Cassazione Penale: abuso di diritto

La materia dell’abuso di diritto è sempre più motivo di ricorso per Cassazione.

"Non può essere oggetto di censura l’accertamento compiuto dal tribunale del riesame, laddove ha ravvisato il fumus del reato ipotizzato nel comportamento dell’indagato che ha, di fatto, portato alla sottrazione di una rilevante somma dall’imponibite, attraverso un meccanismo che ha consentito di, per così dire, nascondere il compenso spettante a Tizio per l’opera prestata attraverso una attività alla quale è stata riconosciuta natura imprenditoriale. Il tribunale ha invero osservato che si è trattato di una complessa operazione, realizzata attraverso un insieme di condotte ed atti negozionali che, sebbene tutti di per sé leciti, apparivano finalizzati ad evadere le imposte sui redditi delle persone fisiche, in quanto il Tizio agendo quale persona fisica, avrebbe dissimulato una attività di impresa, omettendo di dichiarare notevolissimi proventi ricevuti per l’opera da lui svolta in quella complessa operazione, al fine di eludere l’applicazione delle suddette imposte". A questo proposito, ritiene la Cassazione che "le pur pregevoli argomentazioni della difesa riguardano temi più propriamente attinenti al merito, che potranno essere meglio valutati nel prosieguo del procedimento".

Prosegue la Cassazione: "Nella presente fase, invero si tratta solo di stabilire se sussiste quel fumus che giustifichi la misura cautelare reale a garanzia di una futura riscossione da parte della amministrazione finanziaria delle somme eventualmente dovute. A questo fine, ritiene il Collegio che, allo stato, tale fumus sia ravvisabile, perché la fattispecie di reato ipotizzata dall’accusa non richiede - come avviene invece per le altre ipotesi di reato previste dai precedenti artt. 2 e 3 del d. Lgs. 10 marzo 2000, n. 74 - una dichiarazione fraudolenta (mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti ovvero mediante altri artifici) bensì soltanto che la dichiarazione sia infedele, ossia che, anche senza l’uso di mezzi fraudolenti, siano indicati nella stessa «elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi fpassivi fittizi», quando ricorrano le altre condizioni ivi previste in relazione all’ammontare dell’imposta evasa e degli elementi attivi sottratti alla imposizione".

"Nel caso di specie, appunto, il giudice del merito ha motivatamente ritenuto che sussiste il fumus di una dichiarazione infedele, perché in essa sono stati esposti elementi attivi per un ammontare interiore a quello effettivo. Questa conclusione non è contraddetta dalla circostanza che potrebbe trattarsi di una condotta elusiva, ossia rientrante tra quelle previste dall’37 bis del d.p.R, 29 settembre 1973, n. 600, secondo il quale «Sono inopponibili all’amministrazione finanziaria gli atti, i fatti e i negozi anche collegati tra loro, privi di valide ragioni economiche, diretti ad aggirare obblighi o divieti previsti dall’ordinamento tributario e ad ottenere riduzioni di imposte o rimborsi, altrimenti indebiti». Ed invero, a parte il rilievo che il carattere elusivo potrà essere meglio accertato in sede di cognizione, ciò non toglie che, secondo la adeguatamente motivata valutazione del giudice del merito (che in questa sede non potrebbe essere censurata nemmeno sotto il profilo della manifesta illogicità) la suddetta condotta, essendosi risolta in atti e negozi non opponibili alla amministrazione" avrebbe comunque comportato una dichiarazione infedele, perché nella stessa gli elementi attivi non sono stati esposti nel loro ammontare effettivo".

Sulla materia ricordiamo:

Notizia 16.05.09 - Cassazione Tributaria: nozione di abuso di diritto

Articolo 10.01.09 - L’abuso del diritto. Parità tra fisco e contribuente

Articolo 21.06.11 - L’abuso del diritto tributario nella giurisprudenza della Cassazione

(Corte di Cassazione - Sezione Terza Penale, Sentenza 7 luglio 2011, n.26723)

La materia dell’abuso di diritto è sempre più motivo di ricorso per Cassazione.

