S.r.l. unipersonali: si applica il Decreto 231 o no?

Decreto 231
Decreto 231

Indice:

1. Introduzione l’applicabilità delle 231 alle S.r.l. unipersonali

2. La tesi favorevole: tra gli enti deve figurare anche la S.r.l. unipersonale

3. La tesi contraria: per enti si devono considerare quelli metaindividuali  

4. Una possibile soluzione: la valutazione in concreto

 

1. Introduzione l’applicabilità delle 231 alle S.r.l. unipersonali

Ad ormai quasi vent’anni dall’entrata in vigore del Decreto Legislativo 231/01, continuano ad essere molte le questioni controverse sull’applicazione di tale normativa, spesso oggetto di posizioni antitetiche sia in dottrina che in giurisprudenza.

Un esempio è rappresentato dal problema dell’applicabilità del Decreto 231 alle S.r.l. unipersonali. Lungi dall’essere una questione di mera speculazione logico-giuridica, la risposta a questo interrogativo ha importanti riflessi sulla posizione di tali soggetti economici e si interfaccia al piano delle garanzie costituzionalmente garantite.

Non sfugge infatti che, ove si propenda per l’adesione alla tesi favorevole all’applicazione della normativa anche alle S.r.l. unipersonali, il rischio è quello di creare una duplicazione di responsabilità (sostanzialmente) penale in capo al socio unico persona fisica che, in quanto autore del reato presupposto, verrebbe ad essere colpito da effetti sanzionatori che, sebbene dovuti a diverse disposizioni formali dell’ordinamento giuridico, potrebbero concretamente atteggiarsi come in violazione del divieto di ne bis in idem sostanziale.

Dall’altro lato, se si facesse propria la tesi dell’inapplicabilità del Decreto a queste forme societarie, è chiaro che il pericolo sarebbe quello di prestare facilmente il fianco ad elusioni della normativa e di creare disparità di trattamento irragionevoli.

Non deve infatti compiersi l’errore di ritenere le S.r.l. unipersonali delle società “di serie B” rispetto alle altre forme societarie, dal momento che tali soggetti possono concretamente strutturarsi con un’organizzazione tanto complessa (quanto redditizia) quanto quella di una società per azioni. A questo punto, non si comprenderebbe perché le une, sulla base di un semplice dato formale, dovrebbero ritenersi fuori dal recinto 231 mentre le altre no.

Il tema non è dunque banale e, anzi, può indubbiamente considerarsi come questione la cui risoluzione è centrale, sia per l’impianto 231 che per la compatibilità di quest’ultimo a principi e garanzie costituzionali.

 

2. La tesi favorevole: tra gli enti deve figurare anche la S.r.l. unipersonale

Come si è anticipato, il mondo giuridico ha mostrato di aderire a soluzioni diverse per il problema qui trattato. Non ritenendo utile in questa sede una disamina puntuale dell’evoluzione del dato giurisprudenziale in materia, si farà di seguito riferimento a pronunce espressive degli argomenti a sostegno di ambo le posizioni emerse nel dibattito.

Per dare conto degli argomenti principali a sostegno della tesi che ritiene la normativa 231 applicabile anche alle società unipersonali si può fare riferimento al seguente passaggio della giurisprudenza di legittimità: “La disciplina del Decreto Legislativo n. 231 del 2001 è […] riferita agli enti, sintagma che evoca l’intero spettro dei soggetti di diritto non riconducibili alla persona fisica”. In altre parole, “presupposto indefettibile per l’applicazione del diritto sanzionatorio degli enti è l’esistenza di un "soggetto di diritto metaindividuale", quale autonomo centro di interessi e di rapporti giuridici”, categoria nella quale “è certamente ascrivibile al novero dei destinatari del Decreto Legislativo n. 231 del 2001 anche la società unipersonale, in quanto soggetto di diritto distinto dalla persona fisica che ne detiene le quote” (Cassazione, Sezione Sesta Penale, 25 luglio 2017, n. 49056).

Gli argomenti interpretativi della Corte sono quindi tanto brevi quanto chiari. “Ente”, a cui è applicabile la normativa 231, è qualsiasi autonomo centro di interessi e di rapporti giuridici. Solo osservando questa via, lasciano intendere gli Ermellini, si rispetta lo spirito della disciplina, rimanendo inalterata l’astratta possibilità che si possa configurare l’interesse o vantaggio dell’ente (S.r.l. unipersonale) senza che esso venga necessariamente a coincidere con quello dell’autore del reato presupposto (socio unico), condizione di esistenza fondamentale imposta dal Decreto 231.

 

3. La tesi contraria: per enti si devono considerare quelli metaindividuali 

Passando alla tesi diametralmente opposta, ovverosia quella dell’inapplicabilità del Decreto alle S.r.l. unipersonali, ad emblema degli argomenti della stessa può essere citata la sentenza Cassazione, Sezione Sesta Penale, 3 marzo 2004, n. 18941. Sebbene infatti quest’ultima riguardi l’applicabilità del Decreto a imprese individuali, le considerazioni ivi contenute possono essere traslate anche in materia di S.r.l. unipersonali.

