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Online dispute resolution (O.D.R.), e-commerce e internet

La terminologia è importante, a volte essenziale, per dare significatività ad un fenomeno, per inquadrare una fattispecie, una realtà, senza però, a volte, carpirne il vero senso che l’ apparente facciata mira a nascondere.

Basti pensare a come il termine privacy ha impegnato dottrina prima, e Giurisprudenza poi, nel tentativo di delinearne i confini, precisarne i contenuti e tracciare un percorso che non fosse semplicemente riferibile al tradotto ‘riservatezza’.

E’ quello che è successo con l’acronimo inglese A.D.R., termine di dichiarata origine anglosassone, contrario alla logica delle aule dei Tribunali come ‘arene’ in cui gli avvocati agiscano da ‘gladiatori’ e i clienti si lascino trasportare da una sorta di ‘antagonismo congenito’.

Si tratta, traducendo pedissequamente, della meglio nota (almeno in teoria) alternative dispute resolution, quindi di quei sistemi alternativi - rispetto a quelli ordinari – di composizione delle dispute nei rapporti interpersonali, commerciali, lavorativi, familiari, penalmente rilevanti e via discorrendo.

Sistemi antitetici, quindi, ad un approccio che vede nella litigiosità, nello scontro, nella individualizzazione degli interessi in gioco il momento centrale e nel provvedimento finale il tassello fondante del potere dei giudici, primi interpreti di una giustizia ‘giurisdizionalizzata’.

L’ avvento di internet, la grande rete, lo spazio comunicativo, ha caratterizzato la c.d. società dell’ informazione, una società in cui l’ utilizzo di strumenti tecnologici rappresenta non soltanto un necessario passaggio da completare (richiedendo in taluni casi un’ opera di alfabetizzazione informatica, in talaltri un saper conoscere la ‘macchina’ e utilizzarla nel modo più giusto ed appropriato), ma anche un naturale svolgimento di quel progresso, in termini modernizzazione, che in ogni campo del nostro quotidiano vivere viene manifestandosi.

L’ uso di Internet deve altresì far riflettere sul boom (principalmente di tipo divulgativo, teorico, ma non ancora completamente fattuale) del commercio elettronico (fondato su attività commerciali in senso ampio e transazioni di vario genere che avvengano in via elettronica, attraverso cioè infrastrutture informatiche o una rete di telecomunicazione comprese le operazioni bancarie, di borsa ecc…), dovendocisi interrogare sulle implicazioni anche di tipo giuridico che esso comporta, nonché sugli aspetti di carattere patologico, sui problemi cioè che portano a possibili conflittualità, molto spesso anche tra persone poste fisicamente a distanze piuttosto notevoli. Il problema è soprattutto di individuare chi sia il soggetto predisposto ad intervenire in siffatte eventualità, e le modalità del suo intervento.

Lo sviluppo dell’ e-commerce ingloba non soltanto l’ aspetto della fiducia che i principali protagonisti del commercio online, ossia gli imprenditori e i consumatori, devono poter avere in queste nuove forme di relazioni, ma anche quei sistemi che consentano di dirimere quelle eventuali confliggenze che potrebbero minare la sua concreta affermazione, nonché una adeguata garanzia di protezione in caso di insorgenza di controversie in tali sistemi di contrattazione.

Sono state individuate alcune tipologie di e-commerce, che si differenziano a seconda dei soggetti che sono coinvolti nelle varie operazioni:

1) business to business (B2B) comprende due o più imprese che utilizzano la rete elettronica per le disparate attività di tipo economico-commerciale (le imprese in altri termini prendono coscienza delle caratterizzazioni proprie della grande rete, dell’ internet che rappresenta una imperdibile occasione per accrescere la loro competitività).

 L’ aspetto peculiare di tale tipologia di commercio elettronico è dato proprio dalle relazioni economiche che consentono alle singole imprese di integrare la propria attività commerciale e di inserirla in un contesto di reciproco e vantaggioso successo. Al riguardo si può richiamare quando detto da Jeremy Rifkin, Presidente della Foundation on Economic Trends di Washington e autore di un interessante saggio (intitolato The Age of Access), secondo il quale il tutto si realizzerebbe “grazie a quella che alcuni hanno battezzato win win strategy”. Le imprese sarebbero a ‘disposizione’ del cliente 24 ore su 24, soprattutto sulle questioni di tipo informativo, sulle situazioni che si verificano con maggiore frequenza, eliminando quel fattore temporale che nel mondo materiale è offerto dagli orari di esercizio del servizio commerciale.

Vi sarebbe un collegamento di tipo globale, nel senso dei contatti che le imprese possono avere, sia a livello di scambio di informazioni con le altre imprese che sono poste a distanze anche inimmaginabili, sia avendo accesso a mercati prima sconosciuti, rappresentando quest’ ultima una nuova possibilità di visibilità e guadagno. Pertanto, l’ utilizzo della rete di internet consente di far incrementare lo sviluppo di tutta una serie di aspetti che richiamano altresì il ‘dialogo’ a distanza tra le diverse imprese, elemento importante per un miglioramento delle differenti logiche che governano il marketing;

2) business to consumer (B2C) riguarda quelle ipotesi in cui la commercializzazione dei prodotti di un‘ impresa avviene mediante l’ utilizzo della rete ed è rivolta direttamente ai consumatori. In tale ambito la posizione che maggiormente deve essere tutelata, perché particolarmente ‘delicata’, è proprio quella dei consumatori, che si trovano innanzi ad un ‘negozio virtuale’ immenso, di cui non conoscono i confini materiali, in cui non possono fisicamente muoversi e ‘vagliare’ le differenti offerte di persona, essendo spinti ad acquistare per una serie di variegate ragioni, non sempre frutto di una scelta consapevole. Quindi, innanzitutto la consapevolezza del contesto virtuale in cui ci si muove è fondamentale per capire che la rete può servire anche a questo, che può consentire una realizzazione del binomio qualità/prezzo dei prodotti commercializzati online, che è di gran lunga, in diverse situazioni, più allettante rispetto al contesto offline della vendita di prodotti. La consapevolezza arriva soltanto se si è edotti sui rischi, sui pericoli, sui vantaggi e su quant’ altro consenta al consumatore di effettuare acquisti ‘conscienziosi’ e adeguatamente informati. Viene a rilevare altresì il profilo della riservatezza, quello dei trattamento dei dati richiesti per l’ accesso alle diverse tipologie di transazioni commerciali online, tutti aspetti questi che meritano una considerazione ancor più pregnante e attenta;

3) consumer to consumer (C2C) gestisce quelle operazioni commerciali che vedono come protagonisti due consumatori, come succede, ad esempio, nelle ipotesi di aste tra privati.

Venendo all’ aspetto patologico, caratterizzato dalle dispute in tale ambito, è opportuno porre l’ attenzione su sistemi che siano in grado di comporre i conflitti in ambiente online, superando gli ostacoli di tipo fisico, ossia delle distanze tra le parti, e di tipo giuridico, della difficoltà cioè di individuare la legge applicabile soprattutto nel caso di conflitto tra un soggetto che si trovasse in ambito europeo e un altro che fosse in un ambito extracomunitario.

Ed ecco che il binomio delle nuove tecnologie con quei sistemi di composizione dei conflitti, quali i sistemi di A.D.R., comporta la nascita delle procedure di O.D.R. (online dispute resolution), in cui lo spazio materiale che governa i contatti ‘fisici’ tra il conciliatore e le parti, lascia il terreno allo spazio virtuale, al cyberspazio, in cui sono proprio le O.D.R. a poter svolgere un ruolo di indubbia rilevanza, contraddistinguendosi per la facilità dell’ accesso alle stesse, per i costi e la durata contenuta rispetto ai tradizionali sistemi di risoluzione dei conflitti, necessari soprattutto per incentivare il loro utilizzo da parte di un quisque de populo.

In ambito internazionale, si possono ricordare, ad esempio, le Linee Guida per la Tutela dei Consumatori nel Contesto del Commercio Elettronico, approvate il 9 dicembre del 1999 dal Consiglio dell’ OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico), le quali dovevano servire a sviluppare una maggiore tutela dei consumatori, uno sviluppo del commercio elettronico anche attraverso l’ eliminazione di incertezze nei loro rapporti con le imprese, quando vi siano acquisti e vendite per via telematica. In particolare, per quanto concerne il punto VI, lett. B) (canali alternativi di risoluzione delle controversie e di ricorso), è stato previsto che “I consumatori dovrebbero usufruire di un effettivo accesso a canali alternativi di risoluzione delle controversie e di ricorso, senza indebiti oneri e costi”. Inoltre si è stabilito che “Per l’attuazione di quanto precede, le imprese, i rappresentanti dei consumatori e i Governi dovrebbero utilizzare le tecnologie dell’informazione con un approccio innovatore e trarne vantaggio per accrescere la sensibilizzazione e la libertà di scelta dei consumatori”, e il riferimento alle tecnologie dell’ informazione è indicativo per lo sviluppo di tale sistema di risoluzione oltre che dello stesso e-commerce.

