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Manuale d’Avvento

Vivere l’Avvento come l’occasione di prepararci ad un incontro con Cristo Gesù che sia realmente personale
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Manuale d’Avvento
 

Il senso dell’Avvento

L’Avvento, lo sappiamo, è un tempo di attesa e di preparazione che la Santa Chiesa ci dona in vista del Natale del Signore. Vale tuttavia la pena porsi una domanda: che cosa stiamo aspettando esattamente?

I più piccoli probabilmente risponderebbero che attendiamo i regali ed il pranzo con i parenti; noi più grandicelli potremmo invece rispondere che aspettiamo di vivere una bella occasione di stare in famiglia o, se ci sentissimo particolarmente romantici, lo stimolo ad essere più buoni. Anche se queste ultime non sono le risposte che voi dareste, dovete ammettere che la cultura contemporanea secolarizzata, quantomeno in Occidente, riduce sempre di più il Natale a questi elementi; essi non sono naturalmente né alieni né in contraddizione con la solennità, ma ne costituiscono certamente degli aspetti accidentali. In altri termini, ne colgono la superficie senza spiegare nulla della sostanza, senza toccarne il cuore.

Noi cristiani conosciamo quella risposta che tanti vorrebbero ignorare: con l’Avvento ci prepariamo ad incontrare Cristo Gesù nostro Signore e Salvatore, Verbo del Padre fattosi uomo per la nostra redenzione (cf Gv 1, 1-5). È Lui il cuore autentico del Natale e quindi anche il motore che ci spinge a lavorare su noi stessi per essere davvero pronti all’incontro. In fondo, se ci pensate bene, si tratta di trovarsi faccia a faccia con Dio Onnipotente, un’esperienza che certo vale lo sforzo di presentarci al meglio delle nostre possibilità!

Tutti gli altri elementi del Natale trovano il loro senso autentico solo ponendo Cristo al centro. Ecco allora che la preparazione dell’Avvento avrà lo scopo di ridare al Signore quella centralità che purtroppo spesso concediamo ad aspetti secondari.

La natura dell’attesa

Prima tuttavia di andare avanti, un piccolo appunto: Gesù è già nato più di 2000 anni fa; in che senso lo stiamo ancora aspettando? La domanda pare banale ma è necessario aver ben chiara la risposta onde evitare di trasformare il Natale in una semplice commemorazione storica. Il cristiano attende ancora l’arrivo del suo Signore sotto due aspetti: escatologico e personale.

Il primo è semplice: Gesù ci ha promesso che tornerà alla fine dei tempi in gloria grande per essere giudice di tutti (cf Mt 24, 30). Rivivere l’attesa del suo primo arrivo ci aiuta quindi a comprendere la gioia profonda che scaturirà per il credente dal secondo.

A livello personale poi ogni cristiano sa che il Signore viene quando meno ce lo aspettiamo e bussa alla porta del nostro cuore. Egli intende entrare, condividere con noi la Sua Vita Divina, e per farlo ci spinge alla conversione (cf Gv 14, 23). L’attesa del Natale è quindi per il credente anche un’occasione di prepararsi alla visita che certo Gesù gli farà personalmente. In fondo, farsi trovare impreparati ad un simile evento sarebbe come porsi nei panni del proprietario dell’albergo che, trovandosi di fronte al Creatore del cosmo, non Lo fece entrare e lo sistemò nella stalla (cf Lc 2, 7)!

 

Come prepararsi

Preso quindi atto che con l’Avvento ci prepariamo non solo a commemorare l’arrivo di Cristo ma anche a fare la nostra parte per accoglierlo, dobbiamo ora capire come strutturare concretamente questa preparazione. Quando ci prepariamo ad incontrare qualcuno compiamo solitamente due azioni: per prima cosa cerchiamo di comprendere la natura dell’incontro, cosa aspettarci da esso e quali benefici e doveri potrà portarci; secondariamente ci prepariamo al meglio tanto nell'aspetto esteriore quanto nel modo di comportarci. Da questi due gesti possiamo altrettanti modi di prepararci al Santo Natale.

