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Responsabilità dei dirigenti delle carceri e concessione di misure alternative alla detenzione

RTF
carceri
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Abstract

Favorire, da un lato, la reintegrazione del detenuto, una volta che abbia espiato la pena detentiva e preservare, dall’altro lato, nel modo migliore possibile, la collettività dalla perpetrazione di ulteriori reati da parte del detenuto, al quale vengono accordati benefici penitenziari, richiede una capacità di prognosi molto elevata da parte dei dirigenti delle carceri.

 

Il 18.12.2015 il Landgericht (Tribunale) di Limburg aveva condannato, per omicidio colposo (§ 222 StGB – Cod. Pen.) due dirigenti di una JVA = Justizvollzugsanstalt = Casa circondariale, alla pena di mesi 9 di reclusione, con il beneficio, per entrambi, della sospensione condizionale della pena. Inoltre, erano stati condannati al pagamento di 10.000 rispettivamente di 8.000 Euro in favore di un’istituzione con scopi di beneficienza.

Riteneva, il suddetto Landgericht (LG), che i due imputati si fossero resi colpevoli del reato previsto e punito dal § 222 StGB, in quanto avevano concesso a un detenuto – che aveva una sfilza di precedenti penali (in gran parte per violazioni (20) della StVO (Codice della Strada) – la Vollzugslockerung (beneficio) des Freiganges, vale a dire, la possibilità di lavorare all’esterno del carcere in un determinato orario nonché altri benefici, ma con la prescrizione, che gli era stato espressamente vietato di condurre autoveicoli.

Il condannato, in data 26.8.2013, si era presentato spontaneamente alla JVA, alla quale era stato assegnato per l’esecuzione della pena. In carcere aveva tenuto, per 14 mesi, un comportamento che non aveva dato adito a “censura” alcuna (“beanstandungsfreies Vollzugsverhalten”), tant’è vero che gli era stato concesso anche qualche giorno di “Hafturlaub” (una specie di licenza-premio).

Nel gennaio del 2015, mentre si trovava fuori dalla JVA, il “Freigänger”, si era impossessato di un’autovettura.

Una pattuglia della polizia, in servizio sull’autostrada, lo voleva fermare per un controllo, ma il “Freigänger”, anziché fermarsi, si era dato alla fuga e aveva poi imboccato in senso contrario (cioè ”als Geisterfahrer”) una superstrada, sempre tallonato dalla vettura della polizia, che aveva tentato di speronarlo.

Lo “Strafgefangene im Freigang” era poi finito – ad alta velocità- frontalmente contro un’autovettura, il cui conducente (di 21 anni) era deceduto all’istante. Il “Geisterfahrer” veniva condannato – alcun i mesi dopo questo incidente – per omicidio, all’ergastolo e la sentenza era passata in giudicato.

Ma la cosa non è finita qui.

Due dei tre dirigenti della JVA, che avevano concesso il “Freigang”, venivano tratti a giudizio per omicidio colposo e condannati, entrambi, alla pena di cui sopra. Motivava, il LG Limburg, la sua decisione, con il fatto che l’autore dell’incidente, che era costata la vita a un a persona di 21 anni, aveva ben 24 precedenti penali (in gran parte (20) per violazioni (anche gravi) della StVO (Codice della Strada), per cui, da tempo, gli era stata revocata la patenti di guida.

Com’era risultato dopo il predetto incidente con conseguenze mortali, questo signore, nonostante l’avvenuta revoca della patente di giuda e nonostante il divieto specifico di guidare veicoli, divieto che gli era stato imposto in sede di concessione del beneficio del “Freigang”, ripetutamente, trovandosi fuori dalla JVA, si era impossessato di autovetture e le aveva condotte “im öffentlicher Straßenverkehr (su strade pubbliche).

Concedere “Freigang” (e altri benefici penitenziari) a una persona del genere, era, ad avviso del Landgericht, ai limiti dell’assurdo o comunque ingiustificabile sotto ogni punto di vista, avendo questo signore mostrato, ripetutamente, “einen offensichtlichen und ausgeprägten Hang zu strafbarem Verhalten im Straßenverkehr” (una spiccata e palese tendenza a violare le norme del Codice della Strada).

