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Una misura dell’esercizio del potere amministrativo: il principio di proporzionalità dell’azione amministrativa

Consiglio di Stato, IV Sezione, 26 febbraio 2015, n. 964
Una misura dell’esercizio del potere amministrativo: il principio di proporzionalità dell’azione amministrativa
Una misura dell’esercizio del potere amministrativo: il principio di proporzionalità dell’azione amministrativa

SOMMARIO: 1. Premessa - 2. Il caso su cui interviene il Consiglio di Stato con la sentenza 26 febbraio 2015, n. 964- 3. Origini e natura del principio di proporzionalità - 4. Presupposti applicativi - 5. La pronuncia dei Giudici di Palazzo Spada - 6. Considerazioni conclusive.

1. Premessa

Tra i principi generali di importanza e funzionalità crescente nel diritto pubblico merita di essere segnalato il principio di proporzionalità dell’attività amministrativa[1], in funzione del quale i diritti e le libertà dei cittadini possono essere limitati solo nella misura in cui ciò risulti indispensabile per proteggere gli interessi pubblici[2].

In ragione di tale principio, quindi, ogni provvedimento utilizzato dalla pubblica amministrazione, specialmente se sfavorevole al destinatario[3], dovrà essere allo stesso tempo necessario e commisurato al raggiungimento dello scopo prefissato dalla legge. Conseguentemente, ogniqualvolta sia possibile operare una scelta tra più mezzi alternativi, tutti ugualmente idonei al perseguimento dello scopo, andrebbe sempre preferito quello che determini un minor sacrificio per il destinatario, nel rispetto del giusto equilibrio tra vari interessi coinvolti nella fattispecie concreta[4].

2. Il caso su cui interviene il Consiglio di Stato con la sentenza 26 febbraio 2015, n. 964.

La fattispecie in esame ha ad oggetto l’impugnazione, da parte di un dipendente del Ministero della difesa, di due provvedimenti, dei quali, il primo di esclusione dallagraduatoria di una procedura di immissione nel ruolo dei volontari in servizio permanente, e, l’altro, dicongedo permanente dall’ente di appartenenza.

Le ragioni che avevano portato l’amministrazione ad adottare i provvedimenti impugnati derivavano dal fatto che, al momento della domanda di partecipazione alla procedura concorsuale, il militare, caporale maggiore dell’Esercito Italiano, risultava gravato da un processo penale conclusosi, in epoca successiva alla definizione delprocedimento amministrativo, con l’assoluzione.

A seguito dell’impugnazione dei provvedimenti di esclusione dalla procedura e di congedo permanente, il TAR Lazio respingeva le censure di illegittimità.  

Nell’analizzare il caso concreto il Consiglio di Stato, davanti a cui veniva impugnata la decisione di primo grado, specifica il contenuto e la portata del principio di proporzionalità.

3. Origini e natura del principio di proporzionalità  

Il principio di proporzionalità trae origine dalla giurisprudenza costituzionale e amministrativa tedesca[5] ed è stato, successivamente, fatto proprio dalla Corte di Giustizia UE[6] soprattutto in materia di sanzioni, di aiuti di Stato, di deroghe alle regole della concorrenza, assurgendo così a principio generale dell’ordinamento comunitario[7].

Se le origini del principio di proporzionalità sono da ricondurre al diritto tedesco, è stato in particolare attraverso l’opera della giurisprudenza della Corte di giustizia UE che lo stesso principio si è poi diffuso anche all’interno di altri ordinamenti nazionali dell’area comunitaria.

Con riferimento in particolare all’ordinamento italiano, in cui il principio di proporzionalità era del tutto sconosciuto come tale alla tradizione giuridica nazionale, detto principio è stato progressivamente applicato in modo estensivo anche per fattispecie senza alcuna diretta rilevanza per il diritto dell’Unione Europea[8] Effetto che nel nostro ordinamento è stato peraltro largamente amplificato per effetto della previsione di cui all’articolo 1, comma 1 della Legge n. 241/90, come modificata nel 2005.

