Cassazione Lavoro: responsabilità del datore di lavoro per infortunio del dipendente

La Corte di Cassazione ha confermato il proprio ormai consolidato orientamento in materia di infortuni sul lavoro, ai sensi del quale "la responsabilità del datore di lavoro per violazione dell’obbligo di sicurezza sancito dall’art. 2087 c.c. non ha natura oggettiva e pertanto l’onere della prova del nesso causale tra danno ed inadempimento (nel caso di specie, mancanza delle misure di sicurezza) resta a carico del lavoratore, mentre il datore di lavoro può liberarsi solo dimostrando la non imputabilità dell’evento". Nel caso di specie la Corte di Cassazione ha sostanzialmente confermato la pronuncia di secondo grado che aveva accertato in positivo la colpa del datore di lavoro, consistente nella negligenza per avere tollerato che i microinterruttori di sicurezza fossero disattivati, ciò che aveva determinato l’infortunio di un giovane assunto con contratto di formazione e lavoro.

Quanto al risarcimento dei danni, la Cassazione ha compiuto una interessante ricognizione della recente evoluzione giurisprudenziale. Secondo la Cassazione: "l’innovativo orientamento della giurisprudenza di legittimità ha rilevato, a partire dal 2003, che il danno non patrimoniale conseguente alla ingiusta lesione di un interesse inerente alla persona, costituzionalmente garantito, non è soggetto, ai fini della risarcibilità, al limite derivante dalla riserva di legge correlata all’art. 185 cod. pen., e non presuppone, pertanto, la qualificabilità del fatto illecito come reato, giacché il rinvio ai casi in cui la legge consente la riparazione del danno non patrimoniale ben può essere riferito, dopo l’entrata in vigore della Costituzione, anche alle previsioni della Legge fondamentale, ove si consideri che il riconoscimento, nella Costituzione, dei diritti inviolabili inerenti alla persona non aventi natura economica implicitamente, ma necessariamente, ne esige la tutela, ed in tal modo configura un caso determinato dalla legge, al massimo livello, di riparazione del danno non patrimoniale (Cass. 31 maggio 2003 n. 8827 e 8828). Evoluzione del pensiero giuridico prontamente recepita dalla giurisprudenza costituzionale (sent. 11 luglio 2003 n. 233). Un altro recente arresto fondamentale è che alla risarcibilità del danno non patrimoniale ex artt. 2059 cod. civ. e 185 cod. pen. non osta il mancato positivo accertamento della colpa dell’autore del danno se essa, come nel caso di cui all’art. 2054 cod. civ., debba ritenersi sussistente in base ad una presunzione di legge e se, ricorrendo la colpa, il fatto sarebbe qualificabile come reato (anche questo orientamento, inaugurato da Cass. 12 maggio 2003 n. 7282, risulta confermato in seguito; da ultimo Casse 15 luglio 2005 n. 15044)".

La sentenza è integralmente consultabile sul sito della Cassazione.

(Corte di Cassazione - Sezione Lavoro, Sentenza 10 gennaio 2007, n. 238: Infortunio sul lavoro - Responsabilità)

La Corte di Cassazione ha confermato il proprio ormai consolidato orientamento in materia di infortuni sul lavoro, ai sensi del quale "la responsabilità del datore di lavoro per violazione dell’obbligo di sicurezza sancito dall’art. 2087 c.c. non ha natura oggettiva e pertanto l’onere della prova del nesso causale tra danno ed inadempimento (nel caso di specie, mancanza delle misure di sicurezza) resta a carico del lavoratore, mentre il datore di lavoro può liberarsi solo dimostrando la non imputabilità dell’evento". Nel caso di specie la Corte di Cassazione ha sostanzialmente confermato la pronuncia di secondo grado che aveva accertato in positivo la colpa del datore di lavoro, consistente nella negligenza per avere tollerato che i microinterruttori di sicurezza fossero disattivati, ciò che aveva determinato l’infortunio di un giovane assunto con contratto di formazione e lavoro.

Quanto al risarcimento dei danni, la Cassazione ha compiuto una interessante ricognizione della recente evoluzione giurisprudenziale. Secondo la Cassazione: "l’innovativo orientamento della giurisprudenza di legittimità ha rilevato, a partire dal 2003, che il danno non patrimoniale conseguente alla ingiusta lesione di un interesse inerente alla persona, costituzionalmente garantito, non è soggetto, ai fini della risarcibilità, al limite derivante dalla riserva di legge correlata all’art. 185 cod. pen., e non presuppone, pertanto, la qualificabilità del fatto illecito come reato, giacché il rinvio ai casi in cui la legge consente la riparazione del danno non patrimoniale ben può essere riferito, dopo l’entrata in vigore della Costituzione, anche alle previsioni della Legge fondamentale, ove si consideri che il riconoscimento, nella Costituzione, dei diritti inviolabili inerenti alla persona non aventi natura economica implicitamente, ma necessariamente, ne esige la tutela, ed in tal modo configura un caso determinato dalla legge, al massimo livello, di riparazione del danno non patrimoniale (Cass. 31 maggio 2003 n. 8827 e 8828). Evoluzione del pensiero giuridico prontamente recepita dalla giurisprudenza costituzionale (sent. 11 luglio 2003 n. 233). Un altro recente arresto fondamentale è che alla risarcibilità del danno non patrimoniale ex artt. 2059 cod. civ. e 185 cod. pen. non osta il mancato positivo accertamento della colpa dell’autore del danno se essa, come nel caso di cui all’art. 2054 cod. civ., debba ritenersi sussistente in base ad una presunzione di legge e se, ricorrendo la colpa, il fatto sarebbe qualificabile come reato (anche questo orientamento, inaugurato da Cass. 12 maggio 2003 n. 7282, risulta confermato in seguito; da ultimo Casse 15 luglio 2005 n. 15044)".

La sentenza è integralmente consultabile sul sito della Cassazione.

(Corte di Cassazione - Sezione Lavoro, Sentenza 10 gennaio 2007, n. 238: Infortunio sul lavoro - Responsabilità)