Mancato appuramento del regime di transito comune / comunitario: conseguenze sanzionatorie

MANCATO APPURAMENTO DEL TRANSITO: E DIFFERENZE DI QUANTITA’, QUALITA’ ED ALTERAZIONE DEI COLLI – ART. 305, 306 E 307 T.U.L.D.

Le differenze inerenti la quantità e qualità delle merci spedite in transito comune / comunitario da un punto all’altro dell’Unione Europea – indipendentemente dal documento dal quale sono scortate (sia esso un T1, T2 o carnet T.I.R. o A.T.A.) – possono essere, come visto, riscontrate direttamente al momento della partenza con applicazione della sanzione di cui all’art. 303 T.U.L.D..

I casi in cui ciò accade sono, invero, limitati e si basano sull’effettuazione di una visita o di un controllo documentale, da parte dell’ufficio doganale di partenza o di ingresso nell’Unione Europea, sulla dichiarazione di vincolo al regime del transito prima del rilascio delle merci.

Ma è anche possibile che le differenze de quibus non siano riscontrate direttamente da tale ufficio in quanto:

· la dichiarazione è stata trattata con la procedura del “canale verde”;

· o non è stata effettuata una visita fisica particolarmente accurata;

· o è stato effettuato un mero controllo documentale a seguito del quale non sono emerse difformità.

In tutti questi casi, le eventuali discrasie tra il reale ed il dichiarato non possono essere scoperte se non grazie ai controlli operati dall’ufficio di destinazione o di uscita dall’Unione Europea a seguito dell’arrivo delle merci (o del loro mancato arrivo).

Ciò, peraltro, non significa che competente al recupero dei diritti di confine evasi ed a constatare le eventuali violazioni amministrative previste sia sempre l’ufficio di destinazione.

Per determinare tale competenza è necessario operare un excursus sul funzionamento del regime di transito. Come noto, l’art. 340-ter D.A.C. definisce:

· ufficio di partenza, l’ufficio doganale presso il quale viene accettata la dichiarazione di vincolo al regime di transito comune / comunitario;

· ufficio di destinazione, quello presso il quale le merci vincolate a tale regime devono essere presentate;

· ufficio di passaggio in uscita, quello per il tramite del quale le merci lasciano il territorio dell’Unione Europea, nel corso dell’operazione di transito con attraversamento della frontiera tra uno Stato membro ed un Paese terzo diverso da un Paese E.F.T.A.;

· ufficio di passaggio in ingresso, quello presso il quale le merci entrano nel territorio doganale dell’Unione Europea, proveniendo dal territorio di un Paese terzo, nel corso dell’operazione di transito comune / comunitario.

Presso l’ufficio di destinazione (cfr. art. 361 D.A.C.) , a cura del titolare del regime, le merci devono essere presentate scortate:

· dalle copie 4 e 5 del documento di transito, in caso di procedura non informatizzata;

· dall’originale del D.A.T. emesso dall’Ufficio delle Dogane di partenza, in caso di procedura informatizzata;

· dal carnet T.I.R. completo del volet n. 2;

· dal carnet A.T.A. completo del secondo foglio della “volet de transit”.

L’ufficio di destinazione:

· allibra sui propri registri – ed in particolare sul registro A-1bis, secondo quanto previsto dall’art. 5 D.M. 30 giugno 1938 - la documentazione consegnata a corredo delle merci;

· previa eventuale verifica fisica delle stesse:

- in caso di procedura non informatizzata, riporta sugli esemplari nn. 4 e 5 l’esito del controllo operato, trattiene l’esemplare n. 4 agli atti e ritrasmette l’esemplare n. 5 all’ufficio di partenza o di ingresso nell’Unione Europea con la massima celerità e, comunque, entro 1 mese dalla conclusione del regime, ossia dall’arrivo delle merci (cfr. art. 363 D.A.C.);

- in caso di procedura informatizzata, trattiene agli atti l’originale del D.A.T. opportunamente annotato con gli esiti del controllo e trasmette apposita segnalazione informatica (c.d. “messaggio di arrivo”, contestuale all’arrivo delle merci, seguito dal c.d. “messaggio di risultato del controllo”, da inoltrare al più tardi entro il giorno successivo) all’ufficio di partenza o di ingresso nell’Unione Europea (cfr. art. 370 D.A.C.);

- in caso di utilizzo del carnet T.I.R., riporta l’esito del controllo sul volet n. 2 avendo cura di compilare il certificato di discarico da rinviare, entro 1 mese dall’arrivo delle merci, all’ufficio di partenza o di ingresso nell’Unione Europea (cfr. art. 455 c. 1 D.A.C.)[1].