Secondo quanto espressamente affermato dalla Corte di giustizia nella sua giurisprudenza, a tale principio spetta rango costituzionale, quale principio generale finalizzato a limitare le misure comunitarie restrittive, comprese quelle adottate dal legislatore (v. C. giust., 17.12.1970, in C-11/70, Internationale Handelsgesellschaft, in Racc., 1970, 1125 ss.; C. giust., 24.10.1973, in C-5/73, Balkan-Import-Export, inRacc., 1973, 1091 ss.).

Con il Trattato di Maastricht del 1992 il principio di proporzionalità - limitatamente all’aspetto relativo alla necessarietà - è stato peraltro inserito direttamente all’interno del Trattato, all’articolo 3 B (divenuto poi l’art. 5 TCE), che si riferiva, tuttavia, alla sola attività delle istituzioni comunitarie. In seguito, con il Trattato di Amsterdam del 1997, ai principi di sussidiarietà e proporzionalità è stato dedicato un apposito protocollo, la cui prima disposizione ricalca, sostanzialmente, quella di cui all’articolo 3 B, con l’aggiunta, però, della precisazione espressa che l’obbligo di rispetto del principio incombe a «ciascuna istituzione. Il protocollo in questione (ora Protocollo n. 2) è stato ripreso, con alcune modifiche, anche dal Trattato di Lisbona che, entrato in vigore il 1.12.2009, ha anche sostituito il vecchio articolo 5 TCE con l’articolo 5 TUE.

In sintesi, dunque, nel diritto dell’Unione Europea, il principio di proporzionalità si impone sempre come canone di azione: come rileva autorevole dottrina, tuttavia, a seconda, dei casi, esso può imporsi o come principio generale del diritto dell’Unione Europea, riconosciuto come tale dalla costante giurisprudenza della Corte di giustizia; ovvero, con riguardo specifico all’azione posta in essere dalle istituzioni dell’Unione Europea, in virtù della sua espressa menzione all’interno del Trattato, che limita però i suoi presupposti applicativi al solo requisito della necessarietà[9]. In entrambe le ipotesi, si realizza una sua sovra-ordinazione rispetto alle norme del diritto dell’Unione europea di rango primario.

4. Presupposti applicativi

Tale principio impone all’amministrazione che adotta il provvedimento finale nei confronti del privato, un giudizio fondato su tre criteri: idoneità, necessarietà e adeguatezza della misura prescelta.

L’idoneità esprime il rapporto tra i mezzi impiegati e il fine che si vuole perseguire. Sulla base di tale criterio vanno scartate tutte le misure che non sono in grado di realizzare il fine[10]. Secondo alcuni autori[11], la valutazione concernente l’idoneità va effettuata in termini di “coerenza”.  

La necessarietà rappresenta la conformità dell’azione amministrativa alla regola del mezzo più mite[12], e cioè l’obbligo per l’amministrazione di mettere a confronto le misure ritenute idonee e orientare la scelta sulla soluzione comportante il raggiungimento dell’obiettivo attraverso il minimo sacrificio degli interessi incisi dal provvedimento.

Infine, l’adeguatezza è strettamente collegata alla necessarietà e si pone come vincolo quantitativo della scelta e “misuratore” del grado di soddisfazione degli interessi meritevoli di tutela[13], in particolare, degli interessi deboli per quanto riguarda l’aspetto del giusto equilibrio in sede di bilanciamento.

Quanto ai contenuti di questo sindacato, le relative pronunzie possono essere sostanzialmente raggruppate all’interno di tre categorie: una prima categoria di pronunzie, in costante aumento, in cui i giudici amministrativi fanno riferimento ad un modello trifasico[14] di sindacato della proporzionalità[15].

A questa si affianca una seconda categoria di pronunzie in cui il riferimento si limita, di fatto, al solo sindacato di idoneità e necessarietà[16].

5. La pronuncia dei Giudici di Palazzo Spada

Con la decisione n. 964 del 2015, la Quarta Sezione del Consiglio di Stato nell’accogliere il ricorso, anche alla luce del principio di proporzionalità, definisce i contorni di quest’ultimo.

