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Quale è l’importanza della mediazione scolastica?

Un insegnante può essere anche un mediatore?
Siamo (noi) la più grande tempesta
Ph. Paolo Panzacchi / Siamo (noi) la più grande tempesta

Abstract

Il contributo permette di offrire un panorama preciso e dettagliato, nonché spunti di riflessione in merito alla mediazione scolastica e all’importanza che essa può avere prendendo in considerazione anche il dialogo e l’ascolto del minore.

The contribution allows us to offer a precise and detailed overview, as well as food for thought on school mediation and the importance it can have, also taking into consideration dialogue and listening to the child.

 

Mediazione scolastica: i luoghi dell’educazione e della formazione

Nella Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo sancita dall’Onu nel 1948 si afferma solennemente che “ogni persona ha diritto all’educazione e che quest’ultima deve essere indirizzata al pieno sviluppo della personalità umana”; la concretizzazione di questo diritto può avvenire in molti modi diversi, che si legano innanzitutto alla specificità dei luoghi, ossia dei contesti, nei quali le attività educative trovano realizzazione.

Entrano così in gioco non solo gli spazi educativi tradizionalmente riconosciuti, come la famiglia e la scuola, ma anche realtà, quali il territorio, i mass-media e il gruppo, il cui ruolo pedagogico è divenuto progressivamente oggetto di attenzione grazie all’importanza assunta dal sistema formativo extrascolastico e dagli ambienti educativi informali.

La scuola è un’agenzia formativa basata su servizi educativi specifici e pianificati, che interagisce in modo complesso con la realtà educativa extrascolastica. Essa costituisce un’istituzione a carattere sociale che, attraverso un’attività didattica organizzata e strutturata, tende a dare un’educazione, una formazione umana e culturale, una preparazione specifica in una determinata disciplina, arte, tecnica, professione, ecc.

La scuola si articola al proprio interno in tre dimensioni: comunitaria, in virtù della quale chi la frequenta è inserito in un sistema ben definito di regole e di rapporti sociali; culturale, legata al compito della scuola di trasmettere e produrre cultura; curricolare, che trova nella programmazione educativa e didattica la sua modalità di lavoro specifica.

Oggi la scuola deve, infatti, soddisfare un insieme di esigenze istituzionalmente riconosciute, come quella di seguire determinati programmi o di assegnare specifici diplomi; le richieste di dialogo, ascolto e sostegno rivolte agli insegnanti da quegli allievi, e dalle loro famiglie, che vivono in una situazione di disagio.

Lo studente è colui che non conosce, stipula un patto non scritto con l’organizzazione educativa, in cui cede la propria autonomia di formazione confidando che l’organizzazione stessa possa fornirgliene una più organica con l’aiuto di personale qualificato.

 

Mediazione scolastica: il ruolo dell’insegnante-mediatore

Ecco che viene in luce il compito principale dell’insegnante, che è certamente quello dell’insegnamento, comprendente l’attività diretta a produrre nell’allievo sia l’istruzione che l’educazione.

I ragazzi considerano i docenti come modelli di condotta e come soggetti rappresentativi del sistema sociale adulto.

Franco Frabboni noto pedagogista italiano, aveva affermato che la scuola deve essere “aperta”, alla collaborazione e allo scambio con l’ambiente sociale.

È certamente nell’ambiente scuola, che lo studente diventa “una spugna” che assorbe le conoscenze e i saperi che gli vengono forniti, e diventa anche il protagonista delle prime discussioni, conflitti, all’interno di questo contesto sociale. Così nella scuola, gli insegnanti rappresentano una figura di educatore per professione fondamentale alla crescita del nuovo cittadino.

Preminente diventa quindi, la figura dell’”insegnante-mediatore”, un “filtro” che drena le paure, gli stati d’animo del discepolo, studiando la sua personalità, il modo di relazionarsi agli altri, al fine di comprendere il motivo che magari ha fatto scaturire un conflitto con i suoi pari, in modo da riuscire a ristabilire una certa “pace sociale”.

La mediazione scolastica consiste nel riuscire a comporre i conflitti che si sviluppano dentro e fuori le aule, tra allievi e allievi, tra docenti e allievi, docenti e docenti, come pure tra allievi o docenti e genitori degli allievi. L’obiettivo è quello di aiutare a ridurre le tensioni che possono sorgere all’interno della comunità scolastica, ai fini di ripristinare e conservare scambi costruttivi sul piano umano, individuale e sociale.