Il volet n. 2 resta depositato agli atti dell’ufficio di destinazione, per essere allegato al registro A/1-bis; il “certificato di discarico”, invece, sarà conservato, dopo l’annotazione dei suoi sul registro A/5 in corrispondenza dell’allibramento relativo al carnet A.T.A. cui il volet si riferisce, dall’ufficio di partenza o di ingresso nell’Unione Europea;

- in caso di utilizzo del carnet A.T.A., riporta l’esito del controllo sul secondo foglio del “volet de transit” rimasto ancora attaccato al carnet e, entro 1 mese dall’arrivo delle merci, trasmette apposito certificato di discarico all’ufficio di ingresso nell’Unione Europea.

Per quanto riguarda gli adempimenti “scritturali” a carico dell’ufficio di destinazione, questo annoterà la data di arrivo delle merci a destinazione in corrispondenza dell’allibramento effettuato sul registro A/5 del carnet A.T.A. presentato al momento dell’ingresso nel territorio doganale europeo. Il certificato, poi, dovrà essere trattenuto a corredo di detto registro.

In ogni caso, degli esiti del controllo deve essere fatta specifica menzione sul registro A-1bis (in corrispondenza dell’allibramento di riferimento).

Quello sopra descritto è l’iter seguito allorché le merci siano effettivamente presentate all’ufficio di destinazione (o di passaggio in uscita); in caso contrario, detto ufficio, non avendo ricevuto né le merci né gli esemplari nn. 4 e 5 della dichiarazione o l’originale del D.A.T. o i carnet T.I.R. o A.T.A., non potrà trasmettere la documentazione sopra indicata.

Ricorrendo tale ipotesi, l’ufficio di partenza o di ingresso nell’Unione Europea (cfr. art. 365 c. 1 D.A.C.):

· in caso di utilizzo della procedura non informatizzata, allo scadere del termine di 2 mesi dall’accettazione della dichiarazione di transito;

· in caso di utilizzo della procedura informatizzata, immediatamente a seguito della scadenza del termine di presentazione delle merci;

informa l’obbligato principale della mancata conclusione del regime invitandolo a fornire una prova alternativa a suo favore.

In caso di utilizzo di un carnet T.I.R., la procedura è leggermente diversa, in quanto l’avviso deve essere dato, sempre decorso il termine di 2 mesi dall’accettazione del carnet, sia al suo titolare sia all’associazione garante interessata (cfr. art. 455 c. 2 D.A.C.).

In caso di utilizzo di un carnet A.T.A., l’ufficio doganale non deve dare alcuna comunicazione, essendo il contraddittorio differito in un momento successivo alla richiesta di pagamento.

Se soggetto obbligato non fornisce, contrariamente a quanto in suo interesse, una valida prova alternativa dell’avvenuta conclusione del regime, l’ufficio di partenza o di ingresso nell’Unione:

· in caso di utilizzo della procedura non informatizzata, decorso il termine di 4 mesi dall’accettazione della dichiarazione di transito (cfr. art. 366 c. 1 D.A.C.);

· in caso di utilizzo della procedura informatizzata, immediatamente a seguito della scadenza del termine di presentazione delle merci, e pertanto contestualmente all’avviso dato all’obbligato principale (cfr. art. 366 c. 1.3 D.A.C.);

· in caso di utilizzo del carnet T.I.R., allo scadere del termine di 4 mesi dalla data di accettazione del carnet (cfr. art. 455-bis c. 1 D.A.C.).

dà il via alla procedura di ricerca.

Anche in questo caso, allorché venga utilizzato un carnet A.T.A. l’ufficio doganale non dovrà fare alcunché (vedi infra).

La procedura non dura all’infinito. Come risulta infatti dal combinato disposto degli artt.:

· 215 c. 1 D.AC., per il quale “l’obbligazione doganale sorge: …omissis… --- qualora la merce sia stata vincolata ad un regime doganale che non è appurato e qualora il luogo non possa essere determinato a norma del primo o del secondo trattino entro un termine stabilito, all’occorrenza, secondo la procedura del comitato, nel luogo in cui la merce è stata introdotta nel territorio doganale della Comunità nel regime in questione”;

· 450-bis D.A.C., con cui è disposto che “il termine di cui all’art. 215 paragrafo 1 terzo trattino del codice è di 10 mesi a partire dall’accettazione della dichiarazione di transito”;

il regime si intende ex lege non concluso (ovviamente in modo negativo) allorché, decorsi 10 mesi a decorrere dalla data di accettazione della dichiarazione o del carnet non venga fornita la prova dell’arrivo delle merci a destinazione.

