Obbligo di mantenimento del figlio a carico del genitore disoccupato o contumace
Se il genitore è disoccupato o resta contumace in giudizio deve comunque essere disposto, a suo carico, l’obbligo di mantenimento in favore del figlio, che va quantificato in base alla capacità lavorativa generica.
Il caso di contumacia del genitore è stato di recente affrontato dal Tribunale di Novara nella sentenza 11/2/2010, che ha colto l’occasione per porre interessanti principi, richiamandosi appunto all’ipotesi del genitore disoccupato e stabilendo il modo con cui può essere quantificato il contributo di mantenimento per il figlio.
“La contumacia del resistente – scrive il Tribunale nella sentenza in oggetto - non può ritenersi condizione ostativa alla posizione, a carico del resistente medesimo, dell’obbligo di contribuzione al mantenimento della prole. Se, infatti, è vero che la scelta di restare contumace implica de facto, una maggiore difficoltà per il Tribunale di procedere alla ricognizione della situazione patrimoniale facente capo al resistente contumace, ciò nondimeno tale evenienza non potrebbe certo tradursi in una deflessione del primario interesse della prole a ricevere, comunque, i necessari mezzi di sussistenza”.
Il Tribunale ritiene così di uniformarsi ai seguenti corollari.
Primo, “qualora, a seguito della contumacia della parte obbligata alla contribuzione nella specie il genitore nei confronti della prole -, il Tribunale si trovi nella necessità di determinare il quantum dell’obbligo contributivo in contumacia della parte obbligata, occorre riferirsi in primis alle informazioni, fornite dall’altra parte costituita, in merito alle condizioni patrimoniali del contumace, procedendo a un vaglio della loro attendibilità alla luce degli elementi istruttori disponibili, e compatibilmente, almeno nella fase presidenziale, con la necessaria urgenza dell’emanazione dei provvedimenti provvisori”.
E, secondo, “qualora la parte costituita non sia in grado di fornire alcuna informazione, nemmeno sub specie di allegazione mera - e suscettiva di essere verificata dal Tribunale - l’obbligo contributivo dovrà comunque essere sancito e, nella specie, determinato sulla scorta della capacità lavorativa generica rinvenibile in capo al genitore contumace, e quale risultante dai dati anagrafici a disposizione nonché alla luce delle eventuali informazioni integrative rese dalla parte costituita, la cui attendibilità andrà vagliata dal Tribunale, sempre tenendo presente, almeno nella fase presidenziale, la necessaria urgenza dell’emanazione dei provvedimenti provvisori”.
Tale conclusione, proseguono i magistrati, “appare vieppiù confermata dalla circostanza che ad analoghe conclusioni - id est in punto di mantenimento "minimo", non derogabile e determinato alla stregua della generica capacità lavorativa del genitore - il costante insegnamento di legittimità è giunto in relazione alla problematica della determinazione dell’obbligo contributivo a carico del genitore disoccupato”.
Affrontando questa problematica, ricordano i giudici novaresi, invero, “si è affermato che a seguito della separazione personale tra coniugi, la prole ha diritto ad un mantenimento tale da garantire un tenore di vita corrispondente alle risorse economiche della famiglia ed analogo, per quatto possibile, a quello goduto in precedenza, continuando a trovare applicazione l’art. 147 c.c. che, imponendo il dovere di mantenere, istruire ed educare i figli, obbliga i genitori a far fronte ad una molteplicità di esigenze, non riconducibili al solo obbligo alimentare, ma estese all’aspetto abitativo, scolastico, sportivo, sanitario, sociale, all’assistenza morale e materiale, alla opportuna predisposizione - fin quando l’età dei figli lo richieda - di una stabile organizzazione domestica, idonea a rispondere a tutte le necessità di cura e di educazione, mentre il parametro di riferimento, ai fini della determinazione del concorso negli oneri finanziari, è costituito, secondo il disposto dell’art. 148 c.c., non soltanto dalle sostanze, ma anche dalla capacità di lavoro, professionale o casalingo, di ciascun coniuge, ciò che implica una valorizzazione anche delle accertate potenzialità reddituali (cf. Cassazione civile, sez. I, 19 marzo 2002, n. 3974), e che, pertanto, lo stato di disoccupazione del genitore non affidatario non può comunque giustificare il venir meno dell’obbligo di mantenimento, il quale, in assenza di altri parametri, va quantificato sulla scorta della capacita lavorativa generica”.
Nel caso di specie, il contributo minimo è stato posto nella misura di euro 100 per ciascun figlio oltre al 50% delle spese straordinarie.
La sentenza è anche interessante per quanto disposto in punto all’affidamento del figlio minore.
Infatti, è stato stabilito l’affidamento del figlio in via esclusiva ad un genitore solo in considerazione del disinteresse manifestato dall’altro genitore.
“Pur in considerazione dell’intervenuta entrata in vigore della riforma varata dal legislatore con la L. n. 54/2006 – si legge in sentenza - che, impone di valutare prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidali ad entrambi i genitori (art 155 comma 2 c.c.) ed ha previsto l’affidamento condiviso come la regola, nel caso di specie, in considerazione della mancata manifestazione di alcun interesse all’affidamento dei figli da parte dell’odierno convenuto, devono ritenersi sussistere i presupposti per l’affidamento esclusivo del figlio minore della coppia in favore della ricorrente”.
Infine, è stato disposto, tenuto conto dell’età del ragazzo, ormai quattordicenne, che il diritto di visita debba essere esercitato “nel rispetto degli impegni scolastici e delle esigenze del ragazzo”.
