Cassazione Penale: condanna alle spese processuali per reati con condanna

Con una interessante pronuncia, la Cassazione è intervenuta in materia di condanna alle spese processuali, ribadendo che occorre che vi sia correlazione con i reati per i quali è intervenuta condanna.

Leggiamo le motivazioni della sentenza con le quali la Cassazione ha giudicato erronea sul punto la sentenza impugnata.

Secondo la Cassazione: "Non vi è dubbio che se fosse esatta l’interpretazione che la corte d’appello ha dato al nuovo testo dell’art. 535 cod. proc. pen. (risultante a seguito delle modifiche introdotte dall’art. 67, comma 2, della legge 18 giugno 2009, n. 69) dovrebbe sollevarsi questione di legittimità costituzionale della disposizione (o meglio dell’art. 67, comma 2, lett. a), della L. 18 giugno 2009, n. 69, che ha soppresso le parole: «relative ai reati cui la condanna si riferisce») in riferimento, se non altro, agli artt. 3 e 27, comma, Cost., sotto il profilo della manifesta irragionevolezza e della violazione del principio di uguaglianza nonché sotto il profilo della violazione del principio di personalità della responsabilità penale. Ed invero, come esattamente osserva il ricorrente, è possibile che taluno si trovi coinvolto in un procedimento penale complesso, con lunghe e costose intercettazioni telefoniche o trascrizioni, per motivi del tutto accidentali e comunque del tutto estranei al suo controllo. Sarebbe sufficiente una mera e occasionale connessione soggettiva perché ciò avvenga, con soggetto imputato per reato bagatellare coinvolto in procedimento per reati gravissimi e portatori di spese processuali enormi, con conseguente responsabilità per spese del tutto estranee alla attività da lui svolta e legata a fatti accidentali sui quali egli non può intervenire".

"Sennonché alla disposizione in esame può, e quindi deve, darsi una diversa interpretazione adeguatrice che elimini i dubbi di illegittimità costituzionale, nel senso che la soppressione, ad opera dell’art. 67, comma 2, letto a), della 1. 18 ;i giugno 2009, n. 69, nel testo del comma 1 dell’art. 535 cod. proc. pen. delle parole «relative ai reati cui la condanna si rifèrisce», non è affatto diretta a porre a carico del condannato anche le spese processuali relative a reati a lui non imputabili o per i quali comunque non è intervenuta condanna (con una radicale modificazione del principio generale del sistema operata solo implicitamente) bensì ha costituito una conseguenza sul piano formale della soppressione, ad opera della lett. b), del medesimo art. 67, comma 2, del secondo comma dell’art. 535 cod. proc. pen.

Quest’ultima disposizione invero prevedeva, da un lato, che i condannati per lo stesso reato o per reati connessi fossero obbligati in solido al pagamento delle spese e, da un altro lato, che i condannati in uno stesso giudizio per reati non connessi fossero obbligati in solido alle sole spese comuni relative ai reati per i quali è stata pronunciata condanna. E’ quindi venuta meno sia la previsione della condanna in solido per le spese relative allo stesso reato o a reati connessi, sia della condanna in solido per le spese comuni relativi a reati non connessi per i quali fosse stata pronunciata condanna. E sembrerebbe irragionevole ritenere che il legislatore abbia voluto per le spese relative a reati connessi o al concorso nello stesso reato modificare la regola di imputazione delle suddette spese, sostituendo al vincolo di solidarietà il criterio di accollo «pro quota» delle medesime (Sez. VI, 25.9.2009, n. 39682, Gargiulo, m. 244704) per poi accollare implicitamente all’imputato addirittura le spese per reati per i quali non ha subito condanna.

Sembra quindi doversi ritenere che il legislatore, a seguito di questa soppressione, abbia ritenuto superflua la precisazione, contenuta nel primo comma, che la condanna alle spese si riferisce comunque a quelle relative ai reati per i quali è intervenuta condanna.

In ogni modo, la disposizione, nel testo attualmente vigente a seguito delle ricordate modifiche, si limita a stabilire che con la sentenza di condanna vanno poste a carico del condannato le spese processuali. Non si vede pertanto in base a quali ragioni tale disposizione dovrebbe interpretarsi nel senso che essa voglia porre a carico del condannato anche le spese relative a reati per i quali il soggetto non abbia subito condanna. Una siffatta estensione dell’obbligo di pagare le spese processuali avrebbe richiesto la presenza di una specifica ed esplicita norma che la prevedesse (a parte ogni considerazione sulla sua legittimità costituzionale), in mancanza della quale la disposizione stessa non può che essere interpretata se non nel senso che le spese sono soltanto quelle relative alla «sentenza di condanna», ossia quelle relative ai reati per i quali vi è stata condanna".

La motivazione sul punto della sentenza impugnata è dunque erronea.

La sentenza è integralmente consultabile sul sito della Cassazione.

