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Sì al sequestro dei beni futuri e non ancora individuabili

Vasto, 2017
Ph. Alessandro Saggio / Vasto, 2017

Con la sentenza n. 36369 del 7 ottobre 2021, la Corte di Cassazione ha affermato che, ai fini dell’applicazione della misura cautelare del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, non è necessario che il bene sia venuto ad esistenza, ben potendosi trattare di bene futuro non ancora individuabile; non così per la confisca, che deve avere ad oggetto un bene individuabile e determinato.

Nel caso in esame, il Tribunale del luogo aveva rigettato l’opposizione proposta contro il provvedimento del GIP del medesimo Tribunale che aveva respinto la richiesta di restituzione di somme confiscate nei confronti di una contribuente condannata, con decreto penale di condanna divenuto esecutivo, per il reato di utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti di cui all’articolo 2 del Decreto Legislativo n. 74/2000.

Avverso tale decisione, la ricorrente proponeva ricorso per Cassazione, deducendo, tra i vari motivi, violazione di legge per inosservanza o erronea applicazione dell’articolo 12-bis del Decreto Legislativo n. 74/2000, avendo il Tribunale ritenuto confiscabili per equivalente anche somme ottenute a titolo di stipendio e pensione di invalidità e di risarcimento danni, entrate lecitamente nella disponibilità della ricorrente dopo la data di irrevocabilità del provvedimento di confisca.

Pertanto, la confisca di tali somme era da ritenersi illegittima perché intervenuta su “beni futuri”, ossia beni che al momento della condanna non erano ancora presenti nel patrimonio della stessa. Del tutto erroneo era da ritenersi, a parer della ricorrente, quanto sostenuto dal giudicante nella pronuncia impugnata, secondo cui la confisca sarebbe idonea a far sorgere in capo al soggetto attinto dalla stessa un’obbligazione analoga a quella di natura civilistica, con conseguente responsabilità patrimoniale universale del condannato-debitore (articolo 2740 Codice Civile).

Al di là dell’esito della decisione (annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale del luogo per nuovo giudizio), la questione giuridica prospettata nel ricorso offre alla Cassazione l’opportunità di precisare i limiti di operatività che caratterizzano la confisca, che accompagna una pronuncia di condanna, e il sequestro preventivo finalizzato alla stessa.

Innanzitutto, i giudici di legittimità evocano l’orientamento secondo cui “avendo il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente, a differenza del sequestro preventivo “impeditivo”, natura sanzionatoria, non potrebbero essere sottoposti a tale vincolo i beni meramente futuri, non individuati e non individuabili”.

Senonché, nella sentenza in commento, la Cassazione ha precisato che detti limiti si applicano unicamente alla confisca. Considerato che gli effetti del sequestro sono inevitabilmente proiettati anche in una dimensione futura, essendo funzione dello stesso quello di impedire che i beni confiscabili non possano più essere reperiti, il fatto di assoggettare a sequestro per equivalente un “bene futuro” per un fatto commesso prima del provvedimento cautelare non significa disattendere il principio di legalità, tanto più ove si consideri che, nel caso della confisca per equivalente, nessuna pertinenza tra bene e reato è richiesta, trattandosi di beni che non rappresentano il profitto del reato ma unicamente l’equivalente dello stesso.

Né – si legge in sentenza – a diverse conclusioni può condurre l’argomento secondo cui, assoggettandosi a sequestro beni non ancora nella disponibilità dell’indagato ma che potrebbero un giorno ricadervi, si finirebbe per aggredire beni acquisiti del tutto lecitamente. Ciò in quanto, giova ricordarlo, il bene è sottoposto a confisca per equivalente non perché avente un collegamento con il reato ma in quanto di valore equivalente al profitto conseguito.

Per tali ragioni, “se è certamente necessario che la confisca riguardi solo beni esistenti al momento della sua adozione, non così può accadere per il sequestro, che è misura cautelare diretta a consentire alla confisca di potere operare, e che può invece, proprio per tal ragione, riguardare anche beni che vengano ad esistenza successivamente al sequestro stesso e sino al momento di adozione della confisca”.

Del tutto erronea è, pertanto, la ricostruzione, operata dal giudice di merito, secondo cui l’applicazione della confisca per equivalente farebbe sorgere un’obbligazione in capo al condannato a cui lo stesso sarebbe tenuto ad adempiere con tutti i suoi beni presenti e futuri, potendo essere confiscabili esclusivamente i beni sorti ed esistenti al momento dell’adozione del vincolo.

Come peraltro precisato dalla Corte, occorre distinguere tra beni futuri solo perché non ancora percepiti ma fin da subito individuabili (come possono essere ad esempio i canoni di locazione derivanti da un bene comunque già nella disponibilità dell’indagato) e beni futuri proprio in quanto non individuati e non individuabili: solo questi ultimi, in ragione dell’assenza del presupposto di determinatezza dell’oggetto della misura, sarebbero esclusi dall’ambito di applicazione della confisca ma non del sequestro ad essa finalizzato.

Volendo riassumere, secondo i giudici di Cassazione, il sequestro, che è misura cautelare diretta a consentire alla confisca di poter operare, può riguardare anche beni che vengano ad esistenza successivamente al sequestro stesso e sino al momento di adozione della confisca; quest’ultima può riguardare beni che, sebbene non ancora percepiti, siano fin da subito individuabili: ad assumere rilevanza ai fini della distinzione dell’ambito di applicazione dei due istituti non è la presenza o meno del bene assoggettato alla misura nel patrimonio del soggetto condannato, ma l’individuabilità e la determinatezza del bene che, se assente, preclude l’applicazione della confisca, soggetta al principio di non ultrattività in quanto (pacificamente) sanzione, ma non del sequestro ad essa finalizzato.