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Caso Palamara: lettera aperta al Presidente dell'A.N.M. per l’accesso all’archiviazione dei procedimenti relativi alle chat

Niente e nessuno può impedire l’accesso di ciascun socio all’archiviazione dei Probiviri
Le chat di Palamara
Le chat di Palamara

Caso Palamara: lettera aperta per l’accesso all’archiviazione dei procedimenti relativi alle chat


In qualità di socio dell’A.N.M. le ho chiesto copia dei provvedimenti con cui il Collegio dei Probiviri abbia archiviato taluno dei procedimenti attinenti alle chat del dott. Luca Palamara, tristemente note. In particolare ho domandato l’accesso ad archiviazioni endo associative eventualmente relative a specificate chat vagliate, ad altri effetti, dal Consiglio Superiore della Magistratura con atti pubblici che le ho trasmesse.

Avevo difatti rilevato che, all’interno del sito ufficiale dell’A.N.M., l’area dedicata ai provvedimenti dei Probiviri è così ... ‛riservata’ da non contenere alcun documento, ancorché sia accessibile soltanto con verificate credenziali.

Nell’adunanza del 13 marzo 2022, chiamato a decidere su detta istanza inserita nell’ordine del giorno, il Comitato Direttivo Centrale dell’Associazione, con atti estemporaneamente presentati, si è ‘spaccato’ tra: a) una mozione favorevole all’accesso dei soli soci (nell’area loro riservata del sito ufficiale) a qualunque atto attinente ai profili disciplinari (Area); b) una mozione favorevole alla completa trasparenza, anche esterna, delle decisioni disciplinari (Articolo 101). È prevalso infine un terzo inaspettato orientamento (Unicost e MI). Assumendo di non essere aggiornata in materia di privacy, la maggioranza dei trentasei autorevoli Magistrati che compongono il C.D.C. ha deciso di non potere deliberare, neppure sulla mia istanza, senza il parere giuridico dell’Avvocata responsabile, all’interno dell’Associazione, del trattamento dei dati.

Ciò premesso, egregio Presidente, le rassegno quanto segue.

 

  1. Le chat tra il dott. Palamara ed altri magistrati ordinari sono state divulgate, analizzate e commentate da tempo sui media e sono perfino raccolte in volumi di grande successo editoriale, creando grande sconcerto. Sebbene coinvolgano dati e fatti personali di numerosi magistrati, la loro pubblicazione non è stata repressa in ossequio al diritto di cronaca. Negli Utenti finali della Giustizia è cresciuta perciò l’attesa legittima di conoscere la doverosa reazione degli organi deputati al controllo istituzionale sulla condotta dei magistrati: Autorità penale, P.G. presso la Suprema Corte, Ministro della Giustizia e Consiglio Superiore della Magistratura. Non può pretermettersi che. dopo l’esplosione del caso Palamara, il Capo dello Stato non ha proceduto allo scioglimento del C.S.M. proprio per non attardare la giusta punizione dei magistrati colpevoli, come ha ribadito incisivamente da ultimo, nel momento in cui ha accettato il secondo mandato. Ma sono trascorsi tre anni dalla scoperta del comprovato «Sistema Palamara»: tre anni in cui invano l’Utente finale della Giustizia ha atteso che, legalmente sanzionando le scorrette condotte di tanti magistrati, l’ordinamento giuridico rinascesse dalle proprie ceneri. Più qualificato interesse vantano gli adepti dell’A.N.M. a conoscere l’esito delle indagini svolte dai Probiviri sui soci indagati per violazioni disciplinari endoassociative.
  1. Invero, sul piano formale, l’art. 31 dello statuto impone il deposito del verbale del C.D.C., compreso quello attinente a materia disciplinare [1], proprio per renderlo consultabile dai soci tutti e tale disposizione abbraccia anche l’archiviazione dei Probiviri, volta che essa sia stata depositata e formalmente recepita dal C.D.C., che non può sindacarla.
  1. Sul piano sostanziale va premesso che soltanto a seguito di meritorie interlocuzioni con il Garante della privacy e in osservanza alle vigenti disposizioni, i Probiviri e il C.D.C. hanno potuto legittimamente svolgere la funzione di garanzia interna loro assegnata dallo Statuto. D’altronde se così non fosse, sarebbero stati proprio i soci indagati o incolpati a eccepire vittoriosamente la violazione della propria privacy, precludendo l’attività disciplinare anche dei probiviri. Il tema decisivo non è dunque quello della violata privacy degli indagati e/o incolpati – su temi e fatti comunque ampiamente divulgati nell’opinione pubblica – ma se mai l’altro della legittima propalazione tra i soci delle archiviazioni emesse, nel rispetto della privacy dei soci indagati, dai Probiviri. La risposta non può essere che positiva.