Innanzitutto la Corte spiega che il principio di proporzionalità impone all’amministrazione di adottare un provvedimento non eccedente quanto è opportuno e necessario per conseguire lo scopo prefissato.

Alla luce di tale principio, nel caso in cui l’azione amministrativa coinvolga interessi diversi, è doverosa un’adeguata ponderazione delle contrapposte esigenze, al fine di trovare la soluzione che comporti il minor sacrificio possibile: in questo senso, il principio in esame rileva quale elemento sintomatico della correttezza dell’esercizio del potere discrezionale in relazione all’effettivo bilanciamento degli interessi.

Date tali premesse, la proporzionalità non deve essere considerata come un canone rigido ed immodificabile, ma si configura quale regola che implica la flessibilità dell’azione amministrativa ed, in ultima analisi, la rispondenza della stessa alla razionalità ed alla legalità.

6. Considerazioni conclusive

La giurisprudenza amministrativa afferma che il principio di proporzionalità preclude all’amministrazione l’adozione di atti restrittivi della sfera giuridica dei privati in modo non proporzionato all’interesse pubblico.

Come rilevato, il principio in esame implica l’idoneità del mezzo prescelto rispetto al fine perseguito, l’obbligatorietà dello stesso, e, ancora, la sua adeguatezza riguardo al sacrificio imposto ai singoli.

Nel caso qui esaminato, il Consiglio di Stato rileva come l’applicazione del principio di proporzionalità imponga all’amministrazione di adottare un provvedimento che non ecceda quanto è opportuno e necessario al fine del conseguimento dello scopo prefissato.

Il principio in parola, quindi, impone una equilibrata valutazione di tutti gli interessi (pubblici e privati) coinvolti dall’azione amministrativa, al fine di garantire una decisione finale che comporti il minor sacrificio possibile. Sotto questo profilo, il principio di proporzionalità valorizza e, in qualche misura, presuppone il procedimento amministrativo quale strumento di controllo della congruità dell’azione amministrativa nell’esercizio del potere discrezionale in relazione all’effettivo bilanciamento degli interessi.

Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, tuttavia, la proporzionalità non può essere considerata come un canone rigido e immodificabile, ma si configura come principio che presuppone la flessibilità dell’azione amministrativa in conformità ai dettami della razionalità e della legalità.

In definitiva, come rilevato nella sentenza in commento, il principio di proporzionalità va inteso “nella sua accezione etimologica e dunque da riferire al senso di equità e di giustizia, che deve sempre caratterizzare la soluzione del caso concreto, non solo in sede amministrativa, ma anche in sede giurisdizionale” (Consiglio di Stato, V Sezione, 21 gennaio 2015, n. 284).

 

[1] Sul principio in esame, si rinvia, senza pretesa di esaustività, ai seguenti contributi:a. sandulli, La proporzionalità nell’azione amministrativa, Padova, 1998; s. cognetti, Principio di proporzionalità. Profili di teoria generale e di analisi sistematica, Torino, 2010; d.u. galetta, Il principio di proporzionalità, in m.a. sandulli, a cura di, Codice dell’azione amministrativa, Collana «Le Fonti del Diritto Italiano», Milano, 2010, 110 ss.; d.u. galetta, Il principio di proporzionalità, in m. renna, f. saitta, a cura di, Studi sui principi del diritto amministrativo, Milano, 2012, 389 ss.; s. villamena, Contributo in tema di proporzionalità amministrativa, Milano, 2008.

[2] a. sandulli, La proporzionalità nell’azione amministrativa, cit.

[3] Si tratta cioè di provvedimenti che incidono negativamente nella sfera giuridica dei destinatari (per esempio sanzioni, imposizione di obblighi, ecc.).

[4] Così i. nicotra, Diritto pubblico e costituzionale, Torino, 2013, 291.

[5] In questi termini si veda d.u. galetta, Principio di proporzionalità sindacato giurisdizionale nel diritto amministrativo, Milano, 1988, 11 ss.; m.a. sandulli, Proporzionalità, in Dizionario di Diritto Pubblico, a cura di s. cassese, Milano, 2006, Vol. V, 4643 ss.

