x

x

Obbligazioni Argentina e Cirio: la posizione della banca negoziatrice

Nota a Tribunale di Novara, Sentenza 9 gennaio 2006, n.14
L’investitore fa causa alla banca negoziatrice dei titoli, chiedendo dichiararsi la nullità degli ordini di acquisto dei titoli medesimi o che comunque dichiararsi la illiceità della condotta dell’istituto di credito. In ogni caso, domanda la condanna della banca al pagamento, in suo favore, della somma a suo tempo investita.

Anche il Tribunale di Novara si trova così a dover disaminare la complessa questione e con acutezza di analisi e seria profondità di studio ne affronta i molteplici aspetti.

Prima, la domanda di declaratoria di nullità degli ordini di acquisto. I giudici novaresi dichiarano però di non condividere l’orientamento giurisprudenziale che inquadra le violazioni degli obblighi comportamentali, gravanti sull’intermediario nella negoziazione dei titoli e di cui al Decreto Legislativo 58/98 e al Regolamento Consob 11552/98, nell’ambito delle nullità virtuali, per violazione di norme imperative ed ex articolo 1418 Codice Civile.

E, al riguardo, richiamano l’orientamento interpretativo della Suprema Corte la quale, con riferimento appunto alle nullità "virtuali" per i contratti stipulati in "contrarietà a norma imperativa", ha sostenuto che la nullità del negozio possa sussistere soltanto in caso di violazione incidente sul contenuto obiettivo dello stesso negozio, e non anche quando ad essere violate siano norme relative alla condotta prenegoziale o esecutiva del contratto posta in essere dalle parti.

“La nullità del contratto per contrarietà a norme imperative, ai sensi dell’articolo 1418, primo comma, Codice Civile - argomenta il Tribunale di Novara - postula che siffatta violazione attenga ad elementi intrinseci della fattispecie negoziale, cioè relativi alla struttura o al contenuto del contratto, e quindi l’illegittimità della condotta tenuta nel corso delle trattative per la formazione del contratto, ovvero nella sua esecuzione, non determina la nullità del contratto, indipendentemente dalla natura delle norme con le quali sia in contrasto, a meno che questa sanzione non sia espressamente prevista anche in riferimento a detta ipotesi, come accade nel caso disciplinato dal combinato disposto degli articoli 1469-ter quanto comma, e 1469-quinquies, primo comma, Codice Civile, in tema di clausole vessatorie contenute nei cd. contratti del consumatore, oggetto di trattativa individuale”.

Osserva che “la voluta distinzione tra adempimenti prescritti a pena di nullità ed altri obblighi di comportamento pure posti a carico dell’intermediario impedisce una generalizzata qualificazione di tutta la disciplina dell’intermediazione mobiliare come di ordine pubblico e, ultimamente, presidiata dalla c.d. nullità virtuale di cui all’articolo 1418 Codice Civile” e reputa non esser lecito il ricorso indiscriminato alla sanzione della nullità nei casi di violazione delle norme comportamentali generali.

Pertanto, aggiunge, non può “"fulminarsi" di nullità il consenso prestato al singolo investimento ove risulti inosservato l’obbligo informativo”.

Tale opzione interpretativa potrebbe forse porsi in contrasto con le esigenze di tutela dell’investitore cui è finalizzato il Decreto Legislativo 58/98 e la relativa normativa regolamentare?

Il giudicante se lo chiede, ma conclude per il no, affermando invero che “è comunque possibile il pieno ristoro del pregiudizio patito dall’investitore con l’esperimento dell’azione risarcitoria e/o di risoluzione per inadempimento”.

La seconda doglianza, svolta dell’investitore, riguardava invece la condotta tenuta dalla banca nella negoziazione dei titoli in oggetto. Parte attrice infatti ne lamentava l’illiceità, asserendo vi fosse stata violazione degli articoli 21 Decreto Legislativo 58/98 e degli articoli 28 e 29 del Regolamento Consb. Ne domandava quindi l’accertamento giudiziale.

Il Tribunale di Novara conclude rigettando la domanda, non ravvisando infatti la violazione affermato dall’investitore.

Ma la sentenza è interessante per la modalità di disamina della condotta dell’istituto di credito, e, precisamente, per i parametri individuati quali termini su cui valutare la condotta della convenuta. Il giudicante affronta altresì la questione dell’onere della prova.

Richiamate la finalità e la ‘ratio’ delle disposizioni normative rilevanti, il Tribunale di Novara afferma che “costituisce un onere dell’investitore la dimostrazione che il danno patito è conseguenza immediata e diretta della condotta colposa dell’intermediario (es. per le omesse informazioni sulle caratteristiche del titolo) e non dell’andamento sfavorevole del mercato, non essendo invocabile al di fuori del preciso disposto normativo l’inversione dell’onere probatorio prevista dall’articolo 23 TUF”.

