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Terre rare, Groenlandia e popoli indigeni artici: alcuni aspetti problematici

Un orso polare nel suo ambiente naturale
Ph. Isacco Emiliani / Un orso polare nel suo ambiente naturale

Sulla carta del mondo, la Groenlandia rappresenta una eccezione. Basti ricordare che, pur essendo per esempio estesa quattro volte il territorio della Francia, ha (soltanto) 56.000 abitanti[i], di cui quasi il 90 per cento è costituito da Inuit.

Le ricchezze minerarie della Groenlandia sono (probabilmente) inestimabili. Non si parla qui tanto del petrolio e del gas[ii], che apparivano specialmente promettenti per le finanze pubbliche groenlandesi al tempo del referendum sull’autonomia rinforzata dell’isola nel 2008, sfociato nello Statuto di autonomia del 2009, ma che finora non sono state concretamente utilizzati. L’attenzione è ora concentrata sulle terre rare (Rare Earths, RE)[iii], che sono elementi chimici essenziali per numerose applicazioni tecnologiche[iv] e, come dice il nome stesso, di non agevole reperimento sul pianeta[v]. Esse abbondano in Groenlandia[vi], e rappresentano quindi per l’isola un notevole potenziale di sviluppo.

Lo Statuto di autonomia ha trasferito dalla Danimarca alla Groenlandia la competenza sulle materie prime, con decorrenza dal 2010. Come conseguenza, la Groenlandia si è atteggiata sul piano internazionale come un “quasi-Stato”. Ad esempio, il ministro groenlandese per le materie prime è stato ricevuto a Pechino nel 2011 da Vice-Primo Ministro della Repubblica popolare cinese Li Keqiang, poi diventato l’attuale Premier della RPC. Perché la Cina popolare ha ricevuto a un così alto livello un rappresentante di un territorio autonomo straniero, ben conoscendosi tra l’altro la ”sensibilità” cinese sui temi dell’autonomia territoriale nelle relazioni esterne? Evidentemente, alla Cina popolare interessa lo sfruttamento delle risorse minerarie groenlandesi, in primis delle terre rare[vii].

Non bisogna dimenticare, tuttavia, la rilevanza strategica e/o geopolitica di queste risorse. In fondo, la Groenlandia rimane una zona di difesa americana sotto sovranità danese. Un segnale importante è arrivato, a tale riguardo, nel 2020, allorché gli Stati Uniti hanno riaperto il loro consolato in Groenlandia, soppresso sessantasette anni prima. La rilevanza geostrategica della Groenlandia per gli USA è innegabile, cosicché l’ipotesi che la (futura) Groenlandia indipendente si avvicini alla Cina, non è gradita a Washington. La stessa Danimarca, quanto meno dal 2013, ha iniziato a considerare lo sfruttamento delle risorse naturali e minerarie della Groenlandia come un aspetto che riguarda la sicurezza nazionale, di competenza quindi (anche) delle autorità centrali. Questo implica una riconsiderazione degli scambi diretti delle autorità groenlandesi con la Repubblica popolare cinese, come pure con altri eventuali Paesi stranieri.

D’altro canto, lo sfruttamento delle risorse naturali, tra cui in primo luogo le terre rare, mette a repentaglio lo stile di vita tradizionale degli indigeni Inuit, suscitando così timori e resistente presso vasti settori dell’opinione pubblica locale (in grande maggioranza – come visto sopra – costituita da aborigeni). Fattori esterni, dunque, si combinano con altri di natura interna, allontanando il “sogno” dell’indipendenza groenlandese[viii].

Tutto ciò ha avuto, da ultimo, significativi riflessi sulle elezioni politiche anticipate tenutesi il 6 aprile 2021 in Groenlandia[ix]. Il partito socialdemocratico, Siumut (Avanti) ha ottenuto il 30 per cento dei voti, mentre aveva conseguito il 27 per cento dei suffragi nel 2018[x]. Ma i veri vincitori della tornata elettorale sono gli ambientalisti e indipendentisti di Inuit Ataqatigiit (IA), che significa letteralmente Comunità Inuit, i quali hanno un indirizzo politico di sinistra[xi] e sono passati dal 25 al 37[xii] per cento dei voti. I centristi, anch’essi indipendentisti, di Naleraq (Punto di orientamento)[xiii] sono diminuiti dal 13 al 12 per cento, con il partito di centrodestra (Democratici) sceso dal 19 al 9 per cento.

La recente dinamica politico-elettorale groenlandese è stata la seguente. Il governo, formato da Siumut e Democratici, era inizialmente favorevole allo sfruttamento delle riserve di terre rare. Le proteste hanno indotto i socialdemocratici e rivedere la loro posizione. A questo punto i Democratici, rimasti favorevoli al progetto, hanno ritirato l’appoggio al governo, determinando le elezioni anticipate. Il vincitore, IA, è invece contrario allo sfruttamento delle terre rare[xiv], perché lo ritiene di eccessivo impatto sull’ambiente. La situazione, almeno per ora, rimane “in stallo”, ma comunque non viene sacrificato l’ecosistema (e, di conseguenza, lo stile di vita tradizionale), già peraltro compromesso dai cambiamenti climatici[xv]. Soltanto due parole, infatti, per ricordare che aumento della temperatura, scioglimento del ghiaccio marino, ritiro dei ghiacciai, disgelo del permafrost, aumento del livello del mare e della frequenza e dell'intensità degli eventi meteorologici estremi forniscono una chiara prova del cambiamento climatico globale, in particolare nell’Artico, con impatti prima di tutto ambientali, ma che influenzano anche le condizioni sociali, economiche, psicologiche e politiche nella regione.

