Cassazione Civile: deroga del foro del consumatore, a scelta del consumatore

La Suprema Corte, chiamata ad accertare la competenza territoriale in una causa avviata da alcuni consumatori in un foro diverso da quello del consumatore (articolo 63 del Codice del Consumo), convenzionalmente fissato dalle parti in un contratto di conto corrente collegato a diversi contratti di acquisto e negoziazione di strumenti finanziari, ha enunciato con ordinanza i seguenti principi di diritto:

1) “per le controversie concernenti contratti negoziati fuori dei locali commerciali relativi a strumenti finanziari la competenza territoriale è determinata ai sensi dell’art. 63 d.lgs. n. 206 del 2005, giacché l’art. 46 esclude l’applicabilità ai medesimi delle (sole) norme di cui alla sezione I del Capo I del Titolo III della Parte III del Codice del Consumo, e non anche di quelle di cui alla sezione III, cui esso accede;

2) per le controversie concernenti contratti negoziati fuori dei locali commerciali relativi a strumenti finanziari il consumatore può adire un giudice diverso da quello del foro del consumatore ex art. 63 d.lgs. n. 206 del 2005, competente per territorio giusta uno dei criteri posti agli artt. 18, 19 e 20 c.p.c., senza che, in accoglimento della relativa eccezione sollevata dal professionista ovvero d’ufficio, tale giudice possa dichiarare la propria incompetenza anche a svantaggio, e cioè in pregiudizio dell’interesse, del consumatore

”.

In sintesi, queste sono le conclusioni a cui è giunta la Corte all’esito dell’impugnazione proposta dai consumatori dell’ordinanza emessa del Tribunale di Milano che dichiarava la propria incompetenza territoriale per violazione dell’articolo 63 del Codice del Consumo (“Per le controversie civili inerenti all’applicazione del presente capo la competenza territoriale inderogabile è del giudice del luogo di residenza o di domicilio del consumatore, se ubicati nel territorio dello Stato”), poiché il giudizio era stato promosso non nel luogo ove i consumatori avevano la residenza o il domicilio, ma nel luogo ove la convenuta (una banca) aveva la sede legale.

La Suprema Corte, contrariamente a quanto affermato nell’ordinanza impugnata, in via preliminare ha rilevato che la specifica approvazione per iscritto ex articolo 1341, comma 2, c.p.c. della clausola di deroga della competenza non è sufficiente per derogare la norma del Codice del Consumo, precisando che “ad escludere la vessatorietà della clausola di deroga del foro del consumatore non è invero sufficiente la previsione di un foro coincidente con uno dei fori legali di cui agli artt. 18 e 20 c.p.c. … l’articolo 63 del Codice del Consumo si applica sia ai contratti negoziati fuori dei locali commerciali (così come ai contratti a distanza) che ai contratti relativi a strumenti finanziari”, e quindi anche al caso di specie.

L’eccezione alla disciplina del Codice del Consumo - continua la Corte - si sostanzia nell’inderogabilità unilaterale da parte del “professionista” del foro del consumatore, che, “ai sensi dell’articolo 33 del d.lgs. n. 206 del 2005, è viceversa possibile laddove, assolvendo all’onere della prova a suo carico, il medesimo vinca la presunzione di relativa vessatorietà, dimostrando che la deroga al foro del consumatore nello specifico caso concreto non determina un abusivo squilibrio … a danno del consumatore”.

In ogni caso, la normativa non prevede la nullità del contratto, ma unicamente delle clausole vessatorie o abusive: si tratta peraltro di una “nullità di protezione, operante solamente a vantaggio del consumatore” e non può danneggiare il consumatore.

Pertanto, alla luce di quanto sopra, la Corte conclude stabilendo che ove il consumatore ritenga più vantaggioso non avvalersi del foro del consumatore (ad esempio, nel caso di specie, perché i ricorrenti hanno domicilio in molteplici diverse città e considerato più vantaggioso concentrare le azioni in un unico foro, quale quello della sede del convenuto, “così da garantire non solo l’uniformità del giudicato, ma anche consentire un sensibile contenimento dei costi ed una maggiore celerità ed economia processuale”) deve essere assicurato al medesimo il diritto di derogare al foro del consumatore e alla norma del Codice del Consumo, anche in via unilaterale, “rimanendo da siffatta sua scelta comunque non scalfita l’esigenza di tutela contro l’unilaterale predisposizione ed imposizione del contenuto contrattuale da parte del “professionista” che la disciplina in argomento è funzionalmente volta a garantire (v. Cass., 26/9/2008, n. 24262), anche relativamente alle esigenze del mercato. Finalità rispetto alla quale non appare invero ravvisabile un interesse pubblico idoneo a costituire logico e razionale fondamento della pretesa di applicare le soluzioni poste dalla disciplina a tutela del consumatore anche a svantaggio del medesimo”.

Ciò risulta peraltro confermato dal fatto che anche al disposto di cui all’articolo 63 del Codice del Consumo si applica il principio per il quale l’incompetenza del giudice adito può essere fatta valere dalle parti o rilevata d’ufficio dal giudice solo entro la prima udienza di trattazione, pena il consolidamento della competenza territoriale del giudice adito.

