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Cassazione Civile: Iva non detraibile se l’importo è superiore alla norma

Se l’importo fatturato è eccessivo rispetto alla norma, l’Iva non è detraibile. È quanto emerso da una recente pronuncia della Corte di Cassazione in tema di elusione fiscale.

Nel caso in esame, l’Agenzia delle Entrate aveva notificato ad una società che l’importo fatturato, per lo svolgimento di prestazioni di consulenza, contabilità generale e assistenza, svolta nei confronti di un cliente, era eccessivo e sproporzionato rispetto al compenso generalmente corrisposto per le medesime prestazioni. Di conseguenza, non era giudicata completamente detraibile la relativa imposta sul valore aggiunto.

La società ricorreva in giudizio dinanzi alla Commissione Tributaria provinciale che, ridefinendo il corrispettivo della prestazione, valutato come sproporzionato rispetto alla prestazione svolta, quantificava il valore dell’Iva detraibile.

Avverso tale sentenza, la società proponeva reclamo alla Commissione Tributaria regionale, che, rigettando il ricorso, confermava la sentenza di primo grado. Con successivo ricorso in Cassazione, la società ricorrente lamentava violazione delle norme di legge e vizio di motivazione per quanto concerne la definizione dell’Iva ammessa al beneficio della detrazione da parte dell’Agenzia delle Entrate.

I giudici di legittimità hanno precisato come il ricorso al metodo induttivo, da parte dell’amministrazione competente, è consentito e ammissibile anche in presenza di contabilità formale regolare, quando tuttavia l’attendibilità della stessa risulti inficiata da presunzioni contrarie, anche semplici, purché gravi, precise e concordanti.

Nel giudizio tributario, una volta contestato dall’erario l’antieconomicità di una prestazione posta in essere dal contribuente che sia imprenditore commerciale, diviene onere del contribuente stesso dimostrare la liceità fiscale della suddetta operazione.

La società, in questo caso, non aveva adempiuto all’onere di dimostrare l’effettiva complessità e onerosità della prestazione eseguita che legittimava il corrispettivo indicato nella documentazione cartacea, definito dai giudici delle Commissioni come “eccessivo e sproporzionato”.

Conseguentemente, le commissioni tributali provinciale e regionale avevano agito in conformità alle disposizioni di legge, in quanto la rivalutazione del valore soggetto a beneficio di detrazione è da considerarsi pienamente lecito. Rimane in capo al soggetto denunciante dimostrare la liceità di quanto dichiarato.

La Cassazione ha rigettato il ricorso e confermata la pronuncia dei giudici di merito.

(Corte di Cassazione - Sezione Tributaria, Sentenza 4 dicembre 2013, n. 27199)

 

 

 

Se l’importo fatturato è eccessivo rispetto alla norma, l’Iva non è detraibile. È quanto emerso da una recente pronuncia della Corte di Cassazione in tema di elusione fiscale.

Nel caso in esame, l’Agenzia delle Entrate aveva notificato ad una società che l’importo fatturato, per lo svolgimento di prestazioni di consulenza, contabilità generale e assistenza, svolta nei confronti di un cliente, era eccessivo e sproporzionato rispetto al compenso generalmente corrisposto per le medesime prestazioni. Di conseguenza, non era giudicata completamente detraibile la relativa imposta sul valore aggiunto.

La società ricorreva in giudizio dinanzi alla Commissione Tributaria provinciale che, ridefinendo il corrispettivo della prestazione, valutato come sproporzionato rispetto alla prestazione svolta, quantificava il valore dell’Iva detraibile.

Avverso tale sentenza, la società proponeva reclamo alla Commissione Tributaria regionale, che, rigettando il ricorso, confermava la sentenza di primo grado. Con successivo ricorso in Cassazione, la società ricorrente lamentava violazione delle norme di legge e vizio di motivazione per quanto concerne la definizione dell’Iva ammessa al beneficio della detrazione da parte dell’Agenzia delle Entrate.

I giudici di legittimità hanno precisato come il ricorso al metodo induttivo, da parte dell’amministrazione competente, è consentito e ammissibile anche in presenza di contabilità formale regolare, quando tuttavia l’attendibilità della stessa risulti inficiata da presunzioni contrarie, anche semplici, purché gravi, precise e concordanti.

Nel giudizio tributario, una volta contestato dall’erario l’antieconomicità di una prestazione posta in essere dal contribuente che sia imprenditore commerciale, diviene onere del contribuente stesso dimostrare la liceità fiscale della suddetta operazione.

La società, in questo caso, non aveva adempiuto all’onere di dimostrare l’effettiva complessità e onerosità della prestazione eseguita che legittimava il corrispettivo indicato nella documentazione cartacea, definito dai giudici delle Commissioni come “eccessivo e sproporzionato”.

Conseguentemente, le commissioni tributali provinciale e regionale avevano agito in conformità alle disposizioni di legge, in quanto la rivalutazione del valore soggetto a beneficio di detrazione è da considerarsi pienamente lecito. Rimane in capo al soggetto denunciante dimostrare la liceità di quanto dichiarato.

La Cassazione ha rigettato il ricorso e confermata la pronuncia dei giudici di merito.

(Corte di Cassazione - Sezione Tributaria, Sentenza 4 dicembre 2013, n. 27199)