Dall’inutile decorso di detto termine consegue l’impossibilità di effettuare l’appuramento del regime e, pertanto, l’inizio dell’azione di recupero dei diritti dovuti (previa escussione dell’eventuale garanzia) nonché l’eventuale irrogazione delle sanzioni previste.

Del mancato appuramento deve essere dato avviso al soggetto garante entro 12 mesi dalla data di accettazione della dichiarazione di transito. Il rispetto di questo termine (perentorio) è di fondamentale importanza visto che, expressis verbis, il suo mancato rispetto determina la decadenza dell’azione diretta riconosciuta all’amministrazione nei confronti del soggetto garante[2] (cfr. art. 450-quater c. 3 D.A.C.); nessun pregiudizio subisce, invece, l’azione nei confronti dell’obbligato principale da individuare, secondo quanto prescritto dagli agli artt. 96 e 163 c. 3 C.D.C., nel “titolare del regime di transito comunitario” ossia nel soggetto che ha presentato direttamente o nel cui interesse è stata presentata la dichiarazione di transito.

Le cose cambiano leggermente allorché il transito avvenga sulla base della convenzione T.I.R. o A.T.A..

Per quanto riguarda la prima di tali convenzioni è previsto che:

· “gli articoli 450-bis, 450-ter e 450-quinquies si applicano, in quanto compatibili, nell’ambito della procedura di recupero relativa all’uso del carnet TIR” (cfr. art. 456 c. 2 D.A.C.);

· “se un carnet T.I.R. non è stato scaricato o è stato scaricato con riserve, le autorità competenti possono esigere dall’associazione garante il pagamento delle somme ci cui all’art. 8 c. 1 e 2 soltanto se entro un termine di 1 anno, a decorrere dall’accettazione del carnet T.I.R. da parte delle autorità doganali, esse hanno notificato per iscritto all’associazione garante che il carnet non è stato scaricato o che è stato scaricato con riserve. Detta disposizione è applicabile allorché lo scarico è stato ottenuto abusivamente o fraudolentemente, ma in tal caso il termine per la notificazione è di due anni” (art. 11 c. 1 Convenzione doganale T.I.R.).

Da ciò consegue che, in tale ipotesi, all’inutile decorso del termine di 10 mesi di cui all’art. 450-bis D.A.C. non deriva alcuna presunzione di mancato appuramento del regime e che, in realtà, l’unico termine valido è quello di 1 anno – decorrente dall’accettazione del carnet T.I.R. – ma, anche in questo caso, con valenza limitata alla sola obbligazione solidale dell’associazione garante[3].

Pertanto, anche in questo caso l’eventuale difetto di comunicazione del mancato scarico o dello scarico con riserve entro tale termine non sortirà alcun effetto impediente di un’eventuale azione dell’amministrazione nei confronti dell’obbligato principale.

Per quanto riguarda il transito effettuato con convenzione A.T.A.:

· “quando si accerti che …omissis… è stata commessa un’infrazione o un’irregolarità, le autorità doganali ne danno notifica al titolare del carnet A.T.A. ed all’associazione garante entro il termine previsto dall’art. 6 c. 4 della convenzione A.T.A.” (cfr. art. 457-quinquies D.A.C.);

· “le autorità doganali non possono esigere in nessun caso dall’associazione garante il pagamento delle somme di cui al paragrafo 1 del presente articolo se la richiesta non è stata fatta all’associazione stessa nel termine di 1 anno dalla data di scadenza del carnet” (art. 6 c. 4 convenzione A.T.A.);

· “la prova della regolarità dell’operazione …omissis… deve essere fornita entro il termine previsto dall’ar. 7 c. 1 e 2 della convenzione A.T.A.” (cfr. art. 457-quinquies D.A.C.).

