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La violenza minorile tra psicologia e delitto

La nostra legislazione afferma che il reato di violenza sui minori si configura come un comportamento posto in essere da un adulto nei confronti di un bambino che consiste nel cagionare un danno biologico o giuridico. Le forme più comuni sono l’abuso sessuale, fisico o psicologico fino ad arrivare a forme miste di abuso a causa del quale ogni abuso fisico o sessuale implica anche un abuso psicologico di denigrazione o coercizione della vittima. L’abuso all’infanzia può essere definito come “qualsiasi comportamento, volontario o involontario, da parte di adulti (parenti, tutori, conoscenti o estranei) che danneggi in modo grave lo sviluppo psicofisico e/o psicosessuale del bambino”.

Abuso è tutto ciò che impedisce la crescita armonica del minore, non rispettando i suoi bisogni e non proteggendolo sul piano fisico e psichico. In esso vi rientrano, dunque, non soltanto comportamenti di tipo commissivo, entro i quali vanno annoverati maltrattamenti di ordine fisico, sessuale o psicologico, ma anche di tipo omissivo, legati cioè all’incapacità più o meno accentuata, da parte dei genitori, di fornire cure adeguate a livello materiale ed emotivo alla prole.

In base a questo assunto, vediamo che i comportamenti violenti e vessatori messi in atto nei confronti dei bambini sono i più disparati e diversi, ma hanno tutti lo stesso comune denominatore: annientarne la dignità, la speranza e laddove le violenze degenerano, distruggerne la stessa vita.

La violenza sui minori si districa all’interno di una tassonomia lunga e articolata che comprende non solo gli abusi fisici o sessuali ma anche i maltrattamenti di tipo extrasessuale come ad esempio l’incuria, l’ipercuria, la discuria, tutte forme di violenza intrafamiliare che comunque ledono la psiche del bambino compromettendone il normale sviluppo affettivo, emotivo e di personalità. Una forma di violenza sui minori che sta dilagando in maniera allarmante, è rappresentata dagli abusi a scuola messi in atto da chi in realtà dovrebbe avere cura dei bambini: gli educatori. I mass media riportano con sempre maggiore frequenza casi nei quali il docente, esplode in atti di vera e propria collera che sfociano nella violenza fisica e verbale soprattutto nei confronti di bambini disabili, semplicemente appartenenti ad etnie diverse per cercare di fare valere la propria autorità nel modo più bieco possibile.

La legge punisce severamente chi si macchia del reato di abusi sull’infanzia, ma a tutt’oggi, questa forma di vessazione fisica e psicologica, sembra non arrestare la sua corsa, anzi, miete sempre più vittime anche fra i banchi di scuola. La violenza familiare, è la forma più classica di abuso su minore, è un tipo di violenza dove non è sempre presente l’abuso sessuale ma vere e proprie violenze fisiche e psicologiche che rendono il bambino pedina nelle mani di genitori inadeguati.

Il denominatore comune della violenza sui minori è un rapporto cosciente o inconscio di stru­mentalizzazione del bambino da parte del mondo adulto, reso possibile dalla superiorità fisica o psichica dell'adulto stesso, dal quale la vita del bambino dipende. Molto spesso, il bambino abusato è lo specchio dell’abusante, e purtroppo sovente chi si rende protagonista di violenza in famiglia, è stato vittima in situazioni relazionali precedenti all’interno del suo nucleo di origine. Subire violenze psicologiche che ne sminuiscono la dignità, come ad esempio essere ritenuto stupido o inadeguato dai propri genitori, subire violenze fisiche in contesti familiari alienati socialmente e con gravi carenze educative, subire deprivazioni economiche e culturali tali da non permettere al soggetto di sviluppare forme di socialità produttive, subire violenze sessuali degradanti che lo fanno sentire sporco e diverso, trasformano quel bambino in una sorta di “vendicatore” che vuole che gli altri, in questo caso i piccoli componenti del suo nuovo nucleo familiare, subiscano la sua stessa sorte.