A livello comunitario, va ricordata la recente Direttiva 2000/31/CE dell’ 8 giugno 2000, la c.d. direttiva comunitaria sul commercio elettronico, la quale ha dedicato un intero articolo alla composizione di tipo stragiudiziale delle controversie in materia, ossia l’ art. 17. Il 1° comma della citata disposizione ha previsto che in caso di “dissenso tra prestatore e destinatario del servizio della società dell’ informazione”, gli Stati membri non ostacolino (con norme nazionali) “l’uso, anche per vie elettroniche adeguate, degli strumenti di composizione extragiudiziale delle controversie previsti dal diritto nazionale”.

Altri tasselli indicati nella disposizione in esame erano ad esempio la presenza di “adeguate garanzie procedurali per le parti ” con cui gli organi di composizione stragiudiziale delle controversie dovrebbero operare, nonché le comunicazioni che gli stessi dovrebbero fare alla Commissione (europea) sulle decisioni riguardanti i servizi della società dell’ informazione e altro relativo all’ e-commerce.

Nel 2003 il nostro legislatore ha recepito la suddetta Direttiva 2000/31/CE, mediante apposito D.l.vo n. 70/2003, il cui art. 19, al 1° comma, ha previsto, nell’ eventualità di controversie tra prestatore e destinatario del servizio della società dell’ informazione, che entrambi possano “adire anche organi di composizione extragiudiziale che operano anche per via telematica”.

Lo studio degli interventi che in ambito comunitario si sono susseguiti, porta a richiamare una Raccomandazione della Commissione europea del 4 aprile 2001 (Racc. 2001/310/CE del 4 aprile 2001), che ha cercato di sottolineare alcuni concetti importanti, legando lo sviluppo del commercio elettronico alla necessità di assicurare ai consumatori un livello di tutela elevato, cercando di promuovere la fiducia da parte degli stessi nell’ accesso alla giustizia (che sia effettivo, semplice e non costoso).

In tale direzione si è cercato di prevenire possibili conflittualità e di prevedere sistemi di soluzione alternativa di controversie insorte, considerati soprattutto gli sviluppi delle tecnologie informatiche.

Proseguendo nella prospettazione – che non pretende di essere esaustiva né dettagliata – degli interventi in ambito comunitario, occorre segnalare altri due tasselli. Il primo è offerto da un documento presentato dalla Commissione delle Comunità europee a Bruxelles il 19 aprile 2002, chiamato Libro verde relativo ai modi alternativi di risoluzione delle controversie in materia civile e commerciale, in cui si sono evidenziati alcuni aspetti: miglioramento dell’ accesso alla giustizia mediante i sistemi alternativi di risoluzione delle dispute, crescente attenzione da parte degli Stati membri sulle A.D.R. e priorità a livello di politica degli Stati che deve essere data a tali metodi alternativi, e nello specifico alle O.D.R. (considerando in modo particolare il campo del commercio elettronico).

Altro riferimento meritano EEJ-Net e FIN-net, che sono due reti europee extragiudiziali.

La EEJ-Net, varata ufficialmente il 16 ottobre 2001, è una struttura che mira ad assistere e informare i consumatori, ed è stata ideata con una finalità specificamente coordinata allo sviluppo dei metodi alternativi di risoluzione delle controversie e al loro utilizzo costante nei diversi Stati europei, per favorire un “collegamento in rete” tra i diversi organismi in materia, affinché si formi “una collaborazione attiva nella risoluzione dei casi concreti”. La spinta che ha portato la Comunità europea a sviluppare un progetto di tale portata, è venuta accentuandosi allorquando si è posto in relazione lo sviluppo del commercio infracomunitario, l’ accesso alla giustizia (agevolato, facilitato mediante le A.D.R.) e una necessaria integrazione tra i diversi Stati membri. Nei diversi Stati, infatti, la situazione a livello di conoscenza delle procedure ‘alternative’ di composizione dei conflitti non era omogenea, nel senso che a Paesi in cui siffatte procedure avevano una certa rilevanza, tale da farle ritenere integrate nel sistema interno, facevano eco Paesi in cui il deficit conoscitivo era evidente e abbisognava di quelle attività divulgative, culturali che colmassero il gap creatosi. Fu per venire incontro a siffatte differenziazioni e per affrontare con un giusto approccio le tematiche sottese alla suindicata esigenza di accesso alla giustizia e sviluppo del commercio, che venne creata tale Rete, che ha fatto ben presto riferimento a Centri di compensazione (da prevedersi in ogni paese membro) che dovrebbero rappresentare dei punti di riferimento cui i consumatori possano rivolgersi per avere le informazioni necessarie al fine di accedere alle procedure di composizione dei conflitti di un determinato Paese.

La FIN-Net è, invece, una rete lanciata dalla Commissione il 1° febbraio 2001, prevista per la risoluzione stragiudiziale delle liti transfrontaliere in materia dei servizi finanziari (assicurazioni, banche, investimenti), con particolare riferimento ai sistemi alternativi online. In buona sostanza, si è cercato di dotare il consumatore di un valido ‘aiuto’ cui poter ricorrere allorquando vengano in esame dei prodotti finanziari di cui il consumatore stesso possa fruire, e in relazione ai quali, in caso dell’ insorgere di una controversia, lo stesso potrebbe trovarsi nella non semplice situazione di far valere i propri diritti, soprattutto nell’ ipotesi di una controversia di carattere transfrontaliero. Al fine, quindi, di assistere il consumer in particolare nei confronti di imprese transfrontaliere, si è creato ad opera degli esistenti sistemi nazionali di risoluzione delle controversie, una specifica Rete in cui viga la cooperazione, giustappunto la FIN-Net. In una sorta di mini guida che viene messa a disposizione – online – di qualunque navigatore, interessato o non all’ attivazione di procedure di risoluzione stragiudiziale delle liti transfrontaliere relative a prodotti finanziari, vengono indicati i parametri, gli obiettivi, le finalità in base alle quali funziona la suddetta Rete. Il consumatore deve poter contattare l’ organo nazionale di risoluzione extragiudiziale all’ interno del proprio Paese, nella ipotesi di lite insorta con una società prestatrice di servizi finanziari all’ estero. Una volta ricevute tutte le informazioni utili per individuare il sistema competente a valutare il proprio caso, il medesimo consumer può inoltrare un ricorso al punto di contatto nazionale FIN-Net presente nel proprio Paese che, ove non si occupi direttamente della questione, provvederà a inoltrarla al sistema che ha la competenza nel paese del prestatore dei servizi de quibus; in caso contrario il consumer potrà più efficacemente contattare direttamente il sistema competente, ricevendo, a tal proposito, ogni idonea indicazione da parte dell’ aderente FIN-Net.

Orbene, è stato delineato, nei tratti più significativi, lo sforzo a livello regolamentativo, promozionale, divulgativo che ha interessato il settore delle O.D.R., e sono stati evidenziati i suoi tratti caratterizzanti. Questi ultimi consistono nell’ utilizzo delle tecnologie informatiche in un ambiente online (potendosi però prevedere che alcune fasi si svolgano offline), nella semplicità che deve contraddistinguere ogni singolo accesso alla procedura prevista dagli O.D.R. providers, nella tutela della privacy delle singole parti che decidono di partecipare a questa procedura online di composizione dei conflitti, nella sicurezza da doversi attribuire alle modalità di pagamento in tale ambito, nell’ adeguata opera di diffusione di cultura, di costante formazione ed acquisizione di conoscenze anche di tipo tecnico-informatiche da parte di coloro che gravitano intorno alle procedure de quibus, ed in quant’ altro consenta di far avvicinare le persone a siffatte procedure di composizione online dele dispute, proponendole come sicure e celeri nell’ operare un siffatto risultato.

Tanto premesso e ribadito, occorre richiamare quelli che sono i principali metodi di composizione online delle dispute, cercando di evidenziarne i tratti essenziali e lo svolgimento nel concreto.

L’ esperienza americana , anche su tale versante, è stata significativa ed ha proposto essenzialmente due sistemi che potremmo connotare come ‘principali’ nell’ ambito delle procedure di O.D.R..

In primo luogo viene ponendosi il modello ‘chiuso’, la cosiddetta ‘negoziazione assistita automatica’ (automated negotiation) o anche detta ‘negoziazione al buio’ (blind offer), che è una particolare procedura in cui manca l’ intervento, la partecipazione di un terzo soggetto (mediatore/conciliatore), essendovi semplicemente la presenza di una macchina, o più precisamente di un software che mette le parti interessate e contendenti in comunicazione tra di loro. È interessante notare come l’ opera del terzo volta a consentire l’ incontro, la comunicazione, l’ approccio verso una composizione costruttiva, venga in tale circostanza completamente svolto da una macchina, un software che gestisce la ‘composizione’ sulla base di regole meramente matematiche.