Come si nota, le differenze rispetto al caso precedente sono molteplici:

· anzitutto, non è previsto alcun obbligo per il competente ufficio doganale di comunicare il mancato scarico o lo scarico con riserva del carnet;

· ancora, l’adempimento da porre in essere entro il termine (perentorio) di 1 anno sopra visto è la richiesta di pagamento (rectius: escussione della garanzia);

· in ultimo, il termine di cui si tratta non decorre dall’accettazione del carnet ma, bensì, dalla sua scadenza.

Ma le differenze non finiscono qui. Negli altri casi di transito comune / comuntiario, abbiamo visto che prima della richiesta di pagamento l’obbligato principale e l’associazione garante (in caso di convenzione T.I.R.) vengono invitati a fornire la prova alternativa dell’avvenuto arrivo a destinazione delle merci.

Qui, la consecutio temporum è invertiva: l’art. 7 della convenzione A.T.A., infatti, prevede che, a seguito della richiesta di pagamento di cui sopra, l’associazione garante disponga di 6 mesi di tempo per fornire la prova dell’avvenuto scarico del carnet ovvero della riesportazione delle merci nonché di un ulteriore termine di 3 mesi per fornire la prova tardiva (depositando, però, in tal caso la somma garantita a titolo provvisorio).

In sostanza, in caso di utilizzo della convenzione A.T.A. l’ufficio doganale di partenza o di ingresso nell’Unione Europea non sarà tenuto a dare alcuna comunicazione preventiva né all’obbligato principale né all’associazione garante, i quali, peraltro, potranno fornire la prova della propria “innocenza” in un momento successivo al ricevimento della richiesta di pagamento.

Le diverse fattispecie sanzionatorie previste.

Anche in questa sede il legislatore, anziché disciplinare un’unica fattispecie sanzionatoria, ha preferito perseguire un modus operandi incentrato sulla “frammentarizzazione” dei comportamenti costituenti violazione, come del resto ha fatto in relazione al delitto di contrabbando: le fattispecie sanzionatorie sono infatti tre, alcune delle quali a loro volta sottodistinte a seconda dell’elemento materiale concretamente riscontrabile:

1. mancato appuramento per riscontrata differenza di quantità (art. 305 T.U.L.D.).

La violazione è integrata allorché le merci in transito comune / comunitario:

· non vengano presentate, in tutto o in parte, all’ufficio di destinazione;

· ovvero vengano presentate in quantitativi maggiori rispetto a quelli spediti.

Elemento materiale (il primo) è la presenza di una differenza di quantità fra le merci spedite e quelle effettivamente giunte a destinazione.

In entrambe i casi sopra visti, la sanzione[4] pecuniaria[5] è determinata in misura compresa fra 1/10 e l’intero ammontare:

· dei diritti di confine e dell’I.V.A. dovuti sulle merci mai giunte a destinazione, de iure presunte conformi (in fatto di qualità) a quanto indicato nel documento di transito ed immesse in consumo ex art. 36 c. 5 T.U.L.D.;

· del maggiore importo dei diritti di confine e dell’I.V.A. dovuti sulle merci giunte a destinazione rispetto a quelle inviate, qualora le prime siano in quantitativo superiore alle seconde.

Come si può facilmente vedere, l’elemento oggettivo della violazione è integrato nel solo caso in cui si tratti di merci non ancora immesse in libera pratica e, come tali, vincolate al regime di transito comune / comunitario “esterno” (secondo elemento materiale).

Qualora, invece, si tratti di merci comunitarie o immesse in libera pratica (e pertanto il regime di transito comune / comunitario sia di tipo “interno”), non essendo queste normalmente assoggettate a dazi di esportazione, un loro eventuale mancato arrivo o una deficienza quantitativa non determina la debenza di alcun diritto di confine e, conseguentemente, impedisce il concretarsi della fattispecie tipica della violazione di cui all’art. 305 cit..

Tale conclusione non è però perseguibile allorché si tratti di merci comunitarie o di libera pratica:

- destinate a quei particolari territori in cui non trovano applicazione le disposizioni di cui alla direttiva 77/388/CEE (i c.d. territori a “fiscalità differenziata”).

Il movimento di merci da e per detti territori non è, di regola, soggetto a dazi di importazione o di esportazione e, pertanto, non si ha, in caso di mancato arrivo a destinazione delle merci, alcuna differenza di diritti di confine.