La decisione dei dirigenti della JVA era “objektiv willkürlich” (oggettivamente arbitraria) e pure palesemente erronea anche in diritto. Il reato di guida senza patente, secondo risultanze statistiche, riferite all’intera RFT, è una “Straftat mit einer sehr hohen, spezifischen Rückfallquote”, un reato caratterizzato da un indice molto elevato di recidiva specifica. Viene, in proposito, in mente una celebre frase pronunziata da Epicuro (Lettera Pitocle): “Ogni bene e ogni male, risiede nella possibilità di sentirlo”.

I sintomi della tendenza a commettere violazioni delle norme che disciplinano il traffico su strade pubbliche, erano, nel caso de quo, “erkennbar” per chiunque ed essi non erano stati (adeguatamente) valutati, anzi, per nulla presi in considerazione.

La decisione dei dirigenti della JVA, doveva ritenersi non soltanto “erkennbar sorgfaltswidrig”, ma in außergewöhnlichem Maße” in contrasto con il dovere di diligenza, che incombe (in particolare) a chi è preposto a valutare i presupposti per la fruizione dei benefici penitenziari. “Freigang” poteva essere accordato soltanto a un detenuto, qualora si potesse – ragionevolmente – presumere, che non avrebbe più commesso ulteriori reati. Doveva altresí essere presumibile, che non avrebbe abusato del “Freigang” per delinquere.

Una prognosi positiva presupponeva, che sarebbe stata da attendersi, da parte del detenuto, una vita senza ulteriormente delinquere. Mere speranze in tal senso non sono sufficienti (BGH 5 StR 394/15). D’altra parte, non si richiede “sichere Gewähr” (vale a dire, garanzia certa circa la non commissione di ulteriori reati). È ben vero che alla “Treffsicherheit der Kriminalprognose” è sempre immanente una “Fehlerquote”, più o meno elevata, ma la sicurezza della collettività deve prevalere.

È stato anche detto che la positive Legalprognose postula, che deve sussistere una probabilità più elevata, che il “Freigaänger” non delinquerà rispetto alla prospettiva che possa commettere ulteriori reati oppure che non abuserà dei benefici penitenziari per delinquere. Prescrizioni imposte al beneficiario, sono atte a ridurre il rischio della commissione di ulteriori reati.

Eventuali dubbi, che la persona si asterrà dal delinquere, non possono essere valutati a favore del beneficiario, ma vanno carico dello stesso. Il legislatore, in occasione della riforma del § 2 StVollzG, si è espresso nel senso di un “vorrangigen Schutz der Allgemeinheit” (per una tutela preminente della collettività).

In sede di valutazione del rischio, che possano essere commessi ulteriori reati, si può tenere anche conto di dati statistici, che però sono d’importanza relativa per un’“individuellen Gefährlichkeitsprognose”, indispensabile ai fini della concessione di benefici penitenziari. Le decisioni in materia, devono porre soprattutto l’accento sulla prevenzione speciale.                

Non era stato valutato il notevole pericolo per la collettività, rappresentato da una persona del genere. È senz’altro vero che quello che ha detto Seneca nella “Brevità della vita”: “Grande profundum est ipse homo” = L’uomo stesso è un grande abisso”.

 La prognosi, alla quale avrebbero dovuto procedere i dirigenti della JVA, prima della concessione del “Freigang”, non era razionalmente spiegabile e certamente non condivisibile. Inoltre, non si era tenuto conto di fatti noti e assai indicativi. Il detenuto, prima dell’inizio della detenzione, aveva commesso violazioni del Codice della Strada, dalle quali era risultato la sua pericolosità per la collettività e la mancanza di riguardo per i “Mitmenschen”.

Una volta, per esempio, dopo che gli era stato intimato di fermarsi per un controllo, aveva diretto, deliberatamente, la vettura da lui pilotata, contro un agente di polizia, che era però riuscito a scansarsi. Il canone, al quale sembra si sia ispirato questo detenuto, è: Pecca fortiter, sed cupe fortius.

Non vi era stato nessun accertamento, che questa persona osservasse gli obblighi, che le erano stati imposti, in particolare, il divieto di condurre autoveicoli durante i periodi in cui si trovava all’esterno della JVA.

Ha osservato poi il LG Limburg, che era ben vero che i dirigenti delle carceri non sono responsabili per reati commessi dai “Freigänger”; tuttavia, questa responsabilità sussiste, qualora, in sede di concessione di misure alternative alla detenzione, sia ravvisabile un comportamento manifestamente contrario alla “Sorgfalt”, che, necessariamente, deve ispirare i dirigenti della JVA quando concedono le predette misure.