L’ intero sistema si fonda sulle offerte che ognuna delle parti effettua per porre fine alla disputa tra le stesse, e tale negoziazione viene detta ‘cieca’ perché nessuna delle parti conosce, fino alla fine della procedura, l’ entità dell’ offerta che l’ altra parte ha fatto, essendo il software predetto che gestisce il tutto. Proseguendo per i diversi passaggi, è possibile schematizzare così l’ iter online:

1. attivazione della procedura → compilazione di apposita istanza da parte dell’ attore (colui che attiva la procedura online), che viene inviata da parte del computer al convenuto (destinatario e parte in conflitto), e se quest’ ultimo accetta inizia la vera fase online;

2. inizio della procedura e offerte → viene stabilito generalmente un periodo di 60 giorni all’ interno del quale le parti si scambino un numero illimitato di offerte;

3. requisiti delle offerte → ogni offerta che viene fatta, è seguita da una controfferta, cui si replica, così proseguendo fino al possibile raggiungimento di un risultato soddisfacente per entrambe le parti contendenti, ma ogni offerta deve essere migliorativa, ossia deve aumentare o diminuire del 5%. Occorre ricordare che le parti non conoscono l’ entità delle offerte stesse, ma sanno soltanto che l’ altra parte ha effettuato una offerta ‘migliorativa’ pari al 5% rispetto a quella precedente;

4. scambio offerte e soluzione automatica → considerato il termine (di regola) di 60 giorni entro cui scambiarsi le offerte, e il carattere ‘migliorativo’ che esse devono avere, la soluzione viene raggiunta in modo automatico dal software nel momento in cui la differenza tra le diverse offerte (di attore e convenuto) è uguale o minore ad un ammontare predeterminato, che cioè in precedenza le parti avevano accettato, solitamente pari al 30 %. In tal caso il software divide in due tale differenza e trova l’ accordo (Nell’ ipotesi in cui, a seguito di diversi rilanci, c’è stata ad esempio un’ offerta dell’ attore pari a 2.500 € e una del convenuto di 1.900 €, rientrando tale differenza nell’ ambito di quell’ ammontare prestabilito e accettato in precedenza, il programma provvederà a sommare i due importi e dividere la somma, in tal caso, quindi, la risoluzione sarebbe pari a 2.500 + 1.900 = 4.400 : 2 = 2.200 €);

5. mancato raggiungimento di soluzione → si verifica quando a seguito delle molteplici offerte, e alla scadenza del termine previsto per la durata della procedura, le stesse siano troppo distanti (non rientrino cioè in quell’ area predeterminata). In tal caso la negoziazione si interrompe, senza che le parti sappiano l’ ammontare delle reciproche offerte.

L’ altra procedura di composizione delle controversie online è offerta dalla c.d. mediazione online o modello aperto, in cui si cerca di ripercorrere i principi della comunicazione diretta tra le parti, dello scambio tra le stesse, mediante l’ aiuto di un conciliatore online. In tale ambiente online, il conciliatore adopera le stesse tecniche comunicative, psicologiche, abilità, cognizioni, linguaggi che utilizza normalmente nel contesto offline. La ‘pecca’ di tale sistema è dato dalla mancanza di specifici strumenti tecnologici che consentano una adeguata comunicatività tra le parti stesse. Normalmente l’ incontro virtuale tra le parti e il conciliatore online (che viene scelto dall’ O.D.R. provider da una lista di conciliatori addetti a tale tipologia di interventi) avviene in una chat room, cui è possibile aggiungere l’ uso della posta elettronica (e-mail o altri sistemi di messaggistica), di sistemi di videoconferenza, ma anche di incontri offline di tipo ’fisico’ (ove previsti).

La procedura seguita nella mediazione online si basa su alcuni passaggi:

1. compilazione e invio modulo → l’ attore provvede a compilare e inviare successivamente un modulo che il fornitore del servizio online mette sul suo sito, nel quale devono indicarsi alcune tipologie di dati;

2. contatto e verifica di attivazione procedura → è il fornitore a contattare l’ altra parte per verificare la possibilità di attivare una procedura online;

3. nomina conciliatore e incontri riservati online → in caso di accettazione da parte dell’ altra parte, si nomina un conciliatore esperto nel campo, e si crea un ambiente riservato alle parti e allo stesso conciliatore, cui poter accedere soltanto se provvisti di apposite passwords;

4. svolgimento fase mediazione online → la fase online si svolgerà in modo più o meno analogo a quanto avverrebbe in un ambiente offline.

L’ avvertenza che tale sistema della mediazione online vuole dare, è che innanzitutto occorre un basilare livello di cultura informatica, saper utilizzare, cioè, quanto meno il computer, essere in grado di collegarsi ad internet e utilizzare i sistemi di invio telematico di messaggi, chat line e quant’ altro possa metterli in comunicazione. I siti internet che gestiscono tale metodologia nella composizione online delle dispute sono www.eresolution.com – www.onlineresolution.com – www.squaretrade.com.

L’ utilizzo di videoconferenza consentirebbe alle parti e al mediatore online di vedersi, anche se tale aspetto dovrà essere senz’ altro sviluppato, tant’è che non è utilizzato diffusamente neppure nell’ esperienza americana (per altro di gran lunga superiore alla nostra).

Pertanto, fermo restando che gli strumenti che più degli altri potrebbero essere utilizzati da tutti sarebbero le e-mail, occorrerebbe concentrarsi su quelle tecniche in grado di consentire una comunicazione realmente effettiva anche in ambiente online. Da parte di altri si ritiene che proprio l’ assenza del contatto visivo sia un’ arma in più da utilizzare perché si sarebbe tutti più liberi di comunicare (diversamente devono considerarsi le ipotesi, innanzi richiamate, della negoziazione assistita in cui manca del tutto il contatto visivo e comunicativo tra le parti, poichè per le dispute di carattere economico-commerciale si ritiene preferibile una siffatta procedura basata cioè su offerta e controfferta di tipo meramente monetario), di ‘dire la propria’ su ogni questione, con tutti i pro e i contro che tale impostazione può sollevare ad una sua attenta analisi.

La diffusione di un fenomeno presuppone che vi sia alla base una buona radice culturale, da intendersi come predisposizione umana, di intenti, comportamentale e sociale verso un approccio di tipo conciliativo e mediativo.

La cultura non si crea ex se, ma si tramanda di generazione in generazione, come complesso di approcci e principi che possono consentire al ‘seme’ già piantato, di poter produrre futuri e proficui frutti.

La strada da percorrere deve, però, scontrarsi con il forte ostacolo di una forma mentis avvezza ad aver ragione ad ogni costo, a non riconoscere spazio di azione all’ avversario, in un’ ottica di perfetta ‘mors tua, vita mea’, o per dirla all’ inglese di accanita ed irrinunciabile ‘litigiousness’.

Orbene, lo sforzo culturale che andrebbe chiesto, sarebbe quello di approcciare l’ oggetto della contesa non come res litigiosa, punto di partenza per un battagliare giuridico che vedrà un vincitore e un perdente (win-lose), se non più perdenti, ma come punto di partenza per comporre in un’ ottica di win-win, soddisfacendo, cioè, le esigenze di tutte le parti.

La terminologia è importante, a volte essenziale, per dare significatività ad un fenomeno, per inquadrare una fattispecie, una realtà, senza però, a volte, carpirne il vero senso che l’ apparente facciata mira a nascondere.

Basti pensare a come il termine privacy ha impegnato dottrina prima, e Giurisprudenza poi, nel tentativo di delinearne i confini, precisarne i contenuti e tracciare un percorso che non fosse semplicemente riferibile al tradotto ‘riservatezza’.

E’ quello che è successo con l’acronimo inglese A.D.R., termine di dichiarata origine anglosassone, contrario alla logica delle aule dei Tribunali come ‘arene’ in cui gli avvocati agiscano da ‘gladiatori’ e i clienti si lascino trasportare da una sorta di ‘antagonismo congenito’.

Si tratta, traducendo pedissequamente, della meglio nota (almeno in teoria) alternative dispute resolution, quindi di quei sistemi alternativi - rispetto a quelli ordinari – di composizione delle dispute nei rapporti interpersonali, commerciali, lavorativi, familiari, penalmente rilevanti e via discorrendo.

Sistemi antitetici, quindi, ad un approccio che vede nella litigiosità, nello scontro, nella individualizzazione degli interessi in gioco il momento centrale e nel provvedimento finale il tassello fondante del potere dei giudici, primi interpreti di una giustizia ‘giurisdizionalizzata’.

L’ avvento di internet, la grande rete, lo spazio comunicativo, ha caratterizzato la c.d. società dell’ informazione, una società in cui l’ utilizzo di strumenti tecnologici rappresenta non soltanto un necessario passaggio da completare (richiedendo in taluni casi un’ opera di alfabetizzazione informatica, in talaltri un saper conoscere la ‘macchina’ e utilizzarla nel modo più giusto ed appropriato), ma anche un naturale svolgimento di quel progresso, in termini modernizzazione, che in ogni campo del nostro quotidiano vivere viene manifestandosi.