[6] La Corte di giustizia vi ha fatto infatti esplicito riferimento sin dagli esordi della sua giurisprudenza (v. ad es. C. giust., 16.7.1956, in C-8/55, Fédération Charbonnière, inRacc., 1955-56, 199 ss.; C. giust., 14.12.1962, in cause riunite C-5-11, 13-15/62,Società acciaierie San Michele, in Racc., 1962, 917 ss.; C. giust., 19.3.1964, in C-18/63, Schmitz, in Racc., 1964, 175 ss.) ed esso si è poi progressivamente affermato come essenziale strumento di sindacato giurisdizionale, applicato a quasi tutti i settori del diritto dell’Unione europea.

[7] In questo senso m. clarich, Manuale di diritto amministrativo, Bologna 2013, 150.

[8] Va rilevato che il principio di proporzionalità trova applicazione in altri ambiti disciplinari oltre a quello afferente al diritto amministrativo, primo fra tutti quello del diritto costituzionale. Ad esempio di esso ha fatto uso la Corte Costituzionale al fine di valutare la legittimità dell’assunzione a livello statale di funzioni regionali in applicazione dell’art. 118, primo comma, Cost. (Sentenza n. 303 del 2003).

[9] d.u. galetta, Il principio di proporzionalità, in m. renna e f. saitta (a cura di), Studi sui principi del diritto amministrativo, Milano 2012, 395.

[10] In questo senso, a. sandulli, La proporzionalità nell’azione amministrativa, cit., 367, secondo cui è “la funzione amministrativa che presiede alla dinamica dell’azione amministrativa, condizionando il corretto svolgimento della stessa ad un vincolo di risultato, che influenza in modo decisivo la selezione tra le possibili alternative”.

[11] p.m. vipiana, Introduzione allo studio del principio di ragionevolezza, Padova, 1993, 76.

[12] In proposito, rileva p.m. vipiana, Introduzione allo studio del principio di ragionevolezza, cit., 81, che la scelta del mezzo più mite non inciderà solo sulla species dell’atto adottato (ad esempio, un assenso condizionato sarà meno gravoso di un divieto), ma anche sul suo contenuto concreto (in relazione magari al numero dei soggetti destinatari dell’atto) e sull’efficacia temporale e spaziale dell’atto.

[13] a. sandulli, La proporzionalità nell’azione amministrativa, 373.

[14] L’utilizzo del modello trifasico o comunque l’attenzione costante nella verifica della legittimità del provvedimento dell’aderenza e della congruità dei mezzi rispetto ai fini spinge l’amministrazione a motivare in modo più accurato i propri provvedimenti, sapendo che poi questi ultimi verranno esaminati “con gli occhiali della proporzionalità”. (In questi termini v. parisio, Motivazione postuma, qualità dell’azione amministrativa e vizi formali, in Foro amm. – Tar, 9, 3091)

[15] Si veda ad es. Cons. Stato, sez. VI, 11 gennaio 2010, n. 19; Cons. Stato, sez. VI, 10 marzo 2009, n. 1420; Cons. Stato, sez. VI, 8 febbraio 2008, n. 424; Cons. Stato, sez. VI, 17.4.2007, n. 1746; Cons. Stato, sez. IV, 1.10.2004, n. 6410; TAR Lazio, sez. I, 8.5.2009, n. 4994; TAR Puglia, Bari, sez. II, 24.10.2006, n. 3783; tutte in http://www.giustizia-amministrativa.it.

