Cassazione Civile: deducibilità dei costi delle provvigioni dell’agente
Diversamente "prima dell’intervento della direttiva comunitaria … l’agente aveva diritto alla provvigione solo per gli affari che avevano avuto regolare esecuzione e per gli affari che non avevano avuto esecuzione per causa non imputabile al preponente. … l’agente acquistava il diritto alla provvigione non nel momento in cui aveva svolto l’attività di promozione del contratto, ma solo quando era stato accettato dalle parti e aveva avuto regolare esecuzione, ovvero … era andato a buon fine".
Detti principi sono stati espressi dalla Cassazione Civile - Sezione Tributaria in un caso relativo all’accertamento del reddito imponibile (nel caso in esame, “era stato accertato un maggiore reditto imponibile per errata imputazione dei costi relativi al pagamento delle provvigioni”).
Preliminarmente, con la citata sentenza, la Corte ha escluso l’applicazione al caso in esame della nuova normativa introdotta in materia di agenzia dal D.lgs. n. 65/1999, norma di conversione della Direttiva n. 658 del 1986: "le disposizione di una direttiva comunitaria non attuata hanno efficacia diretta nell’ordinamento dei singoli stati membri … limitatamente ai rapporti tra le autorità dello stato inadempiente ed i singoli soggetti privati (cosiddetta efficacia verticale), e non anche nei rapporti interprivati (cosiddetta efficacia orizzontale) ". Pertanto, trattandosi di contratti conclusi dall’agente in data anteriore all’entrata in vigore della nuova normativa e non essendo andati a buon fine prima di tale riforma, la Corte ha escluso l’applicazione della nuova disciplina al caso in esame.
Quanto al merito della questione, dovendo applicarsi la normativa antecedente alla riforma, la Corte rigetta il ricorso della società sanzionata: il preponente poteva portare in deduzione i costi delle provvigioni solo nell’esercizio in cui i contratti erano stati eseguiti ed il prezzo era stato pagato, non nei singoli anni in cui l’agente aveva concluso i medesimi con il terzo.
(Corte di Cassazione - Sezione Tributaria, Sentenza 29 aprile 2011, n.9539)
Diversamente "prima dell’intervento della direttiva comunitaria … l’agente aveva diritto alla provvigione solo per gli affari che avevano avuto regolare esecuzione e per gli affari che non avevano avuto esecuzione per causa non imputabile al preponente. … l’agente acquistava il diritto alla provvigione non nel momento in cui aveva svolto l’attività di promozione del contratto, ma solo quando era stato accettato dalle parti e aveva avuto regolare esecuzione, ovvero … era andato a buon fine".
Detti principi sono stati espressi dalla Cassazione Civile - Sezione Tributaria in un caso relativo all’accertamento del reddito imponibile (nel caso in esame, “era stato accertato un maggiore reditto imponibile per errata imputazione dei costi relativi al pagamento delle provvigioni”).
Preliminarmente, con la citata sentenza, la Corte ha escluso l’applicazione al caso in esame della nuova normativa introdotta in materia di agenzia dal D.lgs. n. 65/1999, norma di conversione della Direttiva n. 658 del 1986: "le disposizione di una direttiva comunitaria non attuata hanno efficacia diretta nell’ordinamento dei singoli stati membri … limitatamente ai rapporti tra le autorità dello stato inadempiente ed i singoli soggetti privati (cosiddetta efficacia verticale), e non anche nei rapporti interprivati (cosiddetta efficacia orizzontale) ". Pertanto, trattandosi di contratti conclusi dall’agente in data anteriore all’entrata in vigore della nuova normativa e non essendo andati a buon fine prima di tale riforma, la Corte ha escluso l’applicazione della nuova disciplina al caso in esame.
Quanto al merito della questione, dovendo applicarsi la normativa antecedente alla riforma, la Corte rigetta il ricorso della società sanzionata: il preponente poteva portare in deduzione i costi delle provvigioni solo nell’esercizio in cui i contratti erano stati eseguiti ed il prezzo era stato pagato, non nei singoli anni in cui l’agente aveva concluso i medesimi con il terzo.
(Corte di Cassazione - Sezione Tributaria, Sentenza 29 aprile 2011, n.9539)