L’ uso di Internet deve altresì far riflettere sul boom (principalmente di tipo divulgativo, teorico, ma non ancora completamente fattuale) del commercio elettronico (fondato su attività commerciali in senso ampio e transazioni di vario genere che avvengano in via elettronica, attraverso cioè infrastrutture informatiche o una rete di telecomunicazione comprese le operazioni bancarie, di borsa ecc…), dovendocisi interrogare sulle implicazioni anche di tipo giuridico che esso comporta, nonché sugli aspetti di carattere patologico, sui problemi cioè che portano a possibili conflittualità, molto spesso anche tra persone poste fisicamente a distanze piuttosto notevoli. Il problema è soprattutto di individuare chi sia il soggetto predisposto ad intervenire in siffatte eventualità, e le modalità del suo intervento.

Lo sviluppo dell’ e-commerce ingloba non soltanto l’ aspetto della fiducia che i principali protagonisti del commercio online, ossia gli imprenditori e i consumatori, devono poter avere in queste nuove forme di relazioni, ma anche quei sistemi che consentano di dirimere quelle eventuali confliggenze che potrebbero minare la sua concreta affermazione, nonché una adeguata garanzia di protezione in caso di insorgenza di controversie in tali sistemi di contrattazione.

Sono state individuate alcune tipologie di e-commerce, che si differenziano a seconda dei soggetti che sono coinvolti nelle varie operazioni:

1) business to business (B2B) comprende due o più imprese che utilizzano la rete elettronica per le disparate attività di tipo economico-commerciale (le imprese in altri termini prendono coscienza delle caratterizzazioni proprie della grande rete, dell’ internet che rappresenta una imperdibile occasione per accrescere la loro competitività).

 L’ aspetto peculiare di tale tipologia di commercio elettronico è dato proprio dalle relazioni economiche che consentono alle singole imprese di integrare la propria attività commerciale e di inserirla in un contesto di reciproco e vantaggioso successo. Al riguardo si può richiamare quando detto da Jeremy Rifkin, Presidente della Foundation on Economic Trends di Washington e autore di un interessante saggio (intitolato The Age of Access), secondo il quale il tutto si realizzerebbe “grazie a quella che alcuni hanno battezzato win win strategy”. Le imprese sarebbero a ‘disposizione’ del cliente 24 ore su 24, soprattutto sulle questioni di tipo informativo, sulle situazioni che si verificano con maggiore frequenza, eliminando quel fattore temporale che nel mondo materiale è offerto dagli orari di esercizio del servizio commerciale.

Vi sarebbe un collegamento di tipo globale, nel senso dei contatti che le imprese possono avere, sia a livello di scambio di informazioni con le altre imprese che sono poste a distanze anche inimmaginabili, sia avendo accesso a mercati prima sconosciuti, rappresentando quest’ ultima una nuova possibilità di visibilità e guadagno. Pertanto, l’ utilizzo della rete di internet consente di far incrementare lo sviluppo di tutta una serie di aspetti che richiamano altresì il ‘dialogo’ a distanza tra le diverse imprese, elemento importante per un miglioramento delle differenti logiche che governano il marketing;

2) business to consumer (B2C) riguarda quelle ipotesi in cui la commercializzazione dei prodotti di un‘ impresa avviene mediante l’ utilizzo della rete ed è rivolta direttamente ai consumatori. In tale ambito la posizione che maggiormente deve essere tutelata, perché particolarmente ‘delicata’, è proprio quella dei consumatori, che si trovano innanzi ad un ‘negozio virtuale’ immenso, di cui non conoscono i confini materiali, in cui non possono fisicamente muoversi e ‘vagliare’ le differenti offerte di persona, essendo spinti ad acquistare per una serie di variegate ragioni, non sempre frutto di una scelta consapevole. Quindi, innanzitutto la consapevolezza del contesto virtuale in cui ci si muove è fondamentale per capire che la rete può servire anche a questo, che può consentire una realizzazione del binomio qualità/prezzo dei prodotti commercializzati online, che è di gran lunga, in diverse situazioni, più allettante rispetto al contesto offline della vendita di prodotti. La consapevolezza arriva soltanto se si è edotti sui rischi, sui pericoli, sui vantaggi e su quant’ altro consenta al consumatore di effettuare acquisti ‘conscienziosi’ e adeguatamente informati. Viene a rilevare altresì il profilo della riservatezza, quello dei trattamento dei dati richiesti per l’ accesso alle diverse tipologie di transazioni commerciali online, tutti aspetti questi che meritano una considerazione ancor più pregnante e attenta;

3) consumer to consumer (C2C) gestisce quelle operazioni commerciali che vedono come protagonisti due consumatori, come succede, ad esempio, nelle ipotesi di aste tra privati.

Venendo all’ aspetto patologico, caratterizzato dalle dispute in tale ambito, è opportuno porre l’ attenzione su sistemi che siano in grado di comporre i conflitti in ambiente online, superando gli ostacoli di tipo fisico, ossia delle distanze tra le parti, e di tipo giuridico, della difficoltà cioè di individuare la legge applicabile soprattutto nel caso di conflitto tra un soggetto che si trovasse in ambito europeo e un altro che fosse in un ambito extracomunitario.

Ed ecco che il binomio delle nuove tecnologie con quei sistemi di composizione dei conflitti, quali i sistemi di A.D.R., comporta la nascita delle procedure di O.D.R. (online dispute resolution), in cui lo spazio materiale che governa i contatti ‘fisici’ tra il conciliatore e le parti, lascia il terreno allo spazio virtuale, al cyberspazio, in cui sono proprio le O.D.R. a poter svolgere un ruolo di indubbia rilevanza, contraddistinguendosi per la facilità dell’ accesso alle stesse, per i costi e la durata contenuta rispetto ai tradizionali sistemi di risoluzione dei conflitti, necessari soprattutto per incentivare il loro utilizzo da parte di un quisque de populo.

In ambito internazionale, si possono ricordare, ad esempio, le Linee Guida per la Tutela dei Consumatori nel Contesto del Commercio Elettronico, approvate il 9 dicembre del 1999 dal Consiglio dell’ OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico), le quali dovevano servire a sviluppare una maggiore tutela dei consumatori, uno sviluppo del commercio elettronico anche attraverso l’ eliminazione di incertezze nei loro rapporti con le imprese, quando vi siano acquisti e vendite per via telematica. In particolare, per quanto concerne il punto VI, lett. B) (canali alternativi di risoluzione delle controversie e di ricorso), è stato previsto che “I consumatori dovrebbero usufruire di un effettivo accesso a canali alternativi di risoluzione delle controversie e di ricorso, senza indebiti oneri e costi”. Inoltre si è stabilito che “Per l’attuazione di quanto precede, le imprese, i rappresentanti dei consumatori e i Governi dovrebbero utilizzare le tecnologie dell’informazione con un approccio innovatore e trarne vantaggio per accrescere la sensibilizzazione e la libertà di scelta dei consumatori”, e il riferimento alle tecnologie dell’ informazione è indicativo per lo sviluppo di tale sistema di risoluzione oltre che dello stesso e-commerce.

A livello comunitario, va ricordata la recente Direttiva 2000/31/CE dell’ 8 giugno 2000, la c.d. direttiva comunitaria sul commercio elettronico, la quale ha dedicato un intero articolo alla composizione di tipo stragiudiziale delle controversie in materia, ossia l’ art. 17. Il 1° comma della citata disposizione ha previsto che in caso di “dissenso tra prestatore e destinatario del servizio della società dell’ informazione”, gli Stati membri non ostacolino (con norme nazionali) “l’uso, anche per vie elettroniche adeguate, degli strumenti di composizione extragiudiziale delle controversie previsti dal diritto nazionale”.

Altri tasselli indicati nella disposizione in esame erano ad esempio la presenza di “adeguate garanzie procedurali per le parti ” con cui gli organi di composizione stragiudiziale delle controversie dovrebbero operare, nonché le comunicazioni che gli stessi dovrebbero fare alla Commissione (europea) sulle decisioni riguardanti i servizi della società dell’ informazione e altro relativo all’ e-commerce.

Nel 2003 il nostro legislatore ha recepito la suddetta Direttiva 2000/31/CE, mediante apposito D.l.vo n. 70/2003, il cui art. 19, al 1° comma, ha previsto, nell’ eventualità di controversie tra prestatore e destinatario del servizio della società dell’ informazione, che entrambi possano “adire anche organi di composizione extragiudiziale che operano anche per via telematica”.

Lo studio degli interventi che in ambito comunitario si sono susseguiti, porta a richiamare una Raccomandazione della Commissione europea del 4 aprile 2001 (Racc. 2001/310/CE del 4 aprile 2001), che ha cercato di sottolineare alcuni concetti importanti, legando lo sviluppo del commercio elettronico alla necessità di assicurare ai consumatori un livello di tutela elevato, cercando di promuovere la fiducia da parte degli stessi nell’ accesso alla giustizia (che sia effettivo, semplice e non costoso).

