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Infortunio sul lavoro

dell'Avv. Daniela Sodo

 

Nel nostro ordinamento giuridico non si rinviene una vera e propria definizione del concetto di infortunio sul lavoro, ovviamente da intendersi nella sua effettiva specificazione anche terminologica. Nel Codice Civile, infatti, un riferimento testuale a detto termine si ha nell’art. 1916 4° comma ma solo con riguardo al diritto di surrogazione dell’assicuratore per tali eventi, mentre nel Codice Penale si parla di infortunio sul lavoro nell’art. 437 in materia di responsabilità per la rimozione o l’omissione dolosa di cautele contro lo stesso, nell’art. 451 in tema ancora di responsabilità per l’omissione colposa di cautele o difese sempre contro lo stesso e soprattutto negli artt. 589 2° comma e 590 3° comma a proposito della responsabilità, rispettivamente per omicidio colposo e per lesioni personali colpose, aggravata dal fatto che questi eventi si verifichino in un ambito lavorativo; nel Codice di Procedura Civile, infine, il termine lo si incontra negli artt. 442 1° comma e 444 2° comma con riguardo unicamente alla determinazione del giudice competente per le relative controversie.

Persino l’art. 2087 del Codice Civile dal quale discende l’obbligo per il datore di lavoro di “adottare nell'esercizio dell'impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro” e che pure, sotto la rubrica “Tutela delle condizioni di lavoro”, rappresenta la summa dei principi di diritto in materia di prevenzione e di assicurazione e norma di chiusura dell’intero sistema legislativo antinfortunistico (in dottrina, M. LAI, Il dovere di sicurezza di cui all’art. 2087 c.c., in Il diritto alla sicurezza sul lavoro tra conferme e sviluppi, 2017; L. Montuschi, Diritto alla salute e organizzazione del lavoro, Milano, Angeli Editore, 1980; C. Lazzari, Figure e poteri datoriali nel diritto della sicurezza sul lavoro, Angeli Editore, 2015; R. Casillo, La dignità nel rapporto di lavoro, in RDC n. 5/2008, p. 593-627 ed in giurisprudenza, tra le altre, Cass. 20/4/98, n. 4012 e, nel tempo, Cass. civ., sez. lav., 18 maggio 2007, n. 11622; Cass. civ., sez. lav., 13 settembre 2006, n. 19559; Cass. civ., sez. lav., 14 marzo 2006, n. 5493; Cass. civ., sez. lav., 18 febbraio 2004, n. 3213; Cass. civ., sez. lav., 19 aprile 2003, n 6377; Cass. civ., sez. lav., 25 febbraio 2011, n. 4656; Cass. civ., sez. lav., 4 dicembre 2013, n. 27127), non utilizza la locuzione infortunio sul lavoro.

La nozione giuridica di infortunio sul lavoro, pertanto, la si ricava, de relato, unicamente dalle disposizioni contenute nel Testo Unico in materia di assicurazione obbligatoria di cui al D.P.R. n. 1124 del 30 giugno 1965, poi modificato dal D. lgs n. 38 del 23 febbraio 2000, e la stessa, dunque, per quanto addotto dall’art. 2 può essere ricondotta agli eventi lesivi “ avvenuti per causa violenta in occasione di lavoro, da cui sia derivata la morte o un'inabilità permanente al lavoro, assoluta o parziale, ovvero un'inabilità temporanea assoluta che importi l'astensione dal lavoro”. In considerazione di tanto possiamo fondatamente affermare che l’infortunio sul lavoro è caratterizzato da un fatto o evento traumatico, avvenuto per una c.d. causa violenta sul posto di lavoro o anche semplicemente in una occasione di lavoro, e quindi ricollegabile allo svolgimento dell’attività lavorativa, dal quale deriva la morte del lavoratore ovvero una lesione o una malattia del corpo, tale da determinare una inabilità permanente assoluta o parziale dal lavoro o una inabilità temporanea totale. Si tratta, infatti, del sintomo e della causa più evidenti del mancato rispetto degli obblighi di prevenzione previsti per la tutela della salute dei lavoratori, per la quale la legge, con il T.U. n. 1124/1965, prevede una specifica assicurazione obbligatoria a cura dell’INAIL.

Ciò che contraddistingue, e determina, l’infortunio sul lavoro è anzitutto l’evento lesivo, da intendersi come il fatto che segue ad una azione intensa concentrata nel tempo; poi il trauma fisico che ne consegue per il lavoratore, tale da determinarne la morte o la lesione fisica o lo stato di malattia; quindi l’occasione di lavoro, quale causa-effetto tra l’evento lesivo e lo svolgimento del lavoro o di una delle attività prodromiche o strumentali ad esso (Cass. Civ. sent. n. 4277/2017 ed in dottrina A. De Matteis, Infortuni sul lavoro e malattie professionali, 2011, pp. 104-106), e la causa violenta, cioè quella componente esterna che, interferendo in maniera intensa, repentina concentrata nel tempo all’interno del luogo di lavoro, causa la morte o la lesione del lavoratore.