L’offene Vollzug può essere concesso soltanto, se è da presumere, che il detenuto non commetterà altri reati e questa presunzione, nel caso de quo, non poteva ritenersi sussistente, considerati i (molti) precedenti (specifici) del detenuto, refrattario all’osservanza delle norme che disciplinano il traffico, quando è al volante di un’automobile.

Ciò premesso, il LG Limburg aveva condannato due dirigenti della JVA alla pena di cui sopra, mentre il terzo dirigente veniva assolto dal reato previsto e punito dal § 222 StGB, in quanto, in sede di decisione sul “Freigang”, aveva manifestato parere contrario alla concessione dello stesso e ciò, per sua fortuna, era anche risultato dal verbale redatto in tale occasione.

Proposta “Revision” (impugnazione) da parte dei due condannati, la Corte Suprema Federale, il “Bundesgerichtshof” (BGH), aveva assolto entrambi dal reato, per il quale vi era stata condanna.

Ad avviso del BGH, dirigenti delle JVA, nel caso portato all’esame di esso Supremo Collegio, non possono essere ritenuti responsabili per il reato di omicidio colposo (“fahrlässige Tötung”), se non è provata la “Sorgfaltspflichtverletzung” (la violazione del dovere di diligenza) in sede di concessione di “Vollzugslockerungen” , neppure se il “Freigänger” commette un omicidio, per il quale è stato poi condannato all’ergastolo con sentenza passata in giudicato.

Il PM, nel corso del processo di primo grado, aveva messo in evidenza, che l’omicidio è stato reso possibile (soltanto) a seguito della “Freiganggewährung”. Il BGH, invece, ha assolto entrambi gli imputati, sul presupposto, che non avrebbero agito “fahrlässig” (con colpa). Argomentava, la Suprema Corte Federale, che dirigenti delle JVA, decidendo su misure alternative alla detenzione in carcere, devono tenere conto, da un lato, della sicurezza della collettività e, dall’altro lato, del “Resozialisierungsinteresse” (interesse alla risocializzazione) del condannato, come previsto dalla Costituzione Federale (GG) . Un rischio residuale (“Restrisiko”), non è evitabile ed è un rischio che la collettività deve “correre”.

Peraltro, il § 45, 2° comma, del Landesvollzugsgesetz (Ordinamento penitenziario) del Rheinland-Pfalz, prevede, che  i detenuti, ai quali vengono concessi benefici penitenziari, devono essere “erprobt” (messi alla prova) attraverso le cosiddette Lockerungen. A ogni “Erprobung” e a ogni decisione di carattere prognostico, inerisce, necessariamente, un “Wagnis”, un rischio. I reati, per i quali il detenuto era stato condannato in precedenza, erano classificabili, ad avviso della Suprema Corte, come “niedrige Kriminalität”. Veniva richiamata una frase di G. Radbruch: “In purer Isolation von der realen Welt, wird kein Mensch gebessert”, (Nel totale isolamento dal mondo reale, nessuna persona migliora).

Nel caso in esame, i due dirigenti si erano attenuti alla normativa prevista nel Rheinland - Pfalz in materia di esecuzione della pena detentiva e avevano tenuto conto di tutti i fatti e circostanze noti al momento della decisione sul “Freigang”, senza eccedere i limiti del “Beurteilungsspielraum” (discrezionalità) a essi spettante. Non vi era stato obbligo, da parte dei dirigenti, di richiedere ulteriori informazioni prima di decidere sul “Freigang”.

Il reato commesso dal “Freigänger” (che non era persona dedita al consumo di sostanze stupefacenti), non era stato prevedibile; “er habe außerhalb des für gewöhnlich zu Erwartenden gelegen” (era al di fuori di quanto comunemente era da aspettarsi). Ad avviso del BGH, i dirigenti non avevano violato neppure il loro dovere di controllo. Non potevano né dovevano “attendersi” un comportamento quale posto in essere dal “Freigäger”.

Sulla decisione del BGH, forse inconsapevolmente, ha influito il fatto, che, nel passato ventennio, il numero della concessione di benefici penitenziari è stato in costante diminuzione, con conseguente aumento dei reclusi nelle JVA dei vari Länder della RFT, il cui numero, non di rado, è al di sopra della capacità regolamentare.

