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Il giudizio di ottemperanza per il pagamento di somme in favore del contribuente o del difensore antistatario: la costituzione in mora e il passaggio in giudicato della sentenza non sono più condizioni di procedibilità

Nota a (Corte di Cassazione, ordinanza n. 11286 del 7 aprile 2022
Riscossione tributi
Ph. Antonio Zama / Riscossione tributi

Il giudizio di ottemperanza per il pagamento di somme in favore del contribuente o del difensore antistatario: la costituzione in mora e il passaggio in giudicato della sentenza non sono più condizioni di procedibilità

 

Premessa –  Il caso –  La disciplina del giudizio di ottemperanza e la motivazione dell’ordinanza

 

Premessa

La Suprema Corte di Cassazione, con la recente ordinanza n. 11286 del 7 aprile 2022, ha affrontato una tematica di rilevante importanza in materia tributaria, evidenziando che il giudizio di ottemperanza, nell’attuale formulazione dell’art. 70 D. Lgs. n. 546/1992, costituisce l’unico mezzo a disposizione del contribuente in materia di esecuzione coattiva delle sentenze tributarie, qualsiasi sia la natura del credito vantato.

Più precisamente, la Corte ha chiarito che, con l’entrata in vigore del D. Lgs. n. 156/2015, per l’esecuzione delle sentenze di condanna al pagamento di una somma di denaro non è più necessaria la costituzione in mora né il passaggio in giudicato della sentenza stessa.


Il caso

La vicenda in esame trae origine da un ricorso in ottemperanza proposto dal contribuente per l’esecuzione di una sentenza con cui i giudici tributari avevano condannato l’Amministrazione finanziaria al pagamento delle spese di lite, con distrazione in favore del difensore antistatario.

La CTP di Napoli (oggi denominata Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Napoli) dichiarava inammissibile il ricorso, statuendo che il giudizio di ottemperanza non potesse avere ad oggetto il pagamento delle spese di lite in favore del difensore della parte vittoriosa, dichiaratosi antistatario, poiché tali somme eccedevano l’ambito dell’esecuzione tributaria.

Più precisamente, i giudici di prime cure ritenevano che l’unico strumento per ottenere il pagamento delle spese processuali fosse quello dell’esecuzione ordinaria, disciplinata dal codice di procedura civile.

Avverso tale pronuncia, il difensore antistatario ricorreva dinanzi la Suprema Corte di Cassazione, lamentando la violazione e falsa applicazione degli artt. 69 e 70 D. Lgs. n. 546/1992, in quanto, dopo l’entrata in vigore del D. Lgs. n. 156/2015, che ha apportato notevoli modifiche a tali articoli, l’unico strumento previsto per l’esecuzione delle sentenze tributarie è il giudizio di ottemperanza, non essendo, al contrario, più possibile optare per l’esecuzione ordinaria.

I giudici di legittimità, con ordinanza n. 11286 del 7 aprile 2022, ritenendo valida la motivazione addotta dal ricorrente, hanno cassato la sentenza impugnata e rinviato la causa alla CTP di Napoli (oggi denominata Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Napoli).

Nella motivazione della sentenza, la Suprema Corte ha confermato che, dopo la riforma introdotta con il D. Lgs. n. 156/2015, il contribuente che ha interesse all’esecuzione coattiva di una sentenza tributaria può esperire esclusivamente il rimedio dell’ottemperanza.

Inoltre, nell’ordinanza in esame, la Corte ha evidenziato e ribadito un principio già molte volte enunciato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo il quale, in caso di mancata esecuzione della sentenza che ha condannato l’Amministrazione finanziaria al pagamento di somme in favore del contribuente o del difensore antistatario, il contribuente può avviare il giudizio di ottemperanza senza la previa costituzione in mora e senza dover attendere il passaggio in giudicato della sentenza.
 

La disciplina del giudizio di ottemperanza e la motivazione dell’ordinanza

Al fine di comprendere meglio la pronuncia di legittimità esaminata, è opportuno analizzare brevemente l’istituto dell’ottemperanza tributaria.

Il giudizio di ottemperanza, disciplinato dall’art. 70 D. Lgs. n. 546/1992, è uno strumento che consente al contribuente di ottenere, in caso di inerzia da parte dell’Amministrazione finanziaria, l’esecuzione delle sentenze emesse dal giudice tributario a lui favorevoli.

