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Ancilla Marighetto, un’eroica diciottenne

Ancilla Marighetto
Ancilla Marighetto

Ancilla Marighetto, un’eroica diciottenne

Il 19 febbraio 1945 a Col del Toc, nel comune di Lamon (Belluno), Ancilla Marighetto fu uccisa con un colpo di pistola per ordine del capitano delle SS Hegenbart. La ragazza aveva da poco compiuto 18 anni. Era infatti nata il 27 gennaio 1927 a Castello Tesino (Trento). Ancilla è la più giovane delle 19 donne decorate con la Medaglia d’Oro al Valor Militare durante la guerra di liberazione.

La sua storia è emblematica per comprendere il ruolo delle donne e anche dei militari nella guerra di liberazione. All’epoca le Forze Armate italiane non avevano una componente femminile, considerato che solo nel 2000 è iniziato il prezioso contributo delle donne con le stellette. La Marighetto, però, può essere considerata, nei fatti, una combattente volontaria.

Non ancora maggiorenne, decise di seguire il fratello Celestino e altri ex ufficiali del Regio Esercito, nella guerra di liberazione. Quella piccola formazione composta da militari, che qui intendo ricordare, è solo una delle tante concrete testimonianze del sacrificio di militari italiani, purtroppo spesso dimenticato. Questa mia rubrica, nell’anno in cui inizia l’80° anniversario della guerra di liberazione, si concentrerà spesso sul loro eroismo. Nel multiforme panorama della resistenza, che meriterebbe un’analisi meno politicizzata, il loro sacrificio non deve rimanere nell’oblio. Dall’8 settembre 1943, furono tanti i militari che combatterono contro i nazisti, iniziando proprio dalla nota difesa di Roma. Proprio nella Capitale, il 9 settembre 1943, mentre Granatieri e Carabinieri combattevano alla Magliana e a San Paolo, si costituiva il Comitato di Liberazione Nazionale, formato dai rappresentati di sette movimenti politici, “per riconquistare all’Italia il posto che le compete nel consesso delle libere nazioni (…) nel momento in cui il nazismo tenta di restaurare in Roma e in Italia il suo alleato fascista”. Dopo decenni, ricordiamo spesso la resistenza combattuta da alcuni di quei partiti, dimenticando le migliaia di soldati, marinai, avieri o carabinieri morti in quelle stesse giornate. La resistenza dei militari, sia quella «attiva», come reazione armata, che quella «passiva», come rifiuto di collaborare con i nazisti, è stata purtroppo quasi ignorata dalla storiografia. Per anni è stata lasciata al ricordo dei superstiti, perché erano vicende che riguardavano le forze armate, che avevano comunque combattuto una “guerra fascista”. L’opposizione dei militari ai nazisti, dovuta anche a un sentimento di fedeltà al re, non ha trovato molto interesse da parte della maggioranza degli storici. Dobbiamo ricordare quella prima resistenza, priva di finalità ideologiche, nata dalla determinazione di centinaia di migliaia di uomini, tesa a non collaborare con i tedeschi, anche a rischio della vita. Negli ultimi anni, si sta manifestando verso queste vicende una maggiore attenzione, che ha portato a ricordare, ad esempio, l’eccidio della divisione «Acqui» a Cefalonia. Tanti altri fatti però continuano ad essere ignorati; in generale viene spesso sottovalutata la resistenza dei militari.

 