Discorso diverso, invece, deve essere fatto per quanto riguarda l’I.V.A.. Se, infatti, una merce viene inviata, in transito comunitario “interno” (scortata dal documento T2LF), per esempio dall’Italia ad uno di questi particolari territori, la fattura dell’operatore nazionale è emessa senza applicaz

MANCATO APPURAMENTO DEL TRANSITO: E DIFFERENZE DI QUANTITA’, QUALITA’ ED ALTERAZIONE DEI COLLI – ART. 305, 306 E 307 T.U.L.D.

Le differenze inerenti la quantità e qualità delle merci spedite in transito comune / comunitario da un punto all’altro dell’Unione Europea – indipendentemente dal documento dal quale sono scortate (sia esso un T1, T2 o carnet T.I.R. o A.T.A.) – possono essere, come visto, riscontrate direttamente al momento della partenza con applicazione della sanzione di cui all’art. 303 T.U.L.D..

I casi in cui ciò accade sono, invero, limitati e si basano sull’effettuazione di una visita o di un controllo documentale, da parte dell’ufficio doganale di partenza o di ingresso nell’Unione Europea, sulla dichiarazione di vincolo al regime del transito prima del rilascio delle merci.

Ma è anche possibile che le differenze de quibus non siano riscontrate direttamente da tale ufficio in quanto:

· la dichiarazione è stata trattata con la procedura del “canale verde”;

· o non è stata effettuata una visita fisica particolarmente accurata;

· o è stato effettuato un mero controllo documentale a seguito del quale non sono emerse difformità.

In tutti questi casi, le eventuali discrasie tra il reale ed il dichiarato non possono essere scoperte se non grazie ai controlli operati dall’ufficio di destinazione o di uscita dall’Unione Europea a seguito dell’arrivo delle merci (o del loro mancato arrivo).

Ciò, peraltro, non significa che competente al recupero dei diritti di confine evasi ed a constatare le eventuali violazioni amministrative previste sia sempre l’ufficio di destinazione.

Per determinare tale competenza è necessario operare un excursus sul funzionamento del regime di transito. Come noto, l’art. 340-ter D.A.C. definisce:

· ufficio di partenza, l’ufficio doganale presso il quale viene accettata la dichiarazione di vincolo al regime di transito comune / comunitario;

· ufficio di destinazione, quello presso il quale le merci vincolate a tale regime devono essere presentate;

· ufficio di passaggio in uscita, quello per il tramite del quale le merci lasciano il territorio dell’Unione Europea, nel corso dell’operazione di transito con attraversamento della frontiera tra uno Stato membro ed un Paese terzo diverso da un Paese E.F.T.A.;

· ufficio di passaggio in ingresso, quello presso il quale le merci entrano nel territorio doganale dell’Unione Europea, proveniendo dal territorio di un Paese terzo, nel corso dell’operazione di transito comune / comunitario.

Presso l’ufficio di destinazione (cfr. art. 361 D.A.C.) , a cura del titolare del regime, le merci devono essere presentate scortate:

· dalle copie 4 e 5 del documento di transito, in caso di procedura non informatizzata;

· dall’originale del D.A.T. emesso dall’Ufficio delle Dogane di partenza, in caso di procedura informatizzata;

· dal carnet T.I.R. completo del volet n. 2;

· dal carnet A.T.A. completo del secondo foglio della “volet de transit”.

L’ufficio di destinazione:

· allibra sui propri registri – ed in particolare sul registro A-1bis, secondo quanto previsto dall’art. 5 D.M. 30 giugno 1938 - la documentazione consegnata a corredo delle merci;

· previa eventuale verifica fisica delle stesse:

- in caso di procedura non informatizzata, riporta sugli esemplari nn. 4 e 5 l’esito del controllo operato, trattiene l’esemplare n. 4 agli atti e ritrasmette l’esemplare n. 5 all’ufficio di partenza o di ingresso nell’Unione Europea con la massima celerità e, comunque, entro 1 mese dalla conclusione del regime, ossia dall’arrivo delle merci (cfr. art. 363 D.A.C.);

- in caso di procedura informatizzata, trattiene agli atti l’originale del D.A.T. opportunamente annotato con gli esiti del controllo e trasmette apposita segnalazione informatica (c.d. “messaggio di arrivo”, contestuale all’arrivo delle merci, seguito dal c.d. “messaggio di risultato del controllo”, da inoltrare al più tardi entro il giorno successivo) all’ufficio di partenza o di ingresso nell’Unione Europea (cfr. art. 370 D.A.C.);

- in caso di utilizzo del carnet T.I.R., riporta l’esito del controllo sul volet n. 2 avendo cura di compilare il certificato di discarico da rinviare, entro 1 mese dall’arrivo delle merci, all’ufficio di partenza o di ingresso nell’Unione Europea (cfr. art. 455 c. 1 D.A.C.)[1].

