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Rito Fornero: non si applica se la qualificazione del rapporto di lavoro coinvolge un soggetto terzo

Il Rito Fornero non si applica se la “qualificazione del rapporto di lavoro”, ai sensi dell’art. 1, comma 47, Legge Fornero, coinvolge un soggetto terzo rispetto a lavoratore ed originario datore di lavoro. In caso di errore nel rito, andrà pronunciato il rigetto della domanda e non la conversione del rito.

Con Sentenza n. 2455/2014 pronunciata ai sensi dell’articolo 1, comma 57, Legge 92/2012 (cosiddetta “Legge Fornero”) in data 18 luglio 2014, la Dott.ssa Laura Bertoli della Sezione Lavoro del Tribunale di Milano ha definito il procedimento RG 3496/2014 di opposizione all’ordinanza conclusiva della fase sommaria ex articolo 1, comma 49, Legge Fornero, enunciando due principi di diritto, concernenti il Rito Fornero, oggetto di contrasti giurisprudenziali.

Il Tribunale ha ritenuto in primis, condivisibilmente, che il concetto di qualificazione del rapporto di lavoro, previsto dall’articolo 1, comma 47, Legge Fornero, debba riguardare esclusivamente il lavoratore e l’originario datore di lavoro, e non il primo ed un soggetto terzo.

Nella fattispecie, parte ricorrente adiva il Tribunale del Lavoro chiedendo la dichiarazione di nullità del licenziamento e la reintegrazione (non presso la società con cui era sorto il rapporto, bensì) presso la società cessionaria dell’azienda, lamentando una – di fatto – fittizia operazione di cessione d’azienda.

Il Giudice, in accoglimento dell’eccezione pregiudiziale sollevata dai legali delle parti resistenti Avv.ti Filippo Parisi e Paola Caferri, ha ritenuto che “la problematica della qualificazione debba riguardare unicamente il rapporto tra le stesse parti tra cui è intercorso il rapporto che ha portato all’atto impugnato e non tra una di esse e un soggetto terzo”, così negando l’applicabilità del Rito Fornero e rigettando la domanda per errore nel rito.

Conseguenza dell’errore di rito, inoltre, non potrà essere la conversione da Rito Fornero a Rito ordinario, bensì il rigetto della pretesa, in quanto la conversione non è espressamente prevista dalle norme procedurali del Rito Fornero, come avviene invece in altri casi: “non vi è margine per applicare l’articolo 4 del Decreto Legislativo 150/2011, invocato dalla ricorrente: la norma allude infatti alla diversa ipotesi di errore nella scelta tra i riti contemplati da quel decreto legislativo, nei casi previsti da quel decreto, e non altre ipotesi”.

Infine il Tribunale ha avuto modo di pronunciarsi, incidenter tantum, sulle sorti processuali della chiamata in causa di una persona giuridica già cancellata dal registro delle imprese, confermando in questo caso il costante indirizzo giurisprudenziale: “nel caso in esame l’estinzione della società è avvenuta prima dell’instaurazione del giudizio di opposizione … con la conseguenza (non di dar luogo ad un evento interruttivo del processo, non ancora pendente, bensì) di una vocatio in jus avvenuta invalidamente, nei confronti di soggetto ormai inesistente. Agli effetti giuridici, infatti, la cancellazione della persona giuridica dal registro delle imprese equivale al decesso della persona fisica … Trattandosi di inesistenza della chiamata in causa … il vizio si traduce nella mancata costituzione del rapporto processuale …; il vizio non è sanabile nel presente giudizio”.

Per la Sentenza clicca quì.

Il Rito Fornero non si applica se la “qualificazione del rapporto di lavoro”, ai sensi dell’art. 1, comma 47, Legge Fornero, coinvolge un soggetto terzo rispetto a lavoratore ed originario datore di lavoro. In caso di errore nel rito, andrà pronunciato il rigetto della domanda e non la conversione del rito.

Con Sentenza n. 2455/2014 pronunciata ai sensi dell’articolo 1, comma 57, Legge 92/2012 (cosiddetta “Legge Fornero”) in data 18 luglio 2014, la Dott.ssa Laura Bertoli della Sezione Lavoro del Tribunale di Milano ha definito il procedimento RG 3496/2014 di opposizione all’ordinanza conclusiva della fase sommaria ex articolo 1, comma 49, Legge Fornero, enunciando due principi di diritto, concernenti il Rito Fornero, oggetto di contrasti giurisprudenziali.

Il Tribunale ha ritenuto in primis, condivisibilmente, che il concetto di qualificazione del rapporto di lavoro, previsto dall’articolo 1, comma 47, Legge Fornero, debba riguardare esclusivamente il lavoratore e l’originario datore di lavoro, e non il primo ed un soggetto terzo.

Nella fattispecie, parte ricorrente adiva il Tribunale del Lavoro chiedendo la dichiarazione di nullità del licenziamento e la reintegrazione (non presso la società con cui era sorto il rapporto, bensì) presso la società cessionaria dell’azienda, lamentando una – di fatto – fittizia operazione di cessione d’azienda.

Il Giudice, in accoglimento dell’eccezione pregiudiziale sollevata dai legali delle parti resistenti Avv.ti Filippo Parisi e Paola Caferri, ha ritenuto che “la problematica della qualificazione debba riguardare unicamente il rapporto tra le stesse parti tra cui è intercorso il rapporto che ha portato all’atto impugnato e non tra una di esse e un soggetto terzo”, così negando l’applicabilità del Rito Fornero e rigettando la domanda per errore nel rito.

Conseguenza dell’errore di rito, inoltre, non potrà essere la conversione da Rito Fornero a Rito ordinario, bensì il rigetto della pretesa, in quanto la conversione non è espressamente prevista dalle norme procedurali del Rito Fornero, come avviene invece in altri casi: “non vi è margine per applicare l’articolo 4 del Decreto Legislativo 150/2011, invocato dalla ricorrente: la norma allude infatti alla diversa ipotesi di errore nella scelta tra i riti contemplati da quel decreto legislativo, nei casi previsti da quel decreto, e non altre ipotesi”.

Infine il Tribunale ha avuto modo di pronunciarsi, incidenter tantum, sulle sorti processuali della chiamata in causa di una persona giuridica già cancellata dal registro delle imprese, confermando in questo caso il costante indirizzo giurisprudenziale: “nel caso in esame l’estinzione della società è avvenuta prima dell’instaurazione del giudizio di opposizione … con la conseguenza (non di dar luogo ad un evento interruttivo del processo, non ancora pendente, bensì) di una vocatio in jus avvenuta invalidamente, nei confronti di soggetto ormai inesistente. Agli effetti giuridici, infatti, la cancellazione della persona giuridica dal registro delle imprese equivale al decesso della persona fisica … Trattandosi di inesistenza della chiamata in causa … il vizio si traduce nella mancata costituzione del rapporto processuale …; il vizio non è sanabile nel presente giudizio”.

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