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Il Whistleblowing

Sistema di prevenzione della corruzione
Il Whistleblowing
Il Whistleblowing

“Whistleblowing” è un termine che letteralmente significa “soffiare nel fischietto” e deriva dall’inglese “to blow the whistle”, con chiaro riferimento all’azione dell’arbitro nel segnalare un fallo. Giuridicamente, trattasi di uno strumento legale di matrice anglosassone atto a segnalare tempestivamente eventuali tipologie di rischio quali pericoli sul luogo di lavoro, frodi, negligenze, operazioni finanziarie illecite, minacce alla salute, casi di corruzione e/o concussione, etc. 

Il “whistleblower” è il soggetto che, a fronte di attività illecite o fraudolente all’interno di un’amministrazione pubblica, si fa carico di segnalare al proprio dirigente o alle autorità competenti la situazione irregolare. Il fine è quello di aumentare la collaborazione tra amministrazione e dipendenti pubblici. 

L’autorità amministrativa interpellata da un whistleblower si fa carico di fronteggiare il rischio che quella situazione possa ripetersi in futuro, intervenendo affinché si adottino le giuste misure per prevenire la corruzione. Ogni organizzazione può decidere se adottare o meno una procedura di whistleblowing. Nella maggior parte dei casi non esistono linee guida specifiche e il dipendente si trova di fronte alla possibilità di segnalare internamente a un organo ritenuto idoneo, di segnalare alla magistratura o, come spesso accade, di rimanere in silenzio.

In  Italia  esiste  un  articolo  del  codice  penale  (articolo  361, Omessa  denuncia  di  reato  da  parte  del  pubblico

ufficiale) che imporrebbe sanzioni per il pubblico ufficiale che non denuncia reati di cui sia venuto a conoscenza durante lo svolgimento dell’attività lavorativa, ma tale norma è scarsamente applicata. La Legge 190/2012 (cd. legge anticorruzione) ha introdotto un articolo specifico (l’articolo 54-bis del decreto legislativo n. 165/2001) sul whistleblowing nel settore pubblico (comma 51, “Tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti”). Tuttavia, un articolo non è sufficiente a regolare una materia così complessa e non prevede strumenti o istituti che incoraggino le segnalazioni.

Il 15 novembre 2017, la Camera ha dato il via libera all’introduzione definitiva in Italia del whistleblowing, attraverso l’approvazione di una legge sulla segnalazione di attività illecite nell’amministrazione pubblica o in aziende private.

L’articolo 1 apporta innanzitutto delle modifiche all’articolo 54-bis del d.lgs 165/2001, che già tutelava il pubblico dipendente che denunci condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza in ragione del proprio rapporto di lavoro. La nuova formulazione prevede che la disciplina si applichi alle segnalazioni compiute dal dipendente mosso dalla ragionevole convinzione che la condotta illecita si sia verificata e si propone di rafforzare la tutela dell’identità del segnalante. Vengono, inoltre, espressamente previste sanzioni amministrative pecuniarie nel caso in cui l’ente ricorra a trattamenti discriminatori nei confronti del dipendente denunciate, nonché nel caso in cui non rispetti le procedure per l’inoltro e la gestione delle segnalazioni. La legge, inoltre, dispone come tale identità non possa essere rilevata all’autorità disciplinare giudicante e all’incolpato fatta eccezione dei casi in cui:

  • lo stesso “segnalante” abbia prestato, all’uopo, esplicito consenso;
  • la contestazione dell’addebito sia fondata su accertamenti distinti ed ulteriori rispetto alla iniziale segnalazione;
  • la contestazione dell’addebito sia fondata, in tutto o in parte, sulla segnalazione del whistleblower e la conoscenza della propria identità risulti assolutamente indispensabile per la difesa del presunto autore dell’illecito.

Il testo, poi, prevede che le eventuali misure discriminatorie o ritorsive che il datore dovesse attivare nei confronti del whistleblower a seguito della denuncia dell’illecito debbano essere segnalate – dallo stesso interessato ovvero dalle Organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative nell’amministrazione dove gli eventi sono stati posti in essere e dei quali i medesimi sindacati sono venuti a conoscenza – al Dipartimento della Funzione Pubblica al fine di adottare tutti i provvedimenti di loro competenza. L’articolo  2  estende al  settore privato la  tutela  del  dipendente o  collaboratore che segnali  illeciti  o violazioni relative al modello di organizzazione e gestione dell’ente di cui sia venuto a conoscenza per ragioni del suo ufficio.  

L’articolo 3, introdotto nel corso dell’esame al Senato, con riguardo alle ipotesi di segnalazione o denuncia effettuate nel settore pubblico o privato, introduce come giusta causa di rivelazione del segreto d’ufficio, professionale, scientifico e industriale, nonché di violazione dell’obbligo di fedeltà all’imprenditore, il perseguimento, da parte del dipendente pubblico o privato che segnali illeciti, dell’interesse all’integrità delle amministrazioni (sia pubbliche che private) nonché alla prevenzione e alla repressione delle malversazioni. La giusta causa opera, dunque, come scriminante, nel presupposto che vi sia un interesse preminente che impone o consente tale rivelazione.

Costituisce, invece, violazione dell’obbligo di segreto la rivelazione con modalità eccedenti rispetto alle finalità dell’eliminazione dell’illecito. In questi casi non trova, dunque, più applicazione la giusta causa e sussiste la fattispecie di reato a tutela del segreto.