L’investitore fa causa alla banca negoziatrice dei titoli, chiedendo dichiararsi la nullità degli ordini di acquisto dei titoli medesimi o che comunque dichiararsi la illiceità della condotta dell’istituto di credito. In ogni caso, domanda la condanna della banca al pagamento, in suo favore, della somma a suo tempo investita.

Anche il Tribunale di Novara si trova così a dover disaminare la complessa questione e con acutezza di analisi e seria profondità di studio ne affronta i molteplici aspetti.

Prima, la domanda di declaratoria di nullità degli ordini di acquisto. I giudici novaresi dichiarano però di non condividere l’orientamento giurisprudenziale che inquadra le violazioni degli obblighi comportamentali, gravanti sull’intermediario nella negoziazione dei titoli e di cui al Decreto Legislativo 58/98 e al Regolamento Consob 11552/98, nell’ambito delle nullità virtuali, per violazione di norme imperative ed ex articolo 1418 Codice Civile.

E, al riguardo, richiamano l’orientamento interpretativo della Suprema Corte la quale, con riferimento appunto alle nullità "virtuali" per i contratti stipulati in "contrarietà a norma imperativa", ha sostenuto che la nullità del negozio possa sussistere soltanto in caso di violazione incidente sul contenuto obiettivo dello stesso negozio, e non anche quando ad essere violate siano norme relative alla condotta prenegoziale o esecutiva del contratto posta in essere dalle parti.

“La nullità del contratto per contrarietà a norme imperative, ai sensi dell’articolo 1418, primo comma, Codice Civile - argomenta il Tribunale di Novara - postula che siffatta violazione attenga ad elementi intrinseci della fattispecie negoziale, cioè relativi alla struttura o al contenuto del contratto, e quindi l’illegittimità della condotta tenuta nel corso delle trattative per la formazione del contratto, ovvero nella sua esecuzione, non determina la nullità del contratto, indipendentemente dalla natura delle norme con le quali sia in contrasto, a meno che questa sanzione non sia espressamente prevista anche in riferimento a detta ipotesi, come accade nel caso disciplinato dal combinato disposto degli articoli 1469-ter quanto comma, e 1469-quinquies, primo comma, Codice Civile, in tema di clausole vessatorie contenute nei cd. contratti del consumatore, oggetto di trattativa individuale”.

Osserva che “la voluta distinzione tra adempimenti prescritti a pena di nullità ed altri obblighi di comportamento pure posti a carico dell’intermediario impedisce una generalizzata qualificazione di tutta la disciplina dell’intermediazione mobiliare come di ordine pubblico e, ultimamente, presidiata dalla c.d. nullità virtuale di cui all’articolo 1418 Codice Civile” e reputa non esser lecito il ricorso indiscriminato alla sanzione della nullità nei casi di violazione delle norme comportamentali generali.

Pertanto, aggiunge, non può “"fulminarsi" di nullità il consenso prestato al singolo investimento ove risulti inosservato l’obbligo informativo”.

Tale opzione interpretativa potrebbe forse porsi in contrasto con le esigenze di tutela dell’investitore cui è finalizzato il Decreto Legislativo 58/98 e la relativa normativa regolamentare?

Il giudicante se lo chiede, ma conclude per il no, affermando invero che “è comunque possibile il pieno ristoro del pregiudizio patito dall’investitore con l’esperimento dell’azione risarcitoria e/o di risoluzione per inadempimento”.

La seconda doglianza, svolta dell’investitore, riguardava invece la condotta tenuta dalla banca nella negoziazione dei titoli in oggetto. Parte attrice infatti ne lamentava l’illiceità, asserendo vi fosse stata violazione degli articoli 21 Decreto Legislativo 58/98 e degli articoli 28 e 29 del Regolamento Consb. Ne domandava quindi l’accertamento giudiziale.

Il Tribunale di Novara conclude rigettando la domanda, non ravvisando infatti la violazione affermato dall’investitore.

Ma la sentenza è interessante per la modalità di disamina della condotta dell’istituto di credito, e, precisamente, per i parametri individuati quali termini su cui valutare la condotta della convenuta. Il giudicante affronta altresì la questione dell’onere della prova.

Richiamate la finalità e la ‘ratio’ delle disposizioni normative rilevanti, il Tribunale di Novara afferma che “costituisce un onere dell’investitore la dimostrazione che il danno patito è conseguenza immediata e diretta della condotta colposa dell’intermediario (es. per le omesse informazioni sulle caratteristiche del titolo) e non dell’andamento sfavorevole del mercato, non essendo invocabile al di fuori del preciso disposto normativo l’inversione dell’onere probatorio prevista dall’articolo 23 TUF”.