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Suraya Pakzad: voce e simbolo per le donne in Afghanistan

Suraya Pakzad
Suraya Pakzad

Fondatrice dell'associazione di "Voice of Women". Considerata dal TIME una delle "100 persone più influenti nel mondo americano" nel 2009 e nel 2011. Oggi il suo visto per entrare in Italia risulta ancora non rilasciato.

"Una testimonianza di impegno civile per l'emancipazione delle donne in Afghanistan attraverso la formazione e la solidarietà" Suraya Pakzad è Fondatrice dell'associazione di "Voice of Women".

Considerata dal TIME una delle "100 persone più influenti nel mondo americano" nel 2009 e nel 2011 NEWSWEEK l'ha nominata una delle 150 donne più influenti del mondo.

Suraya Pakzad è un esempio di impegno civile per la libertà e la dignità delle donne afgane. Suraya ha 38 anni, ed è un'attivista femminista afgana. Combatte per la libertà delle sue connazionali, che una cultura retrograda di derivazione talebana vuole ancora subordinate all'uomo.

Suraya è cosciente dei rischi a cui è esposta, lei ed i suoi sei figli, finché continua a rimanere in Afghanistan.

Perché lo fa? La semplice e coraggiosa risposta dell'insegnante: “Qualcuno deve pur lottare per la libertà delle donne”.

In Afghanistan è raro trovare uomini che si schierino a fianco dei diritti delle donne. Perché essi stessi sono succubi della cultura repressiva in cui vivono, ed hanno vissuto gli anziani della loro comunità. Quindi non c'è scampo per le donne, a meno che... a meno che non decidano di unirsi e di sostenersi l'un l'altra.

È con questa mentalità che Suraya va avanti dal 1998, quando il regime dei talebani era ancora al potere, e vietava lo studio alle donne. Queste si riunivano clandestinamente. “Ci incontravamo nella mia casa o nella casa di altre donne - racconta Suraya - regalavamo libri alle donne che si riunivano per leggerli, formando delle zone di lettura”.

Ogni 'zona' aveva un forno, così se le donne fossero state scoperte avrebbero potuto bruciare i libri.

Quando il regime talebano cadde continuammo il nostro lavoro liberamente, insegnando non solo a leggere e scrivere, ma incrementando la consapevolezza nelle donne per quel che riguarda i loro diritti. Siamo state la prima organizzazione non governativa di donne registrata e riconosciuta dal nuovo governo». All'inizio erano uno sparuto gruppetto di una decina donne... dopo neanche un anno erano diventate 300. E il gruppo ha continuato a crescere. Tanto che oggi Suraya dirige un'intera rete di case delle donne sparse per tutto il Paese.

Suraya Pakzad attualmente guida un progetto finanziato dall'Unione Europea: quattro centri per formare quadri dell'amministrazione pubblica completamente declinati al femminile: “Entro un paio d'anni avremo 500 donne istruite per ricoprire ruoli di responsabilità istituzionale”.

La fermezza di Suraya Pakzad a non voler lasciare il suo paese oggi non è più granitica.

Si fa strada il fondato timore che, con il ritiro del contingente Nato e delle ultime truppe statunitensi dai territori afghani, i talebani possano, dopo circa vent'anni, riprendere il sopravvento e, con loro, il “modello culturale e sociale” per il quale alle donne sono negati finanche i più elementari diritti, come quello all'istruzione, alle cure mediche, soprattutto ginecologiche, e ogni tipo di libertà personale.

Seppur nel corso di circa vent'anni, a seguito della caduta del regime islamico, vi è stato un progressivo miglioramento della condizione femminile, è, tuttavia, incontrovertibile che ancora oggi si verificano gravi atti di violenza contro le donne, basti pensare ai tragici accadimenti avvenuti nei mesi scorsi, quali l'attacco esplosivo contro una scuola femminile a Kabul, e alla morte di tre donne giornaliste, uccise per aver svolto la propria professione di reporter.

I miglioramenti relativi alla emancipazione della condizione femminile, nel corso degli anni, sono avvenuti certamente per l'intervento della comunità internazionale, ma anche grazie al sacrificio e all'impegno profuso da numerose donne, come Suraya Pakzad.

Suraya Pakzad, con la sua organizzazione Voice of Women ha contribuito e, tutt'ora contribuisce, a diffondere educazione tra le ragazze, fornendo protezione alle donne che subiscono violenze o che sono accusate di adulterio, garantendo loro anche la possibilità di emanciparsi economicamente.

Negli anni, i contingenti italiani hanno aiutato l'organizzazione «Vow» attraverso la cooperazione tra i Taac-West (Train Advise Assist Command-West, comando Nato multinazionale interforze a guida italiana che opera nella regione Ovest dell'Afghanistan, nell'ambito della missione «Resolute Support») e con il supporto di Confartigianato, che ha offerto dei corsi di formazione professionali alle donne tutelate da Suraya sia in Italia che in Afghanistan.

Oggi la sicurezza di Suraya e quella della sua famiglia è messa in pericolo da continue minacce da parte di capi talebani e invero, anche per tali motivi, la predetta ha già presentato richiesta di visto per entrare in Italia e nella zona Schengen, ma la sua domanda non avrebbe avuto alcun esito, nonostante la evidente situazione di pericolo in cui versa e nonostante la stessa sia in grado di sostenere le spese di viaggio e di permanenza in Italia.

La richiesta di visto presentata da Suraya per entrare in Italia, a oggi, risulta ancora inevasa.