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Napoleone: il “gigante” della Storia

Il sole di Austerlitz
Napoleone alla battaglia di Austerlitz, dipinto di François Gérard
Napoleone alla battaglia di Austerlitz, dipinto di François Gérard

Napoleone: il “gigante” della Storia

Sono trascorsi 200 anni dalla morte di Napoleone. Il ricordo delle sue gesta e della sua ambizione rende il suo nome eterno. Ha combattuto tantissime battaglie.  Ha sfidato l’Europa intera. L’Europa intera si è unita per annientarlo. Nonostante tutto e tutti, il nome di Napoleone è nella storia. Possiamo studiare “lo spirito” dell’Imperatore analizzando le sue battaglie. Austerlitz è l’esempio di tale spirito.
 

Napoleone e il Sole di Austerlitz

Un Imperatore. Un console. Un generale. Un cittadino della repubblica francese. Un uomo: Napoleone.

A 200 anni dalla sua morte ricordiamo ancora la sua determinazione, la sua tenacia, le sue strategie e la sua ambizione. La storia la fanno i vincitori, ma esiste una sola eccezione. L’eccezione è Napoleone. Fu l’uomo che da solo mise in ginocchio i giganti d’Europa.

 Si allearono e persero. Dovettero provarci più e più volte prima di portarlo in esilio. Ma nemmeno ciò fu bastevole per fermarlo. Scappò e da solo si riprese la Francia. Con l’entusiasmo delle sue armate si riprese l’impero.

Una delle caratteristiche essenziali era la velocità. Così Hegel descrive Napoleone.

"Ho visto l' Imperatore, quest' anima del mondo, uscire dalla città per andare in ricognizione. E' una sensazione meravigliosa vedere un tale individuo che qui, concentrato in un punto, seduto su un cavallo, si irradia sul mondo e lo domina". 

 La sua velocità e la sua ambizione hanno preso il sopravvento nel confronto con i grandi d’Europa. La vera arma di Napoleone era l’entusiasmo delle sue armate. Queste, con velocità sovrumana, marciavano per ore e ore, per km e km, seguendo il proprio imperatore. Ecco, cosa rendeva grande Napoleone. Egli guidava in prima persona le sue armate, le incitava e si sporcava l’uniforme con il terreno del campo di battaglia e con il sangue dei soldati nemici.

Tolstoj in “Guerra e Pace” lo descrive mentre si prepara alla battaglia di Austerlitz:

“Le grida e i fuochi nel campo nemico erano causati dal fatto che, mentre tra le fila si leggeva il proclama di Napoleone, questi, a cavallo passava tra i suoi bivacchi.  I soldati, vedendolo, accendevano fasci di paglia e gridando : “ Vive l’Empereur”, gli correvano dietro.”

Ma è evidente che Napoleone abbia tratto forza dal dialogo con i suoi soldati e non solo con gli ufficiali. La vicinanza, il dormire in una tenda da campo, il galvanizzare le truppe prima di una battaglia lo hanno reso più soldato che imperatore. Il proclama di Napoleone, di cui sopra si fa menzione nella descrizione di Tolstoj è il seguente:

“Soldati! L’esercito russo si leva contro di voi per vendicare l’esercito austriaco di Ulma. Sono gli stessi battaglioni che voi sbaragliaste presso Hollabrunn e che poi inseguiste incessantemente sino a qui. Le posizioni che noi occupiamo sono formidabili e mentre i nemici marceranno per girare attorno alla mia destra, noi presenteremo il fianco!. Soldati! Io stesso guiderò i vostri battaglioni. Starò lontano dal fuoco se voi, con il vostro consueto coraggio,  porterete nelle file nemiche il disordine e il turbamento;  Ma se la vittoria rimanesse, anche per un solo istante, incerta, vedreste il vostro Imperatore esporsi per primo ai colpi dei nemici, perché non può esserci incertezza nella vittoria, soprattutto in questa giornata, nella quale è in gioco l’onore della fanteria, così necessario all’onore dell’intera nazione. Non si scompongano le file con il pretesto di portar via i feriti” ognuno si metta bene in mente l’idea che bisogna vincere questi mercenari. […]  Questa vittoria metterà fine alla nostra campagna e noi potremo ritornare ai nostri alloggiamenti invernali, dove ci aspettano le nuove truppe che ora si stanno formando in Francia; allora la pace sarà degna del mio popolo, di voi  e di me Napoleone”.
 

Napoleone e la strategia di Austerlitz

2 dicembre 1805: la data della celebre battaglia di Austerlitz.