Sul punto la Corte di Cassazione ha espressamente affermato che “in materia di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, la causa violenta, richiesta dall’art. 2 del d.p.r. n. 1124 del 1965 per l’indennizzabilità dell’infortunio, può riscontrarsi anche in relazione allo sforzo messo in atto nel compiere un normale atto lavorativo, purché lo sforzo stesso, ancorché non eccezionale ed abnorme, si riveli diretto a vincere una resistenza peculiare del lavoro medesimo e del relativo ambiente, dovendosi avere riguardo alle caratteristiche dell’attività lavorativa svolta e alla loro eventuale connessione con le conseguenze dannose dell’infortunio” (Cass. Civ. ord. n. 6451/2017 e, conformi, Cass. Civ. n. 27831 del 30.12.2009, Cass. Civ. n. 13928 del 24.07.2004 e Cass. Civ. n. 19682 del 23.12.2003).

Dal punto di vista interpretativo, l’infortunio sul lavoro, così contraddistinto, si differenzia dalla c.d. malattia professionale, detta anche “tecnopatia”, cui ci si riferisce per individuare lo stato lesivo dell’integrità psico-fisica del lavoratore riconducibile sempre allo svolgimento di una attività lavorativa ma determinato da una c.d. causa lenta e cioè da un fattore di rischio al quale il lavoratore resta esposto per un lungo periodo, in maniera progressiva ed a causa di una serie di atti ripetuti nel tempo (Corte Appello Catania, Sez. Lav. sent. n. 480 del 13.05.2019).

Allo stesso modo l’infortunio sul lavoro si distingue anche dalla malattia semplice per la tipologia di rischio che rappresenta la fonte dell’una e dell’altra; se questa deriva infatti dall’esposizione del lavoratore ad un rischio comune, l’infortunio sul lavoro, come detto, trova ragion d’essere nella occasionalità del lavoro e dunque in un rischio di natura professionale, legato alla mansione svolta e tipico di essa.

Sempre sotto un profilo ermeneutico, l’infortunio sul lavoro si distingue anche dai cc.dd. “near misses” o “quasi infortuni” che, come suggerito dalla parola stessa, costituiscono quegli eventi, correlati al lavoro, che avrebbero potuto causare un infortunio e che, per fattori assolutamente casuali, non lo hanno prodotto: trattasi dunque di eventi idonei a provocare un infortunio ma che, nel caso concreto, non lo hanno poi effettivamente prodotto.  

Negli anni poi, e con il continuo processo di evoluzione giurisprudenziale che si è andato sviluppandosi in contemporanea anche alle sempre più moderne tecnologie degli ambienti di lavoro, la nozione di infortunio sul lavoro si è arricchita di nuovi contenuti e di differenti presupposti, arrivando ad inglobare altresì l’evento lesivo che si verifichi nel tragitto che il lavoratore compie per recarsi sul proprio luogo di lavoro e/o per rientrare a casa da questo, denominato più specificatamente “ infortunio in itinere” (art. 12 del D. Lgs. n. 38 del 23 febbraio 2000), nonché ricomprendendo nel proprio ambito tutti quei fatti connessi comunque ad una condotta riconducibile all'attività lavorativa sia pure determinati dal comportamento imprudente, negligente o privo di perizia del lavoratore, con esclusione pertanto dal novero delle fattispecie di infortunio sul lavoro solo di quelle le cui conseguenze siano dolosamente aggravate dal lavoratore ovvero derivino dall'abuso di sostanze alcoliche e di psicofarmaci, dall'uso non terapeutico di stupefacenti e allucinogeni o dalla mancanza della patente di guida (Cass. Civ. sent. n. 3292 del 18.02.2015 nel senso di escludere l’infortunio in itinere in caso di violazione al Codice della Strada) o da una scelta arbitraria del lavoratore (Cass. Civ. sent. n. 21249/2012).

Per espressa prescrizione dell’INAIL, istituto previdenziale nato nel 1933 in sostituzione della soppressa Cassa Nazionale Infortuni, inoltre, sono esclusi altresì dalle casistiche dell’infortunio sul lavoro anche quegli eventi lesivi “conseguenti ad un comportamento estraneo al lavoro” e “quelli simulati dal lavoratore” (Cass. Civ. sent. n. 21629/2018 nel senso di riconoscere la giusta causa di licenziamento per lesione del vincolo fiduciario in caso di infortunio sul lavoro simulato). 

Allo stesso modo la normativa in tema di infortunio sul lavoro, e segnatamente la nozione di “causa violenta”, è stata ulteriormente interpretata nel tempo in modo da farvi rientrare anche tutta una serie di reazioni psicofisiche del lavoratore che avvengano in condizioni di particolare stress (Cass. Civ. Sez. Lav. sent. n. 5066 del 05.03.2018) o di stanchezza dovuta alle condizioni concrete di lavoro.

