Cassazione Penale: la confisca di somme profitto di reato (anche per risparmio di spesa da evasione di tributi) avviene in forma specifica
Nel caso in cui il profitto di un reato sia rappresentato da denaro, la confisca di somme rinvenute nella disponibilità del soggetto (persona fisica o giuridica) che lo ha percepito, anche sotto forma di un risparmio di spesa attraverso l’evasione dei tributi, avviene, alla luce della fungibilità di esso, sempre in forma specifica sul profitto diretto e mai per equivalente.
È il principio di diritto che possiamo estrapolare da una recente pronuncia della Cassazione che si è espressa sulla natura di un sequestro di beni di una società, di cui erano indagati l’amministratore e socio della società e il consulente fiscale della stessa, per il reato (indebita compensazione) di cui all’articolo 10-quater del Decreto Legislativo 10 marzo 2000, n. 74, recante la disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, a norma dell’articolo 9 della Legge 25 giugno 1999, n. 205.
Effettuato il sequestro preventivo su denaro e beni mobili, nonché titoli e disponibilità finanziarie, l’amministratore e socio della società ne contestava la legittimità sotto due profili: il primo, di natura sostanziale, contestando la sussistenza del fumus criminis, negando di essere il soggetto attivo del reato ipotizzato ma vittima di una truffa, posta in essere a suo danno dal consulente fiscale, coindagato; il secondo, di natura formale, data l’impossibilità di applicare le disposizioni che prevedono il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente nei confronti delle persone giuridiche per reati tributari.Questo in quanto l’articolo 321 del Codice di procedura penale prevede che il sequestro possa avvenire sulla cosa di pertinenza del reato e altresì su beni su cui si possa effettuare la confisca, non su altri beni di valore equivalente.
La Corte di Cassazione ha stabilito che, sotto il profilo sostanziale, sulla base del quadro indiziario ricostruito dal pubblico ministero, si legittima la sussistenza del reato contestato e, di conseguenza, del sequestro preventivo.
Dal punto di vista processuale, il ricorrente ha errato nel considerare il sequestro preventivo come per equivalente, avente invece natura specifica, trattandosi di un sequestro diretto del profitto confiscabile.
Il denaro della società, in quanto comprendente anche il guadagno derivante dal mancato versamento dei tributi, può essere soggetto a sequestro in quanto profitto rimasto nella disponibilità della persona giuridica.
Confermando la legittimità del sequestro preventivo, la Cassazione ha rigettato il ricorso e condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
(Corte di Cassazione - Terza Sezione Penale, Sentenza 16 settembre 2014, n. 37846)
Nel caso in cui il profitto di un reato sia rappresentato da denaro, la confisca di somme rinvenute nella disponibilità del soggetto (persona fisica o giuridica) che lo ha percepito, anche sotto forma di un risparmio di spesa attraverso l’evasione dei tributi, avviene, alla luce della fungibilità di esso, sempre in forma specifica sul profitto diretto e mai per equivalente.
È il principio di diritto che possiamo estrapolare da una recente pronuncia della Cassazione che si è espressa sulla natura di un sequestro di beni di una società, di cui erano indagati l’amministratore e socio della società e il consulente fiscale della stessa, per il reato (indebita compensazione) di cui all’articolo 10-quater del Decreto Legislativo 10 marzo 2000, n. 74, recante la disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, a norma dell’articolo 9 della Legge 25 giugno 1999, n. 205.
Effettuato il sequestro preventivo su denaro e beni mobili, nonché titoli e disponibilità finanziarie, l’amministratore e socio della società ne contestava la legittimità sotto due profili: il primo, di natura sostanziale, contestando la sussistenza del fumus criminis, negando di essere il soggetto attivo del reato ipotizzato ma vittima di una truffa, posta in essere a suo danno dal consulente fiscale, coindagato; il secondo, di natura formale, data l’impossibilità di applicare le disposizioni che prevedono il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente nei confronti delle persone giuridiche per reati tributari.Questo in quanto l’articolo 321 del Codice di procedura penale prevede che il sequestro possa avvenire sulla cosa di pertinenza del reato e altresì su beni su cui si possa effettuare la confisca, non su altri beni di valore equivalente.
La Corte di Cassazione ha stabilito che, sotto il profilo sostanziale, sulla base del quadro indiziario ricostruito dal pubblico ministero, si legittima la sussistenza del reato contestato e, di conseguenza, del sequestro preventivo.
Dal punto di vista processuale, il ricorrente ha errato nel considerare il sequestro preventivo come per equivalente, avente invece natura specifica, trattandosi di un sequestro diretto del profitto confiscabile.
Il denaro della società, in quanto comprendente anche il guadagno derivante dal mancato versamento dei tributi, può essere soggetto a sequestro in quanto profitto rimasto nella disponibilità della persona giuridica.
Confermando la legittimità del sequestro preventivo, la Cassazione ha rigettato il ricorso e condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
(Corte di Cassazione - Terza Sezione Penale, Sentenza 16 settembre 2014, n. 37846)