La mediazione accoglie il disordine. È un momento, un luogo, in cui è possibile esprimere le nostre differenze e riconoscere quelle degli altri…”, spiegava J. Morineau.

Il Decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, che ha istituito la mediazione in Italia, ha la seguente dicitura “attuazione dell’articolo 60 della legge 18 giugno 2009, n. 69, in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali”.

Con detto intervento normativo è stato dunque esplicitamente inserito all’interno del nostro ordinamento giuridico (e, in particolare, in seno all’architettura del processo civile) l’istituto della mediazione civile e commerciale.

Le materie per le quali è attualmente prevista la mediazione obbligatoria sono le seguenti: condominio; diritti reali; divisione; successioni ereditarie; patti di famiglia; locazione; comodato; affitto di azienda; risarcimento del danno da responsabilità medica; risarcimento del danno da diffamazione a mezzo stampa o con altro mezzo; contratti assicurativi, bancari e finanziari; inadempimento di obbligazioni contrattuali connesso all’emergenza Covid-19.

Esistono inoltre, altri tipi di mediazione: penale e penale minorile, familiare, coniugale, culturale Religiosa, di Impresa Marchi e Brevetti, Sociale e scolastica.

 

La mediazione scolastica nasce in parallelo con la mediazione familiare

Nel 1981 nascono i primi programmi di mediazione scolastica a San Francisco, assumendo le caratteristiche della cosiddetta “peer mediation“.

Nella “peer mediation” si istruiscono alcuni ragazzi sulle tecniche d’ascolto e sulla gestione dei conflitti e poi si lascia che siano loro stessi ad intervenire nelle situazioni conflittuali tra pari.

Nel 1983, a Bruxelles si svilupparono programmi di mediazione per facilitare il dialogo tra genitori ed insegnanti. In questo caso si parla di “programma di formazione alle gestione del conflitto”. Insegnanti e genitori vengono favoriti dalle conoscenze di cosa sia il conflitto e di come gestire al meglio l’ascolto e la comunicazione, in modo da non trasformare le relazioni in conflitti.

Un altro tipo di intervento di mediazione scolastica è lo “sportello di mediazione” vero e proprio. In questo caso un mediatore sarà presente in alcuni orari per gestire i conflitti nelle varie relazioni: tra pari, tra genitori e insegnanti, tra insegnanti e insegnanti, tra insegnanti e allievi e tra insegnanti e dirigenza.

Nella scuola diritti e responsabilità entrano in gioco in modo più significativo, perché la violenza si verifica sempre più spesso nel contesto scolastico e nasce dall’impossibilità di esprimere le proprie sofferenze e i propri bisogni.

Il dovere di sorveglianza o vigilanza è connaturato alla qualità di insegnante e implica anche degli obblighi positivi di educazione. Pertanto dalla legge deriva un preciso dovere giuridico positivo per gli insegnanti che si sostanzia nell’impedire con la loro sorveglianza o vigilanza che i minori e gli incapaci compiano atti dannosi per i terzi. Tale dovere è stato ribadito inserendolo nei servizi pubblici essenziali ai sensi della Legge n.146 del 1990.

È proprio nella scuola che, attraverso l’educazione, si prendono in considerazione i sentimenti, l’ascolto, lo sviluppo delle responsabilità individuali e sociali, l’autonomia, l’iniziativa personale e collettiva attraverso il rispetto delle cose e delle persone.

 

Mediazione scolastica: l’importanza del dialogo e dell’ascolto del minore

L’articolo 147 del codice civile italiano pone le basi del diritto del minore ad essere ascoltato e comincia proprio dal primo nucleo in cui si ritrova un fanciullo, la famiglia; esso riguarda, ad esempio, le decisioni sulla scelta della scuola, della professione religiosa o dello sport da praticare.

L’articolo sopramenzionato enuncia espressamente il dovere dei genitori di “tener conto dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli”.

Questo dovere di ascolto si pone anche a carico di altre comunità sociali e sicuramente la scuola riveste un ruolo importante per dare risalto e attenzione al minore.

