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Le modalità di interazione nel rapporto Università-imprese

Le modalità di interazione nel rapporto Università-imprese
Le modalità di interazione nel rapporto Università-imprese

Abstract 

L’avvento dell’economia della conoscenza unito al ruolo assunto dall’innovazione ha contribuito allo sviluppo di una forma di propensione verso modelli collaborativi tra mondo universitario ed imprenditoriale, entrambi alla ricerca di modi per valorizzarsi.

Allo stato attuale è possibile distinguere tre modalità differenti di diffusione e valorizzazione economica della conoscenza, le quali variano a seconda del risultato della ricerca.

 

English version

The advent of the economic of knowledge joint with the role taken by the innovation had contributed to the development of new collaborative relationships between University institutions and companies who want to find new ways for enhance their value.

Nowadays there are three different methods to spread and enhance the knowledge according to the result of the research.

 

 

1. Premessa

2. Lo stato dell’arte

3. Le imprese spin-off universitarie

4. La gestione attiva di licenze e brevetti

5. Le relazioni inter-organizzative Università-imprese

 

1. Premessa 

Nel contesto socio-economico odierno, l’innovazione è annoverata come fattore dominante della competitività a livello globale; difatti, essa alimenta la crescita organizzativa e costituisce l’elemento propulsore che consente al sistema imprenditoriale di sostenere le proprie attività e di competere con gli altri operatori economici. 

Questo ha contribuito all’adozione, da parte delle imprese, di strategie di innovazione sistematica e continua nei prodotti, nei servizi, nelle tecnologie e nei modi di produzione; tuttavia, questa necessità si è scontrata, specie nelle piccole medie imprese, con limiti strutturali, organizzativi e finanziari, i quali hanno influito sulla propensione verso modelli collaborativi con la ricerca pubblica universitaria. 

Tale forma di connessione, implementata dall’avvento dell’economia della conoscenza, rappresenta da diversi anni una tematica di crescente rilievo. L’obiettivo è sviluppare reali capacità di “industrializzazione del sapere” attraverso una vision di sistema che impegni tutti i protagonisti della filiera istituzionale e produttiva, in primis Università e tessuto imprenditoriale.

 

2. Lo stato dell’arte 

L’Università è stata investita negli ultimi decenni da una serie di crescenti aspettative, in relazione alla capacità di incidere sulle dinamiche innovative a differenti livelli territoriali; crea e trasferisce nuova conoscenza di base e applicata, immette formazione e competenze nel mercato del lavoro e intraprende attività di business creando connessioni con il sistema imprenditoriale. 

Risulta evidente come il ruolo svolto dall’istituzione universitaria vada oltre l’ambito educativo e di ricerca, al fine di sostenere lo sviluppo socio-economico del territorio nel quale si trova ad operare e in linea con il contesto della open innovation

Alla luce del ruolo strategico assunto dalle Università è possibile distinguere tre modalità specifiche di diffusione e valorizzazione della conoscenza, le quali variano a seconda del risultato della ricerca. 

Qualora quest’ultimo sia espressione di una conoscenza tacita, la sua valorizzazione economica avviene generalmente attraverso la creazione di imprese spin-off partecipate o meno dall’Università; al contrario, ove i risultati siano codificabili o codificati, la loro valorizzazione richiede un approccio basato sulla gestione attiva di licenze e brevetti; infine, quando la conoscenza generata ha componenti sia tacite che codificate, è necessario attivare progetti di ricerca congiunti Università-impresa.

 

3. Le imprese spin-off universitarie 

Qualificate come uno dei principali canali di valorizzazione della ricerca pubblica, le academic spin-off sono imprese create dalle Università per l’impiego dei risultati e/o delle conoscenze derivanti dall’attività di ricerca accademica svolta all’interno delle stesse. La loro costituzione deriva dalla scelta di attivare una politica volta a promuovere il trasferimento tecnologico coinvolgendo gruppi di ricercatori, i quali costituiranno il nucleo imprenditoriale dell’impresa. 

Queste hanno avuto una evoluzione nel corso del tempo; nate da iniziative sporadiche di singoli ricercatori, la cui attività, di fatto, si basava esclusivamente su ricerca e consulenza per clienti esterni, sono state accettate e riconosciute dagli Atenei, i quali si sono attivati al fine di razionalizzare ed erogare servizi di supporto, con l’obiettivo di produrre beni e servizi da immettere nel mercato. 