Iniziamo chiedendoci per quale ragione attendiamo con gioia l’arrivo del Signore Gesù. In altri termini, quali beni ci aspettiamo da Lui? Certo, l’ideale sarebbe gioire per la presenza di Dio spinti dal semplice amore per Lui; tuttavia da un lato non tutti siamo così santi, dall’altro non c’è nulla di male a rinsaldare la nostra felicità elencando ciò che Egli giunge a donarci. Si tratta di qualcosa che fu dato all’umanità con la Pasqua del Signore, che entra in noi quando accogliamo Gesù con la conversione e che sarà pieno nell’Ultimo Giorno. Possiamo sintetizzare tali benefici in tre, connettendone ognuno ad un gruppo di personaggi presenti nei due Vangeli dell’Infanzia (cf Lc 1-2 e Mt 1-2).

Il primo è la Salvezza che Gesù ci dona in abbondanza con la Sua Passione, Morte e Risurrezione. La Sua nascita è il preludio gioioso alla nostra redenzione; ma da cosa dobbiamo essere salvati esattamente? Dal peccato naturalmente; non tanto da quello altrui quanto dal nostro. Il male infatti è una catena, una negazione della nostra libertà di volgerci al bene che imprigiona il nostro libero arbitrio dentro l’inganno ordito dal demonio. Difatti, poiché la Volontà di Dio ci orienta perfettamente al nostro bene, alla nostra piena realizzazione, qualunque scelta contraria, per quanto attraente appaia, non sarà altro che un tragico passo indietro (cf At 4, 8-12).

Il peccato per l’uomo non è una possibilità ma una condanna; come la morte, possiamo evitarlo fino ad un certo punto ma non per sempre (cf Gv 15, 5). Esso, allontanandoci da Dio, ci priva della vita: se infatti la nostra esistenza è venuta da Dio nella nascita e da Lui ancora verrà con la Risurrezione allontanandoci da Lui, chi ci farà vivere? L’universale bisogno di Salvezza è rappresentato dai pastori: questi umili e poveri, nella retorica di san Luca, sono simbolo del nostro disperato bisogno di Dio; come loro, anche noi dobbiamo rispondere presto all’invito e gioire ancor prima di comprendere per il dono di Cristo Gesù (cf Lc 2, 8. 18-20).

Cristo, oltre che essere Via e Vita, è anche Verità (cf Gv 14, 6). In Lui noi conosciamo Dio Padre e nel Padre comprendiamo davvero anche tutto il creato (cf Gv 12, 44-45). Solo chi conosce Dio infatti conoscerà dell’universo tanto il funzionamento quanto l’origine ed il fine, il suo senso intrinseco. Tale sapienza non è desiderata per vana curiosità ma perché è il solo modo che abbiamo per comprendere davvero il nostro posto nel mondo e per trasformare quella che spesso ci appare come un’orrida regione in uno splendido giardino (cf Is 45, 19). La Verità, ricordiamocelo sempre, ci farà liberi (cf Gv 8, 32. 36) perché attraverso essa comprenderemo il creato come buono e potremo amare sinceramente e liberamente il suo Creatore. Simbolo della ricerca della Verità sono i Re Magi: sacerdoti pagani, essi percepirono il vuoto delle loro esistenze e l’insensato silenzio del mondo. Per questo furono pronti a cercare ed adorare Colui che solo dà a tutto un senso (cf Mt 2, 1-12).