In tale direzione si è cercato di prevenire possibili conflittualità e di prevedere sistemi di soluzione alternativa di controversie insorte, considerati soprattutto gli sviluppi delle tecnologie informatiche.

Proseguendo nella prospettazione – che non pretende di essere esaustiva né dettagliata – degli interventi in ambito comunitario, occorre segnalare altri due tasselli. Il primo è offerto da un documento presentato dalla Commissione delle Comunità europee a Bruxelles il 19 aprile 2002, chiamato Libro verde relativo ai modi alternativi di risoluzione delle controversie in materia civile e commerciale, in cui si sono evidenziati alcuni aspetti: miglioramento dell’ accesso alla giustizia mediante i sistemi alternativi di risoluzione delle dispute, crescente attenzione da parte degli Stati membri sulle A.D.R. e priorità a livello di politica degli Stati che deve essere data a tali metodi alternativi, e nello specifico alle O.D.R. (considerando in modo particolare il campo del commercio elettronico).

Altro riferimento meritano EEJ-Net e FIN-net, che sono due reti europee extragiudiziali.

La EEJ-Net, varata ufficialmente il 16 ottobre 2001, è una struttura che mira ad assistere e informare i consumatori, ed è stata ideata con una finalità specificamente coordinata allo sviluppo dei metodi alternativi di risoluzione delle controversie e al loro utilizzo costante nei diversi Stati europei, per favorire un “collegamento in rete” tra i diversi organismi in materia, affinché si formi “una collaborazione attiva nella risoluzione dei casi concreti”. La spinta che ha portato la Comunità europea a sviluppare un progetto di tale portata, è venuta accentuandosi allorquando si è posto in relazione lo sviluppo del commercio infracomunitario, l’ accesso alla giustizia (agevolato, facilitato mediante le A.D.R.) e una necessaria integrazione tra i diversi Stati membri. Nei diversi Stati, infatti, la situazione a livello di conoscenza delle procedure ‘alternative’ di composizione dei conflitti non era omogenea, nel senso che a Paesi in cui siffatte procedure avevano una certa rilevanza, tale da farle ritenere integrate nel sistema interno, facevano eco Paesi in cui il deficit conoscitivo era evidente e abbisognava di quelle attività divulgative, culturali che colmassero il gap creatosi. Fu per venire incontro a siffatte differenziazioni e per affrontare con un giusto approccio le tematiche sottese alla suindicata esigenza di accesso alla giustizia e sviluppo del commercio, che venne creata tale Rete, che ha fatto ben presto riferimento a Centri di compensazione (da prevedersi in ogni paese membro) che dovrebbero rappresentare dei punti di riferimento cui i consumatori possano rivolgersi per avere le informazioni necessarie al fine di accedere alle procedure di composizione dei conflitti di un determinato Paese.

La FIN-Net è, invece, una rete lanciata dalla Commissione il 1° febbraio 2001, prevista per la risoluzione stragiudiziale delle liti transfrontaliere in materia dei servizi finanziari (assicurazioni, banche, investimenti), con particolare riferimento ai sistemi alternativi online. In buona sostanza, si è cercato di dotare il consumatore di un valido ‘aiuto’ cui poter ricorrere allorquando vengano in esame dei prodotti finanziari di cui il consumatore stesso possa fruire, e in relazione ai quali, in caso dell’ insorgere di una controversia, lo stesso potrebbe trovarsi nella non semplice situazione di far valere i propri diritti, soprattutto nell’ ipotesi di una controversia di carattere transfrontaliero. Al fine, quindi, di assistere il consumer in particolare nei confronti di imprese transfrontaliere, si è creato ad opera degli esistenti sistemi nazionali di risoluzione delle controversie, una specifica Rete in cui viga la cooperazione, giustappunto la FIN-Net. In una sorta di mini guida che viene messa a disposizione – online – di qualunque navigatore, interessato o non all’ attivazione di procedure di risoluzione stragiudiziale delle liti transfrontaliere relative a prodotti finanziari, vengono indicati i parametri, gli obiettivi, le finalità in base alle quali funziona la suddetta Rete. Il consumatore deve poter contattare l’ organo nazionale di risoluzione extragiudiziale all’ interno del proprio Paese, nella ipotesi di lite insorta con una società prestatrice di servizi finanziari all’ estero. Una volta ricevute tutte le informazioni utili per individuare il sistema competente a valutare il proprio caso, il medesimo consumer può inoltrare un ricorso al punto di contatto nazionale FIN-Net presente nel proprio Paese che, ove non si occupi direttamente della questione, provvederà a inoltrarla al sistema che ha la competenza nel paese del prestatore dei servizi de quibus; in caso contrario il consumer potrà più efficacemente contattare direttamente il sistema competente, ricevendo, a tal proposito, ogni idonea indicazione da parte dell’ aderente FIN-Net.

Orbene, è stato delineato, nei tratti più significativi, lo sforzo a livello regolamentativo, promozionale, divulgativo che ha interessato il settore delle O.D.R., e sono stati evidenziati i suoi tratti caratterizzanti. Questi ultimi consistono nell’ utilizzo delle tecnologie informatiche in un ambiente online (potendosi però prevedere che alcune fasi si svolgano offline), nella semplicità che deve contraddistinguere ogni singolo accesso alla procedura prevista dagli O.D.R. providers, nella tutela della privacy delle singole parti che decidono di partecipare a questa procedura online di composizione dei conflitti, nella sicurezza da doversi attribuire alle modalità di pagamento in tale ambito, nell’ adeguata opera di diffusione di cultura, di costante formazione ed acquisizione di conoscenze anche di tipo tecnico-informatiche da parte di coloro che gravitano intorno alle procedure de quibus, ed in quant’ altro consenta di far avvicinare le persone a siffatte procedure di composizione online dele dispute, proponendole come sicure e celeri nell’ operare un siffatto risultato.

Tanto premesso e ribadito, occorre richiamare quelli che sono i principali metodi di composizione online delle dispute, cercando di evidenziarne i tratti essenziali e lo svolgimento nel concreto.

L’ esperienza americana , anche su tale versante, è stata significativa ed ha proposto essenzialmente due sistemi che potremmo connotare come ‘principali’ nell’ ambito delle procedure di O.D.R..

In primo luogo viene ponendosi il modello ‘chiuso’, la cosiddetta ‘negoziazione assistita automatica’ (automated negotiation) o anche detta ‘negoziazione al buio’ (blind offer), che è una particolare procedura in cui manca l’ intervento, la partecipazione di un terzo soggetto (mediatore/conciliatore), essendovi semplicemente la presenza di una macchina, o più precisamente di un software che mette le parti interessate e contendenti in comunicazione tra di loro. È interessante notare come l’ opera del terzo volta a consentire l’ incontro, la comunicazione, l’ approccio verso una composizione costruttiva, venga in tale circostanza completamente svolto da una macchina, un software che gestisce la ‘composizione’ sulla base di regole meramente matematiche.

L’ intero sistema si fonda sulle offerte che ognuna delle parti effettua per porre fine alla disputa tra le stesse, e tale negoziazione viene detta ‘cieca’ perché nessuna delle parti conosce, fino alla fine della procedura, l’ entità dell’ offerta che l’ altra parte ha fatto, essendo il software predetto che gestisce il tutto. Proseguendo per i diversi passaggi, è possibile schematizzare così l’ iter online:

1. attivazione della procedura → compilazione di apposita istanza da parte dell’ attore (colui che attiva la procedura online), che viene inviata da parte del computer al convenuto (destinatario e parte in conflitto), e se quest’ ultimo accetta inizia la vera fase online;

2. inizio della procedura e offerte → viene stabilito generalmente un periodo di 60 giorni all’ interno del quale le parti si scambino un numero illimitato di offerte;

3. requisiti delle offerte → ogni offerta che viene fatta, è seguita da una controfferta, cui si replica, così proseguendo fino al possibile raggiungimento di un risultato soddisfacente per entrambe le parti contendenti, ma ogni offerta deve essere migliorativa, ossia deve aumentare o diminuire del 5%. Occorre ricordare che le parti non conoscono l’ entità delle offerte stesse, ma sanno soltanto che l’ altra parte ha effettuato una offerta ‘migliorativa’ pari al 5% rispetto a quella precedente;

4. scambio offerte e soluzione automatica → considerato il termine (di regola) di 60 giorni entro cui scambiarsi le offerte, e il carattere ‘migliorativo’ che esse devono avere, la soluzione viene raggiunta in modo automatico dal software nel momento in cui la differenza tra le diverse offerte (di attore e convenuto) è uguale o minore ad un ammontare predeterminato, che cioè in precedenza le parti avevano accettato, solitamente pari al 30 %. In tal caso il software divide in due tale differenza e trova l’ accordo (Nell’ ipotesi in cui, a seguito di diversi rilanci, c’è stata ad esempio un’ offerta dell’ attore pari a 2.500 € e una del convenuto di 1.900 €, rientrando tale differenza nell’ ambito di quell’ ammontare prestabilito e accettato in precedenza, il programma provvederà a sommare i due importi e dividere la somma, in tal caso, quindi, la risoluzione sarebbe pari a 2.500 + 1.900 = 4.400 : 2 = 2.200 €);

5. mancato raggiungimento di soluzione → si verifica quando a seguito delle molteplici offerte, e alla scadenza del termine previsto per la durata della procedura, le stesse siano troppo distanti (non rientrino cioè in quell’ area predeterminata). In tal caso la negoziazione si interrompe, senza che le parti sappiano l’ ammontare delle reciproche offerte.