Insomma, la questione delle terre rare diventa in Groenlandia un problema di terre strategiche, e dunque di competizione internazionale[xvi], con i popoli indigeni artici a fare da spettatori (sempre più consapevoli, però, della rilevanza per loro stessi posta in gioco[xvii]). Potremmo anche concludere dicendo che la Groenlandia possiede terre rare, ma un insieme di elementi ne fanno altresì una terra rara nel senso di territorio.

 

[i] In buona parte (quasi 19.000) concentrati nel capoluogo Nuuk.

[ii] Su cui v. S. Cassotta, M. Mazza, Balancing De Jure and De Facto Arctci Environmental Law Applied to the Oil and Gas Industry: Linking Indigenous Rights, Social Impact Assessment and Business in Greenland, in Yearbook of Polar Law, 2015, p. 63 ss. Amplius, sull’Artico come “ipermercato” delle risorse naturali, v. se vuoi M. Mazza, I diritti degli indigeni sulle risorse naturali ed energetiche negli Stati artici. Profili internazionali e comparati, Napoli, Jovene, 2012, nonché id., Energy, Environment and Indigenous Rights: Arctic Experiences Compared, in Yearbook of Polar Law, 2016, p. 317 ss.

[iii] C.d. oro verde del XXI secolo.

[iv] G. Azimi et alii (Eds.), Rare Metal Technology 2021, Berlin, Springer, 2021. Le (possibili) applicazioni dei 17 metalli c.d. terre rare riguardano: computer, smartphone, aeroplani, automobili, intelligenza artificiale, ecc.

[v] In verità, le terre rare sono relativamente abbondanti, ma difficili da estrarre e quindi costose.

[vi] Che viene considerata il secondo deposito mondiale di terre rare. Il maggiore produttore al mondo, nel 2020, è stata la Cina (57% del totale) seguita da Stati Uniti d’America (15%). V. M. Garside, Rare earth mining - global distribution by country 2020, www.statista.com, 3 marzo 2021.

[vii] V. A. Richiello, Terre rare e competizione con la Cina, in Aspenia, n. 93, giugno 2021, p. 225 ss.

[viii] Cfr. M. Mazza, La Groenlandia verso l’indipendenza?, in Filodiritto, 25 febbraio 2021, nonché prima, del medesimo a., The Prospects of Independence for Greenland, between Energy Resources and the Rights of Indigenous Peoples (with Some Comparative Remarks on Nunavut, Canada), in Beijing Law Review, 2015, p. 320 ss.

[ix] Talvolta si parla della Groenlandia come la “Catalogna povera” del Nordeuropa.

[x] Siumut disponeva della maggioranza nel Parlamento (Inatsisartut) della Groenlandia fin dal 1979.

[xi] Sinistra radicale/ecologista.

[xii] Per l’esattezza, 36,60 per cento, cui corrispondono 12 seggi nel Parlamento locale, formato da 31 membri.

[xiii] Il partito ha venature populiste.

[xiv] C.d. No miniera, protagonisti della “svolta green” per la Groenlandia (conosciuta anche come isola verde, o meglio terra verde, in danese Grønland). AI è decisamente contrario anche a prospezione, ricerca, perforazione, estrazione, produzione e raffinamento ed esportazione di petrolio; v. A. Tarquini, Il governo Inuit dice no al petrolio: “Il guadagno non compensa i danni all'ambiente”, in La Repubblica, 19 luglio 2021.

[xv] Rinvio estesamente, sul punto, a M. Mazza, Cambiamento climatico e protezione della biodiversità nella regione polare artica, in Id., Aurora Borealis. Diritto polare e comparazione giuridica, Bologna, Filodiritto, 2014, p. 27 ss.

[xvi] Vedasi G. Pitron, La guerra dei metalli rari. Il lato oscuro della transizione ecologica e digitale, (2018), trad. it., Roma, Luiss University Press, 2019; G. Grieco, La competizione per l’Artico e la geopolitica del cambiamento climatico, in Italianieuropei, 2021, n. 4, www.italianieuropei.it («A lungo considerato come un caso di “eccezionalismo oceanico”, spazio marittimo inaccessibile, precluso all’attività umana e senza storia, solo nell’ultimo decennio l’Artico è diventato un progetto meta-geografico compiuto, ovvero un territorio con un significato spaziale e politico, trascinato al centro di trasformazioni geopolitiche, ambientali ed economiche»).

[xvii] Cfr. C. Graziani, Gli Inuit difendono le risorse dell’Artico, in L’Osservatore Romano, 9 aprile 2021.