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Bullismo come forma di protagonismo anomalo

Con il termine “bullismo” si indicano tutti quei comportamenti di violenza, di sopraffazione e di prepotenza, perpetrati soprattutto in ambito scolastico-formativo.

Il significato che noi diamo oggi al “bullismo” deriva dal linguaggio anglosassone, dove “bully” denota una persona che usa la propria forza per intimorire o danneggiare chi è più debole. In questa accezione di significato viene espressa con chiarezza la matrice relazionale del fenomeno, come rapporto chiaramente distorto fra un soggetto più forte e un soggetto più debole, verso il quale il primo esercita la propria superiorità per danneggiarlo.

I principali criteri cui la comunità scientifica ricorre oggi per definire il “bullismo” sono ascrivibili entro un rapporto di forte squilibrio fra due o più persone, l’intenzione dell’agente di danneggiare la vittima e il ripetersi nel tempo di tale relazione. Il fenomeno è stato per lungo tempo sottovalutato, ricondotto più semplicemente a espressioni naturali, tipiche nei processi evolutivi dell’infanzia e dell’adolescenza.

Nella mentalità comune purtroppo, non si riesce ancora a credere che anche gli adolescenti, o peggio i bambini, siano in grado di mettere in atto comportamenti vessatori veri e propri tendenti a soggiogare, sottomettere ed umiliare chi si ritiene essere debole e non degno di appartenere al gruppo.

Ecco perché nella fattispecie, i comportamenti vessatori nelle scuole - prima che il fenomeno acquisisse una presa di coscienza diversa- venivano per lo più presi in considerazione come liti fra coetanei e non erano considerati nel quadro di devianza del quale invece, purtroppo, fanno parte. Umiliare gli altri per sentirsi forti, è la massima di chi ha bisogno di conferme circa la propria superiorità, conferme che vengono cercate in modo distorto da adolescenti che sono ancora alla ricerca di sé e che sono bisognosi di affermazione e protagonismo.

Proprio quando in realtà si è più fragili, si sente la necessità di mettersi in mostra, di attirare l’attenzione di coloro ai cui occhi bisogna acquistare visibilità per potersi sentire importanti, ma il bullo, non ricerca visibilità grazie a sforzi costruttivi, ma tramite violenza e sottomissione, infondendo paura e vivendo nella certezza che quello sia l’unico modo per diventare un leader degno di stima.

Per effettuare una disamina profonda del problema, bisogna innanzitutto evidenziare che il bullismo è qualcosa di diverso dalla normale conflittualità fra coetanei che può verificarsi in specifici contesti relazionali; pertanto, occorre precisare che per configurare un atto vessatorio come espressione di bullismo, è necessaria la compresenza di alcune costanti: uno squilibrio nel rapporto di forza fra vessatore e vittima; l’intenzione del vessatore di arrecare danno alla persona più debole evidenziata dalla completa mancanza di compassione e empatia nei confronti della vittima; la persistenza nel tempo del comportamento vessatorio; la sensazione forte e opprimente di solitudine e paura che la vittima avverte e la mancanza di denuncia degli atti vessatori che non solo continueranno e saranno sempre più gravi, ma che resteranno anche impuniti a causa del silenzio di chi li subisce.

La principale caratteristica che connota il bullo, è senza dubbio un grande potenziale aggressivo che esercita nei confronti di chi popola il suo ambiente di vita; egli ha una modalità relazionale improntata sulla prevaricazione e sulla coercizione che denota l’assenza di quella competenza comunicativa che permette a ciascuno di noi di esprimere le proprie opinioni, le proprie emozioni e l’impegno a risolvere positivamente conflitti e problemi.

Questa qualità fondamentale facente parte di una personalità strutturata positivamente prende il nome di assertività. L’assenza di essa, farà si che il bullo consideri lecito l’utilizzo di mezzi violenti e strategie di problem solving che non escludono il raggiro e l’inganno per conseguire gli obiettivi prefissati o per trarsi in salvo da situazioni difficili; tali comportamenti, sono purtroppo rinforzati dal consenso che riscuote all’interno del gruppo e dal prestigio che man mano acquisisce agli occhi dei compagni che lo vedono come il più forte.

