Antitrust: audizione Presidente alla Camera sulla riforma delle professioni
Catricalà, in particolare, ha formulato alcune linee di intervento che potrebbero costituire una base di riflessione per un disegno organico di riforma delle professioni e ha svolto alcune prime osservazioni in merito al disegno di legge governativo AC 2160.
Vediamo in sintesi i passaggi principali dell’intervento.
Accesso alle professioni
Sarebbe opportuno affermare la regola generale per cui l’accesso ad una professione e, dunque, la possibilità di prestare i relativi servizi, sono liberi in linea di principio, salve le ipotesi in cui dimostrate esigenze di tutela di interessi generali richiedano che siano stabiliti particolari requisiti di ordine morale e/o tecnico. L’opportunità di inserire tali requisiti, ad opera del legislatore delegato e solo dopo le analisi che si stanno descrivendo, dovrebbe essere valutata alla luce di effettive e dimostrate esigenze di interesse generale, non altrimenti perseguibili.
Regime delle esclusive
Sarebbe, quindi, opportuno affermare la regola per cui l’attribuzione di riserve di attività e la loro puntuale estensione dovrebbero sempre essere giustificate da esigenze di tutela degli utenti del servizio, che non possono essere soddisfatte altrimenti che con l’istituzione della riserva stessa. A tale scopo, si potrebbe prendere in considerazione la possibilità di prevedere un processo di riesame di tutte le riserve attualmente previste dalla legislazione vigente volto a verificare la loro obiettiva giustificazione. L’esito di tale processo di regulation review può essere: la loro eliminazione, se non saranno ritenute giustificate, oppure, in caso contrario, si dovrà verificare la possibilità almeno di ampliare il novero dei professionisti abilitati, facendo riferimento a quelli dotati di competenze analoghe (si pensi, ad esempio, ad alcune esclusive dei notai, che potrebbero essere aperte anche agli avvocati o, anche, ai commercialisti).
Ordini e albi
L’apparato ordinistico, con le sue funzioni di stabile vigilanza sull’attività del professionista, costituisce una misura di controllo pubblico delle attività private incisiva, che deve dunque essere giustificata da particolari esigenze di tutela, che sarebbe opportuno definire nominativamente, in sede legislativa. Si potrebbe pensare, ad esempio, alla tutela della salute, al diritto di difesa, alla certezza dei negozi, alla sicurezza degli impianti e delle costruzioni. Sarebbe, dunque, opportuno promuovere un’attività di verifica dell’attuale assetto, volta a censire la situazione attuale, mantenere tali particolari istituzioni soltanto nei casi in cui in cui esse siano effettivamente giustificati da interessi generali e disporne l’eliminazione quando tale giustificazione non fosse in concreto rinvenibile.
Libere associazioni di professionisti
Con riguardo alla domanda di regolamentazione espressa dalle professioni non rappresentate da ordini, si ritiene condivisibile la richiesta di una certificazione (che conferisca una sorta di marchio di qualità); tuttavia ciò non deve condurre all’istituzione di nuovi albi e ordini o, comunque, all’introduzione di modalità selettive e limitative simili a quelle previste per le professioni protette.
Libera determinazione dei corrispettivi nei servizi professionali
Anche con riferimento alle professioni non vi sono ragioni per le quali non si debba applicare la regola, fondamentale di un’economia di mercato efficiente, che esige che il prezzo dei servizi sia stabilito d’intesa tra le parti. Allo scopo di tutelare i consumatori in date circostanze, è possibile ammettere l’unica eccezione delle tariffe massime. Emerge un uso improprio della nozione di decoro della professione, che diviene il veicolo per reintrodurre limitazioni alla concorrenza che il legislatore ha inteso eliminare. Così viene ritenuto indecoroso il mancato rispetto dei minimi tariffari, l’utilizzo di alcuni mezzi di comunicazione, il ricorso alla pubblicità comparativa, ecc. (cfr. la circolare del CNF del settembre 2006 incentrata sulla diversa valutazione dei comportamenti di prezzo e di promozione pubblicitaria degli avvocati a seconda se esaminati alla luce delle previsioni di legge o di quelle deontologiche).
Pubblicità dei servizi professionali
I divieti di pubblicità presenti per molte professioni non appaiono giustificati dalla necessità di tutela di alcun interesse generale. Né, d’altro canto, la tutela del decoro della professione, come già notato, appare un’esigenza tale da giustificare quello che nei fatti è un grave ostacolo all’attività economica dei professionisti, specie dei nuovi entranti nel mercato che sono quelli che stimolano più efficacemente la concorrenza, e un grave limite alla informazione dei consumatori. Del resto sarà lo stesso mercato, se ciò risponderà ad esigenze dei consumatori effettivamente avvertite, che valuterà l’affidabilità del professionista anche in relazione alle forme ed ai contenuti della pubblicità dal medesimo diffusa. Auspicabile sarebbe dunque prevedere la generale liceità della pubblicità, naturalmente nei limiti di quanto consentito dalle vigenti normative comunitarie e nazionali a tutela del consumatore. Il recente intervento legislativo, si limita a consentire la pubblicità informativa, prevedendo che gli ordini ne verifichino trasparenza e pubblicità. Dall’indagine risulta che tale intervento è stato da alcuni ordini limitato nella ratio e nell’ambito di applicazione.
(Audizione del Presidente dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, Antonio Catricalà, presso le Commissioni riunite II (Giustizia) e X (Attività produttive) della Camera dei Deputati – 8 marzo 2007 – nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulla riforma delle professioni).