La mancanza di empatia, di compassione e di amore genitoriale, la completa perdita delle figure di riferimento nel proprio passato, fa si che il figlio sia vittima delle stesse violenze che hanno deviato il genitore, violenze che sempre più spesso vengono sommerse all’interno delle mura domestiche in un clima di omertà e vergogna causate dal fatto che all’interno della coppia genitoriale troppo spesso si innesca un rapporto dove la madre o il padre coprono il misfatto, generando una relazione patologica tra loro, in quanto nessuno dei due arresta la spirale di violenza dove la figura dominante detta le regole, e un rapporto di terrore col figlio, il quale si sente costretto a tacere per paura di ripercussioni ben più gravi e molto spesso, rimane in silenzio a causa dei sensi di colpa che i genitori ingenerano in lui in quanto l’abusante, ha l’abilità di fargli credere che la colpa di tutto ciò che accade in realtà sia sua.

La vittima di abusi, si sente sola, tace il suo disagio per paura o per vergogna chiudendosi all’interno di una gabbia di dolore, umiliazione e rabbia che ne danneggerà irreversibilmente l’equilibrio psichico, addirittura sviluppando problematiche psicologiche come l’insorgenza di disturbi ossessivo compulsivi o atteggiamenti autolesivi  e nell’età adulta, sarà incapace di aprirsi a relazioni di amore o di amicizia generate da rapporti interpersonali sani.

L’approccio con l’altro sarà stentato, diffidente e laddove l’abuso è stato di natura sessuale, la relazione amorosa sarà connotata da reticenza e ripugnanza verso l’atto sessuale, perché vissuto nel ricordo del passato. Cosicché la violenza spesso viene mascherata, mistificata grazie a processi di razionalizzazione che appaiono a pri­ma vista inattaccabili. Spesso avviene che ciò che è esigenza dell'adulto è presentato come il bene per il bambino. Capita troppo spesso per il bimbo vittima di violenza, mentre si trova sotto i colpi inferti dal genitore di sentirsi dire che è tutto per il suo bene.

Può accadere persino che il genitore dopo aver consumato la violenza, è sopraffatto da un barlume di senso di colpa, subito messo a tacere dalla convinzione che in realtà ha agito per educare il bambino o perché il bambino con i suoi atteggiamenti ne ha provocato la reazione violenta. Non dimentichiamo che la violenza non ha inneschi particolari, basta anche un semplice sguardo, una movenza o una parola detta a mezza voce per accendere nell’aggressore la scintilla dell’abuso. Purtroppo chi abusa del minore, in quel momento e in tutti i momenti successivi perde la connotazione più importante che distingue l’uomo dalle altre specie viventi: la ragione, quel lume che dovrebbe guidare nel discernimento di ciò che è bene e ciò che è male.

Chi commette violenza su un bambino perde il sentimento della compassione, perde ogni caratteristica che fa di lui un essere empatico e umano. Perde se stesso. La legge punisce, l’uomo condanna, ma il male oscuro che sta dentro chi abusa di un bambino innocente è sempre in agguato, pronto a secernere il suo veleno incurante degli occhi innocenti che lo supplicano di smettere.

Come si può prevenire uno dei crimini più alienanti per il genere umano? Come si può pensare che una vittima di tali violenze ne esca indenne se non soccorsa dalla resilienza? L’unica arma della quale la psiche di un bambino abusato può avvalersi. Ma la cosa fondamentale alla quale sempre bisogna fare appello è la fiducia che questi bambini, nonostante le crudeltà alle quali siano stati esposti, possano essere recuperati con pazienza e con amore da professionisti in grado di fargli esternare il loro vissuto traumatico. Solo insegnando loro a costruire su quelle macerie una vita migliore e a non cadere da adulti nella stessa spirale di violenza e perdizione che li ha colti vittime innocenti, si riuscirà a fare in modo che il passato non diventi la zavorra che affondi il loro futuro.