(Corte di Cassazione - Terza Sezione Penale, Sentenza 11 novembre 2010, n. 39736)

Con una interessante pronuncia, la Cassazione è intervenuta in materia di condanna alle spese processuali, ribadendo che occorre che vi sia correlazione con i reati per i quali è intervenuta condanna.

Leggiamo le motivazioni della sentenza con le quali la Cassazione ha giudicato erronea sul punto la sentenza impugnata.

Secondo la Cassazione: "Non vi è dubbio che se fosse esatta l’interpretazione che la corte d’appello ha dato al nuovo testo dell’art. 535 cod. proc. pen. (risultante a seguito delle modifiche introdotte dall’art. 67, comma 2, della legge 18 giugno 2009, n. 69) dovrebbe sollevarsi questione di legittimità costituzionale della disposizione (o meglio dell’art. 67, comma 2, lett. a), della L. 18 giugno 2009, n. 69, che ha soppresso le parole: «relative ai reati cui la condanna si riferisce») in riferimento, se non altro, agli artt. 3 e 27, comma, Cost., sotto il profilo della manifesta irragionevolezza e della violazione del principio di uguaglianza nonché sotto il profilo della violazione del principio di personalità della responsabilità penale. Ed invero, come esattamente osserva il ricorrente, è possibile che taluno si trovi coinvolto in un procedimento penale complesso, con lunghe e costose intercettazioni telefoniche o trascrizioni, per motivi del tutto accidentali e comunque del tutto estranei al suo controllo. Sarebbe sufficiente una mera e occasionale connessione soggettiva perché ciò avvenga, con soggetto imputato per reato bagatellare coinvolto in procedimento per reati gravissimi e portatori di spese processuali enormi, con conseguente responsabilità per spese del tutto estranee alla attività da lui svolta e legata a fatti accidentali sui quali egli non può intervenire".

"Sennonché alla disposizione in esame può, e quindi deve, darsi una diversa interpretazione adeguatrice che elimini i dubbi di illegittimità costituzionale, nel senso che la soppressione, ad opera dell’art. 67, comma 2, letto a), della 1. 18 ;i giugno 2009, n. 69, nel testo del comma 1 dell’art. 535 cod. proc. pen. delle parole «relative ai reati cui la condanna si rifèrisce», non è affatto diretta a porre a carico del condannato anche le spese processuali relative a reati a lui non imputabili o per i quali comunque non è intervenuta condanna (con una radicale modificazione del principio generale del sistema operata solo implicitamente) bensì ha costituito una conseguenza sul piano formale della soppressione, ad opera della lett. b), del medesimo art. 67, comma 2, del secondo comma dell’art. 535 cod. proc. pen.

Quest’ultima disposizione invero prevedeva, da un lato, che i condannati per lo stesso reato o per reati connessi fossero obbligati in solido al pagamento delle spese e, da un altro lato, che i condannati in uno stesso giudizio per reati non connessi fossero obbligati in solido alle sole spese comuni relative ai reati per i quali è stata pronunciata condanna. E’ quindi venuta meno sia la previsione della condanna in solido per le spese relative allo stesso reato o a reati connessi, sia della condanna in solido per le spese comuni relativi a reati non connessi per i quali fosse stata pronunciata condanna. E sembrerebbe irragionevole ritenere che il legislatore abbia voluto per le spese relative a reati connessi o al concorso nello stesso reato modificare la regola di imputazione delle suddette spese, sostituendo al vincolo di solidarietà il criterio di accollo «pro quota» delle medesime (Sez. VI, 25.9.2009, n. 39682, Gargiulo, m. 244704) per poi accollare implicitamente all’imputato addirittura le spese per reati per i quali non ha subito condanna.

Sembra quindi doversi ritenere che il legislatore, a seguito di questa soppressione, abbia ritenuto superflua la precisazione, contenuta nel primo comma, che la condanna alle spese si riferisce comunque a quelle relative ai reati per i quali è intervenuta condanna.

In ogni modo, la disposizione, nel testo attualmente vigente a seguito delle ricordate modifiche, si limita a stabilire che con la sentenza di condanna vanno poste a carico del condannato le spese processuali. Non si vede pertanto in base a quali ragioni tale disposizione dovrebbe interpretarsi nel senso che essa voglia porre a carico del condannato anche le spese relative a reati per i quali il soggetto non abbia subito condanna. Una siffatta estensione dell’obbligo di pagare le spese processuali avrebbe richiesto la presenza di una specifica ed esplicita norma che la prevedesse (a parte ogni considerazione sulla sua legittimità costituzionale), in mancanza della quale la disposizione stessa non può che essere interpretata se non nel senso che le spese sono soltanto quelle relative alla «sentenza di condanna», ossia quelle relative ai reati per i quali vi è stata condanna".

La motivazione sul punto della sentenza impugnata è dunque erronea.

La sentenza è integralmente consultabile sul sito della Cassazione.

(Corte di Cassazione - Terza Sezione Penale, Sentenza 11 novembre 2010, n. 39736)