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Il Sacro Cuore di Gesù

Nell’occasione della solennità, riflessioni di teologia affettiva sul Sacro Cuore di Gesù
sacro cuore
sacro cuore

Il cuore è il centro palpitante dell’amore umano: questo è il contenuto simbolico del cuore in molte culture. La fede cristiana usa questa simbologia forte e diffusa anche a proposito di Gesù. Il cuore di Gesù è la sede del suo amore, sempre vivo e senza limiti verso ogni persona umana.

Il cuore di Gesù richiama esplicitamente i fatti della sua incarnazione e nascita – perché è un cuore umano che la persona divina del Verbo eterno ha unito a sé proprio incarnandosi – e i fatti della sua passione e morte – perché è un cuore coronato della corona di spine e trafitto dalla lancia –. Nell’iconografia tradizionale e nella solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù tutto ciò è riassunto in modo talmente semplice che rischiamo di smarrire il fascino e la ricchezza di questi fatti di amore.

Oggi la predicazione e il commento ai Vangeli spesso è ridotto a banali considerazioni di tipo sociale o sociologico, mentre la catechesi – se anche c’è – talvolta è arida, slegata dalla vita e priva dell’afflato dell’amore.

Perciò è particolarmente utile e urgente scoprire un metodo di meditazione e una scuola di pensiero, che è detta “teologia affettiva”.

Un incontrastato maestro – ignoto in Italia – è Louis Chardon, autore di un testo da poco edito in seconda edizione, La Croce di Gesù. È un capolavoro in senso proprio.

Una cattedrale maestosa nella quale le più alte speculazioni teologiche e le più stringenti dimostrazioni si concludono spesso con esclamazioni esuberanti e incontenibili di amore per Dio. L’intelligenza dei misteri della fede è a servizio dell’amore e della conversione spirituale. Ne do un piccolo assaggio.

«Contemplo insieme la forza e la tenerezza dell’amore di Gesù per Pietro, il principe degli apostoli, il quale, dopo la promessa così fervente di fedeltà che egli aveva fatto al suo Signore dopo la sua prima comunione, non rinuncia a rinnegarlo con una viltà tanto brutale quanto colpevole: “Allora Pietro incominciò a imprecare e a giurare di non conoscere quell’uomo” Matteo 26,74.

Gesù è in piedi davanti al sommo sacerdote, circondato dai suoi nemici che lo accusano dell’empietà più grave che possa mai concepire un animo umano: lo accusano del delitto di lesa maestà divina e umana, per essersi proclamato Dio e per aver usurpato il titolo di re. I suoi nemici oltraggiano le sue guance con gli schiaffi. Sputano sul suo bellissimo volto. Lo massacrano di colpi. Lo insultano con violenza. Lo stordiscono con grida che gli annunciano la sua rovina finale. E lo opprimono con tormenti da tutte le parti.

Ahimè! Mio Signore, dov’è in quest’ora il tuo cuore?

Quali sono i pensieri che occupano il tuo cuore? Adesso dove ti porta il tuo amore?

È possibile che tu mediti gli argomenti della tua difesa e che tu studi le prove che ti giustificano per opporle alle calunnie ricolme di ingiustizia e concepite con un’invidia piena di rabbia e di malizia. Si potrebbe credere che tu sia troppo occupato dai tuoi problemi, che sia tutto attento a te stesso, e che l’interesse per la tua salvezza ti dispensi dal preoccuparti della salvezza del tuo discepolo

Eppure il tuo amore supera gli ostacoli così difficili che ti circondano da tutte le parti, e il tuo cuore, la tua vista, la tua vita e la tua presenza sono orientate solo verso quell’Apostolo infedele.

Tu rinunci a occuparti di ciò che è utile alla tua salvezza per procurare il bene di colui che era colpevole come Giuda.

Anche Pietro avrebbe meritato la dannazione nella quale Giuda è stato precipitato a causa della sua impenitenza finale, se tu non l’avessi anticipato con quello sguardo divinamente seducente, testimone ineccepibile che il tuo cuore si preoccupa più del discepolo amato che della vita terrestre che il tuo stesso cuore anima» (pp. 118-119).

«Beato chi trasferisce la sua vita, la sua presenza e il suo amore nel cuore di Gesù, fonte inesauribile e feconda di gioia e felicità per gli uomini e per gli angeli. Che gioia vedersi uniti a Gesù Cristo mediante quella stessa grazia e quella stessa carità, che rendono il suo cuore degno della più sublime unione con Dio Padre» (p. 88).