Il bullo è completamente privo di empatia: l’identificazione con l’altro da sé, che costituisce un forte inibitore dell’aggressività, è un concetto che non gli appartiene poiché nella sua sete di prevaricazione e oppressione, non ha per nulla considerazione dei sentimenti altrui e non assume mai il punto di vista degli altri.Egli vuole essere il leader, non importa se con la violenza, deve ottenere rispetto e deve essere temuto dai coetanei.

Quando si parla di bullismo, la forma principale e maggiormente conosciuta dai più, è quella del bullismo fisico, messo in atto principalmente nelle scuole sotto forma di azioni aggressive dirette che comprendono calci, pugni, spinte o molestie sessuali; danneggiamento di oggetti e proprietà altrui; furto con colluttazione con la vittima che viene bloccata dal bullo o da un suo compagno per impossessarsi dei suoi oggetti.

Tale forma di bullismo, è prevalente tra i maschi, spesso si manifesta nella scuola primaria e può assumere forme molto gravi e pericolose. Il bullo non è mai da solo, agisce sempre in gruppo o con un complice, non prova alcuna pietà per la vittima, ma anzi, vederla supplicare di essere lasciata in pace, costituisce per lui una carica adrenalinica maggiore che alimenta ancora di più il suo senso di superiorità e il suo ego che diversamente è frustrato.

Il bullo infatti, non conosce altri metodi per farsi notare se non quelli dai quali scaturiscono violenza e paura.

Paradossalmente, si pensa che il bullismo fisico, sia la forma più grave di vessazione, ma non si deve sottovalutare un’altra dimensione nella quale si esplicita il bullismo: la dimensione verbale; il bullismo verbale infatti, risulta essere molto pericoloso in quanto, innesca delicati meccanismi psicologici nella vittima, la quale è derisa, oltraggiata e sminuita.

Esiste anche una forma di bullismo psicologico, con il quale il bullo esclude in modo plateale la vittima dal suo gruppo e diffonde voci diffamatorie in modo che la stessa sia esclusa anche dagli altri. Tuttavia, non bisogna dimenticare però, che molto spesso, la vittima di bullismo è esclusa a priori in quanto, i compagni, temono ritorsioni da parte del bullo temendo di diventare sue vittime anch’essi.

Nella tassonomia del bullismo, oggi, si è andato ad aggiungere quello che viene definito “cyberbullyng” o “bullismo elettronico” che consiste nel perseguitare la vittima via mail o, nel ridicolizzarla di fronte a tutta la comunità del web. Sappiamo quanto soprattutto nella nostra epoca le relazioni fra giovani e adolescenti, si intersecano all’interno del mondo virtuale divenendo addirittura importanti quanto quelle reali.

Il cyberbullyng, è la forma di bullismo utilizzata per mettere alla berlina e ridicolizzare chi ne è vittima tramite foto  o filmati in rete che mirano alla distruzione della sua immagine e all’annientamento della sua vita sociale. Questa forma di bullismo, è cosi sottile, subdola e pericolosa, da creare, forse, conseguenze ben più gravi di quelle causate dalle forme di bullismo “tradizionale”.

Non dimentichiamo che oggi, la rete è una delle modalità principali di socializzazione tra i giovani: un attacco on-line o una voce che si mette in circolo in modo ripetuto, reiterato e soprattutto coadiuvato da un passaparola impossibile da arginare, equivale alla fine della propria reputazione. Non va dimenticato, infatti, che c’è stato chi per vergogna e solitudine, piuttosto che denunciare e reagire, ha preferito morire.

Le vittime di bullismo, sono soggetti aventi una personalità fragile, molto spesso con un’autostima carente e presi di mira in quanto “secchioni”, “brutti”, o semplicemente “diversi”. Sono vittime designate in quanto, non rispecchiano i canoni richiesti dal gruppo e quindi prede più facili per una crudele derisione e vessazione.