In particolare, per quanto attiene all’infortunio in itinere si ritiene che lo stesso per poter essere indennizzato debba avvenire all’interno del normale percorso, di andata e ritorno, effettuato per recarsi sul proprio posto di lavoro, con esclusione dalla tutela in caso di eventi lesivi conseguenti ad interruzioni di tale tragitto o deviazioni dello stesso non necessarie, né dovute a cause di forza maggiore, ad esigenze essenziali e improrogabili o all'adempimento di obblighi penalmente rilevanti la cui mancata osservanza costituisca reato e venga per questo punita dalla legge penale. E’ stato altresì affermato che l’infortunio in itinere sia riscontrabile anche qualora il lavoratore non utilizzi i mezzi pubblici e si avvalga di un mezzo privato purché tale utilizzo sia necessario (TAR Sardegna sent. n. 869/2015; Cass. Civ. Sent. n. 22154/2014; Trib. Sondrio Sez. Lav. sent. n. 12 del 08.03.2018), ovvero qualora manchino i mezzi pubblici a servire la tratta oppure, pur essendovi linee pubbliche di collegamento, queste non consentano la puntuale presenza sul luogo di lavoro (Cass. Civ. Sez. Lav. sent. n. 7717 del 23.04.2004 e Cass. Civ. Sez. Lav. sent. n. 16835 del 07.07.2017) o comportino un eccessivo disagio al lavoratore in relazione anche alle sue esigenze di vita familiare.

Le ipotesi di infortunio sul lavoro, come detto, oltre ad essere indennizzate sotto il profilo assicurativo ed a comportare altresì un eventuale risarcimento in sede civile del danno sofferto, sono anche sanzionate dalla legge penale attraverso i reati di lesioni colpose e di omicidio colposo, per i quali rileva sempre la colpa del datore di lavoro o degli addetti alla sicurezza sul luogo di lavoro (Cass. n. 2038/2013; Cass. n. 13956/2012; Cass. n. 6002/2012), intesa come la mancata o inesatta osservanza delle regole che impongono l’adozione di efficaci misure di sicurezza per la tutela della salute e della sicurezza sul luogo di lavoro, nonché come mancata o inesatta vigilanza al riguardo.

Ulteriori principali riferimenti normativi in materia di Sicurezza sul Lavoro ed Infortunio sul lavoro. Artt. 32, 35, 36 e 41 della Costituzione; D.P.R. n. 547 del 27 aprile 1955 (prevenzione degli infortuni sul lavoro); D.P.R. n. 303 del 19 marzo 1956 (igiene del lavoro), D.lgs. n. 626 del 19 settembre 1994; D. lgs. n. 242 del 19 marzo 1996; D.lgs. n. 276 del 10 settembre 2003; D.lgs. n. 81 del 09 aprile 2008 (Testo Unico sulla Sicurezza sul Lavoro); D. lgs. n. 106 del 03 agosto 2009; Direttiva n. 89/391/CEE del 12 giugno 1989; Direttiva n. 89/654/CEE del 30 novembre 1989 (luoghi di lavoro); Direttiva n. 89/655/CEE del 30 novembre 1989 (attrezzature di lavoro);  Direttiva n. 89/656/CEE del 30 novembre 1989 (attrezzature di protezione individuale); Direttiva n. 90/269/CEE del 29 maggio 1990 (movimentazione manuale di carichi);  Direttiva n. 90/270/CEE del 29 maggio 1990 (attrezzature munite di videoterminale); Direttiva n. 90/394/CEE del 28 giugno 1990 (agenti cancerogeni); Direttiva n. 90/679/CEE del 26 novembre 1990 (agenti biologici); Direttiva n. 92/57/CEE del 24 giugno 1992 (cantieri temporanei mobili); Direttiva n. 92/58/CEE del 24 giugno 1992 (segnaletica di sicurezza); Direttiva n. 92/85/CEE del 19 ottobre 1992 (lavoratrici gestanti e giovani madri); Direttive n. 92/91/CEE del 03 novembre 1992 e n. 92/104/CEE del 03 dicembre 1992 (lavoratori delle industrie estrattive); Direttiva n. 93/103/CEE del 23 novembre 1993 (lavoro a bordo delle navi da pesca); Direttiva n. 93/104/CEE del 23 novembre 1993 (orario di lavoro); Direttiva n. 94/33/CEE del 22 giugno 1994 (protezione dei giovani sul lavoro); Direttiva n. 98/24/CEE del 07 aprile 1998 (agenti chimici); D.M. 13 febbraio 2014; D.lgs. n. 151 del 14 settembre 2015 (c.d. “Jobs Act”).