Sia la sentenza di prima grado, che quella della Corte Suprema Federale, avevano suscitato vivo interesse (per non dire scalpore, specie per quanto concerne quella del LG Limburg). L’Urteil di questo tribunale era stato criticato – ovviamente – dai sindacati del personale delle JVA. Si era detto, che una sentenza del genere, se fosse stata confermata dal BGH, avrebbe segnato l’Aus für Vollzugslockerungen, in particolare, la fine della concessione di “Freigänge”. Sentenze del genere avrebbero avuto per conseguenza, rendere responsabili i dirigenti delle JVA dei reati commessi dai detenuti durante il “Freigang”, il che era in palese contrasto con il principio che la responsabilità penale è personale.

Ma, pure la sentenza del BGH, non è stata ampiamente condivisa, dato che concedere “Freigang” a una persona, con un numero di precedenti penali che abbiamo visto sopra, doveva essere ritenuto perlomeno “gewagt”, per non dire, azzardato. Non impedire un evento, che si ha il dovere di impedire, equivale a…..

La decisione di riforma della sentenza del LG Limburg suscita una certa “sorpresa”, se si pone mente al fatto che nella prima metà del 2003, il § 2 dello Strafvollzugsgesetz (StVollzG) = Ordinamento penitenziario) era stato modificato, anzi, l’intero paragrafo era stato sostituito da quello ora vigente.

Nella relazione accompagnatoria al disegno di legge riformatore, che poi ha ottenuto l’approvazione parlamentare, il ministro della Giustizia aveva osservato, che l’allora vigente § 2, indicava un “alleiniges Vollzugsziel” (un unico obiettivo dell’esecuzione della pena detentiva), cioè  il “Resozialisierungsgebot”  (l’obbligo di rieducare il detenuto). Una norma di tal fatta, ad avviso del ministro della Giustizia, non teneva sufficientemente conto “dem gewachsenen Schutzbedürfnis der Bevölkerung” (dell’aumentata esigenza di tutela della popolazione).

In sede di concessione di “Vollzugslockerungen”, deve essere riconosciuta la dovuto importanza alla difesa e alla sicurezza della collettività, importanza, che sia almeno pari a quella che è stata attribuita allo scopo di rieducazione del condannato in espiazione di pena.

Nel § 2 StVollzG, vigente anteriormente alla riforma di cui sopra, il fine rieducativo della detenzione in carcere, era stato indicato quale unico “Ziel” (obiettivo), mentre la tutela della collettività dalla perpetrazione di ulteriori reati (da parte del detenuto) figurava semplicemente come “Aufgabe”. Aveva osservato, il proponente del disegno di legge di riforma del § 2 StVollzG, che da dati statistici era emerso un crescete numero di detenuti, che non erano, nè “resozialisierungswillig”, nè “resozialisierungsfähig” (mancava la volontà o comunque la capacità di redimersi).

Dato che nella RFT soltanto una percentuale relativamente bassa è sottoposta a pena detentiva in carcere, può dirsi che nelle JVA vi sono, in larghissima prevalenza, persone da qualificare pericolose (che spesso rifiutano i “Behandlungsangebote” (le “offerte di trattamento”) di cui potrebbero fruire nelle JVA.

Ha messo in rilievo, il ministro della Giustizia, che all’Überbewertung der Resozialisierung” (attribuire eccessiva importanza alla risocializzazione), qual era sancita nell’allora vigente StVollzG, avevano contribuito – non poco – le pronunzie degli uffici giudiziari (ivi compreso il BGH). Era, pertanto, ora di cambiare nel senso, che la “vorrangige Ausrichtung des Vollzugs auf die Bedürfnisse der Gefangenen, muss gegenüber einem erhöhten Schutzbedürfnis der Bevölkerung zurücktreten”; in altre parole, alle esigenze di tutela (e di sicurezza) della collettività, va attribuita maggiore importanza rispetto a quelle dei detenuti.

È stato osservato, infine, che nei casi di detenzione per l’espiazione di pene di breve durata, l’obiettivo della rieducazione/risocializzazione, spesso, non è neppure realizzabile.

Il § 2 StVollzG, nella versione posteriore alla riforma, è il seguente: “L’esecuzione della pena detentiva deve abilitare il recluso a una vita senza delinquere in futuro (vale dire, dopo la dimissione dalla JVA). Al contempo, l’esecuzione della pena detentiva, ha l’obiettivo (“Vollzugsziel”) di tutelare la collettività dalla commissione di altri reati”.

Alla luce di questa disposizione normativa (piuttosto chiara e univoca) e in considerazione dell’accertato svolgimento dei fatti sopra esposti, la succitata sentenza del BGH, non può non suscitare qualche perplessità.