Cassazione Penale: omicidio volontario del neuropata che allontana il malato da cure efficaci
La Cassazione ha ripercorso la nozione di dolo, intenzionale, diretto ed eventuale. "La giurisprudenza consolidata di questa Corte ha più volte affrontato la questione anche a sezioni unite e la ha sempre risolta nel senso che, in tema di elemento soggettivo del reato, possono individuarsi vari livelli crescenti di intensità di volontà dolosa. Nel caso di azione posta in essere con accettazione del rischio dell’evento si richiede all’autore una adesione di volontà maggiore o minore, a seconda che egli consideri maggiore o minore la probabilità della verificazione dell’evento. Nel caso di evento ritenuto altamente probabile o certo, l’autore, invece, non si limita ad accettarne il rischio, ma accetta l’evento stesso, cioè lo vuole con una intensità maggiore di quelle precedenti. Se l’evento, oltre che accettato, è perseguito, la volontà si colloca in un ulteriore livello di gravità e può distinguersi fra un evento voluto come mezzo necessario per raggiungere uno scopo finale ed un evento perseguito come scopo finale. Il dolo va poi qualificato come "eventuale" solo nel caso di accettazione del rischio di un evento, non voluto ed anzi escluso, conseguente ad una condotta diretta ad altri scopi e realizzata nonostante la rappresentazione della possibilità di verificarsi di ulteriori conseguenze, mentre negli altri casi in dolo va qualificato come "diretto" e, nell’ipotesi in cui l’evento è perseguito come scopo finale, come intenzionale ( V. Cass. Sez. Un. n. 784 del 1993, rv. 195804; Cass. Sez. Un. n. 3571 del 1996, rv. 204167). In sostanza il crescente livello della volontà dolosa va dal dolo eventuale fino a quello intenzionale passando per il dolo diretto".
Nel caso di specie la Cassazione ha giudicato corretta la decisione dei giudici di merito che avevano ravvisato la sussistenza degli elementi del dolo diretto, che "sussiste quando si entra nel campo della probabilità, cioè quando la realizzazione dell’evento si presenti all’autore del fatto quanto meno come altamente probabile, talchè il medesimo non si limita ad accettare il rischio dell’evento -visto nella rappresentazione psichica dell’agente come una delle possibili conseguenze della condotta, ma non voluto, in concreto, come avviene nel dolo eventuale - bensì accettando l’evento, già rappresentato come altamente probabile, lo vuole, nell’ambito di una effettiva previsione dell’ evento mortale, anche se non integra lo scopo finale della sua azione".
In particolare, infatti, "i giudici di merito hanno desunto dalle circostanze di fatto sopra elencate, coordinate logicamente nell’ ambito di un ragionamento indiziario ineccepibile, che l’imputato, il quale fra l’altro possedeva cognizioni mediche avendo frequentato buona parte del corso di laurea in medicina, si fosse rappresentato come altamente probabile la morte della vittima -ovvero la accelerazione della morte, il che è lo stesso, secondo quanto prima chiarito -in conseguenza della omissione di terapie mediche nel periodo iniziale della malattia in cui sarebbero state risolutive od avrebbero comunque prolungato di molto la sopravvivenza, ed avesse quindi accettato tale evento con dolo diretto, pur se la sua volontà era intenzionalmente diretta ad ottenere dalla vittima le somme di denaro che chiedeva per somministrarle la terra delle Dolomiti, il succo di carote e quant’altro".
La sentenza è integralmente consultabile sul sito della Cassazione.
(Corte di Cassazione - Sezione Prima Penale, Sentenza 15 gennaio 2008, n.2112: Neuropata - Cura di malato di carcinoma - Dolo - Concorso di cause - Omicidio volontario).
La Cassazione ha ripercorso la nozione di dolo, intenzionale, diretto ed eventuale. "La giurisprudenza consolidata di questa Corte ha più volte affrontato la questione anche a sezioni unite e la ha sempre risolta nel senso che, in tema di elemento soggettivo del reato, possono individuarsi vari livelli crescenti di intensità di volontà dolosa. Nel caso di azione posta in essere con accettazione del rischio dell’evento si richiede all’autore una adesione di volontà maggiore o minore, a seconda che egli consideri maggiore o minore la probabilità della verificazione dell’evento. Nel caso di evento ritenuto altamente probabile o certo, l’autore, invece, non si limita ad accettarne il rischio, ma accetta l’evento stesso, cioè lo vuole con una intensità maggiore di quelle precedenti. Se l’evento, oltre che accettato, è perseguito, la volontà si colloca in un ulteriore livello di gravità e può distinguersi fra un evento voluto come mezzo necessario per raggiungere uno scopo finale ed un evento perseguito come scopo finale. Il dolo va poi qualificato come "eventuale" solo nel caso di accettazione del rischio di un evento, non voluto ed anzi escluso, conseguente ad una condotta diretta ad altri scopi e realizzata nonostante la rappresentazione della possibilità di verificarsi di ulteriori conseguenze, mentre negli altri casi in dolo va qualificato come "diretto" e, nell’ipotesi in cui l’evento è perseguito come scopo finale, come intenzionale ( V. Cass. Sez. Un. n. 784 del 1993, rv. 195804; Cass. Sez. Un. n. 3571 del 1996, rv. 204167). In sostanza il crescente livello della volontà dolosa va dal dolo eventuale fino a quello intenzionale passando per il dolo diretto".
Nel caso di specie la Cassazione ha giudicato corretta la decisione dei giudici di merito che avevano ravvisato la sussistenza degli elementi del dolo diretto, che "sussiste quando si entra nel campo della probabilità, cioè quando la realizzazione dell’evento si presenti all’autore del fatto quanto meno come altamente probabile, talchè il medesimo non si limita ad accettare il rischio dell’evento -visto nella rappresentazione psichica dell’agente come una delle possibili conseguenze della condotta, ma non voluto, in concreto, come avviene nel dolo eventuale - bensì accettando l’evento, già rappresentato come altamente probabile, lo vuole, nell’ambito di una effettiva previsione dell’ evento mortale, anche se non integra lo scopo finale della sua azione".
In particolare, infatti, "i giudici di merito hanno desunto dalle circostanze di fatto sopra elencate, coordinate logicamente nell’ ambito di un ragionamento indiziario ineccepibile, che l’imputato, il quale fra l’altro possedeva cognizioni mediche avendo frequentato buona parte del corso di laurea in medicina, si fosse rappresentato come altamente probabile la morte della vittima -ovvero la accelerazione della morte, il che è lo stesso, secondo quanto prima chiarito -in conseguenza della omissione di terapie mediche nel periodo iniziale della malattia in cui sarebbero state risolutive od avrebbero comunque prolungato di molto la sopravvivenza, ed avesse quindi accettato tale evento con dolo diretto, pur se la sua volontà era intenzionalmente diretta ad ottenere dalla vittima le somme di denaro che chiedeva per somministrarle la terra delle Dolomiti, il succo di carote e quant’altro".
La sentenza è integralmente consultabile sul sito della Cassazione.
(Corte di Cassazione - Sezione Prima Penale, Sentenza 15 gennaio 2008, n.2112: Neuropata - Cura di malato di carcinoma - Dolo - Concorso di cause - Omicidio volontario).