Con questo spirito, mi accingo a ricordare un gruppo di militari, in prevalenza ex ufficiali del Regio Esercito, che non vollero seguire i nazisti. Al loro si aggregarono anche due giovanissime ragazze, Ancilla Marighetto, col nome di battaglia di “Ora”, e Clorinda Menguzzato “Veglia”, che aveva tre anni più di Ora e combatteva insieme al fidanzato Gastone Velo “Nazzari”. Questo gruppo di militari ventenni iniziò ad operare a Castel Tesino, il paese natale della nostra Ancilla, che era una ragazza semplice di quel piccolo borgo di montagna. Fino al luglio del '44 non conosceva che pascoli e boschi, la vita dura ma tranquilla dei montanari, lontana anche dagli echi della guerra. In questa zona periferica del Trentino, ai confini con la provincia di Belluno, si crearono le migliori condizioni per la nascita di una resistenza armata, con frequenti azioni contro i nazisti e il corpo di sicurezza trentino, una milizia composta da trentini impegnata in attività di ordine pubblico. In questa zona, tra la bassa Valsugana e il bellunese, iniziò ad operare questo gruppo di giovani, che assunse il nome di Battaglione “Giorgio Gherlenda”, un fante della Divisione “Pasubio” distintosi sul fronte russo, che, come partigiano “Piuma”, all’alba del 5 agosto 1944 fu ucciso dai nazisti. Il Battaglione Gherlenda, fondato il 20 agosto, era formato da giovani di montagna, prevalentemente da alpini, che avevano dismesso solo formalmente la divisa, ma seguivano i valori degli soldati dal cappello con la penna. In questo contesto, si inserisce la storia di Ancilla. La sua generosa adesione alla causa della libertà è emblematica di tutta una gioventù, che ha saputo esprimere nei fatti, senza parole altisonanti, una immensa altezza morale. La ragazza salì in montagna, a Costa Brunella, nel settembre del 1944, accolta dalla "Gherlenda" insieme all'amica Clorinda. Le due coraggiose ragazze non offrirono solo le loro abilità domestiche al gruppo di partigiani, ma si addestrano anche con le armi. Ad "Ora", vista la sua bravura, venne consegnato un mitra e una pistola. Anche nei turni di guardia, di notte, da sola, Ancilla sfidò la paura, ma volle essere come i suoi compagni. Fu sempre in prima fila in ogni azione, accanto al fratello e agli altri. Il “Gherlenda”, all'alba del 14 settembre 1944, ovviò alla mancanza di armamenti dando vita ad un'azione clamorosa: l'assalto alla caserma del Corpo di sicurezza trentino (Cst) di Castel Tesino. Il Cst era attivo per controllare il territorio, svolgendo attività antipartigiana, così partecipando anche a rastrellamenti e rappresaglie. Una quarantina di partigiani, compresa la nostra Ancilla, attaccò l'edificio, impegnando in uno scontro a fuoco intenso circa 55 appartenenti al Cst comandati da un tedesco, costringendoli ad arrendersi. I prigionieri vennero liberati dopo esser stati condotti a Passo del Brocon. L’azione fu definita memorabile da Radio Londra, che ne raccontò le gesta. La reazione nazista non si fece attendere. Il giorno successivo un rastrellamento tedesco, sfruttando la densa nebbia e l'utilizzo di due partigiani catturati come scudi umani, portò alla distruzione del campo, alla ritirata e alla morte di “Fumo”, Isidoro Giacomin, uno dei comandanti più amati del Gherlenda. L'azione nazifascista costrinse il Battaglione a spostare il proprio comando a Malga Tolvà, nel Gruppo di Cima d'Asta. L'8 ottobre una colonna militare tedesca con 500 militari circa marciò su Castel Tesino. I giovani partigiani, subito informati, si misero al sicuro. Solo i citati Gastone Velo “Nazzari” e la fidanzata Clorinda Menguzzato “Veglia” rimasero indietro per curare una ferita al piede del primo. Fu una scelta fatale, perché i due innamorati furono catturati e sottoposti a orribili torture. Veglia fu uccisa perché non parlò. Il suo corpo sarà poi ritrovato in una scarpata. Alla sua memoria sarà concessa la Medaglia d’Oro al Valor Militare, propria come alla nostra “Ora”. I violenti rastrellamenti ebbero come obiettivo diversi paesi dell'altopiano, portando alla cattura e alla fucilazione di vari partigiani. Tra questi ultimi, ci fu anche Giacomo Marighetto, il padre dell’eroica Ancilla. Il suo corpo, assieme a quello di altri tre combattenti per la libertà, fu lasciato in mezzo al paese come avvertimento. Il Battaglione Gherlenda fu costretto a sciogliersi a fine ottobre, ma le azioni dei suoi componenti non terminarono lì. Nonostante l'appello alleato del 13 novembre di sospendere le attività durante l'inverno, sette valorosi rimasero in montagna, perché difficilmente sarebbero passati inosservati al rientro nei rispettivi paesi (per i loro compagni, infatti, il destino dopo il ritorno fu tragico). Continuarono a combattere, procurandosi ogni giorno viveri e armi con audaci colpi di mano. Tra loro, "Ora" e il fratello Celestino. Il loro nascondiglio fu in una valletta impervia nella zona del passo Brocon, la Val Caora; da qui non diedero tregua ai nazisti, con rapide sortite. Ancilla era come sempre in prima fila. Alla metà di febbraio 1945, il gruppetto decise di trasferirsi in una zona meglio esposta al sole e fece tappa a malga Vallarica di Sotto, dove il 19 febbraio fu sorpreso da una pattuglia di tredici uomini del Corpo di sicurezza trentino guidata dal capitano delle SS Karl Julius Hegenbart. I sette ragazzi si dispersero rapidamente nei boschi limitrofi. I momenti furono concitati ed anche il ricordo dei testimoni non è arrivato nitido. Nel fuggi fuggi, "Ora" non riuscì ad usare i suoi sci. Si mise a correre verso valle, sulla neve, in direzione Lamon, insieme con un altro sodale, "Raul". Quando sentirono avvicinarsi i nazisti, che avevano gli sci, i due si arrampicarono su due abeti per nascondersi. Erano nei pressi del Col del Toc, nel comune di Lamon. Solo l'ultimo uomo della pattuglia notò "Ora" nascosta e chiamò gli altri. La diciottenne, sebbene impugnasse una pistola, non la utilizzò, accogliendo l'invito del capitano Hegenbart di scendere dall'albero. Ancilla fu subito interrogata. Come riporta la motivazione della Medaglia d’Oro concessale “offertale salva la vita purché denunciasse i propri compagni, rifiutava sdegnosamente sputando in faccia ai carnefici e gridando: «Ammazzatemi, ma non tradirò mai i miei fratelli»”. Hegenbart ordinò allora a uno dei soldati presenti di spararle alla testa. Quando i nazisti andarono via, "Raul" scese dall'albero e seppellì "Ora" sotto la neve. La salma fu recuperata due giorni dopo da due giovani di Lamon, sollecitati dai superstiti, e trasportata al vicino rifugio Croset dove fu tumulata sotto un cumulo di sassi.