Se il genitore è disoccupato o resta contumace in giudizio deve comunque essere disposto, a suo carico, l’obbligo di mantenimento in favore del figlio, che va quantificato in base alla capacità lavorativa generica.
Il caso di contumacia del genitore è stato di recente affrontato dal Tribunale di Novara nella sentenza 11/2/2010, che ha colto l’occasione per porre interessanti principi, richiamandosi appunto all’ipotesi del genitore disoccupato e stabilendo il modo con cui può essere quantificato il contributo di mantenimento per il figlio.
“La contumacia del resistente – scrive il Tribunale nella sentenza in oggetto - non può ritenersi condizione ostativa alla posizione, a carico del resistente medesimo, dell’obbligo di contribuzione al mantenimento della prole. Se, infatti, è vero che la scelta di restare contumace implica de facto, una maggiore difficoltà per il Tribunale di procedere alla ricognizione della situazione patrimoniale facente capo al resistente contumace, ciò nondimeno tale evenienza non potrebbe certo tradursi in una deflessione del primario interesse della prole a ricevere, comunque, i necessari mezzi di sussistenza”.
Il Tribunale ritiene così di uniformarsi ai seguenti corollari.
Primo, “qualora, a seguito della contumacia della parte obbligata alla contribuzione nella specie il genitore nei confronti della prole -, il Tribunale si trovi nella necessità di determinare il quantum dell’obbligo contributivo in contumacia della parte obbligata, occorre riferirsi in primis alle informazioni, fornite dall’altra parte costituita, in merito alle condizioni patrimoniali del contumace, procedendo a un vaglio della loro attendibilità alla luce degli elementi istruttori disponibili, e compatibilmente, almeno nella fase presidenziale, con la necessaria urgenza dell’emanazione dei provvedimenti provvisori”.
E, secondo, “qualora la parte costituita non sia in grado di fornire alcuna informazione, nemmeno sub specie di allegazione mera - e suscettiva di essere verificata dal Tribunale - l’obbligo contributivo dovrà comunque essere sancito e, nella specie, determinato sulla scorta della capacità lavorativa generica rinvenibile in capo al genitore contumace, e quale risultante dai dati anagrafici a disposizione nonché alla luce delle eventuali informazioni integrative rese dalla parte costituita, la cui attendibilità andrà vagliata dal Tribunale, sempre tenendo presente, almeno nella fase presidenziale, la necessaria urgenza dell’emanazione dei provvedimenti provvisori”.
Tale conclusione, proseguono i magistrati, “appare vieppiù confermata dalla circostanza che ad analoghe conclusioni - id est in punto di mantenimento "minimo", non derogabile e determinato alla stregua della generica capacità lavorativa del genitore - il costante insegnamento di legittimità è giunto in relazione alla problematica della determinazione dell’obbligo contributivo a carico del genitore disoccupato”.
Affrontando questa problematica, ricordano i giudici novaresi, invero, “si è affermato che a seguito della separazione personale tra coniugi, la prole ha diritto ad un mantenimento tale da garantire un tenore di vita corrispondente alle risorse economiche della famiglia ed analogo, per quatto possibile, a quello goduto in precedenza, continuando a trovare applicazione l’art. 147 c.c. che, imponendo il dovere di mantenere, istruire ed educare i figli, obbliga i genitori a far fronte ad una molteplicità di esigenze, non riconducibili al solo obbligo alimentare, ma estese all’aspetto abitativo, scolastico, sportivo, sanitario, sociale, all’assistenza morale e materiale, alla opportuna predisposizione - fin quando l’età dei figli lo richieda - di una stabile organizzazione domestica, idonea a rispondere a tutte le necessità di cura e di educazione, mentre il parametro di riferimento, ai fini della determinazione del concorso negli oneri finanziari, è costituito, secondo il disposto dell’art. 148 c.c., non soltanto dalle sostanze, ma anche dalla capacità di lavoro, professionale o casalingo, di ciascun coniuge, ciò che implica una valorizzazione anche delle accertate potenzialità reddituali (cf. Cassazione civile, sez. I, 19 marzo 2002, n. 3974), e che, pertanto, lo stato di disoccupazione del genitore non affidatario non può comunque giustificare il venir meno dell’obbligo di mantenimento, il quale, in assenza di altri parametri, va quantificato sulla scorta della capacita lavorativa generica”.
Nel caso di specie, il contributo minimo è stato posto nella misura di euro 100 per ciascun figlio oltre al 50% delle spese straordinarie.
La sentenza è anche interessante per quanto disposto in punto all’affidamento del figlio minore.
Infatti, è stato stabilito l’affidamento del figlio in via esclusiva ad un genitore solo in considerazione del disinteresse manifestato dall’altro genitore.
“Pur in considerazione dell’intervenuta entrata in vigore della riforma varata dal legislatore con la L. n. 54/2006 – si legge in sentenza - che, impone di valutare prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidali ad entrambi i genitori (art 155 comma 2 c.c.) ed ha previsto l’affidamento condiviso come la regola, nel caso di specie, in considerazione della mancata manifestazione di alcun interesse all’affidamento dei figli da parte dell’odierno convenuto, devono ritenersi sussistere i presupposti per l’affidamento esclusivo del figlio minore della coppia in favore della ricorrente”.
Infine, è stato disposto, tenuto conto dell’età del ragazzo, ormai quattordicenne, che il diritto di visita debba essere esercitato “nel rispetto degli impegni scolastici e delle esigenze del ragazzo”.