Infatti lo statuto si occupa soltanto della propalazione disciplinare ai non soci, ammettendo la pubblicazione sul giornale dell’A.N.M. (destinato al pubblico) della sanzione irrogata, e impedendo la diffusione mediatica della trattazione da parte del C.D.C. qualora sia espressamente inibita dall’incolpato [2], ma nulla prevede espressamente per l’accesso dei soci alle archiviazioni dei Probiviri.

 

  • Resta così confermato che i soci hanno diritto di accedere ai provvedimenti disciplinari dei Probiviri alla stregua della menzionata regola statutaria generale (l’art. 31 dello statuto); che, a propria volta, fa capo ad un principio di carattere generale: tutti gli organi di un’associazione non riconosciuta, qual è l’A.N.M., agiscono in nome e per conto dei soci che li hanno nominati e ai quali perciò devono dare conto delle decisioni assunte. Una non secondaria conferma, con venatura pubblicistica, deriva dal fatto che, ai sensi dell’art. 54, comma 4 del D.lgs. 165/2001, all’A.N.M. è stato assegnato il compito di enucleare il codice etico del corpo dei magistrati ordinari, sicché tale codice è imperativo perfino per i magistrati che non sono iscritti all’A.N.M. Sarebbe perciò un azzardo logico-giuridico ipotizzare che l’attività variamente disciplinare dei Probiviri resti segreta proprio per i soci che (indirettamente) a questo scopo li hanno nominati. Altrettanto errato è considerare ad instar di una sanzione non prevista – e quindi illegittima – la propalazione al socio che ne faccia richiesta di una archiviazione, come pure è stato audacemente ventilato nell’adunanza del 13.2.2022. Piuttosto sarebbe la segretezza dell’archiviazione a rendere del tutto inutile, e altrettanto arbitrario, il servizio reso dai Probiviri e renderebbe inspiegabile perché soltanto essi abbiano potuto trattare i dati personali dei soci indagati.
  • Parallelamente la libera adesione agli scopi dell’A.N.M. presuppone costantemente che ciascuno dei soci confidi nella corretta condotta degli altri nonché nella piena trasparenza dell’attività svolta dagli organi disciplinari, anche perché il vincolo associativo è intensamente personale e coinvolgente. A ciascun associato non interessa affatto se altro socio, al riparo da occhi indiscreti, «balli nudo con il cane» (come è stato perfino esemplificato nel corso dell’accesa discussione), ma gli interessa moltissimo se tale condotta tenga ... anche in udienza ovvero se ottenga una promozione a seguito di ‘raccomandazione’ (melius: una fattispecie d’abuso d’ufficio) destinata a danneggiare il dott. Nessuno. Ben vero tali condotte, espressamente vietate (anche) dallo statuto e dal codice etico, impediscono il conseguimento degli scopi sociali e appannano all’esterno l’immagine dell’A.N.M. e degli altri sodali. Soltanto nelle associazioni segrete e in quelle per delinquere gli adepti accettano di diventare perfino ‘complici’ (più o meno ignari) di soci colpevoli ovvero di rappresentare la parte degli «utili idioti». Addirittura se, ai sensi dell’art. 11, 4° Stat., il C.D.C. può disporne la pubblicazione nel Giornale dell’Associazione (accessibile anche ai non soci) della sanzione irrogata, sarebbe perfino conseguente che simmetricamente – e a fortiori – il C.D.C. difendesse – con la pubblicazione («a tutela») nello stesso Giornale della motivata archiviazione – la dignità professionale di un magistrato ingiustamente attaccato dai media.
  • D’altronde l’archiviazione (necessariamente motivata) di cui ho chiesto copia, lungi dall’infirmare la rispettabilità del magistrato indagato (ma non incolpato), ne esalta soltanto il merito nonché il valore professionale e umano, al pari di una ... «medaglia al valore giudiziario». È impensabile dunque che il magistrato indagato possa trarre personale nocumento o disdoro dall’archiviazione decisa dai Probiviri, in sé e per sé considerata. Indagato, egli è stato prosciolto: il risultato più liberatorio e ambito che potesse ottenere. Di regola nessuno negherebbe, ai sensi dell’art. 116 c.p.p., al denunciante, al querelante o al quisque la copia di un’archiviazione penale, sol temendo di danneggiare la reputazione dell’indagato.
  • Infine, il C.D.C. ha il dovere di trattare riservatamente («a porte chiuse») soltanto le richieste di incolpazione provenienti dai Probiviri, sempre che l’incolpato lo chieda espressamente (art. 11, ultimo comma, Stat.). Invece l’archiviazione dei Probiviri esclude la stessa esistenza sia di un incolpato sia, essendo insindacabile, di una qualunque ulteriore trattazione da parte del C.D.C. Questo diverso trattamento definitivamente conferma, con la forza del dato normativo, l’assoluta innocuità dell’archiviazione.
  • Come se non bastasse, ho postulato di accedere, anche e specificamente, ad atti disciplinari attinenti a chat che il C.S.M. ha vagliato su qualificate fonti pubbliche (Radio Radicale e sito ufficiale del Consiglio); il che esclude ab imis qualunque violazione della privacy. Le chat in questione, pubblicate sui media e passate al vaglio pubblico del C.S.M. (Radio Radicale), sono state inserite su banche dati a tutti accessibili (sito ufficiale del Consiglio), senza provocare reazione ostativa da parte degli interessati. Quale violazione della privacy è ipotizzabile su conversazioni telematiche di pubblico dominio che io stesso le ho trasmesso?