L’articolo 147 codice civile è di grande peso perché rende legislativamente arbitraria ogni iniziativa dei genitori volta a forzare, senza motivo, la personalità del minore e, inoltre, viene data la legittimità al figlio di resistere ad ogni compressione e alterazione della propria individualità.

A questa espressa previsione normativa si affiancano una serie di norme dei Trattati internazionali ben conosciuti tra cui la famosissima Convenzione di New York del 1989 sui diritti del fanciullo, la Convenzione europea di Strasburgo del 1996 sull’esercizio dei diritti del fanciullo. L’ascolto del fanciullo e dell’adolescente è, senza dubbio, il mezzo più efficace e concreto con il quale realizzare la volontà e la promozione del minore cui è orientata tutta la scienza del diritto e non solo.

L’articolo 40 primo comma della Convenzione di New York sui diritti dell’infanzia stabilisce che “gli Stati parti riconoscono a ogni fanciullo sospettato, accusato o riconosciuto colpevole di reato penale il diritto a un trattamento tale da favorire il suo senso della dignità e del valore personale, che rafforzi il suo rispetto per i diritti dell’uomo e le libertà fondamentali e che tenga conto della sua età nonché della necessità di facilitare il suo reinserimento nella società e di fargli svolgere un ruolo costruttivo in seno a quest’ultima.

È necessario quindi, il diritto a un trattamento che non solo rispetti e quindi non leda la dignità del minore, ma addirittura favorisca, nel minore stesso, il senso della sua dignità e del suo valore personale.

Dialogare e ascoltare il minore diventano compiti essenziali, non solo di un buon pedagogista/psicologo/educatore, al fine di far uscire dalla scuola giovani preparati ad affrontare il nuovo mondo, e quindi cittadini consapevoli, ma anche di un buon mediatore; dialogare e saper ascoltare il minore diventa compito fondamentale anche di un magistrato che si occupa di studiare in maniera approfondita la situazione che ha coinvolto il minore, diventando egli stesso un mediatore capace di far emergere gli stati d’animo e le paure che stanno alla base del conflitto.

 

Mediazione scolastica: prospettive future

Purtroppo in Italia la mediazione scolastica pare ancora poco praticata anche perché deve continuamente scontrarsi con la costante mancanza di fondi, nonché con la difficoltà di individuare e collocare con la dovuta precisione la figura del mediatore scolastico.

La mancanza di una chiara definizione condivisa della figura del mediatore scolastico, così come il range più o meno ampio e vario dei suoi interventi, talvolta può disorientare anche i destinatari finali.

Alcuni interrogativi possono essere d’aiuto per cercare di collocarsi nella giusta prospettiva di riflessione: visto il suo ruolo di terzo, sarebbe forse opportuno che il mediatore scolastico fosse una figura più esterna al sistema scolastico, al fine di non ritrovarsi parte attiva nelle dinamiche relazionali e conflittuali interne?

La mediazione scolastica ha lo scopo di creare un nuovo spazio di gestione dei conflitti, stabilendo un clima di fiducia necessario alla ricerca di soluzioni tra le parti. Questo processo abbraccia non solo il singolo sistema scolastico, ma tutti gli altri sistemi sociali, apparati burocratici, uffici competenti fino ad arrivare alle alte strutture del Ministero della Pubblica Istruzione a cui la scuola è inevitabilmente relazionata.

 

Mediazione scolastica: conclusioni

Normalmente la mediazione scolastica è tesa alla prevenzione di fenomeni di violenza a scuola, all’insegnamento di strategie per mediare un conflitto.

La mediazione ha l’obiettivo di ridurre le sanzioni disciplinari tradizionali, come le sospensioni o i richiami del preside, l’assenteismo e la dispersione scolastica dei ragazzi implicati in conflitti tra pari o con adulti, al fine di aumentare il senso di sicurezza e fiducia nell’istituzione, nonché le capacità sociali e relazionali dei ragazzi/e.

Fornire, quindi, strumenti di gestione del conflitto all’interno della scuola può prevenire situazioni di aggressività, di scontro e di conflittualità tra i singoli individui o tra gruppi (es. il bullismo) che si rendono più evidenti e più difficili da trattare nella fase adolescenziale.

In ogni caso, comunque, la mediazione scolastica non potrà mai sostituire l’autorità didattica.