[16] In molti casi, infatti, il giudice di limita ad affermare che “Il principio di proporzionalità è principio generale dell’ordinamento: esso implica che la pubblica amministrazione debba adottare la soluzione idonea ed adeguata, comportante il minor sacrificio possibile per gli interessi compresenti”.  Così Cons. Stato, sez. IV, 22.6.2004, n. 4381; Cons. St., sez. IV, 5.10.2004, n. 6490; Cons. St., sez. IV, 28.2.2005, n. 702; Cons. St., sez. IV, 22.3.2005, n. 1195; Cons. St., sez. V, 14.4.2006, n. 2087; TAR Puglia, sez. I, n. 2790/2003, tutte in http://www.giustizia-amministrativa.it

SOMMARIO: 1. Premessa - 2. Il caso su cui interviene il Consiglio di Stato con la sentenza 26 febbraio 2015, n. 964- 3. Origini e natura del principio di proporzionalità - 4. Presupposti applicativi - 5. La pronuncia dei Giudici di Palazzo Spada - 6. Considerazioni conclusive.

1. Premessa

Tra i principi generali di importanza e funzionalità crescente nel diritto pubblico merita di essere segnalato il principio di proporzionalità dell’attività amministrativa[1], in funzione del quale i diritti e le libertà dei cittadini possono essere limitati solo nella misura in cui ciò risulti indispensabile per proteggere gli interessi pubblici[2].

In ragione di tale principio, quindi, ogni provvedimento utilizzato dalla pubblica amministrazione, specialmente se sfavorevole al destinatario[3], dovrà essere allo stesso tempo necessario e commisurato al raggiungimento dello scopo prefissato dalla legge. Conseguentemente, ogniqualvolta sia possibile operare una scelta tra più mezzi alternativi, tutti ugualmente idonei al perseguimento dello scopo, andrebbe sempre preferito quello che determini un minor sacrificio per il destinatario, nel rispetto del giusto equilibrio tra vari interessi coinvolti nella fattispecie concreta[4].

2. Il caso su cui interviene il Consiglio di Stato con la sentenza 26 febbraio 2015, n. 964.

La fattispecie in esame ha ad oggetto l’impugnazione, da parte di un dipendente del Ministero della difesa, di due provvedimenti, dei quali, il primo di esclusione dallagraduatoria di una procedura di immissione nel ruolo dei volontari in servizio permanente, e, l’altro, dicongedo permanente dall’ente di appartenenza.

Le ragioni che avevano portato l’amministrazione ad adottare i provvedimenti impugnati derivavano dal fatto che, al momento della domanda di partecipazione alla procedura concorsuale, il militare, caporale maggiore dell’Esercito Italiano, risultava gravato da un processo penale conclusosi, in epoca successiva alla definizione delprocedimento amministrativo, con l’assoluzione.

A seguito dell’impugnazione dei provvedimenti di esclusione dalla procedura e di congedo permanente, il TAR Lazio respingeva le censure di illegittimità.  

Nell’analizzare il caso concreto il Consiglio di Stato, davanti a cui veniva impugnata la decisione di primo grado, specifica il contenuto e la portata del principio di proporzionalità.

3. Origini e natura del principio di proporzionalità  

Il principio di proporzionalità trae origine dalla giurisprudenza costituzionale e amministrativa tedesca[5] ed è stato, successivamente, fatto proprio dalla Corte di Giustizia UE[6] soprattutto in materia di sanzioni, di aiuti di Stato, di deroghe alle regole della concorrenza, assurgendo così a principio generale dell’ordinamento comunitario[7].

Se le origini del principio di proporzionalità sono da ricondurre al diritto tedesco, è stato in particolare attraverso l’opera della giurisprudenza della Corte di giustizia UE che lo stesso principio si è poi diffuso anche all’interno di altri ordinamenti nazionali dell’area comunitaria.

Con riferimento in particolare all’ordinamento italiano, in cui il principio di proporzionalità era del tutto sconosciuto come tale alla tradizione giuridica nazionale, detto principio è stato progressivamente applicato in modo estensivo anche per fattispecie senza alcuna diretta rilevanza per il diritto dell’Unione Europea[8] Effetto che nel nostro ordinamento è stato peraltro largamente amplificato per effetto della previsione di cui all’articolo 1, comma 1 della Legge n. 241/90, come modificata nel 2005.