(Corte di Cassazione - Sezione Sesta Civile, Ordinanza 8 febbraio 2012, n.1875)

[Dot.ssa Luciana Di Voto - Iusgate]

La Suprema Corte, chiamata ad accertare la competenza territoriale in una causa avviata da alcuni consumatori in un foro diverso da quello del consumatore (articolo 63 del Codice del Consumo), convenzionalmente fissato dalle parti in un contratto di conto corrente collegato a diversi contratti di acquisto e negoziazione di strumenti finanziari, ha enunciato con ordinanza i seguenti principi di diritto:

1) “per le controversie concernenti contratti negoziati fuori dei locali commerciali relativi a strumenti finanziari la competenza territoriale è determinata ai sensi dell’art. 63 d.lgs. n. 206 del 2005, giacché l’art. 46 esclude l’applicabilità ai medesimi delle (sole) norme di cui alla sezione I del Capo I del Titolo III della Parte III del Codice del Consumo, e non anche di quelle di cui alla sezione III, cui esso accede;

2) per le controversie concernenti contratti negoziati fuori dei locali commerciali relativi a strumenti finanziari il consumatore può adire un giudice diverso da quello del foro del consumatore ex art. 63 d.lgs. n. 206 del 2005, competente per territorio giusta uno dei criteri posti agli artt. 18, 19 e 20 c.p.c., senza che, in accoglimento della relativa eccezione sollevata dal professionista ovvero d’ufficio, tale giudice possa dichiarare la propria incompetenza anche a svantaggio, e cioè in pregiudizio dell’interesse, del consumatore

”.

In sintesi, queste sono le conclusioni a cui è giunta la Corte all’esito dell’impugnazione proposta dai consumatori dell’ordinanza emessa del Tribunale di Milano che dichiarava la propria incompetenza territoriale per violazione dell’articolo 63 del Codice del Consumo (“Per le controversie civili inerenti all’applicazione del presente capo la competenza territoriale inderogabile è del giudice del luogo di residenza o di domicilio del consumatore, se ubicati nel territorio dello Stato”), poiché il giudizio era stato promosso non nel luogo ove i consumatori avevano la residenza o il domicilio, ma nel luogo ove la convenuta (una banca) aveva la sede legale.

La Suprema Corte, contrariamente a quanto affermato nell’ordinanza impugnata, in via preliminare ha rilevato che la specifica approvazione per iscritto ex articolo 1341, comma 2, c.p.c. della clausola di deroga della competenza non è sufficiente per derogare la norma del Codice del Consumo, precisando che “ad escludere la vessatorietà della clausola di deroga del foro del consumatore non è invero sufficiente la previsione di un foro coincidente con uno dei fori legali di cui agli artt. 18 e 20 c.p.c. … l’articolo 63 del Codice del Consumo si applica sia ai contratti negoziati fuori dei locali commerciali (così come ai contratti a distanza) che ai contratti relativi a strumenti finanziari”, e quindi anche al caso di specie.

L’eccezione alla disciplina del Codice del Consumo - continua la Corte - si sostanzia nell’inderogabilità unilaterale da parte del “professionista” del foro del consumatore, che, “ai sensi dell’articolo 33 del d.lgs. n. 206 del 2005, è viceversa possibile laddove, assolvendo all’onere della prova a suo carico, il medesimo vinca la presunzione di relativa vessatorietà, dimostrando che la deroga al foro del consumatore nello specifico caso concreto non determina un abusivo squilibrio … a danno del consumatore”.

In ogni caso, la normativa non prevede la nullità del contratto, ma unicamente delle clausole vessatorie o abusive: si tratta peraltro di una “nullità di protezione, operante solamente a vantaggio del consumatore” e non può danneggiare il consumatore.

Pertanto, alla luce di quanto sopra, la Corte conclude stabilendo che ove il consumatore ritenga più vantaggioso non avvalersi del foro del consumatore (ad esempio, nel caso di specie, perché i ricorrenti hanno domicilio in molteplici diverse città e considerato più vantaggioso concentrare le azioni in un unico foro, quale quello della sede del convenuto, “così da garantire non solo l’uniformità del giudicato, ma anche consentire un sensibile contenimento dei costi ed una maggiore celerità ed economia processuale”) deve essere assicurato al medesimo il diritto di derogare al foro del consumatore e alla norma del Codice del Consumo, anche in via unilaterale, “rimanendo da siffatta sua scelta comunque non scalfita l’esigenza di tutela contro l’unilaterale predisposizione ed imposizione del contenuto contrattuale da parte del “professionista” che la disciplina in argomento è funzionalmente volta a garantire (v. Cass., 26/9/2008, n. 24262), anche relativamente alle esigenze del mercato. Finalità rispetto alla quale non appare invero ravvisabile un interesse pubblico idoneo a costituire logico e razionale fondamento della pretesa di applicare le soluzioni poste dalla disciplina a tutela del consumatore anche a svantaggio del medesimo”.

Ciò risulta peraltro confermato dal fatto che anche al disposto di cui all’articolo 63 del Codice del Consumo si applica il principio per il quale l’incompetenza del giudice adito può essere fatta valere dalle parti o rilevata d’ufficio dal giudice solo entro la prima udienza di trattazione, pena il consolidamento della competenza territoriale del giudice adito.

(Corte di Cassazione - Sezione Sesta Civile, Ordinanza 8 febbraio 2012, n.1875)

[Dot.ssa Luciana Di Voto - Iusgate]