"Non può essere oggetto di censura l’accertamento compiuto dal tribunale del riesame, laddove ha ravvisato il fumus del reato ipotizzato nel comportamento dell’indagato che ha, di fatto, portato alla sottrazione di una rilevante somma dall’imponibite, attraverso un meccanismo che ha consentito di, per così dire, nascondere il compenso spettante a Tizio per l’opera prestata attraverso una attività alla quale è stata riconosciuta natura imprenditoriale. Il tribunale ha invero osservato che si è trattato di una complessa operazione, realizzata attraverso un insieme di condotte ed atti negozionali che, sebbene tutti di per sé leciti, apparivano finalizzati ad evadere le imposte sui redditi delle persone fisiche, in quanto il Tizio agendo quale persona fisica, avrebbe dissimulato una attività di impresa, omettendo di dichiarare notevolissimi proventi ricevuti per l’opera da lui svolta in quella complessa operazione, al fine di eludere l’applicazione delle suddette imposte". A questo proposito, ritiene la Cassazione che "le pur pregevoli argomentazioni della difesa riguardano temi più propriamente attinenti al merito, che potranno essere meglio valutati nel prosieguo del procedimento".

Prosegue la Cassazione: "Nella presente fase, invero si tratta solo di stabilire se sussiste quel fumus che giustifichi la misura cautelare reale a garanzia di una futura riscossione da parte della amministrazione finanziaria delle somme eventualmente dovute. A questo fine, ritiene il Collegio che, allo stato, tale fumus sia ravvisabile, perché la fattispecie di reato ipotizzata dall’accusa non richiede - come avviene invece per le altre ipotesi di reato previste dai precedenti artt. 2 e 3 del d. Lgs. 10 marzo 2000, n. 74 - una dichiarazione fraudolenta (mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti ovvero mediante altri artifici) bensì soltanto che la dichiarazione sia infedele, ossia che, anche senza l’uso di mezzi fraudolenti, siano indicati nella stessa «elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi fpassivi fittizi», quando ricorrano le altre condizioni ivi previste in relazione all’ammontare dell’imposta evasa e degli elementi attivi sottratti alla imposizione".

"Nel caso di specie, appunto, il giudice del merito ha motivatamente ritenuto che sussiste il fumus di una dichiarazione infedele, perché in essa sono stati esposti elementi attivi per un ammontare interiore a quello effettivo. Questa conclusione non è contraddetta dalla circostanza che potrebbe trattarsi di una condotta elusiva, ossia rientrante tra quelle previste dall’37 bis del d.p.R, 29 settembre 1973, n. 600, secondo il quale «Sono inopponibili all’amministrazione finanziaria gli atti, i fatti e i negozi anche collegati tra loro, privi di valide ragioni economiche, diretti ad aggirare obblighi o divieti previsti dall’ordinamento tributario e ad ottenere riduzioni di imposte o rimborsi, altrimenti indebiti». Ed invero, a parte il rilievo che il carattere elusivo potrà essere meglio accertato in sede di cognizione, ciò non toglie che, secondo la adeguatamente motivata valutazione del giudice del merito (che in questa sede non potrebbe essere censurata nemmeno sotto il profilo della manifesta illogicità) la suddetta condotta, essendosi risolta in atti e negozi non opponibili alla amministrazione" avrebbe comunque comportato una dichiarazione infedele, perché nella stessa gli elementi attivi non sono stati esposti nel loro ammontare effettivo".

Sulla materia ricordiamo:

Notizia 16.05.09 - Cassazione Tributaria: nozione di abuso di diritto

Articolo 10.01.09 - L’abuso del diritto. Parità tra fisco e contribuente

Articolo 21.06.11 - L’abuso del diritto tributario nella giurisprudenza della Cassazione

(Corte di Cassazione - Sezione Terza Penale, Sentenza 7 luglio 2011, n.26723)