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Cancel culture, deriva illiberale che richiede analisi e risposte assennate

IL CASO LONDON BY GIAN BUTTURINI
London by Gian Butturini
London by Gian Butturini

La cancel culture sta diventando necessariamente argomento di riflessione anche in Europa. Probabilmente per tentare di comprenderne bene le natura occorre partire dagli Stati Uniti dove ha preso avvio.

Nell’era del post – impero seguita all’11 settembre 2001 e alla crisi economica finanziaria (descritti come autobiografia e satira sociale in BIANCO di Bret Easton Ellis, ed. Einaudi) le fragilità della società americana iniziarono a cercare riparo in tante identità ciascuna alla ricerca innanzitutto di protezione. La crescita anche demografica delle etnie non di matrici europee negli USA e il progressivo cambio degli equilibri mondiali a discapito dell’Occidente hanno concorso a mettere in discussione le leadership dei ceti dominanti.

L’insicurezza diffusa e la vulnerabilità del sistema hanno esasperato sensibilità parcellizzate.

La vittoria di Barack Obama alle presidenziali, impossibile se non si fosse incrinato il vecchio assetto di potere, suscitò speranze unificanti ma il divario tra aspettative e risultati dovuto alle resistenze conservatrici aprì altri scenari.

La successiva affermazione di Donald Trump è stata frutto delle paure dei ceti più tradizionali che sentendosi minacciati hanno reagito con l’arroccamento. In politica estera i fendenti in ogni direzione della Amministrazione Trump tendevano a ripristinare a loro modo il primato americano. Fortunatamente per la “sinistra” americana soprattutto gli errori madornali nella gestione della pandemia hanno evitato un possibile secondo mandato ma lo scontro tra le due Americhe è feroce e tuttora in corso.

La divaricazione è fortissima.

Nel versante di Biden si accavallano istanze che partendo da aspirazioni apprezzabili trovano sovente derive discutibili. Se Biden non riuscirà a prospettare soluzioni unificanti nel segno delle riforme tentate da Obama si accentuerà il ripiegamento identitario che cercherà risposte illusorie e fuorvianti ai problemi.

La cancel culture si iscrive in questo capitolo.

Nella società americana o i diritti richiesti da neri, ispanici e asiatici e le istanze dei bianchi impoveriti troveranno compimento e soddisfazione in un nuovo patto sociale egualitario oppure gli USA diverranno sempre più un campo di battaglia. In questo senso la pervasiva diffusione delle armi rende la situazione ancor più incandescente.

Per ora la risposta di Biden sembra un colossale innalzamento senza precedenti della spesa pubblica ma il tema non è risolvibile solo in questi termini.

La cancel culture nell’era del post-impero e delle fragilità vorrebbe riequilibrare le influenze attraverso una rilettura del passato con la mente del presente.

La sensibilità identitaria è il parametro per la cancellazione di quanto viene considerato sbagliato. Si determinano così paradossi e situazioni che travalicano il limite della ragione, condizioni per atti dispotici, illiberali e prevaricanti.

Dovrebbe essere ovvio che ogni epoca ha le proprie sensibilità e che ogni vicenda andrebbe valutata nel contesto storico culturale non a prescindere. Quando oggi nella Università dove si è formata Kamala Harris vengono banditi perché considerati suprematisti bianchi gli studi classici di Omero e Cicerone è chiaro che si è andati oltre (HUFFPOST  26 aprile 2021). È sufficiente leggere “L’era della suscettibilità” di Guia Soncini (ed. Marsilio) per scorrere una serie interminabile di fatti che si sono verificati in questi anni. Ogni ombra del passato viene letta alla stregua del presente.

Ciascuno indignato si arroga il diritto di chiedere di cancellare tutto ciò che viene vissuto in contrasto con la propria sensibilità in ogni campo. In questo ambito abbattere statue, mettere all’indice libri e stroncare carriere è all’ordine del giorno. Alcuni parlano di “malattia”.

Sicuramente di questo passo vivremo in una società sempre più illiberale dove l’arbitrio delle opinioni diverrà la regola. Il sol fatto di sentirsi turbati giustifica la sete di presunta normalizzazione. Sentirsi vittima abilita la richiesta di rimuovere la possibile fonte del malessere.

In controtendenza l’Università di Chicago indirizzò nel 2016 una lettera alle matricole comunicando che nel “campus” nessuno avrebbe trovato “luoghi sicuri” dove sarebbe stato impossibile essere “vittimizzati” in quanto per allargare gli orizzonti occorreva invece dare spazio al confronto e al libero dibattito.

Un episodio di grave cancel culture è stato nel 2020 quando il libro “London by Gian Butturini” (1969, reprint nel 2017) venne tolto dal mercato e mandato al macero perché l’accostamento di due fotografie era ritenuto “razzista”. La ragazza afro britannica che ha sollevato il caso può avere le sue opinioni. Il problema sorge se una personalità come Martin Parr - dopo avere scritto una sincera entusiastica prefazione del libro - viene messo alla berlina tanto da chiedere ed ottenere dall’editore italiano la cancellazione del libro stesso. SAVE THE BOOK promossa dalla Associazione Gian Butturini è stata la risposta alla prevaricazione ma se di fronte a circostanze del genere non ci saranno reazioni adeguate prevarranno in ogni campo le derive autoritarie illiberali.