L’ altra procedura di composizione delle controversie online è offerta dalla c.d. mediazione online o modello aperto, in cui si cerca di ripercorrere i principi della comunicazione diretta tra le parti, dello scambio tra le stesse, mediante l’ aiuto di un conciliatore online. In tale ambiente online, il conciliatore adopera le stesse tecniche comunicative, psicologiche, abilità, cognizioni, linguaggi che utilizza normalmente nel contesto offline. La ‘pecca’ di tale sistema è dato dalla mancanza di specifici strumenti tecnologici che consentano una adeguata comunicatività tra le parti stesse. Normalmente l’ incontro virtuale tra le parti e il conciliatore online (che viene scelto dall’ O.D.R. provider da una lista di conciliatori addetti a tale tipologia di interventi) avviene in una chat room, cui è possibile aggiungere l’ uso della posta elettronica (e-mail o altri sistemi di messaggistica), di sistemi di videoconferenza, ma anche di incontri offline di tipo ’fisico’ (ove previsti). >La terminologia è importante, a volte essenziale, per dare significatività ad un fenomeno, per inquadrare una fattispecie, una realtà, senza però, a volte, carpirne il vero senso che l’ apparente facciata mira a nascondere.

Basti pensare a come il termine privacy ha impegnato dottrina prima, e Giurisprudenza poi, nel tentativo di delinearne i confini, precisarne i contenuti e tracciare un percorso che non fosse semplicemente riferibile al tradotto ‘riservatezza’.

E’ quello che è successo con l’acronimo inglese A.D.R., termine di dichiarata origine anglosassone, contrario alla logica delle aule dei Tribunali come ‘arene’ in cui gli avvocati agiscano da ‘gladiatori’ e i clienti si lascino trasportare da una sorta di ‘antagonismo congenito’.

Si tratta, traducendo pedissequamente, della meglio nota (almeno in teoria) alternative dispute resolution, quindi di quei sistemi alternativi - rispetto a quelli ordinari – di composizione delle dispute nei rapporti interpersonali, commerciali, lavorativi, familiari, penalmente rilevanti e via discorrendo.

Sistemi antitetici, quindi, ad un approccio che vede nella litigiosità, nello scontro, nella individualizzazione degli interessi in gioco il momento centrale e nel provvedimento finale il tassello fondante del potere dei giudici, primi interpreti di una giustizia ‘giurisdizionalizzata’.

L’ avvento di internet, la grande rete, lo spazio comunicativo, ha caratterizzato la c.d. società dell’ informazione, una società in cui l’ utilizzo di strumenti tecnologici rappresenta non soltanto un necessario passaggio da completare (richiedendo in taluni casi un’ opera di alfabetizzazione informatica, in talaltri un saper conoscere la ‘macchina’ e utilizzarla nel modo più giusto ed appropriato), ma anche un naturale svolgimento di quel progresso, in termini modernizzazione, che in ogni campo del nostro quotidiano vivere viene manifestandosi.

L’ uso di Internet deve altresì far riflettere sul boom (principalmente di tipo divulgativo, teorico, ma non ancora completamente fattuale) del commercio elettronico (fondato su attività commerciali in senso ampio e transazioni di vario genere che avvengano in via elettronica, attraverso cioè infrastrutture informatiche o una rete di telecomunicazione comprese le operazioni bancarie, di borsa ecc…), dovendocisi interrogare sulle implicazioni anche di tipo giuridico che esso comporta, nonché sugli aspetti di carattere patologico, sui problemi cioè che portano a possibili conflittualità, molto spesso anche tra persone poste fisicamente a distanze piuttosto notevoli. Il problema è soprattutto di individuare chi sia il soggetto predisposto ad intervenire in siffatte eventualità, e le modalità del suo intervento.

Lo sviluppo dell’ e-commerce ingloba non soltanto l’ aspetto della fiducia che i principali protagonisti del commercio online, ossia gli imprenditori e i consumatori, devono poter avere in queste nuove forme di relazioni, ma anche quei sistemi che consentano di dirimere quelle eventuali confliggenze che potrebbero minare la sua concreta affermazione, nonché una adeguata garanzia di protezione in caso di insorgenza di controversie in tali sistemi di contrattazione.

Sono state individuate alcune tipologie di e-commerce, che si differenziano a seconda dei soggetti che sono coinvolti nelle varie operazioni:

1) business to business (B2B) comprende due o più imprese che utilizzano la rete elettronica per le disparate attività di tipo economico-commerciale (le imprese in altri termini prendono coscienza delle caratterizzazioni proprie della grande rete, dell’ internet che rappresenta una imperdibile occasione per accrescere la loro competitività).

 L’ aspetto peculiare di tale tipologia di commercio elettronico è dato proprio dalle relazioni economiche che consentono alle singole imprese di integrare la propria attività commerciale e di inserirla in un contesto di reciproco e vantaggioso successo. Al riguardo si può richiamare quando detto da Jeremy Rifkin, Presidente della Foundation on Economic Trends di Washington e autore di un interessante saggio (intitolato The Age of Access), secondo il quale il tutto si realizzerebbe “grazie a quella che alcuni hanno battezzato win win strategy”. Le imprese sarebbero a ‘disposizione’ del cliente 24 ore su 24, soprattutto sulle questioni di tipo informativo, sulle situazioni che si verificano con maggiore frequenza, eliminando quel fattore temporale che nel mondo materiale è offerto dagli orari di esercizio del servizio commerciale.

Vi sarebbe un collegamento di tipo globale, nel senso dei contatti che le imprese possono avere, sia a livello di scambio di informazioni con le altre imprese che sono poste a distanze anche inimmaginabili, sia avendo accesso a mercati prima sconosciuti, rappresentando quest’ ultima una nuova possibilità di visibilità e guadagno. Pertanto, l’ utilizzo della rete di internet consente di far incrementare lo sviluppo di tutta una serie di aspetti che richiamano altresì il ‘dialogo’ a distanza tra le diverse imprese, elemento importante per un miglioramento delle differenti logiche che governano il marketing;

2) business to consumer (B2C) riguarda quelle ipotesi in cui la commercializzazione dei prodotti di un‘ impresa avviene mediante l’ utilizzo della rete ed è rivolta direttamente ai consumatori. In tale ambito la posizione che maggiormente deve essere tutelata, perché particolarmente ‘delicata’, è proprio quella dei consumatori, che si trovano innanzi ad un ‘negozio virtuale’ immenso, di cui non conoscono i confini materiali, in cui non possono fisicamente muoversi e ‘vagliare’ le differenti offerte di persona, essendo spinti ad acquistare per una serie di variegate ragioni, non sempre frutto di una scelta consapevole. Quindi, innanzitutto la consapevolezza del contesto virtuale in cui ci si muove è fondamentale per capire che la rete può servire anche a questo, che può consentire una realizzazione del binomio qualità/prezzo dei prodotti commercializzati online, che è di gran lunga, in diverse situazioni, più allettante rispetto al contesto offline della vendita di prodotti. La consapevolezza arriva soltanto se si è edotti sui rischi, sui pericoli, sui vantaggi e su quant’ altro consenta al consumatore di effettuare acquisti ‘conscienziosi’ e adeguatamente informati. Viene a rilevare altresì il profilo della riservatezza, quello dei trattamento dei dati richiesti per l’ accesso alle diverse tipologie di transazioni commerciali online, tutti aspetti questi che meritano una considerazione ancor più pregnante e attenta;

3) consumer to consumer (C2C) gestisce quelle operazioni commerciali che vedono come protagonisti due consumatori, come succede, ad esempio, nelle ipotesi di aste tra privati.

Venendo all’ aspetto patologico, caratterizzato dalle dispute in tale ambito, è opportuno porre l’ attenzione su sistemi che siano in grado di comporre i conflitti in ambiente online, superando gli ostacoli di tipo fisico, ossia delle distanze tra le parti, e di tipo giuridico, della difficoltà cioè di individuare la legge applicabile soprattutto nel caso di conflitto tra un soggetto che si trovasse in ambito europeo e un altro che fosse in un ambito extracomunitario.