Catricalà, in particolare, ha formulato alcune linee di intervento che potrebbero costituire una base di riflessione per un disegno organico di riforma delle professioni e ha svolto alcune prime osservazioni in merito al disegno di legge governativo AC 2160.
Vediamo in sintesi i passaggi principali dell’intervento.
Accesso alle professioni
Sarebbe opportuno affermare la regola generale per cui l’accesso ad una professione e, dunque, la possibilità di prestare i relativi servizi, sono liberi in linea di principio, salve le ipotesi in cui dimostrate esigenze di tutela di interessi generali richiedano che siano stabiliti particolari requisiti di ordine morale e/o tecnico. L’opportunità di inserire tali requisiti, ad opera del legislatore delegato e solo dopo le analisi che si stanno descrivendo, dovrebbe essere valutata alla luce di effettive e dimostrate esigenze di interesse generale, non altrimenti perseguibili.
Regime delle esclusive
Sarebbe, quindi, opportuno affermare la regola per cui l’attribuzione di riserve di attività e la loro puntuale estensione dovrebbero sempre essere giustificate da esigenze di tutela degli utenti del servizio, che non possono essere soddisfatte altrimenti che con l’istituzione della riserva stessa. A tale scopo, si potrebbe prendere in considerazione la possibilità di prevedere un processo di riesame di tutte le riserve attualmente previste dalla legislazione vigente volto a verificare la loro obiettiva giustificazione. L’esito di tale processo di regulation review può essere: la loro eliminazione, se non saranno ritenute giustificate, oppure, in caso contrario, si dovrà verificare la possibilità almeno di ampliare il novero dei professionisti abilitati, facendo riferimento a quelli dotati di competenze analoghe (si pensi, ad esempio, ad alcune esclusive dei notai, che potrebbero essere aperte anche agli avvocati o, anche, ai commercialisti).
Ordini e albi
L’apparato ordinistico, con le sue funzioni di stabile vigilanza sull’attività del professionista, costituisce una misura di controllo pubblico delle attività private incisiva, che deve dunque essere giustificata da particolari esigenze di tutela, che sarebbe opportuno definire nominativamente, in sede legislativa. Si potrebbe pensare, ad esempio, alla tutela della salute, al diritto di difesa, alla certezza dei negozi, alla sicurezza degli impianti e delle costruzioni. Sarebbe, dunque, opportuno promuovere un’attività di verifica dell’attuale assetto, volta a censire la situazione attuale, mantenere tali particolari istituzioni soltanto nei casi in cui in cui esse siano effettivamente giustificati da interessi generali e disporne l’eliminazione quando tale giustificazione non fosse in concreto rinvenibile.
Libere associazioni di professionisti
Con riguardo alla domanda di regolamentazione espressa dalle professioni non rappresentate da ordini, si ritiene condivisibile la richiesta di una certificazione (che conferisca una sorta di marchio di qualità); tuttavia ciò non deve condurre all’istituzione di nuovi albi e ordini o, comunque, all’introduzione di modalità selettive e limitative simili a quelle previste per le professioni protette.
Libera determinazione dei corrispettivi nei servizi professionali
Anche con riferimento alle professioni non vi sono ragioni per le quali non si debba applicare la regola, fondamentale di un’economia di mercato efficiente, che esige che il prezzo dei servizi sia stabilito d’intesa tra le parti. Allo scopo di tutelare i consumatori in date circostanze, è possibile ammettere l’unica eccezione delle tariffe massime. Emerge un uso improprio della nozione di decoro della professione, che diviene il veicolo per reintrodurre limitazioni alla concorrenza che il legislatore ha inteso eliminare. Così viene ritenuto indecoroso il mancato rispetto dei minimi tariffari, l’utilizzo di alcuni mezzi di comunicazione, il ricorso alla pubblicità comparativa, ecc. (cfr. la circolare del CNF del settembre 2006 incentrata sulla diversa valutazione dei comportamenti di prezzo e di promozione pubblicitaria degli avvocati a seconda se esaminati alla luce delle previsioni di legge o di quelle deontologiche).
Pubblicità dei servizi professionali
I divieti di pubblicità presenti per molte professioni non appaiono giustificati dalla necessità di tutela di alcun interesse generale. Né, d’altro canto, la tutela del decoro della professione, come già notato, appare un’esigenza tale da giustificare quello che nei fatti è un grave ostacolo all’attività economica dei professionisti, specie dei nuovi entranti nel mercato che sono quelli che stimolano più efficacemente la concorrenza, e un grave limite alla informazione dei consumatori. Del resto sarà lo stesso mercato, se ciò risponderà ad esigenze dei consumatori effettivamente avvertite, che valuterà l’affidabilità del professionista anche in relazione alle forme ed ai contenuti della pubblicità dal medesimo diffusa. Auspicabile sarebbe dunque prevedere la generale liceità della pubblicità, naturalmente nei limiti di quanto consentito dalle vigenti normative comunitarie e nazionali a tutela del consumatore. Il recente intervento legislativo, si limita a consentire la pubblicità informativa, prevedendo che gli ordini ne verifichino trasparenza e pubblicità. Dall’indagine risulta che tale intervento è stato da alcuni ordini limitato nella ratio e nell’ambito di applicazione.
(Audizione del Presidente dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, Antonio Catricalà, presso le Commissioni riunite II (Giustizia) e X (Attività produttive) della Camera dei Deputati – 8 marzo 2007 – nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulla riforma delle professioni).