x

x

Compenso Avvocati: convenzione con l’istituto di credito per la quantificazione

Perché siano valide le convenzioni con gli avvocati occorre garantire il conferimento della pluralità di incarichi tali da giustificare il sacrificio economico del legale
compenso avvocati
compenso avvocati

La controversia affrontata dal Tribunale di Bologna – Ordinanza resa il 21 aprile 2022 dalla Seconda Sezione Civile in camera di consiglio (consultare il documento allegato) – riveste particolare interesse in relazione all’efficacia (o meno) di un rapporto in Convenzione regolante i compensi professionali tra un Avvocato e un Istituto di credito e/o grande società.

La questione nasceva dal Legale che, su incarico di un Istituto di credito, prima, e della società cessionaria del credito, poi, esperiva una e una sola, ma complessa e copiosa, attività giudiziale in un’opposizione all’esecuzione e ne otteneva all’esito della causa sentenza integralmente favorevole con condanna delle controparti alla refusione delle spese processuali liquidate dal Magistrato secondo i parametri del D.M. 55/2014.

Il Legale, messa in mora la parte soccombente per il recupero di dette spese, contestualmente richiedeva il pagamento dei propri compensi – per come liquidati dal Magistrato – alle Clienti.

Le Clienti contestavano la richiesta del Legale pretendendo – in luogo dei parametri ex D.M. – l’applicazione delle tariffe di cui ad un’asserita Convenzione del 2008 intercorsa tra il medesimo Legale e una società, poi incorporata per fusione dall’odierno Istituto di credito, il quale a sua volta cedeva successivamente detto credito ad una grande società NPL.

Il Legale otteneva quindi decreto ingiuntivo per compensi professionali nei confronti delle Clienti per l’intero importo liquidato nella sentenza emessa a definizione del giudizio in cui aveva prestato la propria attività.

Si opponevano al decreto sia l’Istituto di credito sia la NPL cessionaria per i medesimi motivi, tra gli altri, già contestati a seguito della richiesta bonaria di pagamento.

I giudizi di opposizione, riuniti, seguivano il rito ex d. lgs. 150/2011, che si definiva con l’ordinanza emessa il 19 luglio 2022 dal Tribunale di Bologna.

Entrambe le opposizioni venivano rigettate.

Nei confronti della cessionaria del credito, infatti, il Collegio motivava il rigetto sulla base del fatto che quest’ultima fosse esclusivamente successore a titolo particolare dell’Istituto di credito “il che esclude in radice ogni possibilità, per la cessionaria del credito, di avvalersi di una convenzione risalente a circa dieci anni prima della costituzione in giudizio nell’opposizione all’esecuzione e in ogni caso intercorsa tra [il Legale] e un soggetto terzo rispetto [ad essa] e già estinto prima ancora che [quest’ultima] conferisse il mandato professionale e la procura alle liti [al Legale]”.

In altri termini, la convenzione non è un accessorio del credito ceduto, ma [per la cessionaria] res inter alios acta”.

Nei confronti della cedente, parimenti, il Collegio rigettava l’opposizione proposta in forza del precipuo principio secondo cui un rapporto convenzionato presuppone obbligazioni reciproche, rectius l’applicazione di tariffe ridotte da parte del Legale a fronte del conferimento a quest’ultimo di una pluralità di incarichi tale da giustificare la predetta riduzione.

Inoltre, il solo fatto dell’adesione ad una convenzione come quella invocata, riguardante lo svolgimento in un certo arco di tempo di prestazioni professionali non predeterminate, non comporta di per sé la consapevole rinuncia dell’avvocato, in relazione al singolo caso (ignoto al tempo dell’adesione alla convenzione), al compenso parametrato sulle tariffe ministeriali”.

In sintesi, le convenzioni regolanti i compensi del Legale nei confronti di Istituti di credito e/o società cessionarie non possono prescindere dalla corrispettiva obbligazione di queste ultime di garantire il conferimento di una pluralità di incarichi tale da giustificare il “sacrificio” del Legale, di conseguenza – in mancanza di tale reciprocità – al Legale deve essere riconosciuto il diritto, in mancanza di accordo scritto, di ricevere il proprio compenso secondo le tariffe ministeriali.