Tar Lecce: la casalinga deve essere considerata una lavoratrice autonoma e, pertanto, al coniuge della stessa spettano periodi di riposo
È questo l’importante principio contenuto nella pronuncia n. 2427, emessa in data 25 settembre 2014 dalla Seconda Sezione del Tribunale Amministrativo di Lecce.
Nella fattispecie un agente della Polizia di Stato, nei giorni seguenti la nascita della sua prima figlia avuta dalla propria compagna, ha richiesto all’Amministrazione di appartenenza di poter beneficiare dei riposi giornalieri ai sensi dell’articolo 40, lettera c, Decreto Legislativo n. 151/2001, precisando che la madre della figlia svolgeva attività lavorativa di casalinga.
Il Ministero dell’Interno, però, ha rigettato la domanda del dipendente, ritenendo che la casalinga non può essere considerata alla stregua di una lavoratrice autonoma e che, quindi, non possono essere riconosciuti al coniuge della stessa i benefici di cui all’articolo 40, lettera c, del Decreto Legislativo n. 151/2001 nella parte in cui riconosce al padre i periodi di riposo di cui all’articolo 39 “nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente”.
Nell’assunto del Ministero, pertanto, la casalinga non può essere considerata una lavoratrice autonoma, con la conseguente esclusione dei benefici sopra citati.
Avverso tale diniego il dipendente ha richiesto l’intervento della Consigliera di Parità Provinciale che, difesa dal sottoscritto procuratore, ha adito il Tribunale Amministrativo competente, chiedendo l’annullamento dell’atto impugnato e il riconoscimento del diritto del dipendente di beneficiare dei riposi giornalieri nel caso in cui la madre svolga attività di casalinga.
Con Sentenza n. 2427 del 25/09/14, pertanto, il Tar Lecce, dopo aver pacificamente riconosciuto la legittimazione a ricorrere della Consigliera, ha statuito «che la lettera c) dell’articolo 40 del Decreto Legislativo n. 151/2001, riferendosi alla “madre che non sia lavoratrice dipendente”, si applica non solo alla lavoratrice “autonoma” ma, per la sua lata accezione letterale e in mancanza di esplicita esclusione, anche alla lavoratrice “casalinga”».
Secondo i Giudici Amministrativi, infatti, «la prospettata interpretazione estensiva della lettera c) dell’articolo 40 citato è stata ritenuta maggiormente aderente alla ratio legis, volta a garantire al lavoratore padre la cura del bambino in tutte le ipotesi in cui l’altro genitore sia impegnato in attività lavorative che lo distolgano dall’assolvimento di tale compito. Poiché l’articolo 40 del Testo Unico 151/2001 costituisce una norma volta a dare sostegno alla famiglia ed alla maternità in attuazione delle finalità generali di tipo promozionale scolpite dall’articolo 31 della Costituzione, non può che valorizzarsi, nella sua interpretazione, la ratio della stessa, volta a beneficiare il padre di permessi per la cura del figlio allorquando la madre non ne abbia diritto in quanto lavoratrice non dipendente e pur tuttavia impegnata in attività (nella fattispecie, quella di “casalinga”), che la distolgano dalla cura del neonato».
L’importante sentenza, pertanto, valorizza l’attività lavorativa della casalinga rafforzando il ruolo che la stessa ricopre all’interno del tessuto societario e ribadisce l’importanza del ruolo del padre nella cura dei figli, consolidando il sempre più diffuso orientamento alla base dei recenti sviluppi normativi secondo cui i compiti della donna e dell’uomo non vanno ripartiti secondo ruoli distinti e separati, ma devono invece integrarsi reciprocamente nella cura dei figli.
(Tribunale Amministrativo Regionale della Puglia, sede di Lecce - Seconda Sezione, Sentenza 25 settembre 2014, n. 2427)
È questo l’importante principio contenuto nella pronuncia n. 2427, emessa in data 25 settembre 2014 dalla Seconda Sezione del Tribunale Amministrativo di Lecce.
Nella fattispecie un agente della Polizia di Stato, nei giorni seguenti la nascita della sua prima figlia avuta dalla propria compagna, ha richiesto all’Amministrazione di appartenenza di poter beneficiare dei riposi giornalieri ai sensi dell’articolo 40, lettera c, Decreto Legislativo n. 151/2001, precisando che la madre della figlia svolgeva attività lavorativa di casalinga.
Il Ministero dell’Interno, però, ha rigettato la domanda del dipendente, ritenendo che la casalinga non può essere considerata alla stregua di una lavoratrice autonoma e che, quindi, non possono essere riconosciuti al coniuge della stessa i benefici di cui all’articolo 40, lettera c, del Decreto Legislativo n. 151/2001 nella parte in cui riconosce al padre i periodi di riposo di cui all’articolo 39 “nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente”.
Nell’assunto del Ministero, pertanto, la casalinga non può essere considerata una lavoratrice autonoma, con la conseguente esclusione dei benefici sopra citati.
Avverso tale diniego il dipendente ha richiesto l’intervento della Consigliera di Parità Provinciale che, difesa dal sottoscritto procuratore, ha adito il Tribunale Amministrativo competente, chiedendo l’annullamento dell’atto impugnato e il riconoscimento del diritto del dipendente di beneficiare dei riposi giornalieri nel caso in cui la madre svolga attività di casalinga.
Con Sentenza n. 2427 del 25/09/14, pertanto, il Tar Lecce, dopo aver pacificamente riconosciuto la legittimazione a ricorrere della Consigliera, ha statuito «che la lettera c) dell’articolo 40 del Decreto Legislativo n. 151/2001, riferendosi alla “madre che non sia lavoratrice dipendente”, si applica non solo alla lavoratrice “autonoma” ma, per la sua lata accezione letterale e in mancanza di esplicita esclusione, anche alla lavoratrice “casalinga”».
Secondo i Giudici Amministrativi, infatti, «la prospettata interpretazione estensiva della lettera c) dell’articolo 40 citato è stata ritenuta maggiormente aderente alla ratio legis, volta a garantire al lavoratore padre la cura del bambino in tutte le ipotesi in cui l’altro genitore sia impegnato in attività lavorative che lo distolgano dall’assolvimento di tale compito. Poiché l’articolo 40 del Testo Unico 151/2001 costituisce una norma volta a dare sostegno alla famiglia ed alla maternità in attuazione delle finalità generali di tipo promozionale scolpite dall’articolo 31 della Costituzione, non può che valorizzarsi, nella sua interpretazione, la ratio della stessa, volta a beneficiare il padre di permessi per la cura del figlio allorquando la madre non ne abbia diritto in quanto lavoratrice non dipendente e pur tuttavia impegnata in attività (nella fattispecie, quella di “casalinga”), che la distolgano dalla cura del neonato».
L’importante sentenza, pertanto, valorizza l’attività lavorativa della casalinga rafforzando il ruolo che la stessa ricopre all’interno del tessuto societario e ribadisce l’importanza del ruolo del padre nella cura dei figli, consolidando il sempre più diffuso orientamento alla base dei recenti sviluppi normativi secondo cui i compiti della donna e dell’uomo non vanno ripartiti secondo ruoli distinti e separati, ma devono invece integrarsi reciprocamente nella cura dei figli.
(Tribunale Amministrativo Regionale della Puglia, sede di Lecce - Seconda Sezione, Sentenza 25 settembre 2014, n. 2427)