Cassazione Penale: condanna del farmacista che utilizza il ricettario del medico di base

Il farmacista che si sostituisce sistematicamente al medico di base (che gli ha consegnato i moduli regionali per le prescrizioni delle ricette mediche in bianco) prescrivendo ai pazienti la relativa terapia farmacologica commette i reati di falsità ideologica in certificazioni amministrative (art. 480 codice penale) e di abusivo esercizio della professione medica (art. 348 codice penale).

"Vengono pertanto in gioco nella prescrizione di medicinali da parte del medico convenzionato Interessi costituzionalmente protetti, che ne devono guidare l’esercizio: da un Iato, la tutela della salute degli assistiti e, dall’altro, il contenimento della spesa farmaceutica nelle risorse finanziarie disponibili dal Servizio nazionale. Pertanto, l’attività prescrittiva non solo deve tendere al miglioramento delle condizioni di salute dell’assistito (secondo i principi di appropriatezza del farmaco e di efficacia dell’intervento in relazione alla patologia diagnosticata), ma deve anche evitare un consumo farmacologico inadeguato, incongruo o sproporzionato, in funzione di criteri di economicità e di riduzione degli sprechi. Le modalità con cui deve esercitata dai medici di base l’attività prescrittiva di medicinali nell’ambito del Servizio sanitario nazionale trova una dettagliata regolamentazione, proprio per assicurare che la discrezionalità tecnica del medico - con riferimento  alla scelta e alla indicazione della terapia farmacologia, nonché ai tempi, alle dosi e alle modalità di somministrazione del farmaco - non sia illimitata".

"La falsità contestata agli imputati risiede proprio nella falsa attestazione del compimento da parte del medico convenzionato della ricognizione del diritto dell’assistito all’assistenza farmacologica, essendo irrilevante la circostanza che i pazienti fossero affetti da patologie croniche, posto che anche per essi lo schema seguito dal legislatore impone al medico, dopo la diagnosi iniziale e la prima prescrizione farmacologica, di attuare controlli intermedi predefiniti, prima di emettere le prescrizioni ripetute".

La sentenza è integralmente consultabile sul sito internet della Cassazione.

(Corte di Cassazione - Sezione Sesta Penale, Sentenza 31 marzo 2011, n.13315)

Il farmacista che si sostituisce sistematicamente al medico di base (che gli ha consegnato i moduli regionali per le prescrizioni delle ricette mediche in bianco) prescrivendo ai pazienti la relativa terapia farmacologica commette i reati di falsità ideologica in certificazioni amministrative (art. 480 codice penale) e di abusivo esercizio della professione medica (art. 348 codice penale).

"Vengono pertanto in gioco nella prescrizione di medicinali da parte del medico convenzionato Interessi costituzionalmente protetti, che ne devono guidare l’esercizio: da un Iato, la tutela della salute degli assistiti e, dall’altro, il contenimento della spesa farmaceutica nelle risorse finanziarie disponibili dal Servizio nazionale. Pertanto, l’attività prescrittiva non solo deve tendere al miglioramento delle condizioni di salute dell’assistito (secondo i principi di appropriatezza del farmaco e di efficacia dell’intervento in relazione alla patologia diagnosticata), ma deve anche evitare un consumo farmacologico inadeguato, incongruo o sproporzionato, in funzione di criteri di economicità e di riduzione degli sprechi. Le modalità con cui deve esercitata dai medici di base l’attività prescrittiva di medicinali nell’ambito del Servizio sanitario nazionale trova una dettagliata regolamentazione, proprio per assicurare che la discrezionalità tecnica del medico - con riferimento  alla scelta e alla indicazione della terapia farmacologia, nonché ai tempi, alle dosi e alle modalità di somministrazione del farmaco - non sia illimitata".

"La falsità contestata agli imputati risiede proprio nella falsa attestazione del compimento da parte del medico convenzionato della ricognizione del diritto dell’assistito all’assistenza farmacologica, essendo irrilevante la circostanza che i pazienti fossero affetti da patologie croniche, posto che anche per essi lo schema seguito dal legislatore impone al medico, dopo la diagnosi iniziale e la prima prescrizione farmacologica, di attuare controlli intermedi predefiniti, prima di emettere le prescrizioni ripetute".

La sentenza è integralmente consultabile sul sito internet della Cassazione.

(Corte di Cassazione - Sezione Sesta Penale, Sentenza 31 marzo 2011, n.13315)