 

  1. Come già rilevato, ai soci dell’A.N.M. interessa conoscere soltanto la condotta dei magistrati sodali, indagati o non che siano. Perciò sarebbe auspicabile che nella postulata copia delle archiviazioni fossero schermate soltanto le generalità di persone estranee al nostro sodalizio: pacifica cautela ispirata dai principi di proporzionalità e necessità rispetto alla finalità perseguita, che governano qualunque trattamento di dati.

Come vede, Signor Presidente, niente e nessuno può impedire l’accesso di ciascun socio all’archiviazione dei Probiviri, anche perché le perplessità manifestate nell’adunanza del C.D.C. sembrano del tutto eccentriche rispetto allo specifico tenore della mia domanda, senza necessità d’ulteriore approfondimento dommatico.

Specialmente al tempo della ‘pandemia’ (il «Sistema Palamara»), «La luce del sole è il miglior disinfettante» (L. Brandeis, già membro della Corte Suprema americana). Mi consenta rammentare anche le sue coraggiose dichiarazioni: «Oggi si insedia il nuovo collegio dei probiviri e si riavvia un processo di approfondimento intrapreso dalla Giunta precedente in merito alle chat del dottor Palamara con colleghi per valutare il loro rilievo rispetto al nostro codice etico. Quindi questa vicenda non è affatto chiusa, si tratta di proseguire un lavoro della magistratura su più piani: quello penale di cui si occupa la procura di Perugia, quello disciplinare che compete alla procura generale della Cassazione e al Csm e il nostro» (intervista al Fatto Quotidiano del 21 gennaio 2021, riportata sul sito dell’A.N.M.).

Resto perciò in attesa di potere accedere al più presto alle chieste archiviazioni dei Probiviri.


Ad maiora.

 

[1] Art. 31, ultimo comma: «Inoltre copia del verbale di ogni seduta del Comitato Direttivo Centrale deve essere trasmessa, a cura del Segretario Generale ad ogni Sezione nel termine di dieci giorni per essere tenuta a disposizione dei soci»

[2] Ovviamente la richiesta di procedere a porte chiuse – cioè escludendo i non soci – non impedisce al C.D.C. di condannare l’incolpato alla pubblicazione sulla rivista La Magistratura della condanna; che, rappresentando una sanzione accessoria, non è eludibile dall’incolpato.