. Solo per mezzo dell’interpretazione, infatti, un testo può rivelare il proprio significato. Ciò vale sempre, per ogni testo, e vale, nel campo giuridico, tanto per la legge quanto per le dichiarazioni di volontà. Tra le dichiarazioni di volontà, anche il testamento, sempre necessita di interpretazione.

Non vi è, tuttavia, nel codice civile in particolare e nella legge in generale, uno specifico sistema di norme destinate a regolare in generale l’interpretazione del testamento, come, viceversa, accade per il contratto, con gli articoli da 1362 a 1371 codice civile.

Tali norme dettate per il contratto, inoltre, non sono direttamente applicabili al testamento, poiché, a norma dell’articolo 1324 codice civile, le regole sul contratto in generale si applicano, in quanto compatibili, solo ai negozi unilaterali tra vivi. Ciò non esclude, peraltro, che alcune di queste regole possano trovare applicazione analogica anche al testamento.

Questo, nondimeno, per un solo e preciso scopo: ricostruire univocamente la reale volontà del testatore, anche al di là della mera dichiarazione.

 

3. La ricostruzione della volontà del testatore

Come per il contratto, anche per il testamento, dunque, l’interprete dovrà applicare, sia un criterio letterale, sia un criterio funzionale, ma, alla fine, con una maggiore intensità del secondo rispetto al primo, dato il fine ultimo di ricostruzione della reale volontà del testatore. Per meglio dire, l’interpretazione della scheda testamentaria richiederà, sì, la ricostruzione del significato letterale delle disposizioni, ma, soprattutto, imporrà di valutare la congruità di tale significato rispetto alla volontà del disponente, come ricavabile anche da elementi estrinseci alla scheda, quali, ad esempio, le vedute, le convinzioni, il grado di istruzione e anche il lessico che furono personali del defunto, nonché le consuetudini e i costumi delle cerchia sociale da costui frequentata. Nella ricerca del significato letterale, poi, sul significato primario dei singoli vocaboli, o anche delle varie locuzioni, deve senza dubbio prevalere la connessione tra queste e il significato complessivo dell’atto.

Sia dalla scheda nel suo complesso, sia da elementi esterni alla scheda, insomma, si deve ricavare il significato di singole parole o di singole locuzioni, e, in tale operazione si può pure giungere a sovvertire il significato di vocaboli tecnici, quali, ad es., quelli di “erede” e di “legatario”, come è ben ricavabile dall’articolo 588 codice civile (“…qualunque sia l’espressione o la denominazione usata dal testatore…”).

Tornando al caso ricordato in apertura, dunque, totalmente censurabile è l’interpretazione che Ida Sequi dà della disposizione con cui il Principe di Santo Stefano avrebbe inteso dare regola alle proprie esequie, giacché, al di là del significato letterale della singola disposizione (“intorno alla mia salma nemmeno un fiore”), tanto il tenore complessivo della scheda (in cui il Principe riversa, ad esempio, pure la volontà di avere solo un carro di terza classe), quanto, e soprattutto, le vedute personali e la condotta di vita del defunto, morigeratissimo in ogni momento della propria esistenza, rendono chiaro come il testatore volesse sepoltura di esemplare modestia, di certo senza fiore alcuno, né intorno, né tanto meno dietro alla salma o nelle vicinanze di essa.

 

4. Conservazione e affidamento

Pure il tradizionale insegnamento che, in materia contrattuale, vuole distinte regole di interpretazione soggettiva, volte a ricostruire la comune intenzione delle parti, e regole, gerarchicamente subordinate alle prime, di interpretazione oggettiva, volte a dare significato univoco al contratto, anche a prescindere dall’intenzione delle parti, subisce, in materia testamentaria, una radicale trasformazione, tanto che il principio di conservazione, espresso all’articolo 1367 codice civile ma sicuramente applicabile anche al testamento, non appare più riconducibile al contesto delle regole oggettive.

Sicuramente, anche rispetto al  testamento la disposizione deve intendersi nel senso in cui può avere qualche effetto, anziché in quello secondo cui non ne avrebbe alcuno, ma ciò solo ove sotto la disposizione sia ravvisabile con forte verosimiglianza la volontà del testatore.

A differenza che nel contratto, insomma, il principio di conservazione non potrebbe condurre a dare alla disposizione un significato, sì univoco, ma che prescinda del tutto dalla volontà dell’autore dell’atto. Occorre ricordare, da ultimo, che nell’interpretazione del testamento non vi è alcuna esigenza di tutela dell’affidamento. Anzi, essendo il testamento, non solo atto unilaterale, ma anche atto non recettizio, nemmeno si saprebbe all’affidamento di quale soggetto dare eventualmente rilevanza. Non ha alcun rilievo, nel dare l’esatto e univoco significato alle disposizioni testamentarie, perciò, come queste vengano intese da soggetti diversi dal testatore, siano essi beneficiari delle disposizioni, o soggetti pregiudicati da esse.

Letture consigliate:

P. Rescigno, Interpretazione del testamento, Napoli, 1952, passim; C. Grassetti, Interpretazione dei negozi giuridici “mortis causa” (diritto civile), in Noviss. Dig. it., VIII, Torino, 1967, p. 907 ss.; G. Baralis, L’interpretazione del testamento, in Successioni e donazioni, a cura di P. Rescigno, I, Padova, 1994, p. 927 ss.; R. Carleo, L’interpretazione del testamento, in Tratt. successioni e donazioni, diretto da G. Bonilini, vol. II, La successione testamentaria, Milano, 2009, p. 1475 ss.; G. Bonilini, Manuale di diritto ereditario e delle donazioni, IX ed., Milano, 2018, p. 277 ss.