Ricordata anche come la battaglia dei tre Imperatori, poiché fu combattuta da Napoleone contro Alessandro I e Francesco II.  Rientra tra le mitiche battaglie dell’epopea Napoleonica ed in particolare in quelle combattute contro la terza coalizione: Inghilterra, Austria e Russia.

Ci troviamo nell’attuale Slavkov, cittadina della Repubblica Ceca.  Da una parte abbiamo la Grande Armèe con circa 73000 uomini e dall’altra l’armata formata da austriaci e russi di circa 89000 uomini comandati da Kutuzov.  La battaglia di Austerlitz fu una trappola.

Due sono i momenti rilevanti della trappola Napoleonica: il primo è rappresentato dall’atteggiamento di debolezza di Napoleone; mentre il secondo è dato dalla strategia adottata sul campo di battaglia.

Infatti,  Napoleone, dopo aver perso diversi ma piccoli scontri con le truppe russo-austriache,  diede ordine a Soult, Lannes e Murat di prendere Austerlitz e proseguire la strada per  Olmütz  con circa 53 000 soldati francesi. L’esiguo numero delle truppe francesi rispetto agli 89.000 soldati austro-russi fu il principale motivo per cui lo zar Alessandro I decise di attaccare l’armata francese. Napoleone, tuttavia, diede ordine a Bernadotte, Mortier e Davout di nascondersi nel territorio posto tra Vienna e Iglau con circa 12.000 soldati.

Il 25 novembre il generale Savary fu inviato ad Olmutz come messo di pace. Infatti, Napoleone rappresentò ai generali nemici il suo desiderio di evitare lo scontro. Se da una parte i nemici ebbero la sensazione della difficoltà delle truppe francesi, dall’altra Napoleone diede ordine ad esploratori segreti di valutare il numero delle truppe, dei cannoni e artiglieria dei nemici.

Il 27 novembre Francesco I offrì a Napoleone la possibilità di firmare un armistizio e ritirarsi. Napoleone ordinò a Soult di abbandonare sia Austerlitz che l'altopiano di Pratzen.

Il 28 novembre Napoleone richiese l’incontro con Alessandro I, zar dell’impero russo. Tuttavia,  Napoleone ricevette il conte Dolgorukij.

 Il generale Andrault de Langéron  scrisse di  quest'incontro nei suoi Mémoires.

“Il principe, più abituato ai balli di San Pietroburgo che ai bivacchi, si sorprese quando vide uscire da un fosso, una piccola figura molto sporca e mal vestita, e gli dissero che era Napoleone, che lui ancora non conosceva”.

Le proposte russe furono inaccettabili e Napoleone dovette rifiutare; tuttavia, si presentò come esitante e timoroso. Atteggiamento che fu notato dal messo russo.

“Napoleone tremava tutto dalla paura. Ho visto l'armata francese alla vigilia della propria sconfitta. La nostra sola avanguardia basterebbe a schiacciarli”. Nonostante le resistenza di Kutuzov, Alessandro I diede ordine di attaccare l’armata napoleonica.

Ecco, la seconda parte del piano di Napoleone. Napoleone attirò gli avversari sul campo di battaglia da lui scelto, costituendo una vera e propria trappola.  Infatti, di una trappola si tratta.  

«Se volessi impedire al nemico di passare, è qui che mi piazzerei, sui rilievi (del Pratzen). Ma allora non otterrei che una normale battaglia.  Se, invece, io sacrifico la mia destra ritirandola verso Brno e i Russi abbandonano queste alture per aggirarmi, fossero anche 300 000 uomini, essi verranno colti in flagranza di reato e perduti senza speranze.»

Posizionate le proprie truppe sull’altopiano, diede ordine ai propri generali di scoprire deliberatamente il fianco destro dell’armata. Tale atto permise alle truppe austro-russe di avanzare, mentre le truppe francesi, deliberatamente iniziarono ad indietreggiare. Napoleone, contrariamente a quanto previsto dai manuali militari che si studiavano in accademia, fece in modo da far occupare l’altopiano alle truppe nemiche solo successivamente.  Le truppe Austriache, credendo di aver in pugno la vittoria, avanzarono sul lato destro dell’armata francese attaccandola in modo massiccio. Di sorpresa il IV Corpo guidato dal Maresciallo de Dieu Soult attaccò la parte centrale dell’armata nemica. Tale attacco portò al crollo dell’esercito austro-russo. Dividi et impera. Questo insegnamento si tramandavano i comandanti romani e questo principio ispirò la strategia di Napoleone. Attaccando il centro dell’esercito nemico, Napoleone divise gli eserciti austriaci e russi, facendo venir meno la superiorità numerica e minando lo spirito dei soldati nemici, i quali iniziarono a scappare. Ciò portò una grande vittoria per Napoleone e numerosi soldati nemici furono fatti prigionieri.