Dopo la Liberazione, la salma fu traslata a Castello Tesino dove il 16 giugno 1945 si tennero i suoi funerali. Per l’ultimo saluto, accanto alla salma di Ancilla Marighetto "Ora", c’erano anche quelle del citato Comandante Isidoro Giacomin "Fumo", dell’amica Clorinda Menguzzato "Veglia" e del fidanzato di quest’ultima Gastone Velo "Nazzari.

Dopo la guerra l’omicida di "Ora" fu condannato a 22 anni di reclusione; ma ne scontò solo cinque, perché famiglia Marighetto acconsentì alla grazia per la quale si erano spesi esponenti della Chiesa trentina. Il capitano Hegenbart, condannato all'ergastolo in Italia per una lunga serie di crimini di guerra, non fu mai estradato dall'Austria, dove morì nel 1993.

Alla memoria di Ancilla Marighetto “Ora” è stata concessa la Medaglia d’Oro al Valor Militare con la seguente motivazione: «Generosa figlia del Trentino abbandonò la propria casa e la famiglia per rispondere all'appello della Patria a cui già il padre aveva sacrificata la vita. Unitamente al fratello maggiore divise i gravi rischi e i grandi sacrifici della lotta partigiana nella stagione più rigida e in zona impervia e pericolosa. Durante un rastrellamento, con uno sci spezzato da raffiche nemiche, si rifugiò sopra un albero. Individuata, scaricò la pistola sul nemico fino ad esaurimento delle munizioni. Catturata e sottoposta a sevizie e torture non si piegò. Offertale salva la vita purché denunciasse i propri compagni, rifiutava sdegnosamente sputando in faccia ai carnefici e gridando: «Ammazzatemi, ma non tradirò mai i miei fratelli» Il piombo nemico stroncò la sua eroica esistenza.»

È una 19 Medaglie d’Oro al Valor Militare concessa a donne combattenti durante la guerra di liberazione. Per anni, a livello storiografico, il contributo delle donne nella guerra di liberazione non è stato mai adeguatamente riconosciuto. È rimasto relegato ad un ruolo secondario, scontando "di fatto" una visione in cui anche quella lotta veniva "declinata" al “maschile”. Grazie ai criteri di premialità militare della massima onorificenza al Valore conosciamo le storie di donne eroiche. Come i militari furono centinaia di migliaia, anche le donne che combatterono nella resistenza furono molte di più della 19 decorate con la Medaglia d’Oro e le 18 con la Medaglia d’Argento al Valor militare. Secondo alcune stime furono 35.000 le donne combattenti e 20.000 quelle con funzioni di supporto. Certamente furono 70.000 circa le donne organizzate nei Gruppi di difesa della donna, formazioni partigiane pluripartitiche, simbolo dell'apporto femminile nella guerra di liberazione.

Per ricordare tutte loro, oggi ho scelto un loro simbolo: un’eroica diciottenne, Ancilla Marighetto.