In tale pronuncia, dopo aver sottolineato che “l’art. 1 del Decreto Legislativo 231/2001 – dopo avere significativamente fissato il proprio ambito oggettivo di disciplina nella «responsabilità degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato» (comma 1) – ha stabilito i confini soggettivi di applicazione della normativa in esso prevista, prevedendo che essa riguarda «gli enti forniti di personalità giuridica» e «le società e associazioni anche prive di personalità giuridica» (comma 2) e che restano fuori dalla sua sfera di applicazione lo Stato, gli enti pubblici territoriali, gli altri enti pubblici non economici, nonché gli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale (comma 3)”, la Corte, anticipando quanto ribadirà 13 anni dopo, ritiene “certo che […] tutta la normativa […] è riferita unicamente agli «enti», termine che evoca l’intero spettro dei soggetti di diritto metaindividuali”.

Fin qui nulla di diverso da quanto visto nel paragrafo precedente. Se non fosse che, subito dopo, il Supremo Giudice sostiene che:[…] sulla riferibilità della nuova disciplina esclusivamente agli enti collettivi è oltremodo chiara la relazione governativa sul Decreto Legislativo 231/2001, nella quale si puntualizza che l’introduzione di forme di responsabilità degli enti collettivi è stata dettata da ragioni di politica criminale, che consistevano, da un lato, in esigenze di omogeneità delle risposte sanzionatorie degli Stati e, dall’altro, nella consapevolezza di «pericolose manifestazioni di reato poste in essere da soggetti a struttura organizzata e complessa».

Parafrasando, devono considerarsi soggetti di diritto metaindividuali, e quindi soggetti all’applicazione del Decreto 231, solo gli enti collettivi e pluripersonali, escludendo dunque da tale catalogo sia le imprese individuali che, logicamente, le S.r.l. unipersonali.

 

4. Una possibile soluzione: la valutazione in concreto

Viste le due facce della medaglia, può ora tracciarsi una possibile soluzione alla composizione della questione.

Gli input per le considerazioni che seguiranno vengono da una recente pronuncia del GIP di Milano, la sentenza n.971/2020, del 16 luglio 2020.

Nel dichiarare il non luogo a procedere verso una S.r.l. unipersonale, il cui amministratore delegato veniva imputato per truffa aggravata (articolo 640 comma 2 codice penale), il giudice, dopo un succinto riferimento alle principali pronunce in materia analizzate sopra, mostra adesione verso un’interpretazione che: “non si accontenta del dato formale, ma reputa che la disciplina tracciata nel più volte menzionato testo normativo non trovi applicazione quando la struttura della persona giuridica sia indistinguibile da quella fisica in maniera da non fondare il presupposto fondamentale su cui poggia l’intera strutture delle norme volte a regolare la responsabilità dell’ente giuridico”.

Così, nel valutare se la società unipersonale imputata sia un autonomo centro di interessi o meno, l’interprete dovrebbe farsi orientare dalla “ratio di fondo della normativa sulla responsabilità delle persone giuridiche la quale immagina contegni penalmente devianti tenuti da persone fisiche nell’interesse di strutture organizzative di un certo rilievo di complessità quale centro di imputazioni di rapporti giuridici distinti da chi ha materialmente operato”.

Tale ermeneutica, a parere di chi scrive, è quella che meglio si adatta alla questione qui analizzata. È indubbio che la ratio legis del Decreto 231, alla luce dei presupposti applicativi della responsabilità ivi strutturata, si basi sull’organizzazione d’impresa quale necessario elemento a cui fare riferimento per valutare ogni aspetto della normativa.

D’altronde, come da citazione contenuta nel paragrafo precedente, anche la Suprema Corte non manca di riconoscere come la complessità della struttura organizzativa sia il faro che ha guidato il legislatore, sia nazionale che internazionale, nell’elaborazione di tale apparato giuridico.

Così, non si comprende perché il carattere metaindividuale del soggetto, indipendentemente dalla sua composizione numerica, debba essere letto esclusivamente sulla luce di criteri meramente formali e non già, in concordia con il resto dell’apparato normativo, sul criterio sostanziale della complessità (rectius: autonomia) organizzativa.

Concludendo, chi scrive non può che concordare con quanti ritengono che, lungi dal potersi architettare una soluzione formalmente univoca e aprioristica, la soluzione migliore alla definizione del perimetro dell’ambito soggettivo di applicazione del Decreto sia individuabile in un’interpretazione teleologicamente orientata, la cui osservanza permetterebbe altresì di disinnescare frizioni con il principio di ragionevolezza e di ne bis in idem sostanziale, rendendosi quindi costituzionalmente tanto conforme quanto dovuta.