Mutuo fondiario: per provarlo bastano le presunzioni

Pienza 2016
Ph. Alessandro Saggio / Pienza 2016

Indice:

1. Premessa

2. Divieto di estensione analogica delle preclusioni ex articoli 2726 e 2729, II° comma, codice civile

3. Presunzioni a soccorso della carenza probatoria in capo al creditore promittente-mutuante

4. Efficacia dell’ipoteca iscritta in forza di un credito futuro e condizionato

5. Conclusioni

 

1. Premessa

Con la pronuncia in analisi (Decreto di accoglimento 13 ottobre 2020 del Tribunale civile di Modena, Sezione Terza, in composizione collegiale, Presidente Dott.ssa Emilia Salvatore), il Tribunale di Modena, all’esito di giudizio di opposizione allo stato passivo promosso dall’Istituto di credito, revocava il decreto di esclusione del Giudice Delegato riconoscendo l’ammissione al passivo del ricorrente per il credito derivante da mutuo fondiario condizionato pur in mancanza della produzione in giudizio delle quietanze comprovanti l’effettiva erogazione delle somme promesse a mutuo.

Parimenti, il Collegio sovvertiva la decisione assunta dal G.D. il quale non riconosceva il privilegio ipotecario del credito de quo in mancanza delle annotazioni delle quietanze in calce all’originaria iscrizione, annotazioni ritenute da quest’ultimo indispensabili a comprovare l’insorgenza del credito con riferimento sia all’an sia al quantum.

Il decreto in esame giungeva, dunque, a riconoscere l’ammissione al passivo per il tramite di un meccanismo presuntivo e, nondimeno, la natura ipotecaria del credito.

 

2. Divieto di estensione analogica delle preclusioni ex articoli 2726 e 2729, II° comma, codice civile

Il Collegio ritiene raggiunta la prova da parte dell’Istituto di credito dell’erogazione delle somme promesse a mutuo sotto due distinti versanti: mediante presunzioni da un lato e, dall’altro e più a monte, mediante l’applicazione del principio di non contestazione ad opera della Curatela del fallimento.

Affronta in prima battuta il Tribunale la questione relativa alle rigide preclusioni in tema di onere probatorio allorquando il fatto da dimostrare riguardi il pagamento di una somma di denaro: ribadisce, infatti, la sussistenza delle limitazioni in tema di prova testimoniale ex articolo 2726 codice civile (che preclude la prova per testi) nonché ex articolo 2729, comma 2, codice civile (che vieta il ricorso a presunzioni), escludendone però l’applicabilità al caso di specie.

In primo luogo, chiarisce come l’articolo 2726 codice civile, nel vietare il ricorso alla prova per testi ai fini della dimostrazione dell’effettivo pagamento di una somma di denaro, si riferisca specificatamente ai “pagamenti in senso stretto”, ovvero agli atti di adempimento dell’obbligazione pecuniaria che portano il soggetto mutuatario all’estinzione del proprio debito.

Trattasi, dunque, di limitazioni che colpiscono il debitore – che, dunque, non potrà servirsi di prove testimoniali né, tantomeno, di presunzioni per dimostrare l’avvenuta restituzione delle somme mutuate – e non anche il creditore allorché questi sia chiamato a dimostrare l’effettiva erogazione delle somme concesse a mutuo.

E l’esclusione dal caso di specie consegue al carattere eccezionale della predetta norma, che in quanto tale non può essere soggetta ad interpretazione analogica.

 

3. Presunzioni a soccorso della carenza probatoria in capo al creditore promittente-mutuante

Esclusa l’applicabilità di tali preclusioni, dunque, il Collegio ritiene che, in mancanza di prove documentali attestanti l’effettiva erogazione delle somme promesse a titolo di mutuo, rectius le relative quietanze rilasciate nei modi e nelle forme previste ex lege, possa trovare applicazione il meccanismo presuntivo.

Nel caso affrontato dal Tribunale di Modena, l’elemento presuntivo di maggiore pregnanza grazie al quale è stata ritenuta raggiunta la prova dell’effettiva erogazione veniva individuato in una missiva con cui l’istituto di credito mutuante, denunziando l’inadempimento della società allora in bonis, richiedeva la restituzione delle somme mutuate.

Orbene, con riferimento a tale missiva, notava il Collegio come né la società in bonis prima né la Curatela poi avessero mai contestato il credito con essa preteso, ma si fosse quest’ultima esclusivamente trincerata dietro la mancata dimostrazione da parte della banca dell’effettiva erogazione: al contrario, detta raccomandata, esplicitamente riconosciuta dalla Curatela quale interruttiva della prescrizione del credito stesso – con pedissequa rinuncia alla relativa domanda -, ne faceva conseguire per presunzione l’implicito riconoscimento anche del suo contenuto, rectius dell’esposizione debitoria.

