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Pensioni - Cassazione Penale: sequestro e pignoramento sulle pensioni non possono superare il quinto

Con la sentenza in commento la terza sezione penale della Corte di Cassazione ha statuito che il divieto di sequestro e di pignoramento dei trattamenti pensionistici in misura eccedente un quinto del loro importo netto costituisce una regola generale dell’ordinamento processuale.

La pronuncia in esame ha preso le mosse dall’impugnazione dell’indagato, per omesso versamento dell’IVA relativamente al periodo d’imposta 2010, dell’ordinanza emessa dal tribunale del riesame di Napoli, il quale confermava il decreto di sequestro preventivo disposto con ordinanza del giudice delle indagini preliminari del medesimo tribunale.

La questione, demandata alla terza sezione della Corte di Cassazione, era volta quindi a verificare l’illegittimità del sequestro per equivalente quando il reperimento dei beni costituenti il profitto del reato fosse possibile e la legittimità dell’esecuzione del sequestro per equivalente per intero su somme di denaro provenienti da trattamenti pensionistici oltre il limite di legge del quinto.

Quanto al primo quesito, gli Ermellini chiariscono che per poter eseguire la confisca diretta del profitto della persona giuridica è necessario che nelle casse societarie risulti la disponibilità di denaro da aggredire.

Puntualizzano inoltre che, da un lato, in caso di reati commessi dai legali rappresentanti della persona giuridica il sequestro preventivo può essere disposto sui beni personali degli amministratori soltanto qualora il profitto non sia più nella disponibilità della persona giuridica e, dall’altro lato, che il pubblico ministero è legittimato a domandare al giudice il sequestro preventivo per equivalente all’esito di una valutazione allo stato degli atti in ordine alle risultanze relative al patrimonio dell’ente che ha tratto vantaggio dalla commissione del reato.

In applicazione di tali principi, la terza sezione penale afferma che il tribunale avrebbe dovuto accertare se vi fosse l’effettiva impossibilità di procedere al sequestro dei beni della società beneficiata dall’evasione fiscale, così da poter eseguire il sequestro per equivalente sui beni dell’amministratore. La mancanza nel caso in esame è stata dunque l’assenza di una valutazione allo stato degli atti in ordine alle risultanze relative al patrimonio dell’ente che ha tratto vantaggio dalla commissione del reato.

Per quel che riguarda il secondo quesito, gli ermellini, riprendendo quanto già chiarito dalla Corte, affermano che il divieto di sequestro e di pignoramento di trattamenti retributivi, pensionistici ed assistenziali in misura eccedente un quinto del loro importo al netto delle ritenute costituisce una regola generale dell’ordinamento processuale, in quanto questi trattamenti sono riconducibili ai diritti inalienabili della persona tutelati dall’articolo 2 della nostra Costituzione.

La Corte annulla quindi l’ordinanza con rinvio al tribunale del riesame di Napoli per un nuovo esame, in quanto il provvedimento è stato emesso in violazione dei limiti legali.

(Corte di Cassazione - Terza Sezione Penale, Sentenza 22 marzo 2016, n. 15099)

Con la sentenza in commento la terza sezione penale della Corte di Cassazione ha statuito che il divieto di sequestro e di pignoramento dei trattamenti pensionistici in misura eccedente un quinto del loro importo netto costituisce una regola generale dell’ordinamento processuale.

La pronuncia in esame ha preso le mosse dall’impugnazione dell’indagato, per omesso versamento dell’IVA relativamente al periodo d’imposta 2010, dell’ordinanza emessa dal tribunale del riesame di Napoli, il quale confermava il decreto di sequestro preventivo disposto con ordinanza del giudice delle indagini preliminari del medesimo tribunale.

La questione, demandata alla terza sezione della Corte di Cassazione, era volta quindi a verificare l’illegittimità del sequestro per equivalente quando il reperimento dei beni costituenti il profitto del reato fosse possibile e la legittimità dell’esecuzione del sequestro per equivalente per intero su somme di denaro provenienti da trattamenti pensionistici oltre il limite di legge del quinto.

Quanto al primo quesito, gli Ermellini chiariscono che per poter eseguire la confisca diretta del profitto della persona giuridica è necessario che nelle casse societarie risulti la disponibilità di denaro da aggredire.

Puntualizzano inoltre che, da un lato, in caso di reati commessi dai legali rappresentanti della persona giuridica il sequestro preventivo può essere disposto sui beni personali degli amministratori soltanto qualora il profitto non sia più nella disponibilità della persona giuridica e, dall’altro lato, che il pubblico ministero è legittimato a domandare al giudice il sequestro preventivo per equivalente all’esito di una valutazione allo stato degli atti in ordine alle risultanze relative al patrimonio dell’ente che ha tratto vantaggio dalla commissione del reato.

In applicazione di tali principi, la terza sezione penale afferma che il tribunale avrebbe dovuto accertare se vi fosse l’effettiva impossibilità di procedere al sequestro dei beni della società beneficiata dall’evasione fiscale, così da poter eseguire il sequestro per equivalente sui beni dell’amministratore. La mancanza nel caso in esame è stata dunque l’assenza di una valutazione allo stato degli atti in ordine alle risultanze relative al patrimonio dell’ente che ha tratto vantaggio dalla commissione del reato.

Per quel che riguarda il secondo quesito, gli ermellini, riprendendo quanto già chiarito dalla Corte, affermano che il divieto di sequestro e di pignoramento di trattamenti retributivi, pensionistici ed assistenziali in misura eccedente un quinto del loro importo al netto delle ritenute costituisce una regola generale dell’ordinamento processuale, in quanto questi trattamenti sono riconducibili ai diritti inalienabili della persona tutelati dall’articolo 2 della nostra Costituzione.

La Corte annulla quindi l’ordinanza con rinvio al tribunale del riesame di Napoli per un nuovo esame, in quanto il provvedimento è stato emesso in violazione dei limiti legali.

(Corte di Cassazione - Terza Sezione Penale, Sentenza 22 marzo 2016, n. 15099)