Il volet n. 2 resta depositato agli atti dell’ufficio di destinazione, per essere allegato al registro A/1-bis; il “certificato di discarico”, invece, sarà conservato, dopo l’annotazione dei suoi sul registro A/5 in corrispondenza dell’allibramento relativo al carnet A.T.A. cui il volet si riferisce, dall’ufficio di partenza o di ingresso nell’Unione Europea;

- in caso di utilizzo del carnet A.T.A., riporta l’esito del controllo sul secondo foglio del “volet de transit” rimasto ancora attaccato al carnet e, entro 1 mese dall’arrivo delle merci, trasmette apposito certificato di discarico all’ufficio di ingresso nell’Unione Europea.

Per quanto riguarda gli adempimenti “scritturali” a carico dell’ufficio di destinazione, questo annoterà la data di arrivo delle merci a destinazione in corrispondenza dell’allibramento effettuato sul registro A/5 del carnet A.T.A. presentato al momento dell’ingresso nel territorio doganale europeo. Il certificato, poi, dovrà essere trattenuto a corredo di detto registro.

In ogni caso, degli esiti del controllo deve essere fatta specifica menzione sul registro A-1bis (in corrispondenza dell’allibramento di riferimento).

Quello sopra descritto è l’iter seguito allorché le merci siano effettivamente presentate all’ufficio di destinazione (o di passaggio in uscita); in caso contrario, detto ufficio, non avendo ricevuto né le merci né gli esemplari nn. 4 e 5 della dichiarazione o l’originale del D.A.T. o i carnet T.I.R. o A.T.A., non potrà trasmettere la documentazione sopra indicata.

Ricorrendo tale ipotesi, l’ufficio di partenza o di ingresso nell’Unione Europea (cfr. art. 365 c. 1 D.A.C.):

· in caso di utilizzo della procedura non informatizzata, allo scadere del termine di 2 mesi dall’accettazione della dichiarazione di transito;

· in caso di utilizzo della procedura informatizzata, immediatamente a seguito della scadenza del termine di presentazione delle merci;

informa l’obbligato principale della mancata conclusione del regime invitandolo a fornire una prova alternativa a suo favore.

In caso di utilizzo di un carnet T.I.R., la procedura è leggermente diversa, in quanto l’avviso deve essere dato, sempre decorso il termine di 2 mesi dall’accettazione del carnet, sia al suo titolare sia all’associazione garante interessata (cfr. art. 455 c. 2 D.A.C.).

In caso di utilizzo di un carnet A.T.A., l’ufficio doganale non deve dare alcuna comunicazione, essendo il contraddittorio differito in un momento successivo alla richiesta di pagamento.

Se soggetto obbligato non fornisce, contrariamente a quanto in suo interesse, una valida prova alternativa dell’avvenuta conclusione del regime, l’ufficio di partenza o di ingresso nell’Unione:

· in caso di utilizzo della procedura non informatizzata, decorso il termine di 4 mesi dall’accettazione della dichiarazione di transito (cfr. art. 366 c. 1 D.A.C.);

· in caso di utilizzo della procedura informatizzata, immediatamente a seguito della scadenza del termine di presentazione delle merci, e pertanto contestualmente all’avviso dato all’obbligato principale (cfr. art. 366 c. 1.3 D.A.C.);

· in caso di utilizzo del carnet T.I.R., allo scadere del termine di 4 mesi dalla data di accettazione del carnet (cfr. art. 455-bis c. 1 D.A.C.).

dà il via alla procedura di ricerca.

Anche in questo caso, allorché venga utilizzato un carnet A.T.A. l’ufficio doganale non dovrà fare alcunché (vedi infra).

La procedura non dura all’infinito. Come risulta infatti dal combinato disposto degli artt.:

· 215 c. 1 D.AC., per il quale “l’obbligazione doganale sorge: …omissis… --- qualora la merce sia stata vincolata ad un regime doganale che non è appurato e qualora il luogo non possa essere determinato a norma del primo o del secondo trattino entro un termine stabilito, all’occorrenza, secondo la procedura del comitato, nel luogo in cui la merce è stata introdotta nel territorio doganale della Comunità nel regime in questione”;

· 450-bis D.A.C., con cui è disposto che “il termine di cui all’art. 215 paragrafo 1 terzo trattino del codice è di 10 mesi a partire dall’accettazione della dichiarazione di transito”;

il regime si intende ex lege non concluso (ovviamente in modo negativo) allorché, decorsi 10 mesi a decorrere dalla data di accettazione della dichiarazione o del carnet non venga fornita la prova dell’arrivo delle merci a destinazione.

