Sistemi pensionistici e ``Gender Pay Gap“ in alcuni Stati comunitari
Sistemi pensionistici e ``Gender Pay Gap“ in alcuni Stati comunitari
Abstract: per una vecchiaia dignitosa, è necessario, non soltanto aver avuto una retribuzione adeguata, ma è - altrettanto necessario, se non in misura maggiore – poter disporre di un assegno pensionistico tale, da consentire, di trascorrere l’ultima parte della vita, senza ristrettezze di natura economica, quando, ormai, non pochi, non sono più in grado di svolgere un’attività lavorativa.
I Austria
In Austria l’”Altersversorgung”, il sistema pensionistico, è basato su 3 pilastri:
- la “gesetzliche Pension” (equiparabile a quella dell’INPS)
- la “betriebliche Vorsorge” (“pensione aziendale")
- la “privata Vorsorge” (previdenza privata)
Per quanto concerne la prima, è da notare, che gli assegni pensionistici percepiti – a titolo di pensione di anzianità- da donne e uomini, sono notevolmente differenti.
Al 25% delle donne, di età superiore ai 65 anni, viene corrisposta una pensione al di sotto dell’”Armutsgrenze” (soglia di povertà, di cui ancora, parleremo).
Gli assegni pensionistici corrisposti agli uomini sono - in media – superiore del 30% rispetto a quelli pagati alle donne.
Nel 2021, in Austria, le donne percepivano – in media – un assegno di pensione di vecchiaia pari a 1.264 Euro, mentre quello - medio – degli uomini, è stato di 2.164 Euro. Da ciò risulta un “Gender Pay Gap” pari al 41,6%. Va notato, in proposito, che la soglia di povertà, in Austria è, attualmente, pari a 1.392 Euro il mese.
La pensione di vecchiaia media, percepita dalle donne, è, pertanto, al di sotto della soglia di povertà. **
Secondo Statistik Austria (che equivale all’ISTAT), ben il 18% delle donne austriache di età superiore ai 65 anni, è “armutsgefährdet” (a rischio di povertà); la percentuale degli uomini ultrasessantacinquenni, che sono “armutsgefährdet”, è pari al 12 %.
Le cause di questo “Gap”, sono dovute al fatto, che dopo il primo figlio, la situazione previdenziale delle donne subisce un rilevante “deterioramento”. Perchè, spesso, smettono di lavorare per dedicarsi all cura del figlio (dei figli).
Dopo la nascita dei figli, relativamente poche donne fruiscono dell’astensione facoltativa per maternità o non continuano a lavorare.
Se poi le donne tornano al lavoro, trovano occupazione, in larga prevalenza, in settori (del mercato del lavoro) con una retribuzione modesta; spesso vengono pagate a ore. Secondo dati statistici relativi al 2021, le donne percepivano una retribuzione oraria inferiore del 18,8% rispetto a quella degli uomini. Alle donne non viene “pagato” il lavoro domestico, quello di cura ed educazione dei figli e di assitenza a familiari anziani o comunque bisognosi di cure e/o di assitenza. Questo lavoro è anche indicato come “Care-Arbeit”. Succede cosí, che, spesso, alle donne, “manca” la retribuzione di 10-12 anni e – soprattutto – mancano i contributi previdenziali non versati per questi periodi.
È stato costatato, che in Austria, la percentuale delle donne occupate a tempo parziale (cosiddetto part time) è più frequente rispetto ad altri Stati comunitari, cosí come frequenti, sono gli impieghi di donne nel settore dell’economia, che prevedono retribuzioni basse (c.d. Niedriglohn-Branchen).
In Austria, finora, sono state istituite poche “Betriebspensionen” (la “betriebliche Vorsorge” (che dovrebbe costituire il secondo pilastro di previdenza), ha raggiunto, nel 2021, appena il 4%).
Di poco superiore è la “private Vorsorge” (6%). Può dirsi, pertanto, che questi due pilastri previdenziali, sono di importanza ancora marginale. Questo, nonostante lavoratori autonomi e lavoratrici autonome, possono detrarre dai “Gewinne” (profitti) il 13 %, se conferiscono questa percentuale a determinati fondi. (Diversa è la situazione in Svizzera, con il 40% di “gesetzlicher Pension”, il 35% “betrieblicher Pension” e il 25% “privater Vorsorge”).
È ovvio, che chi percepisce una retribuzione bassa, poco può destinare a forme di previdenza “integrativa”.
Il “Gender Pay Gap” (la differenza retributiva tra donne e uomini), in Austria, si è ridotto, negli ultimi 10 anni, dal 23,5% al 18,8%, ma resta, pur sempre, elevato rispetto alla media comunitaria del 12, 7%. La diminuzione è stata costante:
2011: 23,5% - 2013: 22,3% - 2015: 21,8% - 2017: 20,7% - 2019: 19,9% - 2021: 18,8%.
L’elevata differenza retributiva viene spiegata con il fatto, che le donne, più spesso, lavorano nel settore dei servizi (“im Dienstleistungssektor”) con retribuzioni, notoriamente, inferiori, mentre gli uomini trovano occupazione, più di frequente, nel settore della tecnica e ivi ricoprono, non di rado, funzioni dirigenziali. Va notato, inoltre, che “Teilzeit” viene retribuita, di frequente, a ore e quindi l’emolumento è, in genere, inferiore a quello corrisposto agli uomini. Tutto questo, nonostante alle donne, quanto a “Ausbildung”, dovrebbe essere corrisposta una retribuzione superiore.