La nostra legislazione afferma che il reato di violenza sui minori si configura come un comportamento posto in essere da un adulto nei confronti di un bambino che consiste nel cagionare un danno biologico o giuridico. Le forme più comuni sono l’abuso sessuale, fisico o psicologico fino ad arrivare a forme miste di abuso a causa del quale ogni abuso fisico o sessuale implica anche un abuso psicologico di denigrazione o coercizione della vittima. L’abuso all’infanzia può essere definito come “qualsiasi comportamento, volontario o involontario, da parte di adulti (parenti, tutori, conoscenti o estranei) che danneggi in modo grave lo sviluppo psicofisico e/o psicosessuale del bambino”.

Abuso è tutto ciò che impedisce la crescita armonica del minore, non rispettando i suoi bisogni e non proteggendolo sul piano fisico e psichico. In esso vi rientrano, dunque, non soltanto comportamenti di tipo commissivo, entro i quali vanno annoverati maltrattamenti di ordine fisico, sessuale o psicologico, ma anche di tipo omissivo, legati cioè all’incapacità più o meno accentuata, da parte dei genitori, di fornire cure adeguate a livello materiale ed emotivo alla prole.

In base a questo assunto, vediamo che i comportamenti violenti e vessatori messi in atto nei confronti dei bambini sono i più disparati e diversi, ma hanno tutti lo stesso comune denominatore: annientarne la dignità, la speranza e laddove le violenze degenerano, distruggerne la stessa vita.

La violenza sui minori si districa all’interno di una tassonomia lunga e articolata che comprende non solo gli abusi fisici o sessuali ma anche i maltrattamenti di tipo extrasessuale come ad esempio l’incuria, l’ipercuria, la discuria, tutte forme di violenza intrafamiliare che comunque ledono la psiche del bambino compromettendone il normale sviluppo affettivo, emotivo e di personalità. Una forma di violenza sui minori che sta dilagando in maniera allarmante, è rappresentata dagli abusi a scuola messi in atto da chi in realtà dovrebbe avere cura dei bambini: gli educatori. I mass media riportano con sempre maggiore frequenza casi nei quali il docente, esplode in atti di vera e propria collera che sfociano nella violenza fisica e verbale soprattutto nei confronti di bambini disabili, semplicemente appartenenti ad etnie diverse per cercare di fare valere la propria autorità nel modo più bieco possibile.

La legge punisce severamente chi si macchia del reato di abusi sull’infanzia, ma a tutt’oggi, questa forma di vessazione fisica e psicologica, sembra non arrestare la sua corsa, anzi, miete sempre più vittime anche fra i banchi di scuola. La violenza familiare, è la forma più classica di abuso su minore, è un tipo di violenza dove non è sempre presente l’abuso sessuale ma vere e proprie violenze fisiche e psicologiche che rendono il bambino pedina nelle mani di genitori inadeguati.

Il denominatore comune della violenza sui minori è un rapporto cosciente o inconscio di stru­mentalizzazione del bambino da parte del mondo adulto, reso possibile dalla superiorità fisica o psichica dell'adulto stesso, dal quale la vita del bambino dipende. Molto spesso, il bambino abusato è lo specchio dell’abusante, e purtroppo sovente chi si rende protagonista di violenza in famiglia, è stato vittima in situazioni relazionali precedenti all’interno del suo nucleo di origine. Subire violenze psicologiche che ne sminuiscono la dignità, come ad esempio essere ritenuto stupido o inadeguato dai propri genitori, subire violenze fisiche in contesti familiari alienati socialmente e con gravi carenze educative, subire deprivazioni economiche e culturali tali da non permettere al soggetto di sviluppare forme di socialità produttive, subire violenze sessuali degradanti che lo fanno sentire sporco e diverso, trasformano quel bambino in una sorta di “vendicatore” che vuole che gli altri, in questo caso i piccoli componenti del suo nuovo nucleo familiare, subiscano la sua stessa sorte.