Secondo quanto espressamente affermato dalla Corte di giustizia nella sua giurisprudenza, a tale principio spetta rango costituzionale, quale principio generale finalizzato a limitare le misure comunitarie restrittive, comprese quelle adottate dal legislatore (v. C. giust., 17.12.1970, in C-11/70, Internationale Handelsgesellschaft, in Racc., 1970, 1125 ss.; C. giust., 24.10.1973, in C-5/73, Balkan-Import-Export, inRacc., 1973, 1091 ss.).

Con il Trattato di Maastricht del 1992 il principio di proporzionalità - limitatamente all’aspetto relativo alla necessarietà - è stato peraltro inserito direttamente all’interno del Trattato, all’articolo 3 B (divenuto poi l’art. 5 TCE), che si riferiva, tuttavia, alla sola attività delle istituzioni comunitarie. In seguito, con il Trattato di Amsterdam del 1997, ai principi di sussidiarietà e proporzionalità è stato dedicato un apposito protocollo, la cui prima disposizione ricalca, sostanzialmente, quella di cui all’articolo 3 B, con l’aggiunta, però, della precisazione espressa che l’obbligo di rispetto del principio incombe a «ciascuna istituzione. Il protocollo in questione (ora Protocollo n. 2) è stato ripreso, con alcune modifiche, anche dal Trattato di Lisbona che, entrato in vigore il 1.12.2009, ha anche sostituito il vecchio articolo 5 TCE con l’articolo 5 TUE.

In sintesi, dunque, nel diritto dell’Unione Europea, il principio di proporzionalità si impone sempre come canone di azione: come rileva autorevole dottrina, tuttavia, a seconda, dei casi, esso può imporsi o come principio generale del diritto dell’Unione Europea, riconosciuto come tale dalla costante giurisprudenza della Corte di giustizia; ovvero, con riguardo specifico all’azione posta in essere dalle istituzioni dell’Unione Europea, in virtù della sua espressa menzione all’interno del Trattato, che limita però i suoi presupposti applicativi al solo requisito della necessarietà[9]. In entrambe le ipotesi, si realizza una sua sovra-ordinazione rispetto alle norme del diritto dell’Unione europea di rango primario.

4. Presupposti applicativi

Tale principio impone all’amministrazione che adotta il provvedimento finale nei confronti del privato, un giudizio fondato su tre criteri: idoneità, necessarietà e adeguatezza della misura prescelta.

L’idoneità esprime il rapporto tra i mezzi impiegati e il fine che si vuole perseguire. Sulla base di tale criterio vanno scartate tutte le misure che non sono in grado di realizzare il fine[10]. Secondo alcuni autori[11], la valutazione concernente l’idoneità va effettuata in termini di “coerenza”.  

La necessarietà rappresenta la conformità dell’azione amministrativa alla regola del mezzo più mite[12], e cioè l’obbligo per l’amministrazione di mettere a confronto le misure ritenute idonee e orientare la scelta sulla soluzione comportante il raggiungimento dell’obiettivo attraverso il minimo sacrificio degli interessi incisi dal provvedimento.

Infine, l’adeguatezza è strettamente collegata alla necessarietà e si pone come vincolo quantitativo della scelta e “misuratore” del grado di soddisfazione degli interessi meritevoli di tutela[13], in particolare, degli interessi deboli per quanto riguarda l’aspetto del giusto equilibrio in sede di bilanciamento.

Quanto ai contenuti di questo sindacato, le relative pronunzie possono essere sostanzialmente raggruppate all’interno di tre categorie: una prima categoria di pronunzie, in costante aumento, in cui i giudici amministrativi fanno riferimento ad un modello trifasico[14] di sindacato della proporzionalità[15].

A questa si affianca una seconda categoria di pronunzie in cui il riferimento si limita, di fatto, al solo sindacato di idoneità e necessarietà[16].

5. La pronuncia dei Giudici di Palazzo Spada

Con la decisione n. 964 del 2015, la Quarta Sezione del Consiglio di Stato nell’accogliere il ricorso, anche alla luce del principio di proporzionalità, definisce i contorni di quest’ultimo.

Innanzitutto la Corte spiega che il principio di proporzionalità impone all’amministrazione di adottare un provvedimento non eccedente quanto è opportuno e necessario per conseguire lo scopo prefissato.