La mancata contestazione ha convinto il Collegio a giungere alla conclusione per cui “se la Banca ebbe a richiedere la restituzione della somma mutuata […] è giocoforza ritenere che la somma fu effettivamente mutuata, ossia corrisposta”.

Se da un lato, infatti, parte opponente aveva specificatamente affermato l’avvenuta erogazione attraverso la richiesta di restituzione del capitale e degli accessori contenuta nella messa in mora regolarmente notificata alla società in bonis, dall’altro la Curatela non aveva mai provveduto a contestare altrettanto specificatamente che tale erogazione fosse avvenuta – ad esempio, obbiettando come la stessa non fosse riscontrabile nella contabilità dell’impresa fallita.

Tali omissioni, a ben vedere, hanno avuto un peso determinante nel convincimento del giudice, che ha ritenuto raggiunta la prova dell’erogazione anche in ossequio ad una recentissima pronuncia della Cassazione (Sez. III, n. 8376/2020), secondo la quale l’attore, a fronte di un’allegazione fattuale specifica e precisa, è dispensato dall’onere di provare i fatti allegati qualora la contestazione ex adverso manchi o, addirittura, non appaia altrettanto specifica.

Sulla base di tali valutazioni, dunque, il credito sorto in forza del contratto di mutuo condizionato ha ricevuto il nulla osta dal Collegio Giudicante per l’ammissione al passivo fallimentare della società mutuataria.

 

4. Efficacia dell’ipoteca iscritta in forza di un credito futuro e condizionato

La decisione di cui trattasi risulta di estrema rilevanza anche in considerazione del privilegio con il quale tale credito è stato riconosciuto, e così ammesso, nella procedura concorsuale.

Nel provvedimento opposto, infatti, la mancata prova riguardo la sussistenza del credito aveva travolto anche la questione relativa alla richiesta natura ipotecaria dello stesso: secondo il Giudice Delegato, infatti, il relativo privilegio sarebbe stato posto a garanzia di un credito che, al momento dell’iscrizione, risultava ancora futuro e condizionato – di talché, in mancanza dell’annotazione nei registri immobiliari delle quietanze di erogazione delle somme de quibus, conferenti certezza e liquidità all’esposizione creditoria, la relativa iscrizione sarebbe rimasta priva di efficacia.

Anche tale impostazione veniva sovvertita dalla pronuncia qui in esame, avendo il Collegio giudicante riconosciuto, oltre che il credito stesso, anche la sua natura ipotecaria.

Le ragioni giuridiche che hanno supportato tale importante statuizione sono da ravvisarsi nell’individuazione del momento in cui la garanzia ipotecaria dispiega i propri effetti: secondo l’impostazione della Curatela – a cui il Giudice Delegato si è peraltro allineato – l’ipoteca dispiega i suoi effetti dal momento in cui vi sia la prova che le somme promesse nel contratto di mutuo siano state effettivamente erogate – vale a dire, come detto, allorché le relative quietanze vengano annotate nei registri immobiliari. 

Disattendendo tale statuizione, in totale aderenza con la difesa spiegata dall’opponente, il Collegio giudicante ha invece riconosciuto il privilegio ipotecario del credito de quo, ridimensionando il valore delle quietanze a cui è stata riconosciuta, per contro, una funzione meramente accessoria e servente rispetto all’annotazione originaria.

Richiamando all’uopo i principi generali in materia di credito fondiario ricavabili dall’articolo 2852 codice civile – avallati peraltro da un convincente orientamento della Cassazione che vede nella sentenza n. 506/2017 la sua massima espressione – è stato ribadito come, in tema di ipoteca per crediti condizionati, l’ipoteca iscritta a garanzia di un credito futuro “ha effetti e prende grado al momento dell’iniziale iscrizione”, e non già nel momento successivo dell’annotazione delle quietanze di erogazione delle somme mutuate.

Di conseguenza, essendo il creditore riuscito a provare – attraverso il meccanismo presuntivo di cui sopra – l’effettiva erogazione delle somme de quibus, alcuna preclusione è stata ritenuta sussistente al riconoscimento della sua natura ipotecaria.

 

5. Conclusioni

In conclusione sul tema, la pronuncia in esame risulta di notevole interesse, attesa soprattutto l’oscillazione degli orientamenti sino ad ora succedutisi in tema di onere probatorio in capo al creditore mutuante che intenda richiedere la propria ammissione al passivo di una procedura fallimentare.

Non sarà dunque necessario che il soggetto erogante (rectius promittente) rinunci nel veder riconosciuto il proprio credito in sede concorsuale allorché non si mostri in possesso di documentazione provante l’effettiva dazione delle somme.

Da quanto sancito dal Collegio Giudicante in questa sede, infatti, lo stesso potrà servirsi di elementi presuntivi, dai quali il Giudice potrà desumere la verosimile esistenza del suo credito – riconoscendone all’uopo anche la sua natura ipotecaria - a maggior ragione quando non si ravvisino nella difesa avversaria specifiche contestazioni in merito all’effettiva dazione delle somme erogate.