In altre parole, il giudizio di ottemperanza è lo strumento che permette al contribuente, risultato vittorioso all’esito di una controversia con l’Amministrazione finanziaria,  di chiedere alla Corte di Giustizia Tributaria che ha pronunciato la sentenza di cui si richiede l’esecuzione coattiva, di emettere tutti i provvedimenti necessari per ottenere l’adempimento di quanto disposto dalla sentenza stessa.

Aspetto fondamentale che preme evidenziare, anche alla luce dell’ordinanza in esame e contrariamente a quanto sostenuto dalla CTP di Napoli (oggi Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Napoli), è che il giudizio di ottemperanza, nell’attuale formulazione dell’art. 70 D. Lgs. n. 546/1992, costituisce l’unico mezzo a disposizione del contribuente in materia di esecuzione coattiva delle sentenze tributarie.

Infatti, prima dell’entrata in vigore del D. Lgs. n. 156/2015, il contribuente poteva ricorrere a due strumenti per chiedere e ottenere l’esecuzione della sentenza del giudice tributario:

  1. l’azione esecutiva ordinaria, esperibile secondo le norme del codice di procedura civile;
  2. o il giudizio di ottemperanza, ex art. 70 D. Lgs. n. 546/1992.

Questa duplice scelta era disciplinata dallo stesso citato art. 70 del D. Lgs. n. 546/1992, che, nella sua formulazione originaria, al primo comma affermava espressamente: “salvo quanto previsto dalle norme del c.p.c. per l’esecuzione forzata della sentenza di condanna costituente titolo esecutivo”.

Tuttavia, il suddetto inciso è stato soppresso con l’entrata in vigore del D. Lgs. n. 156/2015, escludendo, in tal modo, la possibilità del contribuente di operare una scelta in merito al tipo di esecuzione da esperire.

È, dunque, chiaro che, dopo la riforma, è stata data esclusività al giudizio di ottemperanza, divenuto l’unico strumento che garantisca al contribuente l’esecuzione delle sentenze tributarie.

Tanto chiarito, quanto appena detto trova conferma nell’ordinanza in commento (ordinanza n. 11286 del 7 aprile 2022), in cui i giudici di legittimità hanno espressamente statuito che: “È da condividere, pertanto, la censura con  cui il ricorrente si duole della pronuncia della CTP che ha ritenuto quale unico strumento previsto per il rimborso delle spese processuali del giudizio di ottemperanza quello dell’esecuzione forzata ordinaria senza considerare il modello prescelto dal legislatore delle tutele concorrenti”.

In altri termini, a parere della Corte e sulla base della normativa precedentemente richiamata, è erronea la conclusione a cui è giunta la CTP di Napoli che ha considerato l’esecuzione ordinaria, disciplinata dal codice di procedura civile, come l’unico strumento per ottenere il pagamento delle spese processuali, poiché, a seguito della predetta riforma, il contribuente che ha interesse all’esecuzione coattiva di una sentenza tributaria può esperire esclusivamente il rimedio dell’ottemperanza.

Oltre a ciò, nell’ordinanza de qua, i giudici di legittimità, nell’argomentare l’excursus decisionale, hanno ribadito un ulteriore principio ormai consolidato, in base al quale le sentenze emesse dalle Corti di Giustizia Tributaria di primo e secondo grado sono immediatamente esecutive.

In particolare, la Corte, sul punto, così ha disposto: “Dopo la novella di cui al d.lgs. n. 156 del 2016 (…) le sentenze che recano la condanna dell’Amministrazione finanziaria al pagamento delle spese processuali in favore del contribuente, secondo quanto previsto dagli artt. 15 e 69, comma 5, d.lgs. n. 546 del 1992, costituiscono immediatamente, in relazione a tale capo della decisione, titolo esecutivo”.

In particolare, la Corte ha basato la propria decisione sulla nuova formulazione dell’art. 67 bis, il quale dispone che: “le sentenze emesse dalle commissioni tributarie sono esecutive secondo quanto previsto dal presente capo”, riconoscendo, in tal modo, l’esecutività immediata delle pronunce delle Commissioni Tributarie, oggi denominate Corti di Giustizia Tributaria di primo e secondo grado.

Per di più, alla base della decisione a cui è giunta la Corte vi è l’ulteriore circostanza che, nonostante l’art. 70 D. Lgs. n. 546/1992 prescriva, quale ulteriore requisito, il passaggio in giudicato della sentenza, dopo l’entrata in vigore del D. Lgs. n. 156/2015 e come altresì chiarito dai giudici di legittimità con l’ordinanza de qua, il rimedio dell’ottemperanza può essere esperito anche per richiedere l’esecuzione di sentenze non definitive, ai sensi del combinato disposto degli artt. 67 bis, 68 e 69 D. Lgs. n. 546/1992.

