Cassazione Civile: interpretazione del contratto di assicurazione
Innanzitutto la Cassazione ha ricordato che "La natura di negozio a prestazioni corrispettive del contratto di assicurazione, difatti, comporta che, tra le prestazioni di ciascuna delle parti, debba esistere e permanere un equilibrio sinallagmatico, onde l’interpretazione delle singole clausole contrattuali non meno che la valutazione - anche presuntiva - del complessivo tessuto negoziale deve rispondere a tale criterio, quello, di carattere generale, della buona fede. Ne consegue che la determinazione del premio di polizza non può non assumere valore al fine di accertare quale sia il limite massimo dell’obbligazione facente capo all’assicuratore, onde quell’equilibrio sinallagmatico possa dirsi in concreto rispettato".
Nel caso di specie, la Cassazione ha rilevato che "Non è contestato, tra le parti, che il premio fissato e corrisposto dalla ricorrente alla compagnia assicurativa corrispondesse ad un tipo di garanzia cd. "a primo rischio assoluto". Non appare pertanto appagante, sul piano logico-interpretativo, la motivazione adottata dalla corte territoriale che discorre, in proposito, di "elemento indiziario-presuntivo vago, isolato e non certo inequivoco", apparendo, di converso, tale circostanza sicuramente rilevante (se non decisiva) al fine di ricostruire il reale intento dei contraenti nel rispetto del più volte evocato sinallagma-negoziale e in ossequio al principio di buona fede nell’interpretazione (che, nei casi incerti, non può non dipanarsi secondo itinerari logici volti all’approdo verso il favor per la parte che aderisce ad un contratto già predisposto, sostanziandosi se del caso di contenuti contra stipulatorem)".
In conclusione: "Più volte è stato affermato, da questa corte regolatrice, il principio della necessaria corrispondenza tra ammontare del premio e contenuto dell’obbligazione dell’assicuratore, sia pur nelle speculari ipotesi in cui era l’assicuratore ad invocare la decisiva rilevanza del sinallagma contrattuale sul piano funzionale, oltre che genetico (Cass. 9678/97; 6933/99; 6388/2001), principio che, a più forte ragione, deve trovare applicazione con riguardo alla posizione dell’assicurato. Nella specie, la valutazione della necessaria corrispondenza del premio versato al tipo di rischio assicurato ed alla garanzia conseguentemente prestata risultava e risulta l’irrinunciabile asse portante dell’indagine ermeneutica, nella cui orbita erano e sono destinate a ruotare le ulteriori circostanze di fatto esaminate dal giudice territoriale, ivi inclusa la (oggettivamente equivoca) espressione contenuta nella polizza assicurativa ed il mancato richiamo dell’art. 22 delle condizioni generali di assicurazione, segnatamente alla luce dell’espresso richiamo viceversa operato alle clausole immediatamente precedente e successiva della convenzione negoziale oggetto di controversia".
La sentenza è integralmente consultabile sul sito della Cassazione.
(Corte di Cassazione - Sezione Terza Civile, Sentenza 30 aprile 2010, n.10596).
Innanzitutto la Cassazione ha ricordato che "La natura di negozio a prestazioni corrispettive del contratto di assicurazione, difatti, comporta che, tra le prestazioni di ciascuna delle parti, debba esistere e permanere un equilibrio sinallagmatico, onde l’interpretazione delle singole clausole contrattuali non meno che la valutazione - anche presuntiva - del complessivo tessuto negoziale deve rispondere a tale criterio, quello, di carattere generale, della buona fede. Ne consegue che la determinazione del premio di polizza non può non assumere valore al fine di accertare quale sia il limite massimo dell’obbligazione facente capo all’assicuratore, onde quell’equilibrio sinallagmatico possa dirsi in concreto rispettato".
Nel caso di specie, la Cassazione ha rilevato che "Non è contestato, tra le parti, che il premio fissato e corrisposto dalla ricorrente alla compagnia assicurativa corrispondesse ad un tipo di garanzia cd. "a primo rischio assoluto". Non appare pertanto appagante, sul piano logico-interpretativo, la motivazione adottata dalla corte territoriale che discorre, in proposito, di "elemento indiziario-presuntivo vago, isolato e non certo inequivoco", apparendo, di converso, tale circostanza sicuramente rilevante (se non decisiva) al fine di ricostruire il reale intento dei contraenti nel rispetto del più volte evocato sinallagma-negoziale e in ossequio al principio di buona fede nell’interpretazione (che, nei casi incerti, non può non dipanarsi secondo itinerari logici volti all’approdo verso il favor per la parte che aderisce ad un contratto già predisposto, sostanziandosi se del caso di contenuti contra stipulatorem)".
In conclusione: "Più volte è stato affermato, da questa corte regolatrice, il principio della necessaria corrispondenza tra ammontare del premio e contenuto dell’obbligazione dell’assicuratore, sia pur nelle speculari ipotesi in cui era l’assicuratore ad invocare la decisiva rilevanza del sinallagma contrattuale sul piano funzionale, oltre che genetico (Cass. 9678/97; 6933/99; 6388/2001), principio che, a più forte ragione, deve trovare applicazione con riguardo alla posizione dell’assicurato. Nella specie, la valutazione della necessaria corrispondenza del premio versato al tipo di rischio assicurato ed alla garanzia conseguentemente prestata risultava e risulta l’irrinunciabile asse portante dell’indagine ermeneutica, nella cui orbita erano e sono destinate a ruotare le ulteriori circostanze di fatto esaminate dal giudice territoriale, ivi inclusa la (oggettivamente equivoca) espressione contenuta nella polizza assicurativa ed il mancato richiamo dell’art. 22 delle condizioni generali di assicurazione, segnatamente alla luce dell’espresso richiamo viceversa operato alle clausole immediatamente precedente e successiva della convenzione negoziale oggetto di controversia".
La sentenza è integralmente consultabile sul sito della Cassazione.
(Corte di Cassazione - Sezione Terza Civile, Sentenza 30 aprile 2010, n.10596).