«Soldati, Sono contento di voi; voi avete, nella giornata di Austerlitz, soddisfatto tutto ciò che mi aspettavo dal vostro coraggio. Voi avete decorato le vostre aquile di una gloria immortale. Un esercito di centomila uomini, comandato dagli imperatori di Russia e Austria, è stato in meno di quattro ore o battuto o disperso; chi è sfuggito al vostro ferro è annegato nei laghi (…).»

Francia e Austria firmarono il 26 dicembre la pace di Presburgo.  La battaglia di Austerlitz  è il più  grande successo di Napoleone.

Napoleone ritratto dal pittore Jacques-Louis David
Napoleone ad Austerlitz

Napoleone e la battaglia di Austerlitz: cosa dicono gli storici

Secondo gli storici il momento più importante della strategia bellica fu la scelta dell’altopiano di Pratzen.  Come dispongono i manuali di guerra ottocentesca è preferibile combattere in pianura piuttosto che sfidare delle truppe che si trovano in alto. Ciò perché gli ufficiali dall’alto possono studiare le posizioni nemiche, eventuali movimenti e usare l’artiglieria pesante per evitare scontri uomo-uomo. Tuttavia, quella di Napoleone fu una scelta specifica. Si era dimostrato con i nemici timoroso e titubante, pur sé Kutuzov sospettava dei tranelli.

Napoleone decise di attaccare alle 4 del mattino. La posizione elevata dell’altopiano e la nebbia resero tutto estremamente “poetico”. Fece posizionare, nascoste nella valle dalla nebbia, due divisioni francesi. Queste sferrarono due potenti attacchi; bloccando il nemico austro-russo nello scontro a valle, mentre la restante parte dell’esercito si posizionava sull’altopiano.

Si racconta che Napoleone diede ordine ai suoi soldati di far suonare le fanfare con maggiore ardore. La nebbia e la musica resero l’attacco delle truppe francesi surreale e teatrale. Infatti, gli austriaci ebbero la sensazione che ad attaccarli fossero dei fantasmi e non dei soldati.

Dopo cruenti scontri, le truppe austro-russe arretrarono e raggiunsero il lago di Satshan. Il clima estremamente rigido aveva reso le acque del lago gelate; per tale motivo, l’artiglieria sparò sulle lastre di ghiaccio, che si ruppero, e i soldati nemici annegarono nel lago.

È evidente che alla base delle scelte strategiche di Napoleone vi sia uno studio accurato del campo di battaglia e delle condizioni metereologiche.

È chiaro che dinanzi ad una grande vittoria, vi siano grandi errori. Alcuni storici sostengono che le incomprensioni tra i due eserciti furono molteplici per problemi di lingua. Inoltre, gli austriaci e i russi, tranne Kutuzov, sottovalutarono Napoleone e lo considerarono eccessivamente sconsiderato. È chiaro che il numero dei soldati nemici risultava essere ingente rispetto a quello delle truppe napoleoniche. Ricordiamo che tale battaglia rientra nelle battaglie combattute dalla terza coalizione: Austria, Russia e Inghilterra contro la Francia napoleonica.
 

Il sole di Austerlitz e Napoleone nella letteratura

Se la nebbia fu necessaria per la strategia napoleonica, poiché favorì l’attacco delle truppe fantasma e permise all’armata francese di occupare l’altopiano di Pratzen, altrettanto importante fu il sole. Infatti, Tolstoj in Guerra e Pace descrive l’episodio così:

«Quando il sole fu completamente uscito dalla nebbia, e con accecante splendore sprizzò fra campi e nebbia (come se questo, e non altro, fosse stato aspettato da lui per dare inizio alla battaglia), si sfilò il guanto dalla bella mano, bianco, con esso fece segno ai marescialli, e diede ordine di iniziare la battaglia».

L’espressione “il sole di Austerlitz” è il simbolo di una svolta inattesa e clamorosa. L’aver iniziato la battaglia nella nebbia e averla conclusa con il sole fu simbolicamente interpretato come una coincidenza benevola per Napoleone, poiché fu il simbolo della vittoria della sua armata.