Dall’inutile decorso di detto termine consegue l’impossibilità di effettuare l’appuramento del regime e, pertanto, l’inizio dell’azione di recupero dei diritti dovuti (previa escussione dell’eventuale garanzia) nonché l’eventuale irrogazione delle sanzioni previste.

Del mancato appuramento deve essere dato avviso al soggetto garante entro 12 mesi dalla data di accettazione della dichiarazione di transito. Il rispetto di questo termine (perentorio) è di fondamentale importanza visto che, expressis verbis, il suo mancato rispetto determina la decadenza dell’azione diretta riconosciuta all’amministrazione nei confronti del soggetto garante[2] (cfr. art. 450-quater c. 3 D.A.C.); nessun pregiudizio subisce, invece, l’azione nei confronti dell’obbligato principale da individuare, secondo quanto prescritto dagli agli artt. 96 e 163 c. 3 C.D.C., nel “titolare del regime di transito comunitario” ossia nel soggetto che ha presentato direttamente o nel cui interesse è stata presentata la dichiarazione di transito.

Le cose cambiano leggermente allorché il transito avvenga sulla base della convenzione T.I.R. o A.T.A..

Per quanto riguarda la prima di tali convenzioni è previsto che:

· “gli articoli 450-bis, 450-ter e 450-quinquies si applicano, in quanto compatibili, nell’ambito della procedura di recupero relativa all’uso del carnet TIR” (cfr. art. 456 c. 2 D.A.C.);

· “se un carnet T.I.R. non è stato scaricato o è stato scaricato con riserve, le autorità competenti possono esigere dall’associazione garante il pagamento delle somme ci cui all’art. 8 c. 1 e 2 soltanto se entro un termine di 1 anno, a decorrere dall’accettazione del carnet T.I.R. da parte delle autorità doganali, esse hanno notificato per iscritto all’associazione garante che il carnet non è stato scaricato o che è stato scaricato con riserve. Detta disposizione è applicabile allorché lo scarico è stato ottenuto abusivamente o fraudolentemente, ma in tal caso il termine per la notificazione è di due anni” (art. 11 c. 1 Convenzione doganale T.I.R.).

Da ciò consegue che, in tale ipotesi, all’inutile decorso del termine di 10 mesi di cui all’art. 450-bis D.A.C. non deriva alcuna presunzione di mancato appuramento del regime e che, in realtà, l’unico termine valido è quello di 1 anno – decorrente dall’accettazione del carnet T.I.R. – ma, anche in questo caso, con valenza limitata alla sola obbligazione solidale dell’associazione garante[3].

Pertanto, anche in questo caso l’eventuale difetto di comunicazione del mancato scarico o dello scarico con riserve entro tale termine non sortirà alcun effetto impediente di un’eventuale azione dell’amministrazione nei confronti dell’obbligato principale.

Per quanto riguarda il transito effettuato con convenzione A.T.A.:

· “quando si accerti che …omissis… è stata commessa un’infrazione o un’irregolarità, le autorità doganali ne danno notifica al titolare del carnet A.T.A. ed all’associazione garante entro il termine previsto dall’art. 6 c. 4 della convenzione A.T.A.” (cfr. art. 457-quinquies D.A.C.);

· “le autorità doganali non possono esigere in nessun caso dall’associazione garante il pagamento delle somme di cui al paragrafo 1 del presente articolo se la richiesta non è stata fatta all’associazione stessa nel termine di 1 anno dalla data di scadenza del carnet” (art. 6 c. 4 convenzione A.T.A.);

· “la prova della regolarità dell’operazione …omissis… deve essere fornita entro il termine previsto dall’ar. 7 c. 1 e 2 della convenzione A.T.A.” (cfr. art. 457-quinquies D.A.C.).

Come si nota, le differenze rispetto al caso precedente sono molteplici:

· anzitutto, non è previsto alcun obbligo per il competente ufficio doganale di comunicare il mancato scarico o lo scarico con riserva del carnet;

· ancora, l’adempimento da porre in essere entro il termine (perentorio) di 1 anno sopra visto è la richiesta di pagamento (rectius: escussione della garanzia);

· in ultimo, il termine di cui si tratta non decorre dall’accettazione del carnet ma, bensì, dalla sua scadenza.