Ed ecco che il binomio delle nuove tecnologie con quei sistemi di composizione dei conflitti, quali i sistemi di A.D.R., comporta la nascita delle procedure di O.D.R. (online dispute resolution), in cui lo spazio materiale che governa i contatti ‘fisici’ tra il conciliatore e le parti, lascia il terreno allo spazio virtuale, al cyberspazio, in cui sono proprio le O.D.R. a poter svolgere un ruolo di indubbia rilevanza, contraddistinguendosi per la facilità dell’ accesso alle stesse, per i costi e la durata contenuta rispetto ai tradizionali sistemi di risoluzione dei conflitti, necessari soprattutto per incentivare il loro utilizzo da parte di un quisque de populo.

In ambito internazionale, si possono ricordare, ad esempio, le Linee Guida per la Tutela dei Consumatori nel Contesto del Commercio Elettronico, approvate il 9 dicembre del 1999 dal Consiglio dell’ OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico), le quali dovevano servire a sviluppare una maggiore tutela dei consumatori, uno sviluppo del commercio elettronico anche attraverso l’ eliminazione di incertezze nei loro rapporti con le imprese, quando vi siano acquisti e vendite per via telematica. In particolare, per quanto concerne il punto VI, lett. B) (canali alternativi di risoluzione delle controversie e di ricorso), è stato previsto che “I consumatori dovrebbero usufruire di un effettivo accesso a canali alternativi di risoluzione delle controversie e di ricorso, senza indebiti oneri e costi”. Inoltre si è stabilito che “Per l’attuazione di quanto precede, le imprese, i rappresentanti dei consumatori e i Governi dovrebbero utilizzare le tecnologie dell’informazione con un approccio innovatore e trarne vantaggio per accrescere la sensibilizzazione e la libertà di scelta dei consumatori”, e il riferimento alle tecnologie dell’ informazione è indicativo per lo sviluppo di tale sistema di risoluzione oltre che dello stesso e-commerce.

A livello comunitario, va ricordata la recente Direttiva 2000/31/CE dell’ 8 giugno 2000, la c.d. direttiva comunitaria sul commercio elettronico, la quale ha dedicato un intero articolo alla composizione di tipo stragiudiziale delle controversie in materia, ossia l’ art. 17. Il 1° comma della citata disposizione ha previsto che in caso di “dissenso tra prestatore e destinatario del servizio della società dell’ informazione”, gli Stati membri non ostacolino (con norme nazionali) “l’uso, anche per vie elettroniche adeguate, degli strumenti di composizione extragiudiziale delle controversie previsti dal diritto nazionale”.

Altri tasselli indicati nella disposizione in esame erano ad esempio la presenza di “adeguate garanzie procedurali per le parti ” con cui gli organi di composizione stragiudiziale delle controversie dovrebbero operare, nonché le comunicazioni che gli stessi dovrebbero fare alla Commissione (europea) sulle decisioni riguardanti i servizi della società dell’ informazione e altro relativo all’ e-commerce.

Nel 2003 il nostro legislatore ha recepito la suddetta Direttiva 2000/31/CE, mediante apposito D.l.vo n. 70/2003, il cui art. 19, al 1° comma, ha previsto, nell’ eventualità di controversie tra prestatore e destinatario del servizio della società dell’ informazione, che entrambi possano “adire anche organi di composizione extragiudiziale che operano anche per via telematica”.

Lo studio degli interventi che in ambito comunitario si sono susseguiti, porta a richiamare una Raccomandazione della Commissione europea del 4 aprile 2001 (Racc. 2001/310/CE del 4 aprile 2001), che ha cercato di sottolineare alcuni concetti importanti, legando lo sviluppo del commercio elettronico alla necessità di assicurare ai consumatori un livello di tutela elevato, cercando di promuovere la fiducia da parte degli stessi nell’ accesso alla giustizia (che sia effettivo, semplice e non costoso).

In tale direzione si è cercato di prevenire possibili conflittualità e di prevedere sistemi di soluzione alternativa di controversie insorte, considerati soprattutto gli sviluppi delle tecnologie informatiche.

Proseguendo nella prospettazione – che non pretende di essere esaustiva né dettagliata – degli interventi in ambito comunitario, occorre segnalare altri due tasselli. Il primo è offerto da un documento presentato dalla Commissione delle Comunità europee a Bruxelles il 19 aprile 2002, chiamato Libro verde relativo ai modi alternativi di risoluzione delle controversie in materia civile e commerciale, in cui si sono evidenziati alcuni aspetti: miglioramento dell’ accesso alla giustizia mediante i sistemi alternativi di risoluzione delle dispute, crescente attenzione da parte degli Stati membri sulle A.D.R. e priorità a livello di politica degli Stati che deve essere data a tali metodi alternativi, e nello specifico alle O.D.R. (considerando in modo particolare il campo del commercio elettronico).

Altro riferimento meritano EEJ-Net e FIN-net, che sono due reti europee extragiudiziali.

La EEJ-Net, varata ufficialmente il 16 ottobre 2001, è una struttura che mira ad assistere e informare i consumatori, ed è stata ideata con una finalità specificamente coordinata allo sviluppo dei metodi alternativi di risoluzione delle controversie e al loro utilizzo costante nei diversi Stati europei, per favorire un “collegamento in rete” tra i diversi organismi in materia, affinché si formi “una collaborazione attiva nella risoluzione dei casi concreti”. La spinta che ha portato la Comunità europea a sviluppare un progetto di tale portata, è venuta accentuandosi allorquando si è posto in relazione lo sviluppo del commercio infracomunitario, l’ accesso alla giustizia (agevolato, facilitato mediante le A.D.R.) e una necessaria integrazione tra i diversi Stati membri. Nei diversi Stati, infatti, la situazione a livello di conoscenza delle procedure ‘alternative’ di composizione dei conflitti non era omogenea, nel senso che a Paesi in cui siffatte procedure avevano una certa rilevanza, tale da farle ritenere integrate nel sistema interno, facevano eco Paesi in cui il deficit conoscitivo era evidente e abbisognava di quelle attività divulgative, culturali che colmassero il gap creatosi. Fu per venire incontro a siffatte differenziazioni e per affrontare con un giusto approccio le tematiche sottese alla suindicata esigenza di accesso alla giustizia e sviluppo del commercio, che venne creata tale Rete, che ha fatto ben presto riferimento a Centri di compensazione (da prevedersi in ogni paese membro) che dovrebbero rappresentare dei punti di riferimento cui i consumatori possano rivolgersi per avere le informazioni necessarie al fine di accedere alle procedure di composizione dei conflitti di un determinato Paese.

La FIN-Net è, invece, una rete lanciata dalla Commissione il 1° febbraio 2001, prevista per la risoluzione stragiudiziale delle liti transfrontaliere in materia dei servizi finanziari (assicurazioni, banche, investimenti), con particolare riferimento ai sistemi alternativi online. In buona sostanza, si è cercato di dotare il consumatore di un valido ‘aiuto’ cui poter ricorrere allorquando vengano in esame dei prodotti finanziari di cui il consumatore stesso possa fruire, e in relazione ai quali, in caso dell’ insorgere di una controversia, lo stesso potrebbe trovarsi nella non semplice situazione di far valere i propri diritti, soprattutto nell’ ipotesi di una controversia di carattere transfrontaliero. Al fine, quindi, di assistere il consumer in particolare nei confronti di imprese transfrontaliere, si è creato ad opera degli esistenti sistemi nazionali di risoluzione delle controversie, una specifica Rete in cui viga la cooperazione, giustappunto la FIN-Net. In una sorta di mini guida che viene messa a disposizione – online – di qualunque navigatore, interessato o non all’ attivazione di procedure di risoluzione stragiudiziale delle liti transfrontaliere relative a prodotti finanziari, vengono indicati i parametri, gli obiettivi, le finalità in base alle quali funziona la suddetta Rete. Il consumatore deve poter contattare l’ organo nazionale di risoluzione extragiudiziale all’ interno del proprio Paese, nella ipotesi di lite insorta con una società prestatrice di servizi finanziari all’ estero. Una volta ricevute tutte le informazioni utili per individuare il sistema competente a valutare il proprio caso, il medesimo consumer può inoltrare un ricorso al punto di contatto nazionale FIN-Net presente nel proprio Paese che, ove non si occupi direttamente della questione, provvederà a inoltrarla al sistema che ha la competenza nel paese del prestatore dei servizi de quibus; in caso contrario il consumer potrà più efficacemente contattare direttamente il sistema competente, ricevendo, a tal proposito, ogni idonea indicazione da parte dell’ aderente FIN-Net.