Dobbiamo infine prendere atto che una delle cose più spaventose dell’esistenza è la mancanza di ordine, cioè il non saper dare ad ogni cosa il suo peso ed il suo posto nella nostra vita (cf Gb 28, 25-28). L’esperienza quotidiana c’insegna che per dare sistemare qualcosa è necessario individuarne il centro, che di solito corrisponde al suo fine. Ad esempio, il fine di una sala da pranzo è ospitare il pasto comune; ecco che allora tutti i suoi elementi minuti troveranno il loro posto attorno alla principale funzione del tavolo e delle sedie. L’arrivo di Cristo nella nostra vita pone Dio al centro, prepara cioè in noi un trono per il Padre. Solo così il tempo, i talenti, i beni, l’esistenza stessa troveranno il posto loro proprio. Non si tratta di un semplice piacere intellettuale: un sistema ordinato persegue meglio il suo fine e valorizza davvero ogni elemento; essendo il nostro fine la beatitudine, la massima felicità, la cosa non è certo indifferente. Simboli dell’ordine sono i profeti Simeone ed Anna. La loro vita, fatta di attesa e penitenza, fu splendida proprio perché fondata sul desiderio d’incontrare il Signore. Ogni loro gesto o bene trovò la propria perfezione nel favorire questo incontro (cf Lc 2, 33-38).

Il concetto di preparazione può, in questo caso, essere associato a quello biblico di purificazione (Nm 8, 21): esso è legato più all’atto del riordinare che a quello della semplice pulizia. Rassettare casa significa certo pulirla, ma non solo: implica anche trovare ad ogni oggetto un posto ed un fine. Purificarci significa orientare noi stessi, in ogni nostra parte, a Dio. Concretamente si tratta di rimuovere ciò che è di ostacolo all’incontro con Lui e coltivare il desiderio di Dio, la via cioè in cui si concretizza l’amore di chi attende. Questi due obiettivi possono essere perseguiti attraverso due attività, non in opposizione ma complementari.

Per prima cosa parliamo della penitenza. Si tratta di fioretti, offerte, voti e rinunzie il cui fine è duplice: da un lato liberare la nostra esistenza da atti ed abitudini contrari o lesivi della Fedeltà a Dio; dall’altro rimuovere anche elementi positivi allo scopo di creare nelle nostre vite lo spazio necessario ad ospitare l’Onnipotente. È come quando buttiamo via degli oggetti da casa: gettiamo tanto quelli nocivi ed inutili quanto quelli che, pur buoni, sottraggono spazio agli elementi fondamentali. Come esercizio concreto possiamo provare a scegliere due penitenze per questo Avvento: una che rinunzia a qualcosa di vizioso, come una brutta abitudine o dei peccati veniali, ed un’altra con la quale ci liberiamo di qualcosa di buono ma non fondamentale, come un piacere o un hobby. Scopriremo che a Natale, quando incontreremo il Signore, ci sarà più facile accoglierlo come si deve.

Veniamo infine alla preghiera. Ricordiamoci sempre che la preghiera più perfetta è quella di lode a Dio. Ciò non significa che sia sconveniente chiedergli ciò che ci manca, dato che Gesù stesso lo comanda, ma che lodando il Signore per ciò che Egli dona a noi ed all’umanità sapremo anche meglio cosa chiedere (cf Dn 3, 52-90 e Rm 8, 26). Qualunque sia la pratica di preghiera che scelta, comunitaria o privata, cerchiamo sempre di coglierne la lode sottesa; scopriremo così quanto bene Dio già opera in noi e sapremo quindi cosa è davvero importante chiedergli. Quando poi l’incontreremo, la nostra gioia sarà ancor più motivata.

Per concludere, cerchiamo di vivere l’Avvento come l’occasione di prepararci ad un incontro con Cristo Gesù che sia realmente personale. Cogliamo tutte le occasioni che la Santa Chiesa ci dona e ricordiamo questo: il Signore giunge per restare, non per fare una visita. Ciò che riceveremo accogliendolo come si deve custodiamolo quindi e coltiviamolo fino alla fine dei tempi.

Testi consigliati

  • Christoph Schoenborn, Natale. Il mito diventa realtà, ESD, Bologna 2007.
  • Giacomo Biffi, Un Natale vero?, ESD, Bologna 2006.
  • Maurizio Botta, Ritorna il Re, ESD, Bologna 2021.
  • Tertulliano, La carne di Cristo (a cura di Attilio Carpin), ESD, Bologna 2015.