Alla luce di tale principio, nel caso in cui l’azione amministrativa coinvolga interessi diversi, è doverosa un’adeguata ponderazione delle contrapposte esigenze, al fine di trovare la soluzione che comporti il minor sacrificio possibile: in questo senso, il principio in esame rileva quale elemento sintomatico della correttezza dell’esercizio del potere discrezionale in relazione all’effettivo bilanciamento degli interessi.

Date tali premesse, la proporzionalità non deve essere considerata come un canone rigido ed immodificabile, ma si configura quale regola che implica la flessibilità dell’azione amministrativa ed, in ultima analisi, la rispondenza della stessa alla razionalità ed alla legalità.

6. Considerazioni conclusive

La giurisprudenza amministrativa afferma che il principio di proporzionalità preclude all’amministrazione l’adozione di atti restrittivi della sfera giuridica dei privati in modo non proporzionato all’interesse pubblico.

Come rilevato, il principio in esame implica l’idoneità del mezzo prescelto rispetto al fine perseguito, l’obbligatorietà dello stesso, e, ancora, la sua adeguatezza riguardo al sacrificio imposto ai singoli.

Nel caso qui esaminato, il Consiglio di Stato rileva come l’applicazione del principio di proporzionalità imponga all’amministrazione di adottare un provvedimento che non ecceda quanto è opportuno e necessario al fine del conseguimento dello scopo prefissato.

Il principio in parola, quindi, impone una equilibrata valutazione di tutti gli interessi (pubblici e privati) coinvolti dall’azione amministrativa, al fine di garantire una decisione finale che comporti il minor sacrificio possibile. Sotto questo profilo, il principio di proporzionalità valorizza e, in qualche misura, presuppone il procedimento amministrativo quale strumento di controllo della congruità dell’azione amministrativa nell’esercizio del potere discrezionale in relazione all’effettivo bilanciamento degli interessi.

Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, tuttavia, la proporzionalità non può essere considerata come un canone rigido e immodificabile, ma si configura come principio che presuppone la flessibilità dell’azione amministrativa in conformità ai dettami della razionalità e della legalità.

In definitiva, come rilevato nella sentenza in commento, il principio di proporzionalità va inteso “nella sua accezione etimologica e dunque da riferire al senso di equità e di giustizia, che deve sempre caratterizzare la soluzione del caso concreto, non solo in sede amministrativa, ma anche in sede giurisdizionale” (Consiglio di Stato, V Sezione, 21 gennaio 2015, n. 284).

 

[1] Sul principio in esame, si rinvia, senza pretesa di esaustività, ai seguenti contributi:a. sandulli, La proporzionalità nell’azione amministrativa, Padova, 1998; s. cognetti, Principio di proporzionalità. Profili di teoria generale e di analisi sistematica, Torino, 2010; d.u. galetta, Il principio di proporzionalità, in m.a. sandulli, a cura di, Codice dell’azione amministrativa, Collana «Le Fonti del Diritto Italiano», Milano, 2010, 110 ss.; d.u. galetta, Il principio di proporzionalità, in m. renna, f. saitta, a cura di, Studi sui principi del diritto amministrativo, Milano, 2012, 389 ss.; s. villamena, Contributo in tema di proporzionalità amministrativa, Milano, 2008.

[2] a. sandulli, La proporzionalità nell’azione amministrativa, cit.

[3] Si tratta cioè di provvedimenti che incidono negativamente nella sfera giuridica dei destinatari (per esempio sanzioni, imposizione di obblighi, ecc.).

[4] Così i. nicotra, Diritto pubblico e costituzionale, Torino, 2013, 291.

[5] In questi termini si veda d.u. galetta, Principio di proporzionalità sindacato giurisdizionale nel diritto amministrativo, Milano, 1988, 11 ss.; m.a. sandulli, Proporzionalità, in Dizionario di Diritto Pubblico, a cura di s. cassese, Milano, 2006, Vol. V, 4643 ss.