Quante sono state le donne, che lavoravano nel 2021? Quelle di età tra i 15 e i 64 anni, erano il 68,1% (il 76,7% degli uomini); quindi, superiore alla media UE con il 63,4% di donne al lavoro.
Un quadro diverso viene offerto dalla cosiddetta Teilzeitbeschäftigung in Austria: Donne: il 49,6 % - Uomini: l’11.6%. La media UE - sempre nel 2021 - delle donne in “Teilzeitbeschäftigung”, è stata soltanto del 29,5%.
Per le madri con figli, la “Teilzeitbeschäftigung” era prevalente rispetto ad altre forme di occupazione. Nel 2021, la percentuale delle donne tra i 25 e i 49 anni, con “Teilzeitbeschäftigung” e con figli di età fino a 15 anni, è stata del 72,8%.
Retribuzioni più basse comportano pure contributi previdenziali inferiori e determinano un “Gender Pay Gap” nella misura del 41,6%.
Il 26% delle pensionate senza famiglia, sono a rischio di povertà. Soltanto il 15% dei pensionati aventi lo stesso stato civile, corrono questo rischio.
II UE
Qual è il “Gender Pay Gap” in 12 Stati dell’UE?
Figura al primo posto l’Estonia con il 20,5%, seguita dall’Austria (18,8%) e dalla RFT (17,6%).
Per quanto riguarda la Francia, la percentuale è del 15,0%;
seguono: Danimarca con la percentuale del 14,2%,
Portogallo con l’11,9%,
Grecia con il 10,4%
Spagna con l’8,9%
Polonia con il 4,5%
e Romania con il 3,6%.
Pare, che, nel Lussemburgo, le donne vengano retribuite in misura superiore rispetto agli uomini; la percentuale è però minima: pari a allo 0,2%.
La percentuale media del “Gender Pay Gap”, nell’UE, è del 12,7%.
III RFT
Un breve accenno al “Gender Pay Gap” nella RFT.
Sulla base di statistiche elaborate dall’Ufficio Federale di Statistica di Wiesbaden, nel 2022, le donne hanno percepito – in media – una retribuzione inferiore al 18% rispetto a quella corrisposta agli uomini.
La retribuzione oraria – delle donne – è stata, in media, di 20,05 Euro, cioè di 4,31 Euro inferiore a quella percepita dagli uomini.
Anche nella RFT, si è registrata una diminuzione del “Gender Pay Gap” nel corso degli anni passati. Era pari al 23% ancora nel 2006. Da notare è, che la differenza retributiva tra donne e uomini, è stata inferiore nella parte est del territorio nazionale, che in quella dell’ovest.
Donne con la stessa qualificazione professionale e con identica attività lavorativa, avevano – nel 2022 – una retribuzione oraria inferiore al 7% rispetto a quella percepita dagli uomini. Si èparlato, in proposito, di “Verdienstdiskriminierung” (discriminuzione retributiva) ai danni delle donne.
Mentre prima del 2021, le “Verdienststrukturerhebungen” erano state fatte ogni quadriennio, a decorrere dal 2022, la rilevazione avviene annualmente.
IV Svizzera
E passiamo alla Svizzera, dove, nel 2022, il “Gender Pay Gap”, è stato pari al 19,5% per i lavoratori dipendenti del settore privato; del 15,1% per i dipendenti pubblici e del 18% nella “Gesamtwirtschaft”.
La retribuzione delle donne, nel settore del pubblico impiego, era, in media, di 1.373 SFR mensili inferiore a quella degli uomini, di 1.599 SFR in quello privato e di 1.500 nella “Gesamtwirtschaft”.
Quali sono le cause di queste differenze retributive?
Soltanto nella misura del 50% trovano spiegazione con riferimento a “fattori oggettivi” (“objektive Faktoren”), come la maggiore anzianità di servizio, la qualificazione professionale più elevata e l’espletamento di funzioni dirigenziali; per il resto, la “Lohndiskriminierung” tra donne e uomini, rimane senza giustificazione razionale.
L’Ufficio Federale di Statistica ha calcolato, che nel 2022, le donne hanno percepito – complessivamente- circa 7,7 miar. SFR in meno rispetto agli uomini.
Rilevanti differenze retributive sono state riscontrate anche tra regioni e settori occupazionali.
Il “Gender Pay Gap” si manifesta in molti casi sin dall’inizio dell’attività lavorativa nel senso, che si aggira su 200 SFR mensili per coloro, che, per la prima volta entrano nel mercato del lavoro. Alle donne vengono poi anche offerte meno “Weiterbildungsmöglichkeiten” (possibilità(corsi) di aggiornamento professionale).
La retribuzione delle donne coniugate è – in media – inferiore del 24% rispetto a quella degli uomini e lo svolgimento di attività lavorativa “part time”, è aumentata, nel decennio passato, nella misura del 10% circa.
Nota ** Mi viene in mente quanto scritto da M. de Montaigne – Saggi – Libro I° - Cap. XIV°: ”Indigente in mezzo alle ricchezze, è la più grave di tutte le povertà.