x

x

Napoleone Bonaparte e la Rivoluzione francese

Rivoluzione francese
Rivoluzione francese

14 luglio 1789 non ha neanche vent’anni e osserva la Rivoluzione come uno straniero, un corso animato dalla speranza i tumulti rivoluzionari possano dare alla Corsica l’autonomia dalla Francia.

Dopo dieci anni dalla presa della Bastiglia Napoleone è primo console della Repubblica francese.

Dopo trent’anni da quei fatti, con sguardo disincantato e critico Napoleone ripercorre gli anni della rivoluzione.

Rievoca e giudica in fatti conversando con la sua minuscola corte - costituita da suoi ex ufficiali dell’esercito e da medici – a Sant’Elena, nel suo esilio forzato.

I suoi giudizi spesso sono taglienti, ma da essi emerge il genio dello statista e la sua preoccupazione per il bene della Francia. Si tratta di conversazioni raccolte da questi ufficiali, specialmente dal fedele generale Charles Montholon, e poi pubblicate a Parigi a partire dal 1839 e in più edizioni.

Sono tradotte in italiano e dall’edizione Napoleone Bonaparte, Conversazioni sul cristianesimo, con prefazione del cardinale Giacomo Biffi, traiamo alcune brevi citazioni.

"La rivoluzione, nonostante tutti i suoi orrori, era stata la vera causa di rigenerazione dei nostri costumi, come i letami più sordidi con le loro esalazioni stimolano le vegetazioni più rigogliose, e che il suo governo sarebbe stato giudicato come un’era di memorabile ritorno alla morale".

Non c’è niente di più vile della potenza di un sovrano immorale, ed è davvero corrotta la società che subisce questo giogo così meschino: sopravviene così la decomposizione del corpo sociale. Senza alcun dubbio, la lussuria e gli altri vizi di Luigi XV e del reggente furono tra le cause principali della Rivoluzione. Prima che il potere fosse degradato, il potere si era degradato da solo, scendendo così in basso da calpestare tutti i principi. Luigi XVI, con il suo martirio coraggioso, riscattò la monarchia davanti all’opinione pubblica. Tutto ciò non giustifica, ma spiega le azioni di Marat e di Robespierre, e dei regicidi, che sono comunque degli assassini, ma che hanno eseguito una sentenza di riparazione sociale”.

Napoleone ritiene anche essere stato il continuatore dello spirito rivoluzionario, anche se riconosce di aver cambiato qualcosa: “Quando misi piede in Italia, ho cambiato le abitudini, i sentimenti e il linguaggio stesso della nostra rivoluzione, perché ho smesso di fucilare i fuoriusciti, ho soccorso i preti, ho abrogato le feste e le celebrazioni disonorevoli. Non ero certo guidato dal mio capriccio, ma dal senso dell’equità e dalle esigenze della politica: se avessimo continuato a festeggiare il giorno della morte del re, mai i fuoriusciti avrebbero accettato di tornare”.

Il pregio di queste conversazioni familiari a Sant’Elena è quello di farci scoprire un Napoleone poco noto, almeno in Italia, figlio e prosecutore della rivoluzione iniziata il 14 luglio 1789.

Conversazioni sul cristianesimo, seconda edizione ampliata.

 

Contributo in ricordo della festa del 14 luglio.