Sul punto, l’art. 68 D. Lgs. n. 546/1992, nella sua attuale formulazione, chiarisce che il passaggio in giudicato della sentenza non costituisce più condizione di procedibilità per esperire il giudizio di ottemperanza. In particolare, al citato articolo è stato aggiunto, a seguito della riforma, il seguente periodo: “In caso di mancata esecuzione del rimborso il contribuente può richiedere l’ottemperanza a norma dell’art. 70 alla commissione provinciale ovvero, se il giudizio è pendente nei gradi successivi, alla commissione tributaria regionale”.

Della stessa portata è anche la nuova formulazione dell’art. 69 D. Lgs. n. 546/1992, che enuncia il principio secondo cui le sentenze emesse in senso favorevole al contribuente sono immediatamente esecutive, anche se soggette a impugnazione.

Pertanto, alla luce di quanto detto, è chiaro che, ai sensi della nuova normativa, le sentenze tributarie sono immediatamente esecutive e che il giudizio di ottemperanza può essere promosso per chiedere l’esecuzione coattiva sia di una sentenza passata in giudicato sia di una sentenza ancora soggetta ad impugnazione ma favorevole al contribuente.

Inoltre, i richiamati artt. 68, comma 2, e 69, comma 4, D. Lgs. n. 546/1992, nell’attuale formulazione, prevedono altresì uno specifico termine entro il quale l’Amministrazione finanziaria deve adempiere agli obblighi derivanti dalla sentenza.

Più precisamente, il nuovo art. 69 del D .Lgs. n. 546/1992 (così come il comma 2 dell’art. 68) dispone che “il pagamento delle somme dovute a seguito della sentenza deve essere eseguito entro novanta giorni dalla sua notificazione”.

Pertanto, dato che l’art. 70, comma 2, dispone che: “il ricorso è proponibile solo dopo la scadenza del termine entro il quale è prescritto dalla legge l’adempimento (…) o, in mancanza di tale termine, (…) dalla messa in mora», è evidente che l’atto di messa in mora, pur rispondendo alla necessità di individuare in maniera esatta gli importi dovuti, non costituisce più un obbligo né condizione per l’ammissibilità del ricorso.

Sul punto si è altresì espressa l’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 38/E del 29 dicembre 2015, confermando che il contribuente può esperire il rimedio dell’ottemperanza senza necessità formale di costituzione in mora e senza dover attendere il passaggio i giudicato della sentenza. In particolare, a pag. 89 della citata circolare, l’Ufficio si è espresso nei seguenti termini: “nei casi disciplinati dagli artt. 68, comma 2, e 69 comma 4, non si richiede l’atto di messa in mora e, dunque, il ricorso in ottemperanza potrà essere proposto decorsi 90 giorni dalla notificazione della sentenza da eseguire ovvero dalla presentazione della garanzia, se prevista”.

Ciò posto, in virtù di quanto appena detto, la Suprema Corte di Cassazione, con l’ordinanza in commento, sul punto ha così argomentato: “Si è esteso così al processo tributario il principio di cui all’art. 282 cod. proc. civ., ed ai sensi del comma 4, dell’art. 69, d.lgs. n. 546 del 1992, il pagamento delle somme dovute a tale titolo al contribuente o al difensore antistatario, deve essere eseguito nel termine di novanta giorni dalla notifica della sentenza secondo le modalità previste di cui all’art. 38, d.lgs. citato, ed in caso di mancata esecuzione della sentenza, prevede il comma 4, dell’art. 69 in esame, il contribuente può promuovere il giudizio di ottemperanza senza necessità di formale costituzione in mora e, soprattutto, senza dover attendere il passaggio in giudicato della sentenza medesima, come invece prevede – di regola – l’art. 70, d.lgs. n. 546 del 1992”. 

In conclusione, la Corte, conformemente ad un orientamento costante, con l’ordinanza in oggetto, ha inteso fare chiarezza sulla disciplina del giudizio di ottemperanza, alla luce della riforma attuata con il D. Lgs. n. 156/2015, ribadendo i seguenti principi:

  • esclusività del rimedio dell’ottemperanza per l’esecuzione coattiva delle sentenze tributarie;
  • immediata esecutività delle sentenze emesse dalle Corti di Giustizia Tributaria di primo e secondo grado, con la conseguenza che non è necessario attendere il passaggio in giudicato della sentenza;
  • l’atto di messa in mora non costituisce più un obbligo né condizione di procedibilità del ricorso in ottemperanza.