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Cassazione SU Civili: censura per il magistrato che insegna ai corsi di preparazione per concorso di magistratura e non solo

Il magistrato non può organizzare individualmente corsi di preparazione per il concorso di magistratura e per l’esame delle altre professioni legali. Su tale principio si sono espresse recentemente le Sezioni Unite della Cassazione che hanno confermato il provvedimento adottato dalla Sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura (“CSM”).

Nel caso in esame, il CSM adottava un provvedimento disciplinare (irrogando la sanzione della censura) nei confronti del giudice, per aver questo organizzato individualmente, in forma continuativa, attività di gestione di corsi di preparazione al concorso per l’accesso in magistratura, in favore di numerosi partecipanti, con remunerazione.

Tale attività si poneva in contrasto con il divieto espresso nella circolare del Consiglio superiore sugli incarichi extragiudiziari (in particolare, con il capo 15 della circolare n. 15207 del 16 dicembre 1987), nonché con l’articolo 16 dell’Ordinamento giudiziario, che vietano, in quanto incompatibili con la funzione del magistrato, lo svolgimento di attività didattiche da parte dello stesso, finalizzate alla preparazione del concorso di magistratura e di altre professioni legali.

Avverso tale provvedimento, il denunciante ha proposto ricorso alle Sezioni Unite, articolando lo stesso in ventuno motivi.

Innanzitutto, si obietta la natura non professionale dell’attività di insegnamento svolta, essendo la stessa completamente “libera”, sia nei confronti dell’insegnante, sia nei confronti dei partecipanti alle lezioni “seminariali”. L’attività era da considerarsi incensurabile in quanto frutto della libertà di manifestazione del pensiero, della libertà di insegnamento e della libertà di svolgere attività extragiudiziarie, nei limiti di quanto stabilito dalla legge, principi che trovano esplicita codificazione nella nostra Carta Costituzionale. Non veniva ad essere svolto alcun “incarico” che si ponesse in contrasto con gli obblighi del magistrato. La remunerazione era da configurarsi come un’utilizzazione economica dell’opera dell’ingegno da parte dell’autore.

I giudici di legittimità hanno dichiarato infondati i motivi del ricorso.

Articolando il ragionamento nelle diverse pagine della sentenza, le Sezioni Unite sono giunti a configurare l’attività svolta come effettiva “attività libera professionale” e, nel caso concreto, veniva a trattarsi dell’organizzazione di una “scuola”, attività questa incompatibile con la funzione e con lo status del magistrato per esplicita previsione di legge.

L’assunzione di compiti e lo svolgimento di attività estranei a quelli propri dell’ufficio ad essi affidato sono fattori suscettibili di avere effetti sul regolare e corretto svolgimento di una funzione essenziale che la Costituzione affida ai magistrati nel quadro dei principi dello Stato di diritto, e di incidere sulla loro indipendenza ed imparzialità, connotato e condizione essenziale per lo svolgimento della funzione loro attribuita”. L’astensione dall’esercizio di determinate attività si pone come condizione necessaria per evitare ogni condizionamento del magistrato.

Di conseguenza, la Cassazione ha definito la condotta posta in essere dal soggetto come contraria alle norme di legge e al dettato costituzionale, rigettando il ricorso dell’attore e confermando il provvedimento della Sezione disciplinare di censura nei confronti del magistrato.

(Corte di Cassazione - Sezioni Unite Civili, Sentenza 10 dicembre 2013, n. 27493)

Il magistrato non può organizzare individualmente corsi di preparazione per il concorso di magistratura e per l’esame delle altre professioni legali. Su tale principio si sono espresse recentemente le Sezioni Unite della Cassazione che hanno confermato il provvedimento adottato dalla Sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura (“CSM”).


Nel caso in esame, il CSM adottava un provvedimento disciplinare (irrogando la sanzione della censura) nei confronti del giudice, per aver questo organizzato individualmente, in forma continuativa, attività di gestione di corsi di preparazione al concorso per l’accesso in magistratura, in favore di numerosi partecipanti, con remunerazione.

Tale attività si poneva in contrasto con il divieto espresso nella circolare del Consiglio superiore sugli incarichi extragiudiziari (in particolare, con il capo 15 della circolare n. 15207 del 16 dicembre 1987), nonché con l’articolo 16 dell’Ordinamento giudiziario, che vietano, in quanto incompatibili con la funzione del magistrato, lo svolgimento di attività didattiche da parte dello stesso, finalizzate alla preparazione del concorso di magistratura e di altre professioni legali.

Avverso tale provvedimento, il denunciante ha proposto ricorso alle Sezioni Unite, articolando lo stesso in ventuno motivi.

Innanzitutto, si obietta la natura non professionale dell’attività di insegnamento svolta, essendo la stessa completamente “libera”, sia nei confronti dell’insegnante, sia nei confronti dei partecipanti alle lezioni “seminariali”. L’attività era da considerarsi incensurabile in quanto frutto della libertà di manifestazione del pensiero, della libertà di insegnamento e della libertà di svolgere attività extragiudiziarie, nei limiti di quanto stabilito dalla legge, principi che trovano esplicita codificazione nella nostra Carta Costituzionale. Non veniva ad essere svolto alcun “incarico” che si ponesse in contrasto con gli obblighi del magistrato. La remunerazione era da configurarsi come un’utilizzazione economica dell’opera dell’ingegno da parte dell’autore.

I giudici di legittimità hanno dichiarato infondati i motivi del ricorso.

Articolando il ragionamento nelle diverse pagine della sentenza, le Sezioni Unite sono giunti a configurare l’attività svolta come effettiva “attività libera professionale” e, nel caso concreto, veniva a trattarsi dell’organizzazione di una “scuola”, attività questa incompatibile con la funzione e con lo status del magistrato per esplicita previsione di legge.

L’assunzione di compiti e lo svolgimento di attività estranei a quelli propri dell’ufficio ad essi affidato sono fattori suscettibili di avere effetti sul regolare e corretto svolgimento di una funzione essenziale che la Costituzione affida ai magistrati nel quadro dei principi dello Stato di diritto, e di incidere sulla loro indipendenza ed imparzialità, connotato e condizione essenziale per lo svolgimento della funzione loro attribuita”. L’astensione dall’esercizio di determinate attività si pone come condizione necessaria per evitare ogni condizionamento del magistrato.

Di conseguenza, la Cassazione ha definito la condotta posta in essere dal soggetto come contraria alle norme di legge e al dettato costituzionale, rigettando il ricorso dell’attore e confermando il provvedimento della Sezione disciplinare di censura nei confronti del magistrato.

(Corte di Cassazione - Sezioni Unite Civili, Sentenza 10 dicembre 2013, n. 27493)