Ma le differenze non finiscono qui. Negli altri casi di transito comune / comuntiario, abbiamo visto che prima della richiesta di pagamento l’obbligato principale e l’associazione garante (in caso di convenzione T.I.R.) vengono invitati a fornire la prova alternativa dell’avvenuto arrivo a destinazione delle merci.

Qui, la consecutio temporum è invertiva: l’art. 7 della convenzione A.T.A., infatti, prevede che, a seguito della richiesta di pagamento di cui sopra, l’associazione garante disponga di 6 mesi di tempo per fornire la prova dell’avvenuto scarico del carnet ovvero della riesportazione delle merci nonché di un ulteriore termine di 3 mesi per fornire la prova tardiva (depositando, però, in tal caso la somma garantita a titolo provvisorio).

In sostanza, in caso di utilizzo della convenzione A.T.A. l’ufficio doganale di partenza o di ingresso nell’Unione Europea non sarà tenuto a dare alcuna comunicazione preventiva né all’obbligato principale né all’associazione garante, i quali, peraltro, potranno fornire la prova della propria “innocenza” in un momento successivo al ricevimento della richiesta di pagamento.

Le diverse fattispecie sanzionatorie previste.

Anche in questa sede il legislatore, anziché disciplinare un’unica fattispecie sanzionatoria, ha preferito perseguire un modus operandi incentrato sulla “frammentarizzazione” dei comportamenti costituenti violazione, come del resto ha fatto in relazione al delitto di contrabbando: le fattispecie sanzionatorie sono infatti tre, alcune delle quali a loro volta sottodistinte a seconda dell’elemento materiale concretamente riscontrabile:

1. mancato appuramento per riscontrata differenza di quantità (art. 305 T.U.L.D.).

La violazione è integrata allorché le merci in transito comune / comunitario:

· non vengano presentate, in tutto o in parte, all’ufficio di destinazione;

· ovvero vengano presentate in quantitativi maggiori rispetto a quelli spediti.

Elemento materiale (il primo) è la presenza di una differenza di quantità fra le merci spedite e quelle effettivamente giunte a destinazione.

In entrambe i casi sopra visti, la sanzione[4] pecuniaria[5] è determinata in misura compresa fra 1/10 e l’intero ammontare:

· dei diritti di confine e dell’I.V.A. dovuti sulle merci mai giunte a destinazione, de iure presunte conformi (in fatto di qualità) a quanto indicato nel documento di transito ed immesse in consumo ex art. 36 c. 5 T.U.L.D.;

· del maggiore importo dei diritti di confine e dell’I.V.A. dovuti sulle merci giunte a destinazione rispetto a quelle inviate, qualora le prime siano in quantitativo superiore alle seconde.

Come si può facilmente vedere, l’elemento oggettivo della violazione è integrato nel solo caso in cui si tratti di merci non ancora immesse in libera pratica e, come tali, vincolate al regime di transito comune / comunitario “esterno” (secondo elemento materiale).

Qualora, invece, si tratti di merci comunitarie o immesse in libera pratica (e pertanto il regime di transito comune / comunitario sia di tipo “interno”), non essendo queste normalmente assoggettate a dazi di esportazione, un loro eventuale mancato arrivo o una deficienza quantitativa non determina la debenza di alcun diritto di confine e, conseguentemente, impedisce il concretarsi della fattispecie tipica della violazione di cui all’art. 305 cit..

Tale conclusione non è però perseguibile allorché si tratti di merci comunitarie o di libera pratica:

- destinate a quei particolari territori in cui non trovano applicazione le disposizioni di cui alla direttiva 77/388/CEE (i c.d. territori a “fiscalità differenziata”).

Il movimento di merci da e per detti territori non è, di regola, soggetto a dazi di importazione o di esportazione e, pertanto, non si ha, in caso di mancato arrivo a destinazione delle merci, alcuna differenza di diritti di confine.

Discorso diverso, invece, deve essere fatto per quanto riguarda l’I.V.A.. Se, infatti, una merce viene inviata, in transito comunitario “interno” (scortata dal documento T2LF), per esempio dall’Italia ad uno di questi particolari territori, la fattura dell’operatore nazionale è emessa senza applicaz