La mancanza di empatia, di compassione e di amore genitoriale, la completa perdita delle figure di riferimento nel proprio passato, fa si che il figlio sia vittima delle stesse violenze che hanno deviato il genitore, violenze che sempre più spesso vengono sommerse all’interno delle mura domestiche in un clima di omertà e vergogna causate dal fatto che all’interno della coppia genitoriale troppo spesso si innesca un rapporto dove la madre o il padre coprono il misfatto, generando una relazione patologica tra loro, in quanto nessuno dei due arresta la spirale di violenza dove la figura dominante detta le regole, e un rapporto di terrore col figlio, il quale si sente costretto a tacere per paura di ripercussioni ben più gravi e molto spesso, rimane in silenzio a causa dei sensi di colpa che i genitori ingenerano in lui in quanto l’abusante, ha l’abilità di fargli credere che la colpa di tutto ciò che accade in realtà sia sua.

La vittima di abusi, si sente sola, tace il suo disagio per paura o per vergogna chiudendosi all’interno di una gabbia di dolore, umiliazione e rabbia che ne danneggerà irreversibilmente l’equilibrio psichico, addirittura sviluppando problematiche psicologiche come l’insorgenza di disturbi ossessivo compulsivi o atteggiamenti autolesivi  e nell’età adulta, sarà incapace di aprirsi a relazioni di amore o di amicizia generate da rapporti interpersonali sani.

L’approccio con l’altro sarà stentato, diffidente e laddove l’abuso è stato di natura sessuale, la relazione amorosa sarà connotata da reticenza e ripugnanza verso l’atto sessuale, perché vissuto nel ricordo del passato. Cosicché la violenza spesso viene mascherata, mistificata grazie a processi di razionalizzazione che appaiono a pri­ma vista inattaccabili. Spesso avviene che ciò che è esigenza dell'adulto è presentato come il bene per il bambino. Capita troppo spesso per il bimbo vittima di violenza, mentre si trova sotto i colpi inferti dal genitore di sentirsi dire che è tutto per il suo bene.

Può accadere persino che il genitore dopo aver consumato la violenza, è sopraffatto da un barlume di senso di colpa, subito messo a tacere dalla convinzione che in realtà ha agito per educare il bambino o perché il bambino con i suoi atteggiamenti ne ha provocato la reazione violenta. Non dimentichiamo che la violenza non ha inneschi particolari, basta anche un semplice sguardo, una movenza o una parola detta a mezza voce per accendere nell’aggressore la scintilla dell’abuso. Purtroppo chi abusa del minore, in quel momento e in tutti i momenti successivi perde la connotazione più importante che distingue l’uomo dalle altre specie viventi: la ragione, quel lume che dovrebbe guidare nel discernimento di ciò che è bene e ciò che è male.

Chi commette violenza su un bambino perde il sentimento della compassione, perde ogni caratteristica che fa di lui un essere empatico e umano. Perde se stesso. La legge punisce, l’uomo condanna, ma il male oscuro che sta dentro chi abusa di un bambino innocente è sempre in agguato, pronto a secernere il suo veleno incurante degli occhi innocenti che lo supplicano di smettere.

Come si può prevenire uno dei crimini più alienanti per il genere umano? Come si può pensare che una vittima di tali violenze ne esca indenne se non soccorsa dalla resilienza? L’unica arma della quale la psiche di un bambino abusato può avvalersi. Ma la cosa fondamentale alla quale sempre bisogna fare appello è la fiducia che questi bambini, nonostante le crudeltà alle quali siano stati esposti, possano essere recuperati con pazienza e con amore da professionisti in grado di fargli esternare il loro vissuto traumatico. Solo insegnando loro a costruire su quelle macerie una vita migliore e a non cadere da adulti nella stessa spirale di violenza e perdizione che li ha colti vittime innocenti, si riuscirà a fare in modo che il passato non diventi la zavorra che affondi il loro futuro.