Orbene, è stato delineato, nei tratti più significativi, lo sforzo a livello regolamentativo, promozionale, divulgativo che ha interessato il settore delle O.D.R., e sono stati evidenziati i suoi tratti caratterizzanti. Questi ultimi consistono nell’ utilizzo delle tecnologie informatiche in un ambiente online (potendosi però prevedere che alcune fasi si svolgano offline), nella semplicità che deve contraddistinguere ogni singolo accesso alla procedura prevista dagli O.D.R. providers, nella tutela della privacy delle singole parti che decidono di partecipare a questa procedura online di composizione dei conflitti, nella sicurezza da doversi attribuire alle modalità di pagamento in tale ambito, nell’ adeguata opera di diffusione di cultura, di costante formazione ed acquisizione di conoscenze anche di tipo tecnico-informatiche da parte di coloro che gravitano intorno alle procedure de quibus, ed in quant’ altro consenta di far avvicinare le persone a siffatte procedure di composizione online dele dispute, proponendole come sicure e celeri nell’ operare un siffatto risultato.

Tanto premesso e ribadito, occorre richiamare quelli che sono i principali metodi di composizione online delle dispute, cercando di evidenziarne i tratti essenziali e lo svolgimento nel concreto.

L’ esperienza americana , anche su tale versante, è stata significativa ed ha proposto essenzialmente due sistemi che potremmo connotare come ‘principali’ nell’ ambito delle procedure di O.D.R..

In primo luogo viene ponendosi il modello ‘chiuso’, la cosiddetta ‘negoziazione assistita automatica’ (automated negotiation) o anche detta ‘negoziazione al buio’ (blind offer), che è una particolare procedura in cui manca l’ intervento, la partecipazione di un terzo soggetto (mediatore/conciliatore), essendovi semplicemente la presenza di una macchina, o più precisamente di un software che mette le parti interessate e contendenti in comunicazione tra di loro. È interessante notare come l’ opera del terzo volta a consentire l’ incontro, la comunicazione, l’ approccio verso una composizione costruttiva, venga in tale circostanza completamente svolto da una macchina, un software che gestisce la ‘composizione’ sulla base di regole meramente matematiche.

L’ intero sistema si fonda sulle offerte che ognuna delle parti effettua per porre fine alla disputa tra le stesse, e tale negoziazione viene detta ‘cieca’ perché nessuna delle parti conosce, fino alla fine della procedura, l’ entità dell’ offerta che l’ altra parte ha fatto, essendo il software predetto che gestisce il tutto. Proseguendo per i diversi passaggi, è possibile schematizzare così l’ iter online:

1. attivazione della procedura → compilazione di apposita istanza da parte dell’ attore (colui che attiva la procedura online), che viene inviata da parte del computer al convenuto (destinatario e parte in conflitto), e se quest’ ultimo accetta inizia la vera fase online;

2. inizio della procedura e offerte → viene stabilito generalmente un periodo di 60 giorni all’ interno del quale le parti si scambino un numero illimitato di offerte;

3. requisiti delle offerte → ogni offerta che viene fatta, è seguita da una controfferta, cui si replica, così proseguendo fino al possibile raggiungimento di un risultato soddisfacente per entrambe le parti contendenti, ma ogni offerta deve essere migliorativa, ossia deve aumentare o diminuire del 5%. Occorre ricordare che le parti non conoscono l’ entità delle offerte stesse, ma sanno soltanto che l’ altra parte ha effettuato una offerta ‘migliorativa’ pari al 5% rispetto a quella precedente;

4. scambio offerte e soluzione automatica → considerato il termine (di regola) di 60 giorni entro cui scambiarsi le offerte, e il carattere ‘migliorativo’ che esse devono avere, la soluzione viene raggiunta in modo automatico dal software nel momento in cui la differenza tra le diverse offerte (di attore e convenuto) è uguale o minore ad un ammontare predeterminato, che cioè in precedenza le parti avevano accettato, solitamente pari al 30 %. In tal caso il software divide in due tale differenza e trova l’ accordo (Nell’ ipotesi in cui, a seguito di diversi rilanci, c’è stata ad esempio un’ offerta dell’ attore pari a 2.500 € e una del convenuto di 1.900 €, rientrando tale differenza nell’ ambito di quell’ ammontare prestabilito e accettato in precedenza, il programma provvederà a sommare i due importi e dividere la somma, in tal caso, quindi, la risoluzione sarebbe pari a 2.500 + 1.900 = 4.400 : 2 = 2.200 €);

5. mancato raggiungimento di soluzione → si verifica quando a seguito delle molteplici offerte, e alla scadenza del termine previsto per la durata della procedura, le stesse siano troppo distanti (non rientrino cioè in quell’ area predeterminata). In tal caso la negoziazione si interrompe, senza che le parti sappiano l’ ammontare delle reciproche offerte.

L’ altra procedura di composizione delle controversie online è offerta dalla c.d. mediazione online o modello aperto, in cui si cerca di ripercorrere i principi della comunicazione diretta tra le parti, dello scambio tra le stesse, mediante l’ aiuto di un conciliatore online. In tale ambiente online, il conciliatore adopera le stesse tecniche comunicative, psicologiche, abilità, cognizioni, linguaggi che utilizza normalmente nel contesto offline. La ‘pecca’ di tale sistema è dato dalla mancanza di specifici strumenti tecnologici che consentano una adeguata comunicatività tra le parti stesse. Normalmente l’ incontro virtuale tra le parti e il conciliatore online (che viene scelto dall’ O.D.R. provider da una lista di conciliatori addetti a tale tipologia di interventi) avviene in una chat room, cui è possibile aggiungere l’ uso della posta elettronica (e-mail o altri sistemi di messaggistica), di sistemi di videoconferenza, ma anche di incontri offline di tipo ’fisico’ (ove previsti).

La procedura seguita nella mediazione online si basa su alcuni passaggi:

1. compilazione e invio modulo → l’ attore provvede a compilare e inviare successivamente un modulo che il fornitore del servizio online mette sul suo sito, nel quale devono indicarsi alcune tipologie di dati;

2. contatto e verifica di attivazione procedura → è il fornitore a contattare l’ altra parte per verificare la possibilità di attivare una procedura online;

3. nomina conciliatore e incontri riservati online → in caso di accettazione da parte dell’ altra parte, si nomina un conciliatore esperto nel campo, e si crea un ambiente riservato alle parti e allo stesso conciliatore, cui poter accedere soltanto se provvisti di apposite passwords;

4. svolgimento fase mediazione online → la fase online si svolgerà in modo più o meno analogo a quanto avverrebbe in un ambiente offline.

L’ avvertenza che tale sistema della mediazione online vuole dare, è che innanzitutto occorre un basilare livello di cultura informatica, saper utilizzare, cioè, quanto meno il computer, essere in grado di collegarsi ad internet e utilizzare i sistemi di invio telematico di messaggi, chat line e quant’ altro possa metterli in comunicazione. I siti internet che gestiscono tale metodologia nella composizione online delle dispute sono www.eresolution.com – www.onlineresolution.com – www.squaretrade.com.

L’ utilizzo di videoconferenza consentirebbe alle parti e al mediatore online di vedersi, anche se tale aspetto dovrà essere senz’ altro sviluppato, tant’è che non è utilizzato diffusamente neppure nell’ esperienza americana (per altro di gran lunga superiore alla nostra).

Pertanto, fermo restando che gli strumenti che più degli altri potrebbero essere utilizzati da tutti sarebbero le e-mail, occorrerebbe concentrarsi su quelle tecniche in grado di consentire una comunicazione realmente effettiva anche in ambiente online. Da parte di altri si ritiene che proprio l’ assenza del contatto visivo sia un’ arma in più da utilizzare perché si sarebbe tutti più liberi di comunicare (diversamente devono considerarsi le ipotesi, innanzi richiamate, della negoziazione assistita in cui manca del tutto il contatto visivo e comunicativo tra le parti, poichè per le dispute di carattere economico-commerciale si ritiene preferibile una siffatta procedura basata cioè su offerta e controfferta di tipo meramente monetario), di ‘dire la propria’ su ogni questione, con tutti i pro e i contro che tale impostazione può sollevare ad una sua attenta analisi.

La diffusione di un fenomeno presuppone che vi sia alla base una buona radice culturale, da intendersi come predisposizione umana, di intenti, comportamentale e sociale verso un approccio di tipo conciliativo e mediativo.

La cultura non si crea ex se, ma si tramanda di generazione in generazione, come complesso di approcci e principi che possono consentire al ‘seme’ già piantato, di poter produrre futuri e proficui frutti.

La strada da percorrere deve, però, scontrarsi con il forte ostacolo di una forma mentis avvezza ad aver ragione ad ogni costo, a non riconoscere spazio di azione all’ avversario, in un’ ottica di perfetta ‘mors tua, vita mea’, o per dirla all’ inglese di accanita ed irrinunciabile ‘litigiousness’.

Orbene, lo sforzo culturale che andrebbe chiesto, sarebbe quello di approcciare l’ oggetto della contesa non come res litigiosa, punto di partenza per un battagliare giuridico che vedrà un vincitore e un perdente (win-lose), se non più perdenti, ma come punto di partenza per comporre in un’ ottica di win-win, soddisfacendo, cioè, le esigenze di tutte le parti.