Se attaccati, reagiscono chiudendosi in se stessi o, nel caso di bambini piccoli, piangendo. Sono caratterizzate da un modello reattivo ansioso o sottomesso, associato, soprattutto se maschi, ad una debolezza fisica, modello che viene rinforzato negativamente dalle conseguenze dei comportamenti sopraffattori.

Tali conseguenze sono sempre a svantaggio della vittima perché non in grado di  affrontare la situazione o incapace di padroneggiarla in maniera efficace. Solitamente le vittime vivono a scuola una condizione di solitudine, di isolamento e di abbandono. Queste caratteristiche sono tipiche delle vittime definite passive o sottomesse e le ripetute aggressioni non fanno altro che peggiorare questo quadro di incertezza sulle proprie capacità facendo si che la vittima si trovi isolata da tutti non solo a causa dell’agire del bullo ma anche a causa della sua insicurezza e della paura di non poter integrarsi.

Da quanto finora detto, risulta chiaro che la campagna anti-bullismo deve essere forte prestandosi in maniera efficace in particolare nella sfera educativa.  Sono diversi infatti gli approcci educativi siano essi scolastici, televisivi e familiari volti alla risoluzione e alla prevenzione di questo crimine che va a minare sempre più la sicurezza dei ragazzi in ambito scolastico. Anche qui, è importante tenere presente un concetto chiave: l’educazione che il bambino riceve dalla famiglia, prima, e dalla scuola, poi.

L’educazione intesa prima di tutto come rispetto del più debole, dello svantaggiato e del diverso; intesa come solidarietà verso colui che ha di meno. Bisogna che i ragazzi di oggi acquisiscano nelle loro nozioni e nei loro valori il concetto di empatia poiché, solo riuscendo a “vestire i panni dell’altro” si potrà provare ripugnanza verso la violenza sotto tutte le sue forme.

Le istituzioni, devono essere in stretto collegamento tra loro in quanto, hanno il compito di insegnare al bambino di oggi, che non sono la violenza e la prevaricazione a fornire i mezzi per essere qualcuno, ma è vitale per la loro crescita capire che la collaborazione e l’integrazione sono le doti fondamentali che contribuiranno a gettare le basi per l’uomo del domani.

Con il termine “bullismo” si indicano tutti quei comportamenti di violenza, di sopraffazione e di prepotenza, perpetrati soprattutto in ambito scolastico-formativo.

Il significato che noi diamo oggi al “bullismo” deriva dal linguaggio anglosassone, dove “bully” denota una persona che usa la propria forza per intimorire o danneggiare chi è più debole. In questa accezione di significato viene espressa con chiarezza la matrice relazionale del fenomeno, come rapporto chiaramente distorto fra un soggetto più forte e un soggetto più debole, verso il quale il primo esercita la propria superiorità per danneggiarlo.

I principali criteri cui la comunità scientifica ricorre oggi per definire il “bullismo” sono ascrivibili entro un rapporto di forte squilibrio fra due o più persone, l’intenzione dell’agente di danneggiare la vittima e il ripetersi nel tempo di tale relazione. Il fenomeno è stato per lungo tempo sottovalutato, ricondotto più semplicemente a espressioni naturali, tipiche nei processi evolutivi dell’infanzia e dell’adolescenza.

Nella mentalità comune purtroppo, non si riesce ancora a credere che anche gli adolescenti, o peggio i bambini, siano in grado di mettere in atto comportamenti vessatori veri e propri tendenti a soggiogare, sottomettere ed umiliare chi si ritiene essere debole e non degno di appartenere al gruppo.

Ecco perché nella fattispecie, i comportamenti vessatori nelle scuole - prima che il fenomeno acquisisse una presa di coscienza diversa- venivano per lo più presi in considerazione come liti fra coetanei e non erano considerati nel quadro di devianza del quale invece, purtroppo, fanno parte. Umiliare gli altri per sentirsi forti, è la massima di chi ha bisogno di conferme circa la propria superiorità, conferme che vengono cercate in modo distorto da adolescenti che sono ancora alla ricerca di sé e che sono bisognosi di affermazione e protagonismo.