Il notevole sviluppo incontrato dalle spin-off è dovuto alla crescente importanza attribuite alle medesime come punto di contatto tra il mondo imprenditoriale ed accademico, nonché al riconoscimento del potenziale insito in esse, il quale si sostanzia nella loro veste multiforme e nella creativa forza economica che possiedono. Infatti, oltre la necessaria presenza tra i fondatori di almeno un soggetto che abbia svolto ricerca in ambito pubblico per un periodo significativo, le spin-off possono coinvolgere, oltre a persone fisiche, persone giuridiche “altre” dall’Università di appartenenza come imprese, istituzioni finanziarie ed incubatori. 

In questo modo, qualora si realizzino reciproci scambi di competenze, il rapporto imprese-spin-off potrà apportare risultati positivi in quanto le prime sfrutteranno a fini commerciali e industriali il lavoro dei ricercatori per implementare la propria capacità e il relativo settore di R&S; le seconde, l’expertise gestionale e di approccio ai mercati. 

Inoltre, in seguito all’introduzione del Decreto Legge n. 179/2012 le imprese spin-off possono farsi riconoscere come start-up innovative aggirando così i numerosi limiti burocratici e tempistici che rendevano complesso l’avvio imprenditoriale derivante da ricerca accademica.

4. La gestione attiva di licenze e brevetti 

Qualora la conoscenza sia codificabile e si scelga di non divulgarla mediante pubblicazioni scientifiche o presentazioni a convegni, a fini valorizzativi della stessa, è necessario proteggerla legalmente. Tale processo avviene, in genere, tramite il ricorso alla “brevettazione”, la cui normativa è stata modificata nel 2001 con Legge 18 ottobre n. 383 attribuendo i diritti derivanti dall’invenzione direttamente in capo ai ricercatori universitari e non agli Atenei, istituendo così il cosiddetto privilegio accademico

La norma di riferimento in materia è l’articolo 65 del Codice della Proprietà Industriale (Decreto Legislativo 10 febbraio 2005, n. 30), il quale, tuttavia, presenta una disciplina confusa ed estremamente contraddittoria, soprattutto se letto in combinato disposto con l’articolo precedente. 

Al fine di dipingere con maggiore chiarezza il quadro in materia possiamo distinguere tra ricerca realizzata da un dipendente di un’azienda privata, ricerca libera svolta da ricercatori accademici senza vincoli o condizionamenti, e ricerca vincolata, qualora sia finanziata da terzi e, in ragione di ciò, indirizzata al perseguimento di determinati obiettivi. 

Nel primo caso i diritti derivanti dall’invenzione appartengano al datore di lavoro, il quale corrisponde un equo premio, ove l’invenzione non sia di servizio; nel secondo caso il ricercatore è titolare esclusivo dei diritti derivanti dall’invenzione e può depositare a suo nome la domanda di brevetto, dandone comunicazione all’amministrazione, o farla depositare all’ente all’interno del quale svolge ricerca. Si tenga presente che brevettare un’invenzione rappresenta un onere elevato che spesso il ricercatore persona fisica non riesce a sostenere e anche qualora riuscisse, potrebbe non essere nelle condizioni di sfruttarlo. Nell’ultimo caso, invece, sembra che la titolarità spetti all’Università in concorrenza con l’ente finanziatore e che il ricercatore non benefici di nessun provento derivante dallo sfruttamento del brevetto. 

La conseguenza è una scarsa valorizzazione della ricerca universitaria e, al contempo, uno sminuimento del ruolo del ricercatore e dell’Ateneo.

 

5. Le relazioni inter-organizzative Università-imprese 

Al fine di attivare progetti innovativi congiunti Università-imprese è necessario ricorrere a modelli di governance capaci di far interagire i diversi attori, relazionandoli in base alle esigenze avvertite, nonché investire sulle modalità di comunicazione senza prescindere dalla creazione di valore reciproco. Unità operative a ciò dedicate sono gli Industrial Liaison Office, o uffici per il trasferimento tecnologico, la cui funzione è gestire l’interfaccia Università-impresa e il cui ruolo ha contribuito allo sviluppo del territorio. 

Le forme concrete di collaborazione si distinguono tra collaborazioni base e istituzionali, ove le prime attengono a contratti di ricerca, consulenza o certificazione, mentre le seconde risultano maggiormente integrate in vista della costituzione di apposite forme aggregative, quali consorzi o cluster. 

A differenza delle situazioni precedentemente delineate, ove l’Università-istituzione partecipa indirettamente, in questo contesto, l’Università è coinvolta direttamente, diventando essa stessa soggetto attivo del rapporto. Allo stato attuale, l’unico strumento capace di garantire un rapporto diretto effettivo Università-imprese è rappresentato dal cluster o distretto tecnologico, il quale va opportunatamente differenziato dal distretto industriale proprio per la maggiore attenzione rivolta agli aspetti cognitivi, come il processo di generazione e applicazione della conoscenza.