[6] La Corte di giustizia vi ha fatto infatti esplicito riferimento sin dagli esordi della sua giurisprudenza (v. ad es. C. giust., 16.7.1956, in C-8/55, Fédération Charbonnière, inRacc., 1955-56, 199 ss.; C. giust., 14.12.1962, in cause riunite C-5-11, 13-15/62,Società acciaierie San Michele, in Racc., 1962, 917 ss.; C. giust., 19.3.1964, in C-18/63, Schmitz, in Racc., 1964, 175 ss.) ed esso si è poi progressivamente affermato come essenziale strumento di sindacato giurisdizionale, applicato a quasi tutti i settori del diritto dell’Unione europea.

[7] In questo senso m. clarich, Manuale di diritto amministrativo, Bologna 2013, 150.

[8] Va rilevato che il principio di proporzionalità trova applicazione in altri ambiti disciplinari oltre a quello afferente al diritto amministrativo, primo fra tutti quello del diritto costituzionale. Ad esempio di esso ha fatto uso la Corte Costituzionale al fine di valutare la legittimità dell’assunzione a livello statale di funzioni regionali in applicazione dell’art. 118, primo comma, Cost. (Sentenza n. 303 del 2003).

[9] d.u. galetta, Il principio di proporzionalità, in m. renna e f. saitta (a cura di), Studi sui principi del diritto amministrativo, Milano 2012, 395.

[10] In questo senso, a. sandulli, La proporzionalità nell’azione amministrativa, cit., 367, secondo cui è “la funzione amministrativa che presiede alla dinamica dell’azione amministrativa, condizionando il corretto svolgimento della stessa ad un vincolo di risultato, che influenza in modo decisivo la selezione tra le possibili alternative”.

[11] p.m. vipiana, Introduzione allo studio del principio di ragionevolezza, Padova, 1993, 76.

[12] In proposito, rileva p.m. vipiana, Introduzione allo studio del principio di ragionevolezza, cit., 81, che la scelta del mezzo più mite non inciderà solo sulla species dell’atto adottato (ad esempio, un assenso condizionato sarà meno gravoso di un divieto), ma anche sul suo contenuto concreto (in relazione magari al numero dei soggetti destinatari dell’atto) e sull’efficacia temporale e spaziale dell’atto.

[13] a. sandulli, La proporzionalità nell’azione amministrativa, 373.

[14] L’utilizzo del modello trifasico o comunque l’attenzione costante nella verifica della legittimità del provvedimento dell’aderenza e della congruità dei mezzi rispetto ai fini spinge l’amministrazione a motivare in modo più accurato i propri provvedimenti, sapendo che poi questi ultimi verranno esaminati “con gli occhiali della proporzionalità”. (In questi termini v. parisio, Motivazione postuma, qualità dell’azione amministrativa e vizi formali, in Foro amm. – Tar, 9, 3091)

[15] Si veda ad es. Cons. Stato, sez. VI, 11 gennaio 2010, n. 19; Cons. Stato, sez. VI, 10 marzo 2009, n. 1420; Cons. Stato, sez. VI, 8 febbraio 2008, n. 424; Cons. Stato, sez. VI, 17.4.2007, n. 1746; Cons. Stato, sez. IV, 1.10.2004, n. 6410; TAR Lazio, sez. I, 8.5.2009, n. 4994; TAR Puglia, Bari, sez. II, 24.10.2006, n. 3783; tutte in http://www.giustizia-amministrativa.it.

[16] In molti casi, infatti, il giudice di limita ad affermare che “Il principio di proporzionalità è principio generale dell’ordinamento: esso implica che la pubblica amministrazione debba adottare la soluzione idonea ed adeguata, comportante il minor sacrificio possibile per gli interessi compresenti”.  Così Cons. Stato, sez. IV, 22.6.2004, n. 4381; Cons. St., sez. IV, 5.10.2004, n. 6490; Cons. St., sez. IV, 28.2.2005, n. 702; Cons. St., sez. IV, 22.3.2005, n. 1195; Cons. St., sez. V, 14.4.2006, n. 2087; TAR Puglia, sez. I, n. 2790/2003, tutte in http://www.giustizia-amministrativa.it