Proprio quando in realtà si è più fragili, si sente la necessità di mettersi in mostra, di attirare l’attenzione di coloro ai cui occhi bisogna acquistare visibilità per potersi sentire importanti, ma il bullo, non ricerca visibilità grazie a sforzi costruttivi, ma tramite violenza e sottomissione, infondendo paura e vivendo nella certezza che quello sia l’unico modo per diventare un leader degno di stima.

Per effettuare una disamina profonda del problema, bisogna innanzitutto evidenziare che il bullismo è qualcosa di diverso dalla normale conflittualità fra coetanei che può verificarsi in specifici contesti relazionali; pertanto, occorre precisare che per configurare un atto vessatorio come espressione di bullismo, è necessaria la compresenza di alcune costanti: uno squilibrio nel rapporto di forza fra vessatore e vittima; l’intenzione del vessatore di arrecare danno alla persona più debole evidenziata dalla completa mancanza di compassione e empatia nei confronti della vittima; la persistenza nel tempo del comportamento vessatorio; la sensazione forte e opprimente di solitudine e paura che la vittima avverte e la mancanza di denuncia degli atti vessatori che non solo continueranno e saranno sempre più gravi, ma che resteranno anche impuniti a causa del silenzio di chi li subisce.

La principale caratteristica che connota il bullo, è senza dubbio un grande potenziale aggressivo che esercita nei confronti di chi popola il suo ambiente di vita; egli ha una modalità relazionale improntata sulla prevaricazione e sulla coercizione che denota l’assenza di quella competenza comunicativa che permette a ciascuno di noi di esprimere le proprie opinioni, le proprie emozioni e l’impegno a risolvere positivamente conflitti e problemi.

Questa qualità fondamentale facente parte di una personalità strutturata positivamente prende il nome di assertività. L’assenza di essa, farà si che il bullo consideri lecito l’utilizzo di mezzi violenti e strategie di problem solving che non escludono il raggiro e l’inganno per conseguire gli obiettivi prefissati o per trarsi in salvo da situazioni difficili; tali comportamenti, sono purtroppo rinforzati dal consenso che riscuote all’interno del gruppo e dal prestigio che man mano acquisisce agli occhi dei compagni che lo vedono come il più forte.

Il bullo è completamente privo di empatia: l’identificazione con l’altro da sé, che costituisce un forte inibitore dell’aggressività, è un concetto che non gli appartiene poiché nella sua sete di prevaricazione e oppressione, non ha per nulla considerazione dei sentimenti altrui e non assume mai il punto di vista degli altri.Egli vuole essere il leader, non importa se con la violenza, deve ottenere rispetto e deve essere temuto dai coetanei.

Quando si parla di bullismo, la forma principale e maggiormente conosciuta dai più, è quella del bullismo fisico, messo in atto principalmente nelle scuole sotto forma di azioni aggressive dirette che comprendono calci, pugni, spinte o molestie sessuali; danneggiamento di oggetti e proprietà altrui; furto con colluttazione con la vittima che viene bloccata dal bullo o da un suo compagno per impossessarsi dei suoi oggetti.

Tale forma di bullismo, è prevalente tra i maschi, spesso si manifesta nella scuola primaria e può assumere forme molto gravi e pericolose. Il bullo non è mai da solo, agisce sempre in gruppo o con un complice, non prova alcuna pietà per la vittima, ma anzi, vederla supplicare di essere lasciata in pace, costituisce per lui una carica adrenalinica maggiore che alimenta ancora di più il suo senso di superiorità e il suo ego che diversamente è frustrato.

Il bullo infatti, non conosce altri metodi per farsi notare se non quelli dai quali scaturiscono violenza e paura.

Paradossalmente, si pensa che il bullismo fisico, sia la forma più grave di vessazione, ma non si deve sottovalutare un’altra dimensione nella quale si esplicita il bullismo: la dimensione verbale; il bullismo verbale infatti, risulta essere molto pericoloso in quanto, innesca delicati meccanismi psicologici nella vittima, la quale è derisa, oltraggiata e sminuita.

Esiste anche una forma di bullismo psicologico, con il quale il bullo esclude in modo plateale la vittima dal suo gruppo e diffonde voci diffamatorie in modo che la stessa sia esclusa anche dagli altri. Tuttavia, non bisogna dimenticare però, che molto spesso, la vittima di bullismo è esclusa a priori in quanto, i compagni, temono ritorsioni da parte del bullo temendo di diventare sue vittime anch’essi.

Nella tassonomia del bullismo, oggi, si è andato ad aggiungere quello che viene definito “cyberbullyng” o “bullismo elettronico” che consiste nel perseguitare la vittima via mail o, nel ridicolizzarla di fronte a tutta la comunità del web. Sappiamo quanto soprattutto nella nostra epoca le relazioni fra giovani e adolescenti, si intersecano all’interno del mondo virtuale divenendo addirittura importanti quanto quelle reali.

Il cyberbullyng, è la forma di bullismo utilizzata per mettere alla berlina e ridicolizzare chi ne è vittima tramite foto  o filmati in rete che mirano alla distruzione della sua immagine e all’annientamento della sua vita sociale. Questa forma di bullismo, è cosi sottile, subdola e pericolosa, da creare, forse, conseguenze ben più gravi di quelle causate dalle forme di bullismo “tradizionale”.

Non dimentichiamo che oggi, la rete è una delle modalità principali di socializzazione tra i giovani: un attacco on-line o una voce che si mette in circolo in modo ripetuto, reiterato e soprattutto coadiuvato da un passaparola impossibile da arginare, equivale alla fine della propria reputazione. Non va dimenticato, infatti, che c’è stato chi per vergogna e solitudine, piuttosto che denunciare e reagire, ha preferito morire.

Le vittime di bullismo, sono soggetti aventi una personalità fragile, molto spesso con un’autostima carente e presi di mira in quanto “secchioni”, “brutti”, o semplicemente “diversi”. Sono vittime designate in quanto, non rispecchiano i canoni richiesti dal gruppo e quindi prede più facili per una crudele derisione e vessazione.

Se attaccati, reagiscono chiudendosi in se stessi o, nel caso di bambini piccoli, piangendo. Sono caratterizzate da un modello reattivo ansioso o sottomesso, associato, soprattutto se maschi, ad una debolezza fisica, modello che viene rinforzato negativamente dalle conseguenze dei comportamenti sopraffattori.

Tali conseguenze sono sempre a svantaggio della vittima perché non in grado di  affrontare la situazione o incapace di padroneggiarla in maniera efficace. Solitamente le vittime vivono a scuola una condizione di solitudine, di isolamento e di abbandono. Queste caratteristiche sono tipiche delle vittime definite passive o sottomesse e le ripetute aggressioni non fanno altro che peggiorare questo quadro di incertezza sulle proprie capacità facendo si che la vittima si trovi isolata da tutti non solo a causa dell’agire del bullo ma anche a causa della sua insicurezza e della paura di non poter integrarsi.

Da quanto finora detto, risulta chiaro che la campagna anti-bullismo deve essere forte prestandosi in maniera efficace in particolare nella sfera educativa.  Sono diversi infatti gli approcci educativi siano essi scolastici, televisivi e familiari volti alla risoluzione e alla prevenzione di questo crimine che va a minare sempre più la sicurezza dei ragazzi in ambito scolastico. Anche qui, è importante tenere presente un concetto chiave: l’educazione che il bambino riceve dalla famiglia, prima, e dalla scuola, poi.

L’educazione intesa prima di tutto come rispetto del più debole, dello svantaggiato e del diverso; intesa come solidarietà verso colui che ha di meno. Bisogna che i ragazzi di oggi acquisiscano nelle loro nozioni e nei loro valori il concetto di empatia poiché, solo riuscendo a “vestire i panni dell’altro” si potrà provare ripugnanza verso la violenza sotto tutte le sue forme.

Le istituzioni, devono essere in stretto collegamento tra loro in quanto, hanno il compito di insegnare al bambino di oggi, che non sono la violenza e la prevaricazione a fornire i mezzi per essere qualcuno, ma è vitale per la loro crescita capire che la collaborazione e l’integrazione sono le doti fondamentali che contribuiranno a gettare le basi per l’uomo del domani.